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    enrix 17:51 on 23 October 2011 Permalink | Rispondi
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    Don Vito e il giallo [risolto] della lettera a Fazio

    da rifare rosalba

    "Don Vito e il giallo della lettera a Fazio": così titolava  Felice Cavallaro un suo articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 12 agosto 2010.

    Oggi, a distanza di poco più di un anno, noi riteniamo che il giallo sia stato risolto, e la circostanza sarebbe anche emersa in tribunale, al processo “Mori-Obinu”, ma Cavallaro ed il suo giornale, non paiono essere molto interessati a tale esito. Per la verità è molto difficile trovare qualche organo di stampa che abbia dedicato la dovuta attenzione a questa notizia. I media che si occupano di mafia e, nello specifico, del processo a carico del Gen. Mori e del Col. Obinu, sono sempre estremamente solleciti nel dare grande risalto ad ogni novità, anche la più dubbia, che possa sortire a sfavore degli imputati, mentre hanno sempre cose più importanti a cui dedicarsi quando emergono delle evidenze che potrebbero far riflettere i cittadini sul grave fatto che nel giudizio cui è attualmente sottoposto il generale dei carabinieri che condusse l’operazione che portò all’arresto di Totò Riina, potrebbero essere state prodotte, come documenti a conforto delle tesi dell’accusa, delle sonore patacche.

    Vediamo dunque cosa diceva Cavallaro, fra le altre cose, in quell’articolo:

    PALERMO- Nel pentolone bollente dei magistrati che indagano sulle carte di «don» Vito Ciancimino salta fuori pure una lettera scritta dall'ex sindaco di Palermo, presumibilmente alla fine del '93, a Antonio Fazio, allora neo governatore della Banca d'Italia. Nel Paese devastato dalle bombe di Palermo, Roma, Firenze e Milano l'obliquo amico dei Corleonesi, indicato come perno della «trattativa» per cui il generale Mario Mori è oggi sotto processo, avrebbe inviato al potente banchiere una sorta di promemoria «da ben conservare se realmente Lei deciderà di scendere in politica come da Amici di regime mi è stato sussurrato…».
    Un «promemoria» di 43 righe battute al computer, sottoscritte da Ciancimino con firma già accertata dalla polizia scientifica e una nota a margine per la segretaria del suo legale, l'avvocato Ghiron: «Da rifare Rosalba». Si tratta quindi di una bozza e non è certo che Fazio l'abbia ricevuta anche se questa sarà la domanda che in Procura a Palermo si preparano a fargli per un interrogatorio imminente, forse dopo Ferragosto, quando la lettera sarà trasmessa al tribunale che processa Mori.
    Esplicito il riferimento all'ex colonnello dei Ros nel testo trovato all'interno di una carpettadi Vito Ciancimino, oggetto delle deposizioni verbalizzate nei giorni scorsi dal figlio Massimo e dalla moglie dell'ex sindaco, Epifania Scardino: «Dopo un primo scellerato tentativo di soluzione avanzato dal Colonnello Mori per bloccare questo attacco terroristico ad opera della mafia, ennesimo strumento nelle mani del regime, e di fatto interrotto con l'omicidio del giudice Borsellino sicuramente oppositore fermo di questo accordo, si è decisi finalmente, costretti dai fatti, di accettare l'unica soluzione possibile per poter cercare di rallentare questa ondata di sangue che al momento rappresenta solo una parte di questo piano eversivo…».
    Alla materia sono molto interessati i magistrati di Caltanissetta che con il procuratoreSergio Lari indagano proprio sul nuovo filone legato alle stragi siciliane. Si tratterebbe infatti di un'agghiacciante conferma alla tesi che lega il massacro di via D'Amelio alla possibile opposizione di Borsellino contro la stessa trattativa. Come denuncia da tempo il fratello del giudice, Salvatore, anche dopo le ricostruzioni fatte da Massimo Ciancimino, protagonista diretto di quella stagione, seppure a tratti considerato contraddittorio da alcuni magistrati. …

    Già, si tratterebbe proprio di un’agghiacciante conferma, se fosse un documento autentico.
    Ma guarda caso, non lo è.

    Noi lo stiamo scrivendo  da più di un anno, su questo blog ed in vari altri siti, che una fotocopia di una videoscrittura con una firma in calce, potrebbe essere il frutto di un collage fra la digitazione di un testo fabbricato ad hoc ed una firma sottratta, col Photoshop, ad un documento terzo, non inerente, e quindi non può essere considerata autentica in alcun modo.
     

    Inoltre ci è sempre parso evidente che, in questa “lettera”, la terminologia impiegata non poteva appartenere al vocabolario di Don Vito, specie con un interlocutore di quel rango. Il sindaco mafioso di Palermo, di vecchia scuola democristiana, che scriveva al Governatore della Banca d’Italia chiamandolo, erroneamente, “presidente” ed indicando le proprie amicizie politiche come “Amici di regime”, non ce lo vedevamo proprio.

    Ma soprattutto da quella frase centrale, da quel riferimento netto ad un “accordo” del quale il giudice Borsellino sarebbe stato “sicuramente oppositore”,  (circostanza che a quanto ci risulta e sulla base degli attuali riscontri, per il momento, esiste solo e soltanto nelle mirabolanti teorie di alcuni magistrati supportate testimonialmente dai soliti pendagli da forca, infanticidi e pataccari, teorie alle quali, e si vede sin troppo bene, Massimo Ciancimino in un particolare momento di “messa alle strette” per la favola del Sig,. Franco ed altre, veniva a supporto ed in soccorso, consegnando questa "lettera", con stupefacente tempestività), si sollevava, come direbbe Tex Willer, un maledetto puzzo di bruciato.

    Che ci stavano a fare quei precisi riferimenti, così calzanti con le più moderne teorie delle procure sui rapporti fra Paolo Borsellino, Mario Mori e Vito Ciancimino, in una lettera del 93 al Governatore della Banca d’Italia? Insomma, non ci pareva fosse necessario avere un particolare fiuto di segugio per capire che si poteva trattare di una patacca, strumentale e preconfezionata, atta a foraggiare ed ammansire le A.G. che in quel momento iniziavano a mostrare segnali di impazienza verso il nostro “testimone”.

    Di questo, abbiamo scritto più volte.
    Ci abbiamo provato, ad esempio, il 15 settembre 2010, quando Umberto Lucentini su Repubblica annunciava gaudente: “Ciancimino, la perizia conferma“, e quindi spiegava:

    La perizia della polizia scientifica ha stabilito che sono stati firmati proprio da Vito Ciancimino alcuni dei documenti sui rapporti tra mafia e Stato e su un investimento di Cosa Nostra in un’azienda di Berlusconi che il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo ha consegnato alla procura. (…)  Si tratta in tutto di tre testi: (…) Il terzo è una lettera che ha come destinatario l’ex governatore di BankItalia, Antonio Fazio, in cui si parla della trattativa tra pezzi dello Stato e boss e dell’attentato al giudice Paolo Borsellino. Al termine delle perizie, gli esperti del servizio di Polizia scientifica della Direzione centrale anticrimine hanno una certezza: questi tre testi sono stati di sicuro firmati da Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo condannato per mafia e morto il 19 novembre 2002. E sono stati scritti proprio nei periodi indicati dal figlio Massimo. Una conferma importante per due delicate inchieste della procura di Palermo condotte anche grazie alle dichiarazioni di Ciancimino junior, che del padre ha custodito documenti e segreti ora messi a disposizione del pool dell’aggiunto Antonio Ingroia e dei sostituti Nino Di Matteo e Paolo Guido. …"

    Noi  a quel punto ci domandavamo come si poteva essere così certi di quell’autenticità, dal momento che emergeva da una procedura peritale disposta internamente alla Procura, priva della necessaria forma che si dovrebbe usare con i documenti prodotti in giudizio, la quale dovrebbe prevedere un’analisi effettuata sulla base di quesiti proposti dalla Corte  e, soprattutto, l’espletamento di accertamenti in contradditorio.
    Inoltre, veniva annunciata al mondo l’autenticità di un documento che provava l’esistenza di una “trattativa stato-mafia” condotta nei modi più corrispondenti alle ipotesi della pubblica accusa, senza che allo stesso mondo fosse spiegato come poteva essere considerata roba buona una fotocopia rappresentante un testo di videoscrittura ed una firma, pur originariamente vergata da don Vito, fotocopiata anch’essa.
    Sui vari forum e blog che si occupavano dell’argomento, i tifosi della Procura di Palermo esprimevano tutta la loro soddisfazione. Ecco ad esempio un paio di commenti piuttosto rappresentativi (dal blog Livesicilia)
    :

    scritto da esagono- 15 set 2010 14:05 pm
    Qualcuno aveva forse qualche dubbio che nel 2010 ci sono tutti gli strumenti che servono per stabilire se un foglio è stato scritto oggi o dieci anni fa e per stabilire anche chi l’ha scritto? Se qualcuno, illudendosi del contrario, provasse a prendere in giro la magistratura andrebbe messo sotto cura e non in carcere, con il piccolo particolare che Ciancimino jr non mi sembra nè malato nè matto.

    scritto da davide- 15 set 2010 14:20 pm
    siamo in attesa che lo staff di finissimi giuristi che popolano questo blog smontino queste perizie….

    E quindi dopo alcuni tentativi da parte di commentatori più scrupolosi, non dico di smontare, ma di dubitare di quei documenti, ecco i piccoli balilla dell’antimafia coltivata biologicamente non fare economia di argomenti inoppugnabili, specie con il sottoscritto:

    scritto dadavide  – 15 set 2010 21:53 pm
    veramente ammirevole il tentativo dei soliti noti di coprire il sole con un dito.

    scritto da enrix- 16 set 2010 00:42 am
    … Qui non si tratta di nascondere il sole con un dito, ma di normale dibattito e di ovvie considerazioni sul fatto se alcuni elementi raccolti dalla pubblica accusa, possano considerarsi effettivamente probatori.
    Più che “ammirevole il tentativo dei soliti noti di coprire il sole con un dito”, direi che è spregevole il fatto che, soprattutto alcune primarie testate giornalistiche, si cerchi di arrivare con questi dati a conclusioni definitive ed affrettate.

    scritto da davide- 16 set 2010 08:23 am
    siamo al delirio… ovvero secondo i soliti noti le uniche verita asolute sono le loro, mentre le altre vanno quasi sempre interpretate e chi le puo interpretare? sempre solo loro! ma vi rendete conto che questa specie di tribunaletto che avete imbastito in questo blog è semplicemente ridicolo.

    scritto da potrei essere chiunque- 16 set 2010 14:53 pm
    Normale amministrazione che spuntano sempre i soliti nick ingaggiati a dire, ridire, ciarlare. Io personalmente ho constatato che anche se litighi con un semplice agente di qualche cosa o anche con un appuntato dei carabinieri si hanno degli svantaggi. Iterando e invertendo il ragionamento, entrare nelle grazie di generali e colonnelli porta grandi vantaggi. In perfetto stile italiano.

    E' questo dunque il modo in cui gli scolaretti della banda Disney, che in questo paese sono tanti tanti (e potrebbero essere chiunque, sono loro a dirlo), sanno dibattere con chi non si dimostra pronto a prendere per oro colato certi fatti quotidiani nei modi in cui gli vengono raccontati, che sono poi i loro modi preferiti: coloro che, come me, osano spulciare nelle ovvie contraddizioni e nelle logiche fonti di dubbio, andrebbero messi sotto cura; sono soltanto i “soliti noti” che tentano di coprire il sole con un dito, che delirano o che, infami, lavorano per ingaggio o per entrare nelle grazie dei generali e dei colonnelli.

    Ed ora vediamo, se quello che delirava ero davvero io.

    Trascorrono circa otto mesi dalla presentazione mediatica di quell’ “agghiacciante conferma alla tesi dell’accusa”, Massimo Ciancimino viene arrestato a causa di un collage analogo, un’altra patacca dove veniva tirato in ballo l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro mescolandolo in qualche modo con il fantasma dei servizi segreti, il sig. Franco/Carlo, e quando, alcuni giorni dopo il suo arresto, il 10 maggio scorso, si presenta in Tribunale nuovamente chiamato a testimoniare, ad un certo punto fa un paio di affermazioni sulle quali noi concentriamo subito l’attenzione:

    11.09Il pm mostra una lettera al presidente della Banca d’Italia, Antonio Fazio. E’ stata scritta da don Vito. Ciancimino dice di averla ricevuta dal misterioso suggeritore (il famoso puparo), ma non fa il nome, lo chiama “mister X”.
    11.22“Mi disse che mio padre era stato vittima della trattativa portata avanti da Mancino, Amato, De Gennaro. I documenti che ho consegnato provengono tutti dall’archivio di mio padre. Dopo il 7 aprile 2010 sono stato avvicinato da questo mister X. Mi ha citato alcuni personaggi a me cari. Sosteneva di essere stato perseguitato da De Gennaro e Falcone. Mister X era un carabiniere, autista del generale Paolantoni. L’ho incontrato a Palermo e Bologna. Mi ha dato una serie di documenti. Voleva che li consegnassi io ai pm. Lui non voleva apparire”.
    (…)
    12.20“Io ho trovato la lettera a Fazio nella mia cantina di Bologna. Poi mister X me ne ha mandato una copia senza la firma di mio padre. Non so se la lettera sia stata recapitata. Mio padre mi confidò che era opportuno scrivergli perché era possibile un suo ingresso in campo. Poteva prendere in mano l’elettorato della Democrazia Cristiana che nell’aprile del 1992 si stava sfaldando”.

    Ascoltando quella testimonianza, rilevammo due fatti importanti: innanzitutto, era evidente che Ciancimino, infilando la famosa lettera a Fazio fra i documenti avuti in copia da un venditore di polpette avvelenate che lui, cercando di giustificare la presenza di patacche fra i suoi preziosi documenti, aveva chiamato “Mister X” per l’occasione, ma che a suo dire sarebbe stato uno degli autisti del generale dei carabinieri Paolantoni (peraltro già deceduto, così come tutti i suoi autisti, stando alle successive dichiarazioni dei famigliari)  stava mettendo, come si suol dire,  le mani avanti. 
    Il fatto che Massimo Ciancimino nel testimoniare avesse inserito di sua iniziativa quel documento fra quelli avuti in copia da Mister X, era per noi il segnale che la conferma di una nuova patacca si stava profilando all’orizzonte.  Ormai la conosciamo bene, la nostra mascherina.

    Inoltre, non potevamo non rilevare che il testimone avrebbe dichiarato, in quell’udienza, di aver trovato la lettera a Fazio nella sua cantina di Bologna.

    Ma come? Non l’aveva ritrovata per caso sua madre, Epifania Scardino, in casa sua in una carpetta? Questo almeno è quanto avevamo appreso dai giornali 8 mesi prima, i quali ci avevano persino raccontato che la vedova dell’ex sindaco di Palermo aveva accompagnato il figlio in Procura per dare conferma alla sua versione dei fatti.  (vedi ad es. anche l’articolo di Cavallaro sul Corsera, citato qui sopra).

    Come si vede bene, quando certi castelli di tarocchi iniziano a dare segni di cedimento, il passaggio al crollo definitivo rischia di divenire breve.

    Nel caso della lettera a Fazio, dopo poco più di un mese solamente, arriva il primo crollo, ed arriva proprio da un supplemento di perizia della Polizia Scientifica, di cui dettero notizia, insieme a pochi altri, Il Giornale di Sicilia e Gianluca Ferrari su Livesicilia:

    PALERMO. Spuntano nuove anomalie nei documenti portati da Massimo Ciancimino ai pm di Palermo. L'ennesima sorpresa riservata dall'enorme mole di carte consegnate dal figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, è venuta fuori al processo al generale dei carabinieri Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu, imputati di favoreggiamento aggravato alla mafia.
    A indicare le stranezze in quattro documenti sono stati gli stessi consulenti della Procura, esperti della Scientifica che non hanno escluso che le anomalie dipendano da "manipolazioni o trasposizioni". Ciancimino non è nuovo a simili accuse: ad aprile è finito in carcere proprio per avere manipolato un documento inserendo tra i personaggi delle istituzioni legati alla trattativa tra Stato e mafia il nome del l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro.  Un copia e incolla che gli è costato l'accusa di calunnia.
    I documenti sospetti sono: una lettera dattiloscritta indirizzata all'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio in cui la firma manoscritta "Vito Ciancimino" non sarebbe contestuale al testo
    Stessa anomalia in un'altra lettera sempre indirizzata a Fazio in cui l'interpolazione è proprio l'intestazione "illustrissimo Fazio". Sotto accusa, poi, anche altri due documenti: un pizzino che Vito Ciancimino avrebbe scritto a macchina al boss Provenzano che presenta un tratto aggiunto estraneo al resto del testo e la dicitura a mano "Zanghì" e, infine, un'altra lettera in cui al testo dattiloscritto segue un'annotazione a mano di don Vito.

    Il sospetto adombrato dalle difese è che in carte scritte dall'ex sindaco il figlio abbia aggiunto, successivamente, brani manoscritti del padre.(Nuove anomalie nelle carte di Ciancimino – Giornale di Sicilia – 21/06/2011)

    PALERMO.  Sul carteggio consegnato in Procura da Massimo Cianciminosi fa ancora più fitto il velo di perplessità. L’impressione che emerge dall’esame dei quattro consulenti della Polizia Scientifica di Roma, sentiti contestualmente per fornire dichiarazioni immediate all’udienza di questa mattina del processo al generale del ROS Mario Mori, è che in tutti i documenti presentati da Ciancimino Junior, ricevuti dal presunto “puparo”,  vi sia una ricorrente anomalia riguardante soprattutto le parti manoscritte. (…) (Ciancimino, nuovo rebus: Anomalie nei documenti – di Gianluca Ferrari – Livesicilia – 21/06/2011)  

    Quindi, abbiamo capito bene quanto è accaduto. A settembre del 2010, Repubblica ed altri annunciano trionfanti che “gli esperti del servizio di Polizia scientifica della Direzione centrale anticrimine hanno una certezza: questi tre testi [fra i quali la lettera a Fazio – ndr] sono stati di sicuro firmati da Vito Ciancimino

    Nel giugno 2011, le news lasciano basiti: il testo che nove mesi prima ai periti della Polizia Scientifica risultava essere stato di sicuro firmato da Vito Ciancimino, ora agli stessi periti risultava recante una firma di Vito Ciancimino non contestuale al testo. Questo però, soltanto dopo che il portatore di documenti si è messo al riparo da nuove accuse di falso, beninteso, avendo fornito un elenchino di questo ed altri collage, da addebitare in toto a tal Mister X, che li avrebbe consegnati al povero Massimo, ignara e miserevole vittima di quel puparo. Non per niente, su Livesicilia, Ferrari ci ha tenuto a precisare che si tratta dei documenti “ricevuti dal presunto “puparo, e soltanto di quelli.

    Chissà se sarà stato sempre questo puparo, a suggerire al testimone di portarsi in procura la madre perché raccontasse che aveva trovato i documenti in una carpetta.

    Nel frattempo però, ancor prima che saltasse fuori questa bella sola del puparo, noi eravamo stati accusati, grazie a questi bei modi di fare informazione e di verificare le carte, di delirio e persino mercimonio per aver manifestato alcuni dubbi sull’autenticità di un documento, che oggi si sta effettivamente rivelando un falso.

    E nuovi pesanti indizi che si tratti di un falso, provengono dalle risultanze peritali della Consulenza tecnica di parte espletata, su incarico del Gen. Mori e del Col. Obinu,  dal M.llo Antonio Marras, già addetto al “Laboratorio di Indagini Grafiche” del “REPARTO INVESTIGAZIONI SCIENTIFICHE” dei Carabinieri di Roma ed attualmente collaboratore esterno dello stesso R.I.S. e titolare di uno studio professionale specializzato in indagini grafiche.

    Nella sua consulenza, il peritoriesce a dimostrare, in sintesi, che la firma presente in calce alla lettera è stata si manoscritta da Vito Ciancimino, ma su qualche altro documento, ed in epoca antecedente ai fatti commentati nella lettera, e che pertanto è stata trasposta artificiosamente, con mezzi elettronici o meccanici, sotto al testo allo scopo di conferire allo stesso, falsamente, autenticità.

    Esattamente come noi abbiamo sempre ipotizzato.

    Ma non è questa l’unica conclusione a cui giunge il perito.  Ecco, di seguito, tutto l’enunciato conclusivo:


    CON RIFERIMENTO SPECIFICO AL DOC. “4-PA”, NOTO COME LA COSIDDETTA LETTERA AL “PRESIDENTE DOTT. FAZIO”, SI PRECISA CHE LA FIRMA IN CALCE ALLA MISSIVA È AUTOGRAFA DI CIANCIMINO VITO CALOGERO MA NON AUTENTICA POICHE’ ANCH’ESSA TRASPOSTA.

    PER CIÒ CHE CONCERNE, INVECE, LA MANOSCRITTURA “DA RIFARE ROSALBA” FIGURANTE A TERGO SUL PREDETTO DOCUMENTO, SI TRATTA DI UN’ANNOTAZIONE VERGATA, CON ALTA PROBABILITÀ, DA MASSIMO CIANCIMINO.

    Quindi “DA RIFARE ROSALBA”, sarebbe stato scritto da Ciancimino jr.

    Secondo invece il personale della Polizia Scientifica nella “RELAZIONE TECNICA DI ACCERTAMENTI GRAFICI” – Relazione preliminare datata 09.08.2010 (pag. 03) –  “Le manoscritture in stampatello apposte sui reperti non hanno evidenziato elementi grafici sufficienti ed idonei per esprimere concreti giudizi di riconducibilità: -manoscrittura presente nella sezione laterale sinistra sul reperto nr. 4 PA – relativamente alla frase “DA RIFARE ROSALBA.”

    In poche parole, per i periti incaricati dalla procura, “da rifare rosalba” sarebbe stato scritto da ignoti.
    Secondo il perito incaricato dalla difesa di Mori, sarebbe invece stato scritto, con alta probabilità, da Massimo Ciancimino.

    Noi, dopo aver letto la sua relazione da pag. 249 a pag 271, la pensiamo allo stesso modo.

    Infine, per concludere, segnaliamo altri capitoli salienti della stessa relazione: quello relativo alla perplimente conduzione delle operazioni peritali da parte della procura (da pag. 309 a seguire), quelli (da pag. 273 a pag. 284) relativi ad altri documenti falsificati o manipolati (gli stessi, per intenderci, definiti “tutti autentici” da Marco Travaglio), e soprattutto quello, a pag. 177, dimostrante la falsità della famosa “missiva di Vito ciancimino  indirizzata per conoscenza all’On. Silvio BERLUSCONI”, dove il perito giunge alle stesse conclusioni cui noi eravamo giunti, con ben altra disponibilità di mezzi e di esperienza, nel nostro articolo “bricolage” e sul libro “Prego, dottore!”, ormai esaurito.

    A risentirci presto.

    Enrix

     

     

     
    • anonimo 20:54 on 23 October 2011 Permalink | Rispondi

      Come sempre la capcità d'analisi e l'intelligenza porta a risultati come questi.

      Ciao Enrico, continua così.

      Luciano.

    • anonimo 19:38 on 25 October 2011 Permalink | Rispondi

      Ho la sciato un commento sul post in cui smm ipotizza che Ruby sia in realta'un'agente del Mossad,ma vedo che e'ancora in moderazione…….
      Lei che si definisce un "segugio" potrebbe occuparsi del perche da piu di 3 mesi risulta impossibile registrarsi a Splinder?Per caso ne conosce i motivi?Molti dicono che questa piattaforma sia arrivata al capolinea.
      Cordiali saluti.

    • enrix007 15:45 on 27 October 2011 Permalink | Rispondi

      Il  "commento" che lei lamenta, giustamente, essere in moderazione, poteva passare tranquillamente, poichè diceva soltanto "questa mi mancava".  Ciò che invece provoca contrarietà alla mia rinomata furia censoria, è la firma in calce: "Littorio Mangano".

      Immagino non si tratti del suo vero nome, caro anonimo, essendo quello un classico jeu de mots  già piuttosto visto e sfruttato nei blog e nei forum per adolescenti che faticano a raggiungere la maturità, e che tra uno zucchero filato ed una convocazione per la puntata serale di Annozero, s'inventano nomignoli.

      E questo, non è uno di quei blog.

      Per quanto concerne poi la sua domanda, non so nulla. Splinder ha sempre funzionato con alti e bassi, e per saperne di più il sottoscritto dispone degli stessi mezzi suoi, nonostante la definizione di "segugio".

    • anonimo 16:43 on 27 October 2011 Permalink | Rispondi

      Detesto lo zucchero filato!Quanto a Santoro,non mi dispiace,ma non ho il paraocchi e non sempre apprezzo il suo modo di fare tv.Per questi motivi cerco di informarmi ,documentarmi e conoscere tutte le opinioni,anche le sue caro Enrix.
      Cordiali saluti.

    • anonimo 10:57 on 3 November 2011 Permalink | Rispondi

      Appena uscito fresco fresco:

      http://www.ilgiornale.it/interni/ecco_tutte_patacche_ciancimino_junior/03-11-2011/articolo-id=554940-page=0-comments=1

      Lo aveva intuito per primo il blogger Enrico Tagliaferro, detto «Enrix», che nel suo sito fa le pulci a Massimo. Certifica oggi il perito della difesa (i pm non lo hanno fatto controllare dai propri consulenti):

      Un caro saluto
      Luigi

    • anonimo 11:28 on 3 November 2011 Permalink | Rispondi

      Enrico, appena letto Chiocci e Conti sul Giornale di oggi.

      Avanti così, ciao e buon lavoro.

    • anonimo 09:59 on 18 November 2011 Permalink | Rispondi

      Allora : Scalfaro e Ciampi sapevano, lettera di parenti di molti al 41Bis che chiedevano di annullarlo, cosa che per circa 500 degli oltre 1000 soggetti al 41Bis Conso tolse e/o sospese, dando così modo a molti di uscire dal carcere.

      La lettera è stata consegnata alla "magistratura" da un Dirigente del Servizio Carcerario.

      Domanda : ma quando vige l'obbligatorietà di procedimento penale se si viene a conoscenza che chi è stato sentito da magistrati e da Commissione parlamentare, racconta balle ?

      Ciampi e Scalfaro hanno pure dichiarato, tra i tanti "non ricordo" che NON sapevano niente di cosa stava facendo Conso ?
      E nemmeno che avevano ricevuto quella lettera mandata anche a Costanzo ( al quale fecero poi un attentato nello stesso periodo dei Gergofili di Firenze )  e al responsabile delle Carceri ?

      Ciao, Luciano.

    • anonimo 15:01 on 27 November 2011 Permalink | Rispondi

      Enrix, ci dica presto dove si trasferirà dopo la chiusura di splinder.
      (Spero che le difficoltà a raggiungere il sito in questi ultimi giorni siano dovute alla migrazione).
      A presto.
      Luigi

    • anonimo 21:53 on 15 December 2011 Permalink | Rispondi

      Carissimo Enrix,
      è troppo tempo che non leggiamo le sue splendide "inchieste" comunque tanti Auguri a Lei e a tutti i suoi cari perchè il Natale sia quello giusto e Santo.

      Suo ammiratore di sempre.

      Renzo

    • enrix007 10:46 on 25 December 2011 Permalink | Rispondi

      Cari amici tutti,
      vi ringrazio per il sostegno continuo, e vi abbraccio tutti.

      Negli ultimi mesi, purtroppo,  mi sono dedicato allo studio approfondito di un enigma che ho scoperto essere al di sopra della mia portata. L'ho risolto, l'enigma, ma i risultati, assolutamente inaspettati,  sulla mia persona sono stati devastanti.

      Il risultato del mio lavoro, rimarrà chiuso nei miei cassetti ed anzi  presto distruggerò tutto quanto.

      Domando scusa a tutti per la mia latitanza e per il tempo che ho perso, anche se la lezione che ne ho tratta è cardinale, e mi ha indicato l'unico e solo percorso: vivere in Gesù Cristo e secondo il suo insegnamento.

      Buon natale a tutti, pace e prosperità.

      Enrico.

    • anonimo 13:35 on 29 December 2011 Permalink | Rispondi

      Mi dispiace moltissimo.
      Ho passato la mattina a salvare come posso il blog.
      Spero di risentirla.
      In bocca al lupo
      Luigi

    • enrix007 14:05 on 1 January 2012 Permalink | Rispondi

      Tranquillo Luigi, io l'ho già salvato tutto, e cercherò di trasferirilo entro il 31 gen.

      Augurissimi!

    • enrix007 14:06 on 1 January 2012 Permalink | Rispondi

      E comunque c'è un programma gratuito che scarica in automatico tutti i siti.  Si chiama HTTrack Website Copier.  Si trova facilmente con google. In un'oretta scarica tutto il blog.

    • anonimo 17:37 on 3 January 2012 Permalink | Rispondi

      Sono confortato nel sentirla sempre operativo!
      HTTrack l'avao usato per scaricarmi l'imbecillario quando l'ho scoperto ma è un po' macchinoso consultare il sito cosi' salvato.
      Ho optato per una lunga ricopiatura e/o conversione in pdf.
      Per carità migri su una piattaforma più facilmente consultabile di quella di cielilimpidi!
      Ad maiora e i miei migliori auguri di buon anno!
      Luigi

  • Avatar di enrix

    enrix 14:58 on 18 June 2011 Permalink | Rispondi
    Tags: , vito ciancimino   

    Ripassino di analisi logica sui nuovi pizzini di… 

    Ripassino di analisi logica sui nuovi

    pizzini di Ciancimino

    pizzino cianciminoC’è un nuovo pizzino (riprodotto qui sopra).

    Questo non fa parte della borsata di pizzini già consegnata dal testimone e peritata dalla Polizia scientifica  (vedi articolo precedente), ma è stato trovato nel famoso scatolone prelevato recentemente nella casa palermitana dei Ciancimino, essendo sfuggito a tutte le precedenti perquisizioni.

    Per le ultime news su questo pizzino, ci avvaliamo di un articoletto di Riccardo Lo Verso, di Livesicilia

    Per papà. Ho visto Giancarlo come da appuntamento: ho posto i tre quesiti (‘T’, ‘18 P’ e se era possibile prima della Cass. andare a casa). Mi ha detto che fino ad ora non ci sono novità. Restano i vecchi accordi presi con te”. Comincia così l’ultimo dei pizzini sequestrati a casa di Massimo Ciancimino, trovati nel famoso sgabuzzino. La lettera è stata rinvenuta alla presenza dell’avvocato Francesca Russo, legale di Ciancimino jr. Il documento, che risale agli inizi del 1993, come appurato dalla Scientifica, sarebbe stato indirizzato al padre, l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito che allora era detenuto. Il biglietto, manoscritto e originale, era tra i documenti sequestrati nell’archivio segreto di Massimo trovati dopo il suo arresto, avvenuto il 22 aprile scorso. “T non fa niente prima della sentenza P – prosegue – Dichiarazioni dei pentiti (nuovi) su di te non dicono nulla. Le ha lette. Aspetta insediamento del nuovo a Palermo. (E’ amico), per sapere notizie dei nuovi assetti”. “Per quanto riguarda P – aggiunge – si preoccupa di interventi esterni e per poterli arginare ha bisogno di parlare con te. Abbiamo stabilito che è il caso che vi incontriate al più presto. Come te lo spiego giorno 12 al colloquio”. Poi Massimo Ciancimino scrive: “IMPORTANTE: per il giorno 14-1-93 puoi fare la rinunzia a presenziare in udienza. Per il giorno 18-1-93 aspetta mie istruzioni che posso darti solo io il giorno 12.

    Sul testo criptico del pizzino scritto al padre, Massimo Ciancimino ha fornito alcune spiegazioni ai pm che stanno cercando di ricostruirne il contenuto. “Giancarlo” sarebbe il capitano Giuseppe De Donno, il carabiniere che avrebbe avviato la presunta trattativa con Vito Ciancimino. T sarebbe l’iniziale di “tubi” in riferimento alle mappe su cui, secondo Massimo Ciancimino, Bernardo Provenzano avrebbe indicato il luogo dove si nascondeva Totò Riina. 18 P sarebbero i giorni da passare prima della perquisizione nel covo di via Bernini. La seconda T sarebbe ancora de Donno. Sentenza P sarebbe il via libera di Provenzano. Amico sarebbe Giancarlo Caselli, allora procuratore  a Palermo. “Abbiamo stabilito che è il caso che vi incontriate al più presto”. Una frase del pizzino. Secondo Massimo Ciancimino, il 18 gennaio del ‘93 – data riportata nel pizzino – Vito Ciancimino avrebbe partecipato ad una udienza in Corte d’appello a Palermo. In quello stesso giorno sarebbe stato organizzato un incontro con Provenzano. La frase: “Ho visto Ellide” farebbe riferimento a una amante di Vito Ciancimino. Dalla relazioen sarebbe nato un figlio.

    Ora, ci sfugge la ragione per cui, quando si ha a che fare con gli scritti dei Ciancimino, risulti così difficile capire la lingua italiana (e precisiamo: questa non è una critica rivolta all’articoletto in questione, che proviene dall’ANSA e riferisce i fatti, ma è un incitamento a chi è preposto a valutare le dichiarazioni del testimone).

    Il testo è chiarissimo, e scritto in italiano semplicemente abbreviato e siglato dove nasconde dei nomi di persone o cose.

    Il figlio informa il padre sui suoi tentativi per farlo uscire di galera, e gli espone le prospettive. Gli riferisce dell’incontro con “Giancarlo”, a cui ha domandato quali fossero le prospettive inerenti una possibile imminente scarcerazione, nonchè informazioni su  “T” e su “18P”.

    Ovviamente “T” è una persona, sempre la stessa per tutto il pizzino, ed è una persona che “non fa niente prima della sentenza P“. “P“, associato al numero 18, con maggiore probabilità sta indicare “l’udienza del Processo il giorno 18(data appunto in cui, come dice Lo verso, “Vito Ciancimino avrebbe dovuto partecipare ad una udienza in Corte d’appello a Palermo”) mentre i tubi” ed “i giorni da passare prima della perquisizione” della villa di Riina, non c’entrano evidentemente nulla (tra l’altro, questo pizzino risale a prima del 12 gennaio, e quindi Riina NON ERA ANCORA STATO ARRESTATO), ma sembrerebbero essere solo l’ennesimo nauseabondo tentativo di junior di imbonirsi la tifoseria anti-ROS per fare il povero pentito che sa le cose ma viene perseguitato.

    E’ quindi solare che il tentativo di inserimento da parte di jr. di questa sciocchezza sui tubi e sulla perquisizione, nella sua deposizione, mette in una certa luce anche l’affermazione secondo la quale “Giancarlo” sarebbe il capitano De Donno.

    Il “T” citato per due volte, indica evidentemente la stessa persona, uno che non vuole (o non può) fare niente per don Vito senza prima conoscere l’esito della sentenza d’appello P (altra conferma: sentenza P è la sentenza del Processo; ricordiamo che don Vito era stato messo in custodia cautelare in fase avanzata di ricorso). Massimo Ciancimino nello scritto sta spiegando a suo padre di ciò che gli ha riferito “Giancarlo” nel corso dell’appuntamento.

    E sul pizzino, una delle richieste di informazioni, riguarda “T”.

    A quel punto segue l’elenco delle risposte date da Giancarlo.

    Fra queste è perfettamente incastrata quella relativa a “T”: “T” non farà niente prima della sentenza.

    DUNQUE SE GIANCARLO FORNISCE QUESTA NOTIZIA DI “T”, E’ ASSOLUTAMENTE EVIDENTE CHE, COSÌ COME “T” NON PUÒ INDICARE TUBI MA UNA PERSONA FISICA, ALLO STESSO MODO “GIANCARLO” E “T” NON POSSONO ESSERE LA STESSA PERSONA E CIOE’ IL CAP. DE DONNO.

    E ciò in quanto, inequivocabilmente, Massimo C. domanda a “Giancarlo” di “T”, e Giancarlo gli risponde, sempre su “T”.

    Quindi Massimo Ciancimino avrebbe mentito ancora una volta, e ancora una volta in danno agli ufficiali del ROS.

    Ma proseguiamo.

    In ogni caso “Giancarlo” (oppure anche il “T” di cui Giancarlo sta riferendo, il soggetto non è esattamente identificato) sarebbe “amico” del “nuovo” procuratore di Palermo, che si sta per insediare, e cioè Caselli, e quindi non appena questo si sarà insediato, potrà attingere informazioni sui nuovi assetti all’interno del palazzo di giustizia.

    Per quanto riguarda “P”, è evidente che quando si legge “sentenza “P”” così come  quando si legge Per quanto riguarda “P” si preoccupa di interventi esterni e per poterli arginare ha bisogno di parlare con te, sta parlando esattamente della stessa “P” inserita fra due virgolette. Pertanto “P” non può indicare “Provenzano”, sia perchè la frase “T non fa niente prima della sentenza Provenzano” sarebbe assurda e priva di senso, sia perchè un colloquio il 18 di gennaio fra il carcerato Vito Ciancimino (fosse pur stato trasferito in udienza sotto sorveglianza, ma non lo fu, poichè quell’udienza la disertò) ed il latitante Provenzano, è qualcosa che noi continuiamo a  vedere come un’incredibile sciocchezza. Nonostante la mitologia dei mafiosi che fanno ciò che vogliono ed entrano dappertutto, certi rischi deve valer la pena, per doverli correre. Quindi il soggetto, colui che si “preoccupa di interventi esterni” e che per “arginare” gli stessi vorrebbe prima conferire con don Vito mentre questi è in isolamento carcerario, continua ad essere lo stesso. O direttamente il Sig. Giancarlo, o il misterioso sig. “T”.

    Mentre è inverosimile che si possa trattare del latitante Provenzano; cerchiamo di smetterla di dar credito a queste sciocchezze incredibili.

    E’ invece qualcuno che evidentemente ha la possibilità di incontrare don Vito durante la sua prigionìa, e pertanto o è qualcuno che riveste un incarico istituzionale, o qualcuno che per qualche altra ragione avrebbe potuto essere ammesso al colloquio. Ad ogni modo, quando Giancarlo riferisce della preoccupazione (di se stesso, oppure di “T”) di “interventi esterni” io credo faccia riferimento, com’è maggiormente logico, ad interventi  in grado di condizionare “P“, e cioè il processo.

    Mai complicarsi la vita cercando interpretazioni astruse di ciò che è ovvio. Lo disse Napoleone insieme a molti altri illustri personaggi del nostro passato.

     
    • anonimo 16:30 on 18 June 2011 Permalink | Rispondi

      Guarda che dopo 'sollecitazione' hanno pubblicato il post alle 15.30

    • Renzo_C 16:37 on 18 June 2011 Permalink | Rispondi

      Ma no che c'è il tuo commento (ore 15:33).

      Non so se vale più la pena stare a leggere e sentire le baggianate del cianciarone, personalmente la storia della dinamite sotterrata mi ha disgustato al punto che lo prenderei a sberle e pedate nel sedere a nome degli abitanti dei palazzi attorno.

      Comunque ieri sera Fofò a Bologna in sintesi ha detto "lasciatemi lavorare": quindi lasciamolo lavorare, alla fine si tireranno le somme.

      Saluti

    • anonimo 18:05 on 18 June 2011 Permalink | Rispondi

      1993-1-14

      RV

      CRONACA

       per conoscenza  e a conferma di quanto da te detto:  

      GIUSTIZIA: PROCESSO APPALTI; CIANCIMINO ASSENTE

      19930114 04850
      ZCZC490/0B
      R CRO S0B S41 QBKS
      GIUSTIZIA: PROCESSO APPALTI; CIANCIMINO ASSENTE
      (ANSA) – PALERMO, 14 GEN – L' ex sindaco di Palermo, Vito
      Ciancimino, condannato a 10 anni per associazione mafiosa, ha
      rinunciato alla presenza in aula nel processo nel quale e'
      imputato per avere ''pilotato'', secondo l' accusa, due appalti
      per la manutenzione di 10 scuole e della rete idrica cittadina.
      Il processo e' ripreso oggi dopo un rinvio dovuto ad una diversa
      composizione del collegio giudicante, nel quale due dei
      componenti sono stati trasferiti ad un altro ufficio. Tutti gli
      atti processuali compiuti precedentemente sono stati considerati
      nulli, e per questo due avvocati hanno chiesto al tribunale di
      non ammettere la costituzione di parte civile del comune di
      Palermo, che non era riproposta integralmente ma sulla quale il
      legale aveva solo insistito. Il tribunale ha rigettato l'
      istanza. Sono stati poi sentiti due testimoni, tra i quali un
      maresciallo dei carabinieri, e il processo e' stato rinviato a
      sabato 16 gennaio, per l' audizione di altri testi. Un altro
      appuntamento giudiziario attende Ciancimino nei prossimi giorni:
      lunedi prossimo comincia davanti ai giudici della quarta szione
      della corte di appello il processo di secondo grado contro l' ex
      sindaco, condannato in primo grado a dieci anni per associazione
      mafiosa e corruzione. (ANSA).
      RED-RV
      14-GEN-93 19:51 NNNN
       

    • anonimo 18:07 on 18 June 2011 Permalink | Rispondi

      1993-1-18

      NU

      CRONACA

       

      MAFIA: CHIESTA CONFERMA CONDANNA PER CIANCIMINO

      19930118 03410
      ZCZC430/0B
      R CRO S0B S41 QBKS
      MAFIA: CHIESTA CONFERMA CONDANNA PER CIANCIMINO
      (ANSA) – PALERMO, 18 GEN – Il pubblico ministero Paolo
      Giudici ha chiesto la conferma della condanna dell' ex sindaco
      di Palermo Vito Ciancimino, accusato di associazione mafiosa e
      corruzione e condannato a dieci anni in primo grado. Il processo
      di appello si e' aperto stamane nell' aula della quarta sezione
      della corte di appello presieduta da Armando D' Agati. Era
      presente un solo imputato: il conte Romolo Vaselli, condannato
      in primo grado a 3 anni di carcere per favoreggiamento di
      Ciancimino. Dopo la requisitoria del pubblico ministero, che ha
      ricostruito l' influenza dell' ex sindaco sulle amministrazioni
      comunali di Palermo, grazie alla forza di intimidazione
      derivante dai suoi legami con esponenti mafiosi, il processo e'
      stato rinviato a venerdi prossimo, udienza nella quale il
      pubblico ministero concludera' le sue richieste nei confronti
      degli altri imputati: il costruttore Francesco Zummo, il
      commerciante Josafat Di Trapani e il conte Vaselli, i primi due
      condannati rispettivamente a 3 anni e 4 mesi e 1 anno e 8 mesi
      per favoreggiamento, e l' ex assessore socialdemocratico Giacomo
      Murana, condannato a 3 anni e 8 mesi per ricettazione. (ANSA).
      RED-NU/PR
      18-GEN-93 20:35 NNNN
       

    • anonimo 18:12 on 18 June 2011 Permalink | Rispondi

      19930122 04770
      ZCZC638/0B
      R CRO S0B S41 QBKS
      MAFIA: CHIESTA CONFERMA CONDANNE PROCESSO CIANCIMINO
         (ANSA) – PALERMO, 22 GEN – La conferma di tutte le condanne
      inflitte in primo grado e' stata chiesta oggi in corte d'
      appello dal sostituto procuratore Paolo Giudici nei confronti di
      Vito Ciancimino, accusato di associazione mafiosa, e di tutti
      gli altri imputati tranne uno.
         La requisitoria di Giudici era cominciata nell' udienza
      precedente quando era stata presa in esame solo la posizione
      dell' ex sindaco che, secondo Tommaso Buscetta, era ''nelle mani
      di Toto' Riina''. Oggi sono state esaurite anche le posizioni
      degli altri imputati. La conferma delle condanne e' stata
      chiesta per il costruttore romano Romolo Vaselli (3 anni),
      indicato come ''socio occulto'' di Ciancimino, per l' ex vice
      sindaco socialdemocratico Giacomo Murana (3 anni e 8 mesi per
      ricettazione), per il costruttore Francesco Zummo (3 anni e 4
      mesi). Solo per Josafat Di Trapani, che in primo grado era stato
      condannato a un anno e 8 mesi, il procuratore generale ha
      chiesto la prescrizione.
         Neppure oggi, come aveva fatto nell' udienza del 18 gennaio,
      Ciancimino ha assistito al dibattimento
      . Da Rebibbia, dove e'
      detenuto dopo l' arresto alla vigilia di Natale, ha fatto
      pervenire una rinuncia.
         Il processo proseguira' il primo febbraio con le arringhe
      difensive. (ANSA).
           XNI/PR
      22-GEN-93 21:18 NNNN
       

    • enrix007 19:37 on 18 June 2011 Permalink | Rispondi

      Ringrazio l'anonimo che ha pubblicato le ANSA, a seguito del quale ho posto alcune rettifiche. Effettivamente quello che era in corso era il processo di secondo gardo (appello) e non in Cassazione, che avevo citato erroneamente. Altrimenti sarebbe assurdo pensare a qualcuno, come "T", che vuol fare qualcosa ma non prima della sentenza di quel processo. Se fosse stata una sentenza di cassazione, e quindi definitiva, che si sarebbe mai potuto fare più?

    • anonimo 23:40 on 18 June 2011 Permalink | Rispondi

      il riferimento alla Cassazione credo sia legato a questa:

      Version:1.0 StartHTML:0000000225 EndHTML:0000005061 StartFragment:0000002665 EndFragment:0000005025 SourceURL:file://localhost/Users/sebastianogulisano/Desktop/**LIBRO_Ciancimino/Ciancimino%20Vito/Vito%20Ciancimino.docMAFIA: CASSAZIONE SU MISURE PREVENZIONE PER CIANCIMINO
       19930205 05010 ZCZC616/0B R CRO S0B S41 QBKS MAFIA: CASSAZIONE SU MISURE PREVENZIONE PER CIANCIMINO    (ANSA) – PALERMO, 5 FEB – Sara' il tribunale di Palermo ad esaminare la proposta di una nuova misura di prevenzione antimafia nei confronti di Vito Ciancimino. Lo ha deciso la Cassazione risolvendo cosi' un conflitto di competenza tra i giudici di Palermo e quelli di Roma. La richiesta era partita L’anno scorso dalla questura che, sulla base delle ultime dichiarazioni dei pentiti e delL’esito  di recenti vicende giudiziarie, riteneva L’ex sindaco di Palermo “socialmente pericoloso” perche' collegato ancora con Cosa nostra e in grado di controllare il sistema degli appalti in Sicilia. Nel 1984 Tommaso Buscetta disse che Ciancimino era “nelle mani di Riina” e che per conto del boss corleonese  avrebbe “gestito” il recupero del centro storico di Palermo. La nuova proposta di misure antimafia riguarda un periodo successivo al 1984, quando Ciancimino fu arrestato prima di essere inviato al soggiorno obbligato di Rotello, in provincia di Campobasso. Doveva restarci quattro anni ma per effetto della modifica della legge Rognoni-La Torre il confino fu trasformato in divieto di soggiorno nella Sicilia occidentale. L’ex sindaco si stabili' a Roma, dove e' stato arrestato nel dicembre scorso perche' second i giudici esisteva un “periodo di fuga”. La residenza nella capitale farebbe scattare, secondo il  tribunale di Palermo, la competenza dei giudici romani. Di parere opposto il tribunale di Roma che ora ha avuto ragione dalla Cassazione.(ANSA).      XNI/MC 5-FEB-93 21:24 NNNN

      ciao,
      Sebastiano

    • anonimo 10:30 on 7 July 2011 Permalink | Rispondi

      Caro segugio,
      l'avevi letta questa?

      http://discutere.wordpress.com/2011/07/06/editto-bulgaro-il-falso-storico-de-il-giornale/

      To', Marco si dimentica di dire che l'intervista a Borsellino e' alterata  e manipolata. Ancora. Che distratto.

      Luigi

    • anonimo 21:51 on 10 July 2011 Permalink | Rispondi

      Giggino il damerino non fa più capolino nei blog aperti come il Pensatore dove viene regolarmente bastonato ma si affaccia solo in campo amico. Paura eeeeehhhhhhh.

  • Avatar di enrix

    enrix 18:47 on 23 April 2011 Permalink | Rispondi
    Tags: , vito ciancimino   

    (S)POST-IT
     

    Cari segu(a)ci di questo blog, vorrei che concentraste la vostra attenzione su questo documento:

     
    consegnato spontaneamente
    E’ la fotocopia di un manoscritto di don Vito Ciancimino, un olografo autentico.

    Osservando le righe in alto, quelle che ho evidenziato in giallo, si vede Don Vito fare un accenno al suo libro “Le mafie”, registrato alla Siae nell’ottobre del 92”.

    Quindi Ciancimino Senior, scrive, di proprio pugno, di avere “SPONTANEAMENTE consegnato al colonnello dei carabinieri Mario MORI dei ROS” una copia della bozza del suo libro “Le mafie”, e ciò sempre nell’ottobre del 92.

    Ora, come è noto, è agli atti del processo a carico del generale Mori, un post-it, o meglio, un ritaglio di un post it, (chissà perché quando penso a Ciancimino junior, mi salta in mente Edward mani di forbice), dove compaiono praticamente le stesse parole, scritte sempre da don Vito: “consegnato SPONTANEAMENTE al colonnello dei carabinieri Mario MORI dei ROS”.

    SPOST IT
    Come tutti sapranno, un post it è un foglietto che si può appiccicare facilmente ad una superficie, e che con la stessa facilità si può staccare dalla stessa per appiccicarlo ad un’altra superficie.

    Uditi in dibattimento, i periti della Polizia Scientifica hanno indicato il marchio di fabbrica, di questo post it, e ci hanno detto che si tratta di un post it che in quanto tale si può appiccicare, staccare e riappiccicare varie volte senza lasciare traccia da un punto all’altro.

    Ora, nonostante questa intrinseca qualità di questo tipo di foglietti, e vale a dire quella di poter essere trasferiti con facilità per qualsiasi ragione da un foglio all’altro, stando ai postulati dell’accusa, questo post-it in particolare vorrebbe essere considerato esclusivamente come parte integrante di una fotocopia del cd. “papello”, e ciò, soprattutto anche grazie agli apporti di Massimo Ciancimino. (apporti testimoniali, beninteso).

    Ora, io, su questo dettaglio, stavo provando a ragionare.

    Tenere nella propria abitazione una copia del proprio libro, “Le mafie” con un post-it appiccicato, scritto di proprio pugno, post-it che teneva nota del fatto che una copia di quel libro era stata consegnata SPONTANEAMENTE al colonnello Mario mori dei Ros, esattamente come dichiarato nell’appendice di documento che ho qui riportato, poteva essere qualcosa che rientrava perfettamente nel personaggio di don Vito.

    Viceversa, conservare appiccicato ad una fotocopia del papello, per quanto nascosta in mezzo alle enciclopedie, un post-it scritto di proprio pugno recante quella scritta “consegnato SPONTANEAMENTE al colonnello dei carabinieri Mario MORI dei ROS”, era un errore che difficilmente l’ex sindaco di Palermo avrebbe mai commesso.

    E questo ce lo conferma lo stesso Massimo Ciancimino nelle sue testimonianze. 

    Cito un passaggio, dai verbali delle sue deposizioni in procura: “…mio padre aveva paura, visto che poi lo toccava lui, (sta parlando di un documento – ndr) che tutto questo potesse lasciare impronte digitali, infatti voi se avete preso… quando hanno fatto una perquisizione a casa di mio padre, c’era sempre, lui diceva che usava il giornale per leggere… cioè questi guanti in lattice, lui fondamentalmente diceva: fai una copia… voleva che andavo a fare io la copia, con i guanti addirittura eeh, la portavo… e le sue impronte no, perché non dovevano esserci, anche perché era già schedato, mio padre nell’84 era stato arrestato per il periodo di un anno…”

    Allora, qui c’è una stranezza. Massimo ciancimino da un lato afferma, dinnanzi ai Procuratori della Repubblica,  che suo padre  non voleva lasciare tracce che lo collegassero ai documenti, tanto da non volerli neanche toccare e da usare guanti di lattice, e dall’altro, viceversa, afferma che suo padre avrebbe voluto appiccicare un post-it proprio al più scottante di questi documenti, un post-it non solo recante impronte digitali, ma persino manoscritto di proprio pugno, che lo avrebbe collegato direttamente ad un reato, perché quel documento, proprio in quanto avvalorato dal post-it che lo indicherebbe come consegnato al colonnello Mori, diviene la prova di un reato non solo per il colonnello Mori, ma anche per lo stesso don Vito.
    E, per giunta, perpetrato proprio in un periodo in cui il vecchi Ciancimino era terrorizzato dal dover ritornare in carcere.

    Ad ogni buon conto, allo stato attuale, noi dovremmo credere che quel post-it apparteneva al cd. papello, anziché al manoscritto “Le mafie”, dal quale poteva tranquillamente essere spostato (se vi fosse appartenuto), semplicemente sulla parola di una persona che attualmente è in carcere per aver prodotto un documento calunniatorio, il frutto di un tarocco fabbricato col Photoshop.

    Una bella prova di fiducia.

     
    • anonimo 22:04 on 23 April 2011 Permalink | Rispondi

      è impressionante anche i caratteri sembrano uguali!  ingroia che dice al riguardo?

    • anonimo 22:36 on 23 April 2011 Permalink | Rispondi

      Carissimo Erix,
      dopo gli Auguri per una Pasqua serena che Le invio con tutto il cuore, desidero rivolgerLe una sola parola: "Grazie" !!!

      renzo

    • anonimo 02:05 on 24 April 2011 Permalink | Rispondi

      La perizia calligrafica è o non è una scienza esatta? Se è una scienza esatta, una volta fatta seriamente una perizia, non c'è bisogno di una controperizia… o se cmq c'è una controperizia, i risultati saranno gli stessi. Se è una scienza esatta, tutti i documenti riportati da ciancimino sono risultati autentici ad esclusione di uno che è risultato falso. Se la perizia non è una scienza esatta, le possibilità sono tante… è possibile che tutti i documenti siano falsi, che tanti documenti siano falsi, che alcuni documenti siano falsi, che un documento sia falso… e analogamente… tutti i documenti sono veri, tanti documenti sono veri….un solo documento è vero ecc.

    • enrix007 08:53 on 24 April 2011 Permalink | Rispondi

      Sympatros, (autore del messaggio n°3) ciò che dice la perizia è ciò che è scritto sulla perizia, e ciò che è scritto sulla perizia è esattamente ciò che scrive ed afferma il sottoscritto.

      I documenti "autentici" di cui parli tu, sono al 95% documenti portati per il confronto grafico e non adducenti alle tesi dell'accusa (es: documenti dove don vito raconta quant'è bravo il suo medico, com'è bello passeggiare per Roma, ricevute postali, firme su documenti tipo la carta d'identità, ecc…). Sull'altro 5%, cioè quello che conta,  i periti non dicono ciò che conta (es: in questo caso, da dove provenga il post-it), altre volte lo dicono, e confermano che Massimino ha fatto dei collage (vedi mio articolo precedente) ed altre ancora non si pronunciano, perchè alcuni documenti per il momento, non li hanno esaminati nonostate fossero agli atti del processo (es: la lettera di don Vito a Berlusconi).

      Ora, nel caso di Ciancimino, le perizie della Polizia Scientifica sono una formalità giuridica, perchè il suo lavoro è visibile anche ai profani.

      A meno che, i profani in questione  siano fessi come te, cui ho passato una delle consuete porcherie da mestatore solo perchè è Pasqua.

      Ma è l'ultima, stai tranquillo.

    • anonimo 10:29 on 24 April 2011 Permalink | Rispondi

      Renzo ringrazia il segugio, ma il grazie va dato alla polizia scientifica che ha scoperto il falso mica al segugio!

    • anonimo 12:29 on 26 April 2011 Permalink | Rispondi

      Enrico,ma stai ancora a rispondere a un deficiente fannullone come sympatros?Su,su,lascia perdere,hai cose piu' importanti da gare!
      Maury

    • anonimo 18:39 on 26 April 2011 Permalink | Rispondi

      E le segnalo l'interessante commento di AJANNONE del 26 aprile 2011 at 15:47 nell'articolo di Facci sull'argomento:

      http://www.ilpost.it/filippofacci/2011/04/26/chi-si-e-fidato-di-ciancimino/

      Luigi

  • Avatar di enrix

    enrix 13:10 on 13 November 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , , vito ciancimino   

    Ecco che cosa ha rivelato esattamente Ciancimino junior sui pizzini della mafia a Berlusconi

    ciancimino E2

    Dedicato al popolo delle agende rosse, a Sonia Alfano, a Salvatore Borsellino, a Giorgio Bongiovanni di Antimafia Duemila, a Gioacchino Genchi e a tutti gli altri che come loro amano la verità sui fatti di mafia, un estratto del settimo capitolo del mio libro "Prego, dottore!"  (ammodernato a seguito degli ultimi eventi).

    Si tratta del compendio di tutte le testimonianze rese sino ad oggi da Massimo Ciancimino su alcuni dei suoi famosi pizzini, quelli considerati autentici ed attendibili dai nostri magistrati.

    In pratica ho riunito tutte le dichiarazioni, rese soprattutto sotto giuramento, del testimone su questo argomento, cercando così di venire a capo dei fatti ivi narrati, in un quadro che possa risultare organico.

    Non vorrei mai però, al termine di questo lavoro, apparire come  il classico cinico sputtanatore delle belle favole, come quelli che vanno dai bimbi piccoli a sussurrare la notizia traumatica che Babbo Natale non esiste.

    Non è vero.

    Babbo natale esiste, e la dimostrazione è nella  seguente:

     

    Storia (e significato) dei pizzini a Berlusconi, nel narrato mitopoietico di Ciancimino Junior, (con qualche cenno al “papello”)

     «Dopo il suo arresto, nel dicembre del ‘92» don Vito «si convinse che era stato sostituito, scavalcato, nella trattativa tra lo Stato e Cosa nostra.»[1]

    E pertanto «Dopo quello» che don Vito «ritiene un po’… il tradimento… l’essere stato messo da parte»[2], vale a dire durante «la fase 3»[2], quella cioè dove don Vito assume «la convinzione, unica, … che tutta questa serie di situazioni, – il fatto che il Provenzano non fosse stato arrestato, il fatto che Provenzano non si poteva… godeva, come avevo detto in precedenza, … di questa immunità territoriale del muoversi liberamente, il fatto che non si era perquisito il covo, (di Riina, nel gennaio 93 – nda) il fatto di una serie di eventi – …»[2], dopo quindi, dicevamo, essersi convinto che tutta questa serie di situazioni erano «frutto di una unica trattativa che aveva costituito si varie fasi, ma di fatti era in piedi da diversi tempi»[2], insomma in quel preciso momento della sua vita, che come ha detto Ciancimino Junior è successivo al suo arresto del 23 dicembre 92, Vito Ciancimino, «assunse» nei confronti di Provenzano, «un po’ una veste di “consigliori", di consulente»[2].

    E diventa consigliori anche perché «di fatto non voleva … non si voleva escludere da quello che erano il proseguio di questi tipi di rapporti»[2].

    Consigliori un po’ impedito, doveva essere, e a maggior ragione nella sua attività di suggeritore del latitante Provenzano, potendo egli ricevere il pubblico, se autorizzato, soltanto nella "sala colloqui" di Rebibbia.

    Lo ammette lo stesso Junior, a pag. 230 del suo libro “Don Vito”: “Il legame col Lo Verde, per ovvie ragioni, si era allentato: attrezzati per quanto si possa essere alle difficoltà, è davvero arduo poter pensare ad una frequente comunicazione tra un detenuto e un latitante”.

     E certo, è arduo sì.

     Ma com’è noto, le vie della mafia sono infinite, (specie per un mafioso così potente che per aver chiesto il passaporto in questura è stato sbattuto 7 anni in isolamento carcerario cautelare) e pertanto il consigliori don Vito, pur rinchiuso a Rebibbia e quindi pur dovendo allentare il legame con il boss, almeno una volta e non si sa come, «di questi argomenti» (cioè degli argomenti che saranno poi i contenuti delle due lettere) ne ha «parlato con il Lo Verde»[1] (cioè con il Provenzano, latitante), ed in quel contesto don Vito ha suggerito «al Lo Verde, ‘nsomma, quelle che erano anche le strategie da usare con questo tipo di interlocutori»[1]

    Gli interlocutori sarebbero i destinatari delle lettere, e cioè Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi, ed infatti le strategie di cui parla Ciancimino Jr, e di cui don Vito avrebbe parlato mentre era in carcere a Rebibbia con Provenzano mentre questi era latitante, e che sarebbero state poste in azione con le due lettere nel 94, sarebbero quelle di «richiamare il partito (Forza Italia) che di fatto secondo mio padre era nato grazie anche a quella che era il frutto della … della trattativa, del … di quella che era stata una trattativa, oppure collaborazione, come si chiama dopo … come la descrive mio padre dopo una … dopo la data di agosto, a ritornare un poco sui suoi passi, a cercare di … eehh … un po’, diciamo, di di di …. era un’avvisaglia a rientrare in quello che dovevano essere i ranghi»[2]

    In sintesi, tra il 93 ed il 94 il consigliori Vito Ciancimino, mentre è rinchiuso in carcere, parla con Provenzano latitante e gli suggerisce una strategia da utilizzare con Silvio Berlusconi in quanto il suo partito nel 94, appena fondato, stava già uscendo dai ranghi, strategia che effettivamente Provenzano adotta scrivendo la lettera n°1 nello stesso 1994  (ma su carta fabbricata dopo il giugno 1996, secondo la perizia della polizia scientifica, essendo sempre infinite, anzi: divine, le possibilità della mafia), allo scopo di costringere, per mezzo di intimidazioni, Forza Italia, appena fondato, a ritornare un poco sui suoi passi, a rientrare in quello che dovevano essere i ranghi.

    «Ecco, quello era il momento di mantenere gli impegni presi» – ci spiega Ciancimino junior nel suo libro – «altrimenti mio padre minacciava di “uscire dal riserbo».[3]

    A dirla proprio giusta non si trattava solo di “riserbo”, ma persino di “riserbo che dura da anni”[4], quello da cui minacciava di uscire, anche se noi abbiamo già visto, nel secondo capitolo, che questi anni, se quel riserbo fosse stato davvero riferito a Forza Italia, potevano essere a malapena uno.

    L’idea di suggerire ciò a Provenzano, a don Vito venne dal ricordo di una vecchia intervista che egli aveva letto nel 1977. «dove lo stesso Berlusconi, intervistato da un famoso giornalista di Repubblica in merito a quelle che erano state le sue scelte imprenditoriali circa l’acquisizione di un giornale e anche di una rete televisiva, ebbe a scrivere, ‘nsomma… era… ebbe a riferire al giornalista di allora che nel caso un amico, in quel caso un soggetto politico, sarebbe dovuto scendere in campo, lui non avrebbe nessuna … non ha avuto nessun problema a mettere a disposizioni una delle reti televisive»[2] E Provenzano quindi nella sua lettera, «sotto consiglio»[1] di don Vito, e poi anche lo stesso don Vito nella sua rielaborazione, hanno «usato quella che era la frase da lui detta anzitempo quando aveva comprato la sua rete TV, per riportarla ai nostri giorni.»[2]

    Quindi, dicevamo, nel 94, Provenzano, pregno dei consigli del suo consigliori detenuto, decide di scrivere, su carta del 96,  una lettera a Berlusconi per chiedergli giustappunto che per intanto gli mettesse a disposizione una sua televisione, richiamandosi alla sua disponibilità palesata su Repubblica 17 anni prima.

    In caso contrario, gli preannunciava «un attentato che gli avrebbero ammazzato il figlio »[5].  Questa lettera avrebbe dovuto essere consegnata a Dell’Utri, perché la consegnasse a Berlusconi, nonchè in copia «al solito personaggio, sig. Carlo o Franco»[2].

    Ma Provenzano, prima di porre in atto questo progetto, scrive (o meglio, fa scrivere da qualcuno pescato «da ambienti vicini»[1] a sé medesimo, perché junior non sa, «realmente, chi l’ha scritta»[2]) la lettera (il pizzino n°1, appunto) e, mediante sempre soggetti vicini ai suoi ambienti, la consegna a Massimo Ciancimino perché egli la faccia leggere, correggere e rivedere da suo padre detenuto, così come aveva già fatto con altre due missive poco prima del suo arresto, consegnategli mediante altri due portalettere.

    La prima missiva gli era stata consegnata a San Vito lo Capo dal luogotenente provenzaniano Lipari (invece sul libro “don Vito” la lettera consegnata da Lipari a San Vito lo Capo ridiventa sempre questa, cioè la terza portata in carcere), la seconda da un autista di Provenzano ignoto ed indefinito.

    In ogni caso sulle tre missive c’erano scritte più o meno le stesse cose.

    In una di queste buste poi, c’era anche un malloppo consistente in non meno di 500 bigliettoni di banca (circa 50 milioni di lire[5]), infilati con la lettera nel plico, di cui Ciancimino non capisce bene né provenienza né scopo, per cui li consegna ai suoi fratelli, che però di quei 50 milioni non sapevano niente neppure loro.

    Pertanto Massimo Ciancimino corre a Rebibbia, dove da circa un anno e mezzo era detenuto il padre nel frattempo divenuto consigliori, portando con sé la terza lettera scritta da Provenzano e recante in bella vista, nella parte iniziale, l’indirizzo dei destinatari , Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi, e subito sotto, a seguire, una bella minaccia esplicita per Berlusconi «di un attentato che gli avrebbero ammazzato il figlio», poiché questo, afferma Junior, «era anche pronunziato nella prima parte del documento che io avevo letto»[1], se la sfila di tasca, impavido, tra un agente di polizia penitenziaria e l’altro, e ne legge «il contenuto» mentre il padre «annotava in un suo foglio di carta»[2], cosicchè, successivamente, «ne aggiustava i contenuti, e ne perfezionava quello che doveva essere, ne doveva costituire l’esito finale»[2].

    La lettera parlava di «un triste evento» e cioè, come detto, di una minaccia di Provenzano di «eliminazione fisica»[2] di Piersilvio Berlusconi, ma al medesimo tempo del fattivo «contributo» che Provenzano intendeva dare per scongiurare tale evento, mentre Berlusconi avrebbe messo una delle sue televisioni a disposizione del boss.

    Ma il “contributo” di Provenzano non era da riferirsi solo al mettersi in azione in modo da convincere se stesso a non uccidere Piersilvio, ma riguardava anche «il confluire in tutta quella che era la capacità elettorale, del controllo dei voti anche di una serie di agevolazioni nei confronti dei …eehhh … diciamo del … dei … ii… come si chiama … dei … dei candidati, tutto quello che era lo svolgersi del … delle consultazioni»[2].  E questa è la ragione, spiega Ciancimino al dr. Ingroia, per cui all’inizio del pizzino n°1 fanno capolino le due paroline “posizione politica”.

    Allora, nel rielaborare la lettera, secondo lui troppo pesante, don Vito aggiunge al triste evento un bel “in sedi giudiziarie” in maniera da correggere il tiro e trasformare la minaccia alla vita di Piersilvio, in una minaccia di : «… rilevare tutte quelle che erano il bagaglio di informazioni, avrebbe… avrebbe dato via a un’inchiesta giudiziario…» poiché «mio padre non trovava… diciamo, molto etico il fatto di poter usare la minaccia verso figlio verso terzi di come motivo per attirare l’attenzione di questi soggetti, per cui preferiva farlo nell’ambito giudiziario che non in quel tipo di ambito che era rappresentato nella precedente missiva.»[2]

    Insomma, don Vito, anziché accoppargli il figlio, preferiva arrecare a Berlusconi guai che potevano avvenire in sedi giudiziarie o altrove. Inoltre, prende le paroline “per questa mia posizione politica” e le appiccica ad un non meglio definito “anni di carcere”, stabilendo un’associazione causale fra le due cose, cosicché il significato originale del pensiero di Provenzano, quello della “posizione politica” riferita non si sa bene come al “controllo dei voti”, va a farsi benedire.

    Quindi Vito Ciancimino, usando un «messaggio cifrato»[2], scrive a Dell’Utri che se si fosse verificato un triste evento in sedi giudiziarie o altrove lui era convinto che Berlusconi gli avrebbe concesso l’uso di una televisione onde parlarne, per significare in realtà (messaggio cifrato, eh) che se Berlusconi non si metteva a disposizione sua e soprattutto di Provenzano con «tutto quello che in quel momento il Berlusconi, la sua forza politica, rappresentavano”[2], loro gli avrebbero fatto avere rogne giudiziarie o di altro tipo.

    Ma non solo.

    Persino la frase «…anni di carcere per questa mia posizione politica intendo dare il mio contributo (e non sarà modesto) perché questo triste evento non abbia a verificarsi», era un messaggio cifrato, perché nella realtà il soggetto occulto della frase era lo stesso destinatario della lettera, Silvio Berlusconi in persona, ed il contributo non era qualcosa che potevano recare Ciancimino e Provenzano alla sua causa, bensì, al contrario, era qualcosa che Silvio Berlusconi doveva recare alla causa loro. E questo per il fatto che «nel 94, ovviamente, questo contributo doveva essere molto più ampio in quanto lo stesso non era più proprietario solo di una televisione privata, bensì di un gruppo editoriale ben più ampio, e di una posizione politica di fatto che rappresentava il partito di maggioranza.» [2]

    E così, quello che nella lettera di Provenzano era un “contributo” del boss volto ad evitare un triste evento  nonchè a contribuire ad una posizione politica con apporti elettorali, nella rielaborazione di don Vito, (superbo enigmista!), diventa un contributo che Berlusconi doveva dare alla causa della mafia grazie alla raggiunta posizione politica, se voleva evitare un triste evento in sedi giudiziarie (e magari pure “anni di carcere”, perchè no).

    Ma non è finita qui.

    Don Vito avrebbe anche convocato una conferenza stampa per parlare di un modesto episodio riferito al triste evento e per rendere pubblica, nonché dimostrare, l’inettitudine  di qualcuno nei confronti di una certa iniziativa dello stesso don Vito (purtroppo rimasta indefinita per scomparsa della pagina), il che sempre in messaggio cifrato  significava invece che avrebbe convocato, nella sala-stampa dei detenuti del carcere di Rebibbia, una conferenza per «raccontare quella che era stata la nascita della coalizione, che poi aveva dato vita al gruppo “Forza Italia”, una serie di fatti che ne avevano determinato la nascita»[2].

    A questo punto Vito Ciancimino prese la lettera così come lui l’aveva rielaborata nella sua cella, sempre nel 1994 ma sempre su carta prodotta dopo il gennaio 1996 (sempre infinite, le vie), con tanto di indirizzo dei destinatari Berlusconi e dell’Utri in testa e con tutte le cose belle che gli mandava a dire nonché, nella prima parte oggi scomparsa, “alcuni appunti per il Lo Verde. In merito alla…a questa interpretazione…agli aggiustamenti che lo stesso mio padre aveva operato a quello che era il testo del … che inizialmente mi aveva consegnato il Lo Verde a me»[2] e, non si sa come, «la fece avere»[1] a Massimo Ciancimino, il quale la portò poi a Provenzano.

    Poi che fine abbia fatto quella lettera, la n°2, Ciancimino Jr. non lo sa.

    Salterà poi fuori anni dopo, tra la documentazione di suo padre, una sola pagina di questa, in due diverse versioni: una in fotocopia, quella cioè da lui prodotta in tribunale (solo un tantino ritagliata e pasticciata) l’8 febbraio 2010 dopo averla concessa, con un anticipo di 4 mesi, ai giornali; l’altra versione è un ritaglio sforbiciato dell’ORIGINALE (che perciò si era tenuto, dando invece a Provenzano solo una fotocopia) sempre e soltanto dell’unica pagina disponibile (è ritagliata via la metà superiore, per cui non compare l’indirizzo a Berlusconi), a mani della DDA di Caltanissetta e peritata dalla polizia scientifica, (che ha ravvisato trattarsi di carta prodotta, per l’appunto,  dal gennaio 1996 in poi), la stessa pagina poi prodotta in fotocopia in tribunale, ma che rispetto a quella ha qualche riga in meno, ritagliata via, e qualche riga in più (ritagliata invece dalla fotocopia).  

    I ritagli e gli incollaggi di questo documento verranno segnalati dal gen. Mori mediante dichiarazioni spontanee in aula, ma il PM Di Matteo replicherà che a lui “non risultano fotomontaggi”.

    Infatti non è un fotomontaggio, ma soltanto la fotocopia di un documento ritagliato ed appiccicato ad un altro.

    Invece la lettera n°1 la conserva in originale (mentre una copia  la da al Sig. Franco-Carlo, su istruzioni di suo padre). Dapprima «Era messo dietro la copertina di un libro della TRECCANI, a Roma.»[6] Aggiunge Junior: «Mio padre me l’aveva fatto mettere dietro un libro della TRECCANI, nella copertina, avevamo scollato l’ultima pagina e l’avevamo messo là dietro assieme ad altri documenti suddivisi.»[6] Sarà stata quindi una copertina bella gonfia.

    Quindi successivamente il pizzino si ritrova a Palermo nella sua cassaforte, per finire, infine, allegato al manoscritto di 12 pagine “I carabinieri” e riposto insieme allo stesso manoscritto, sempre con l’indirizzo di Dell’Utri e Berlusconi scritto bello grosso, in uno scatolone nei magazzini della Chateau d’Ax, dove egli custodiva la documentazione «che non era stata ritenuta opportuna occultare, perché di fatto era quella che si voleva che si ritrovasse»[2], e vale a dire ciò che non gli importava che venisse scoperto, perché quel pizzino n°1, quello scritto da gente vicina a Provenzano con l’indirizzo sopra di dell’Utri e Berlusconi e le esplicite minacce di morte al figlio di questi, era un documento che lui non riteneva «che era di quelli importanti da portar via.»[2].

    Ma quando i carabinieri lo sequestrano nel febbraio 2005 insieme a tutta la roba dello scatolone, verbalizzano che ne manca un pezzo, cioè verbalizzano che si tratta solo di “una parte” di un foglio A4.

    La parte con l’indirizzo di dell’Utri di quel foglio A4 era sparita ed era rimasta solo più la parte dove si leggeva del tentativo di estorcere l’uso di un canale televisivo a Silvio Berlusconi, e cioè la ciccia di Marco Travaglio (Marco Travaglio vede il pizzino, ed esclama nel suo “passaparola”: “E qui c’è la ciccia!”).

    Quindi la ciccia viene sequestrata ed acquisita e consegnata ai magistrati dai carabinieri, mentre invece una copia del papello che secondo spiegazioni date alla stampa da Massimo Ciancimino poteva trovarsi nello stesso scatolone, viene fotocopiata in un'attigua copisteria e fatta così scomparire in doppia copia,  non comparendo neppure sui verbali.

    I carabinieri che avrebbero combinato questo scherzetto, su diretto comando del Col. Gian Marco Sottili (uno dei principali artefici dell’indagine che ha portato all’arresto delle talpe in procura Ciuro e Riolo, di Michele Aiello ed all’incriminazione di Totò Cuffaro), sapevano perfettamente (lo dice lo junior) che una copia del papello (anche questa proveniente dal nascondiglio nella copertina dell’enciclopedia, estratta religiosamente nel 2002 da don Vito da quel pertugio dove era rimasta nascosta per 10 anni, ma nascosta inutilmente,  perché nel frattempo c’erano altre fotocopie dello stesso documento che circolavano forse in soffitta o forse persino messe a disposizione negli scatoloni in magazzino) era custodita nella cassaforte dell’Addaura, ma non si sa perchè quando nel corso della perquisizione  vengono proposte loro le chiavi di quella cassaforte, essi le rifiutano sdegnosamente, decidendo di lasciare tranquilla la fotocopia del papello chiusa in cassaforte, nelle mani di Ciancimino, per accontentarsi invece di portarsi via solo quella abbandonata forse in soffitta o forse nello scatolone in magazzino (esattamente, non si è capito), dopo averla fotocopiata per la terza volta in una copisterìa.

    Ma Massimo Ciancimino non si accorge di tutto questo, nonostante abbia poi dovuto firmare il verbale di sequestro, dove la condizione e lo stato del pizzino di Provenzano (del papello, invece no) erano accuratamente annotati, e probabilmente ne abbia anche avuto copia. Non si accorge che il foglio sequestrato era dimezzato, ma si rende però conto che nell'aver ritenuto che questo non era un documento «di quelli importanti da portar via.» e nell'averlo quindi lasciato a piena disposizione dei sequestri giudiziari, aveva ritenuto una cazzata.

    Manifesta questa sua preoccupazione ad un «emissario» del sig. Franco-Carlo, il quale gli fornisce «assicurazioni che questi documenti non sarebbero mai venuti alla luce»[3].

    Invece alla luce, al contrario del papello,  ci viene, quel pezzo di documento contenente “la ciccia” di Travaglio, a metà del 2009, e nel visionarlo il Ciancimino si accorge con grande stupore che appunto ce n'è solo un pezzo (la ciccia), così come era già scritto sul verbale di sequestro da lui firmato 4 anni prima, e che, pertanto, manca tutta la parte con gli indirizzi dei destinatari e con l’enunciato della minaccia alla vita di Piersilvio Berlusconi.

    E nel vedere che ne manca un pezzo, Ciancimino Jr. ha una gran fifa: «continuo a ribadire che mi vorrei rimangiare quello che ho detto perché ho paura»[5].

    FINE

    (da: "Prego, dottore!" – Cap- 7 )

    [1] Dichiarazione rilasciata da Massimo Ciancimino nell'udienza del 2 febbraio 2010 del processo Mori-Obinu, ripresa da molti quotidiani. Si veda, ad es., «Provenzano "consegnò" Riina ai carabinieri in cambio dell'impunità» - Corriere della Sera online – 2 febbraio 2010
    [2] Processo "Mori-Obinu" – udienza dell' 8 febbraio 2010  
    [3] Don Vito – di Francesco La Licata e Massimo Ciancimino – Ed. Feltrinelli – pagina 227/229
    [4] Lettera n.2 di Vito Ciancimino 
    [5] Dal verbale d'interrogatorio di M.Ciancimino del 01/07/2009 della Procura di Palermo
    [6] Dal verbale d'interrogatorio di M.Ciancimino del 30/06/2009 della Procura di Palermo

     
    • anonimo 22:44 on 24 November 2010 Permalink | Rispondi

      Esiste anche la possibilità che ciò che dice Ciancimino sia vero(almeno in parte) e che siano false le prove che porta a supporto delle sue rivelazioni. Naturalmente se le cose stanno così difficilmente lo verremo a sapere, ma la possibilità esiste.

    • enrix007 16:16 on 25 November 2010 Permalink | Rispondi

      Con stretta attinenza alle due "lettere" di cui si parla in questo articolo, le cose non stanno così.
      Ne riparleremo.

  • Avatar di enrix

    enrix 00:48 on 10 June 2010 Permalink | Rispondi
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    INTERVISTA A DE DONNO 

    Intervista a De Donno.

    Quando in un paese di falsari, di cialtroni e di
    menti deboli, ci si ritrova costretti a spiegare cose ovvie.

     
    • anonimo 13:55 on 11 June 2010 Permalink | Rispondi

      Ma allora sei vivo!Temevo che la mafia ti avesse eliminato.Moritz

    • aspis 21:38 on 11 June 2010 Permalink | Rispondi

      certo che cercare nuove nuove sul blog, più volte al giorno, vanamente, per tanti giorni è stressante… poi bastano due righe e si riapre lo spirito… grazie Enrix.renzo

    • enrix007 00:16 on 12 June 2010 Permalink | Rispondi

      Ragazzi, la vostra pazienza sarà premiata.La prossima settimana esce il mio libro."Le lettere della mafia a Silvio Berlusconi nella mitopoiesi di Massimo Ciancimino" – 145 pag – edizioni Segugio.Da leggere sotto l'ombrellone quest'estate.

    • anonimo 13:20 on 13 June 2010 Permalink | Rispondi

      Gaudio magno!Edizioni segugio?Ma lo trovero' in libreria?Luigi

    • anonimo 23:58 on 13 June 2010 Permalink | Rispondi

      Dai, Enrix dicci dove si trova!cesare

    • anonimo 00:00 on 14 June 2010 Permalink | Rispondi

      P.S.sono contento che tu non abbia scritto "mitopoietica" ma mitopoiesi, non so se ti sei accorto del mio commento tempo fa…cesare

    • anonimo 13:56 on 16 June 2010 Permalink | Rispondi

      Finalmente!Maury

    • anonimo 12:39 on 20 June 2010 Permalink | Rispondi

      Ho trascritto l'ultima parte perchè ci dà una idea di quello che è realmente successo.Noi ci inseriamo inconsapevolmente in un terreno estremamente minato, sconoscendo chiaramente che verosimilmente qualcuno stava discutendo realmente con cosa nostra, e non per gli stessi obiettivi che noi perseguivamo.Se trattativa esisteva probabilmente era condotta da qualche parte sicuramente politica o rappresentativa di alcuni interessi economici, di lobby, che però era realmente in grado di mantenere eventuali promesse.Poi in questa intervista De Donno non dice che quando Ciancimino si appresta a fare il grande passo e ad iniziare a collaborare, proprio in quel momento viene arrestato.Era un pericolo.E viene arrestato.bart_simpson

  • Avatar di enrix

    enrix 18:57 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi
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    Perché considero inattendibile Massimo Ciancimino 

    Perchè considero inattendibile Massimo Ciancimino

    di Sebastiano Gulisano

    Mi sarebbe piaciuto assistere alle udienze del processo Mori-Obinu, all’inizio di febbraio, per osservare le facce dei protagonisti, scrutarne le espressioni mano a mano che procedeva il racconto del «teste assistito» Massimo Ciancimino sulla trattativa Stato-mafia dopo la strage di Capaci del 23 maggio 1992 e prima della strage di via d’Amelio. Avrei voluto scrutarne gli sguardi, le espressioni, le smorfie, i gesti e, attraverso essi, tentare di interpretare i pensieri di ciascuno di loro. A pensarci bene,  non mi sarebbe nemmeno bastato esserci: mi ci sarebbero volute un bel po’ di telecamere, almeno una per ogni protagonista e una sala di regia da dove osservare. In quell’aula di Tribunale, però, non c’ero, né ho visto filmati di quel dibattimento, di quelle udienze; ho solo ascoltato le registrazioni di Radio Radicale delle tre giornate in cui Ciancimino ha raccontato la sua verità. In precedenza, avevo letto tutti i verbali depositati dai pm agli atti del processo Mori-Obinu, scaricati dalla rete tramite il sito Censurati.it. Sulla vicenda, inoltre, conoscevo la progressione delle dichiarazioni di Giovanni Brusca dal 1996 in poi, le testimonianze degli ex ufficiali del Ros dei carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno al processo di Firenze sulle stragi del 1993, la versione ufficiale di don Vito Ciancimino che sostanzialmente coincide con quella dei carabinieri: la trattativa sarebbe iniziata dopo le stragi siciliane, alla fine di agosto. Senza contare le innumerevoli cronache giornalistiche che, negli anni, hanno trattato l’argomento. Insomma: pensavo di saperne qualcosa e mi ero anche formato qualche idea.
    Dopo le dichiarazioni di Ciancimino jr, specie dopo la sua testimonianza in Tribunale nei giorni 1, 2 e 8 febbraio 2010, non so più nulla. O quasi.

    Nelle ultime settimane ho riletto tutti i verbali del figlio di don Vito e ascoltato più volte attentamente le sue parole al processo Mori-Obinu: l’unica cosa che mi è chiara è che Massimo Ciancimino ha studiato male, talmente male da riuscire a contraddirsi persino sulle vicende di cui è stato protagonista diretto. Figurarsi su ciò che gli avrebbe raccontato il defunto don Vito.
    Complessivamente, il racconto del «testimone assistito» è verosimile. Verosimile non vuol dire vero, ma raccontato in maniera tale che possa sembrarlo. Specie se non si hanno elementi di paragone. Il fatto è che se si mettono a confronto le cose che Ciancimino racconta ai pm in due anni di collaborazione (già in parte contraddittorie, ma in qualche modo giustificabili) con quelle che racconta nell’aula del processo Mori-Obinu la sua attendibilità va a farsi friggere. Non perché dica cose false (non sono in condizione di saperlo), ma perché in più occasioni afferma cose radicalmente diverse rispetto a quelle dichiarate ai pm: nella migliore delle ipotesi, ha problemi di memoria. Problemi seri. So che un Tribunale, in relazione a determinati fatti palermitani degli anni Ottanta, lo ha ritenuto attendibile, ma so anche che quella patente di attendibilità non rende né vero né attendibile tutto ciò che dice Massimo Ciancimino.
    Faccio qualche esempio così risulta chiaro ciò che intendo.

    Dall’interrogatorio del 7 aprile 2008 davanti ai pm palermitani Nino Di Matteo (PM) e Antonio Ingroia (PM1):

    «CIANCIMINO: De Donno (…) L’ho incontrato subito dopo l’omicidio del dottor Giovanni FALCONE in una… sul volo Palermo – Roma. In quell’occasione siamo riusciti, parlando con la hostess, a farci assegnare un posto accanto… (…) …mi ricordo proprio il periodo, è stato una settimana dopo, 10 giorni dopo (la strage di Capaci, ndr). (…) l’incontro con DE DONNO è avvenuto circa 10 – 15 giorni dopo… (…)
    CIANCIMINO: Ci siamo messi accanto e lui mi ha detto: ma secondo lei… inizialmente mi chiese soltanto se…
    P.M.1: Volo Palermo – Roma, giusto?
    CIANCIMINO: Palermo – Roma… se mio padre avesse avuto mai intenzione di farsi una chiacchierata con lui. Il primo contatto tra me e DE DONNO dice: ma secondo me tuo papà mi ricever… sarebbe disposto a ricevere me e casomai qualche altro per farsi una chiacchierata? (…) non mi ricordo ovviamente se mi parlò di collega o superiore. Ho parlato con mio padre di questo, più di una volta… premesso, il dottor DE DONNOmi lasciò un recapito telefonico dove trovarlo ed era un numero di una utenza telefonica mobile.
    P.M.1: Quindi lei riferendo a suo padre…
    CIANCIMINO: Esatto, mio papà disse di chiamarlo, mi disse: vabbè chiamalo e chiedi al Capitano DE DONNO quale dovrebbe essere l’argomento della discussione. Chiamai il Capitano DE DONNO e mi ricordo che in quell’occasione lo incontrai a Palermo, ci incontrammo di fuori della Caserma quella diciamo che purtroppo ho conosciuto pure io, Caserma Carini, quella che c’è qua dietro al Politeama…»

    Al processo Mori-Obinu, l’1 febbraio 2010, l’incontro con De Donno non avviene più a Punta Raisi ma a Fiumicino, il volo è Roma-Palermo e il primo appuntamento con De Donno non è più a Palermo, vicino alla caserma Carini, ma a Roma, ai Parioli.

    Che la cosiddetta trattativa cominci con un incontro più o meno casuale in aeroporto, fine maggio-primi di giugno, è un fatto noto da 15 anni, raccontato dallo stesso De Donno, che lo ha sempre collocato sul Palermo-Roma, come il primo Ciancimino. Da dove salti fuori la seconda versione non è dato sapere: il pm Di Matteo non ha fatto nulla per indurlo a ricordare meglio; la difesa di Mori non glielo ha stranamente contestato.

    Durante l’interrogatorio del 20 novembre del 2009 (condotto da ben 6 pm di Palermo e Caltanissetta) a Ciancimino viene chiesto di spiegare il contenuto di un “pizzino” che lo stesso ha consegnato ai magistrati, una lettera dattiloscritta indirizzata da Provenzano a don Vito, ritirata personalmente da Massimo:

    «P.M.: Carissimo ingegnere, ho ricevuto la notizia che ha ritirato la ricetta dal caro dottore… ascolti bene, non…
    CIANCIMINO: Sì, sì.
    P.M.: credo che è il momento che tutti facciamo uno sforzo, come già ci eravamo parlati al nostro ultimo incontro, il nostro amico è molto pressato, speriamo che la risposta ci arrivi per tempo, se ci fosse il tempo per parlarne noi due insieme. Io so che è buona usanza in lei andare al Cimitero per il compleanno del padre suo, si ricorda, me ne parlò… me ne parlo lei, potremo vederrci con due erre… per rivolgere insieme una preghiera a Dio o come l’altra volta, per comodità sua, da nostro amico OMISSIS. Bisogna saperlo, perché a noi ci vuole tempo per organizzarci».

    Dunque: nel racconto di Massimo Ciancimino il «Carissimo ingegnere» è il padre, la «ricetta» è il papello, il «caro dottore» è Antonino Cinà (che avrebbe consegnato il papello a Massimo il 29 giugno 1992, giorno di S. Pietro – a Roma è festa e lui aveva programmato una gita a Panarea ma ha dovuto rinunciare); «la risposta» che aspettano «per tempo» sarebbe quella delle istituzioni alle richieste contenute nel papello; il «nostro amico» è Totò Riina, «molto pressato» da un soggetto esterno a Cosa Nostra («il grande architetto» lo chiama Ciancimino padre) che vuole continuare la strategia stragista; il «Cimitero» è quello dei Cappuccini, a Palermo; il «compleanno del padre suo» ricorreva il 12 luglio.
    Secondo il racconto che Ciancimino jr fa ai magistrati il 20 novembre – lo sintetizzo perché è lungo una decina di pagine –, il pizzino, in busta chiusa, gli sarebbe stato consegnato da persone vicine a Provenzano «alla fine di giugno del 1992» e da lui portato al padre, senza leggerlo; il contenuto gli sarebbe stato riferito successivamente dallo stesso don Vito. Massimo è certo del periodo perché ricorda che il «padre era venuto a Palermo per incontrare il Lo Verde», alias Provenzano, e che l’incontro «è avvenuto in una giornata di mercoledì (…) di fine giugno 1992».
    Al processo, il 2 febbraio, il ritiro della busta, spostato da «fine giugno» ai «primi di luglio» del ’92, avviene in seguito alla consegna a Provenzano, la mattina dello stesso giorno, di un’altra busta «proveniente da Roma» (da don Vito) di cui prima sostiene di non conoscere il contenuto ma, poco dopo, per spiegare in cosa consistesse lo «sforzo» da fare, cambia idea e dichiara che «mio padre mi dice che nella lettera che aveva mandato a Provenzano lamenta come queste situazioni, queste richieste del Riina erano inattuabili, quindi viene chiesto a mio padre di fare quell’ulteriore sforzo che viene identificato da mio padre, me lo dice lui, in quella specie di contropapello: cercare dei punti di convergenza per andare avanti nella trattativa, in quanto lo stesso mio padre aveva definito non attuabile il tutto».
    Nell’analisi del passaggio successivo la divaricazione con le dichiarazioni rese ai pm di Palermo e Caltanissetta si fa evidente, ché quando c’è da interpretare la speranza «che la risposta ci arrivi per tempo se ci fosse il tempo di parlarne noi due insieme», succede il patatrac:

    Pm Ingroia: «A che risposta si riferisce Provenzano?»
    Ciancimino: «Alla possibilità di avanzare il contropapello di mio padre come condizione su cui continuare questa trattativa».
    Ingroia: «Non ho capito. La risposta di chi a chi. Provenzano di quale risposta parla?»
    Ciancimino: «La risposta di mio padre. Mio padre doveva fornire un tipo di documentazione su cui aprire questa eventuale altra possibilità di trattare con questi soggetti e sollecita un incontro a tal proposito fra i due che poi di fatto avviene».
    Ingroia: «Cioè una risposta che doveva dare suo padre?»
    Ciancimino: «In merito a quella che era la sottoposizione di questo elenco di…»
    Siccome la cosa sembra volgere al peggio, il pm Ingroia, come si dice dalle mie parti,  c’a cala cca cucchiaredda, cioè lo imbocca:
    Ingroia: «Sebbene sia un italiano approssimativo, però la frase dice: “speriamo che la risposta CI arrivi per tempo”, cioè “ci” significa “a noi”, “noi” sono i due interlocutori del colloquio, cioè Provenzano e Ciancimino. Quindi, dalla lettura di questa frase, sembra che ci sia una terza persona, diversa da Provenzano e Ciancimino…»
    Ciancimino: «Sono i carabinieri, ovviamente».
    Ingroia: «Non lo so».
    Ciancimino: «Sono i carabinieri e il signor Franco che devono…»
    Ingroia: «Non lo so… Una persona diversa deve dare una risposta».
    Ciancimino: «…una risposta ad andare avanti in un minimo di trattativa».
    La strategia ha funzionato e, dunque, il pm Ingroia continua: «Questo bigliettino consegnato a suo padre è successivo alla consegna del cosiddetto papello?»
    Ciancimino: «Si. Il papello è stato ritirato, la ricetta…».
    Ingroia: «E quindi, la domanda è… Presidente, richiamo la sua attenzione per evitare che poi mi si dica che faccio domande suggestive, quindi valuterà lei se è tale. La domanda è: la risposta contenuta nel pizzino è la risposta che ci si aspettava dal papello che era stato inoltrato?»
    Ciancimino: «Sì, la risposta in merito se c’erano margini di discussioni in merito al papello, ché Provenzano non aveva accesso diretto coi carabinieri, ché mio padre…»
    Ingroia: «Benissimo. E allora: quando Provenzano dice a Ciancimino “la risposta ci arrivi per tempo”, “per tempo” rispetto a cosa o a quale eventuale evento si riferisce Provenzano in questo pizzino?»
    Ciancimino: «Eventuale…»
    Non lo lascia finire e lo incalza: Ingroia: «C’è un riferimento alla pressione cui era sottoposto Riina?»
    Ciancimino: «Sì, il riferimento è chiaro. Mi dice mio padre “Ci arrivi per tempo” perché Riina aveva indicato uno spazio temporale entro il quale si doveva rispondere o sì o no a quelle che erano le sue richieste avanzate in quel documento perché sennò sarebbe dovuto andare avanti in quello che era il suo piano iniziale, di proseguire con le stragi».
    Potrebbe fermarsi qui, Ingroia, ché la situazione l’ha recuperata brillantemente, ma non gli basta, vuole chiudere il cerchio e rendere plausibili le prime strampalate risposte di Ciancimino.
    Ingroia: «E questo perché – lo ha già detto nella prima parte dell’esame condotto dal collega – Provenzano era andato da Riina per cercare di convincerlo a frenare, ad abbassare le richieste, no?»
    Ciancimino: «Sì. Analizzare una controproposta che avrebbe avanzato mio padre, che di fatto non si distaccava molto da quelle che erano le sue 12 richieste ma le rendeva presentabili a quelli che dovevano essere i possibili interlocutori».

    Un capolavoro, quello di Ingroia: riesce a recuperare una situazione disperata inserendo nell’ultima domanda un elemento di cui non ho trovato traccia nella prima parte dell’esame condotto dal pm Di Matteo (spero che altri la trovino e mi smentiscano): se non sono diventato sordo selettivo, Ciancimino non aveva mai detto (nemmeno negli interrogatori depositati dai ai pubblici ministeri di Palermo e Caltanissetta) che dopo la consegna del papello «Provenzano era andato da Riina per cercare di convincerlo a frenare, ad abbassare le richieste». Ritengo che quello del pm sia un errore riconducibile all’estenuante lunghezza e alla complessità degli interrogatori. Solo in due occasioni, le risposte di Ciancimino alle domande dei pm si erano vagamente avvicinate a quella affermazione: nell’interrogatorio del 19 ottobre 2009, il figlio di don Vito aveva riferito che, dopo avere ricevuto il papello, il padre aveva insistito con Provenzano e con il signor Franco per cercare una mediazione e Provenzano gli aveva risposto che «se si fosse presentato qualcosa di attuabile lui si sarebbe adoperato» per convincere Riina ad accettare; mentre il successivo 20 novembre, commentando il pizzino della “ricetta”, al pm che gli chiedeva se sapesse se Provenzano avesse già parlato del papello con suo padre e con Riina, Ciancimino aveva risposto: «Con tutti e due, io credo che mio padre… cioè io credo… mio padre mi dice che è Provenzanoche deve convincere Riina a discutere e a capire… perché mio padre non parla con Riina».
    Nemmeno stavolta la difesa del generale Mori si avvede dell’errore. Anche per loro, vale la stessa attenuante di Ingroia. D’altronde, non se ne sono accorti nemmeno i giudici.
    È decisamente più facile starsene seduto davanti a un computer e scovare questi dettagli avendo quasi due mesi a disposizione, con verbali da leggere e rileggere fino allo sfinimento e file mp3 da ascoltare e riascoltare a piacimento.
    Al di là di chi se n’è accorto e chi no, a prescindere dal possibile errore commesso da Ingroia, risulta evidente come Ciancimino non ricordi assolutamente l’originaria interpretazione da lui data di quel pizzino. E siccome ciò che sa glielo ha detto suo padre, in assenza di don Vito e di qualsivoglia elemento di riscontro, non possiamo sapere ciò che il padre gli ha detto.
    Visto che ci siamo, voglio precisare che dell’inversione della rotta aerea e del cambio di città del primo incontro fra Massimo Ciancimino e De Donno mi sono accorto al primo ascolto, ché la mia memoria non è ancora da buttare. È plausibile che i giudici non abbiano rilevato la discrepanza, ché non sono tenuti a conoscere tutti i verbali di Ciancimino; è sorprendente che non se ne siano accorti Mori e i suoi legali; ritengo che il pm De Matteo, che conduceva l’esame, se ne sia accorto e abbia sorvolato.

    I due episodi narrati non intendono sindacare la buona fede di Massimo Ciancimino e la genuinità della sua collaborazione con la giustizia, ma – lo ribadisco – rilevano come la sua memoria sia un colabrodo e, dunque, la sua attendibilità prossima allo zero.

    C’è da precisare come in due anni di interrogatori – quantomeno in quelli pubblici – Ciancimino non avesse mai riferito ai magistrati che «Riina aveva indicato uno spazio temporale entro il quale si doveva rispondere o sì o no a quelle che erano le sue richieste». Ma, di fronte a tale novità, non gli viene chiesto a quanto ammontasse tale «spazio temporale», sebbene i tempi, le date in questa vicenda siano importanti tanto quanto i contenuti (a prescindere dalle numerose contraddizioni) della narrazione.  Un particolare, questo dello «spazio temporale» tutt’altro che secondario: l’assunto di tutta questa storia è che la trattativa avrebbe convinto Totò Riina che «lo stragismo paga» e, di conseguenza, avrebbe accelerato l’attuazione della strage di via D’Amelio. In tale contesto, dunque, sapere se lo «spazio temporale» si fosse o meno esaurito ci consentirebbe di sapere se l’assunto è reale oppure se la strage di via D’Amelio è avvenuta dopo la fine dello «spazio temporale» e, quindi, la trattativa non avrebbe accelerato un bel niente ma, al contrario, avrebbe attenuato le «pressioni» esterne procrastinando l’attuazione della strage. Di conseguenza, la trattativa non potrebbe rientrare manco di striscio fra i possibili moventi dell’eliminazione del procuratore Paolo Borsellino.

    Una ulteriore precisazione: il signor Franco, detto anche signor Carlo, secondo il racconto di Massimo Ciancimino sarebbe un personaggio delle istituzioni, legato ad ambienti dei servizi segreti, tuttora non identificato. Di lui sappiamo che è in relazione con don Vito fin dal tempo in cui il ministro dell’Interno era Restivo (1968-1972) e che nella trattativa è consigliere dell’ex sindaco fin dal primissimo momento. Anzi: don Vito accetta di incontrare i carabinieri solo dopo che Provenzano e il signor Franco gli hanno consigliato di farlo. È il signor Franco, secondo Ciancimino jr, a rivelare a don Vito che dietro i carabinieri c’erano «il ministro Rognoni e il ministro Mancino».

    Vediamole, dunque, queste date, così come emergono dalle dichiarazioni dibattimentali.

    Il 27-29 giugno del 1992 Massimo riceve la busta contenente il papello dal dottor Cinà, a Palermo, «e la porto subito a mio padre a Roma». Dopo la consegna, il padre lo esorta a telefonare a De Donno per fissare un appuntamento con lui e Mori e, dopo, di fare lo stesso col signor Franco. Inoltre, il padre «informa subito Provenzano» delle richieste «inaccettabili e impresentabili» fattegli recapitare da Riina «e viene invitato a cercare punti di mediazione», a elaborare una proposta «credibile e presentabile». Non è chiaro quando avvengano gli incontri coi carabinieri e col signor Franco, né cosa intenda Ciancimino quando dice che suo padre informa «subito» Provenzano. Non facciamo ipotesi e facciamo finta che lui, in precedenza, su questa punto non abbia detto nulla (ché in realtà ha cambiato versione svariate volte) e, dunque, nulla sappiamo.
    Tra la fine di giugno e i primi di luglio Massimo è di nuovo a Palermo per consegnare una busta con un messaggio del padre a Provenzano e, nel pomeriggio dello stesso giorno, ritira da emissari del boss latitante una busta contenente il pizzino in cui si parla della «ricetta». Di tale collocazione temporale Ciancimino, nell’interrogatorio del 20 novembre 2009, si dichiara certo perché ricorda che il «padre era venuto a Palermo per incontrare il Lo Verde», alias Provenzano, e che l’incontro «è avvenuto in una giornata di mercoledì di fine giugno 1992». Il 30 giugno era martedì, dunque il padre e Provenzano si sarebbero visti il 24 giugno (ultimo mercoledì del mese) o il primo luglio. Se l’incontro fosse avvenuto il primo luglio non avrebbe senso che contestualmente i due usassero Massimo come postino per scambiarsi pizzini in cui si parla di «ricetta» – ne avrebbero discusso di persona –, collochiamo perciò l’appuntamento alla data del 24 giugno. Ma non è importante, ché nel processo tale dettaglio non è entrato.
    L’altra data certa è quella del 12 luglio, compleanno del defunto padre di don Vito e occasione (vedi pizzino) per incontrare Provenzano e parlare di papelli e contropapelli. Sempre il 12 luglio, inoltre, don Vito incontra nella sua casa dell’Addaura il signor Franco e gli mostra il papello (o gli viene restituito, avendoglielo egli dato in precedenza). Alla fine dell’incontro, don Vito conserva il foglio nella tasca della giacca e commenta che Riina è «il solito testa di minchia» e che le sue richieste sono «inaccettabili e irricevibili». Massimo ha assistito alla scena e ha sentito con le proprie orecchie il padre pronunciare quelle parole, quindi non c’è da dubitare che ciò sia avvenuto.
    Non sappiamo quanto tempo abbia concesso Riina, ma sappiamo che due settimane dopo la consegna del papello Vito Ciancimino incontra, nel corso della stessa giornata, Provenzano e il signor Franco: col primo parla del contropapello; col secondo del papello e s’inalbera per il contenuto. Sappiamo anche che, stando all’interpretazione dibattimentale del testo del pizzino, ai «primi di luglio» Provenzano e don Vito erano in attesa della «risposta» dei carabinieri e del signor Franco. Non è chiaro come mai, se all’inizio del mese aspettavano la risposta dell’uomo dei Servizi, il 12 luglio li troviamo a Mondello ancora col papello in mano. Anche perché – altra cosa che sappiamo – Provenzano aveva cortesemente pregato don Vito di fare un piccolo sforzo e di elaborare un «contropapello» che «non si distaccava molto dalle richieste di Riina, ma le rendeva accettabili». Dunque, alla data del 12 luglio abbiamo don Vito che parla ancora di papello col signor Franco e di contropapello con Provenzano; non sappiamo se è arrivata la risposta dei carabinieri e dei loro politici di riferimento. Intanto Riina aspetta una qualche risposta, mentre «il grande architetto» continua a esercitare pressioni su di lui, «riempiendogli la testa di minchiate» per fargli continuare la strategia stragista.
    Per inciso: che il papello sia stato consegnato ai carabinieri lo sappiamo anche dal fatto che agli atti del processo, fra i documenti depositati, provenienti dall’archivio dell’ex sindaco e consegnati dal figlio ai magistrati di Palermo, c’è una fotocopia delle 12 richieste di Riina in cui c’è scritto – dalla mano di don Vito, ha giurato Massimo – che è stato «consegnato spontaneamente al colonnello dei carabinieri Mario Mori del Ros». La scritta è stata vergata su un post-it e incollato al papello, ma siccome agli atti del dibattimento c’è una fotocopia bisogna specificarlo.

    Domande.
    Se Vito Ciancimino considerava le 12 richieste contenute nel papello «irricevibili e impresentabili» e si è dato così tanto da fare per convincere Provenzano e il signor Franco a dargli il tempo di elaborare un «contropapello», perché ha consegnato a Mori il foglio ricevuto da Riina tramite Cinà?
    Lo ha forse fatto all’insaputa di Provenzano e del signor Franco?
    Se a Mori è stato consegnato il papello con le proposte «irricevibili e impresentabili», a cosa serviva il «contropapello» di don Vito che «non si distaccava molto dalle richieste di Riina, ma le rendeva accettabili»?
    Non sarebbe stato più sensato attendere la definizione delle richieste da includere nel «contropapello» e consegnare quest’ultimo ai carabinieri?
    È mai possibile che né Ciancimino, né il signor Franco, né Provenzano abbiano pensato a tale eventualità?
    E se qualcuno di loro ci ha pensato, lo ha esternato agli altri?
    E se lo ha fatto, come mai la proposta è stata bocciata?

    In chiusura, diamo una sbirciata alle presunte proposte «accettabili» (anch’esse agli atti del processo): fra l’altro, don Vito aveva sostituito l’assurda pretesa di revocare il 41 bis (il carcere duro per i mafiosi) con la più sensata richiesta di abolire il 416 bis (il reato di associazione mafiosa); mentre al posto dell’improponibile soppressione della tassa sui carburanti, in modo che i siciliani potessero spendere quanto quelli della Val d’Aosta, era stato introdotta la più ragionevole pretesa di abolizione del monopolio di Stato sui tabacchi, per le felicità di tutte le organizzazioni criminali – Cosa Nostra inclusa – che da circa mezzo secolo prosperavano sul traffico illegale di tabacchi possibile grazie all’esistenza del monopolio.
    Ignoro cosa pensassero il signor Franco e il ragionier Lo Verde (alias Provenzano) di cotanto geniale «contropapello», ma non dispero che prima o poi possa saltare fuori qualche pizzino a colmare la mia lacuna.

    estratto dal blog "Il vizio della memoria":
    http://ilviziodellamemoria.splinder.com/post/22453125/Perch%C3%A9+considero+inattendibil

     
    • anonimo 13:57 on 6 April 2010 Permalink | Rispondi

      Perche' assomiglia a Bugs Bunny?Maury

    • Sympatros 22:55 on 10 April 2010 Permalink | Rispondi

      E' da tempo che non seguo il Segugio, come vanno le cose… i vari scoop hanno inciso nelle tormentate vicende…. intervista Borsellino…. processo dell'Utri… processo Mori? Hanno avuto il meritato successo? Sono state prese in considerazione dalla difesa di Mori e Dell'Utri? Certo se non l'hanno fatto sono dei veri tonti… ma come si può..come si può…. una difesa geniale servita su un piatto d'argento? Insomma come stanno le cose, ragguagliatemi!Una lettura di Segugio al mese e non al giorno leva il medico di torno!Ciao, Enrix, hai finito di scoopare?

    • anonimo 15:10 on 11 April 2010 Permalink | Rispondi

      Oltre a un'intervista di Facci a Ciuro oggi in prima pagina su Libero, segnalo un servizio del Giornale nelle pagine interne sull'articolo di Paradisi di Liberoreporter dello scorso bimestre.Cordialita'Luigi

    • anonimo 09:43 on 12 April 2010 Permalink | Rispondi

    • anonimo 02:16 on 11 May 2010 Permalink | Rispondi

      Egr. Enrix,mi perdoni il mezzo OT, ma volevo segnalarti il passaparola di oggi, a mio modesto parere è imperdibile.Ormai ha troppo da fare (promozione=vendere) e prende per oro colato le mirabolanti inchieste di Bolzoni, sì quello delle 3 cassaforti :D SalutiRenzo C

    • anonimo 15:43 on 20 May 2010 Permalink | Rispondi

      non postate più news??

    • anonimo 21:46 on 18 June 2010 Permalink | Rispondi

      complimenti!!!! non ti fermare. so che hai ragione perche'vivo il contesto in"prossimita'" . avrai successo perche' ti muovi con logica ed onesta'.ad maiora!!!   Drago

    • enrix007 00:28 on 19 June 2010 Permalink | Rispondi

      Grazie, Drago.

  • Avatar di enrix

    enrix 07:11 on 16 March 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , , , , vito ciancimino   

    La grande bugia di Tonino sulla strage di via D’Amelio 


    La grande bugia di Tonino sulla strage di via D’Amelio

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    L’ex pm adesso dice di aver saputo prima dell’eccidio dell’allarme per lui e Borsellino Ma in aula ai giudici di Caltanissetta ha dichiarato il contrario. Qual è la verità?


     

    Le foto imbarazzanti con lo 007 Bruno Contrada e con agenti dei servizi segreti americani sono niente a confronto delle panzane confezionate intorno all’attentato che la mafia stava preparando per lui e per Paolo Borsellino. Perché delle due l’una: o Antonio Di Pietro non ha detto la verità durante la puntata di Annozero dell’8 ottobre 2009 oppure ha omesso di riferirla ai giudici del processo Borsellino Ter che gli hanno chiesto ripetutamente conto dei suoi rapporti col giudice ucciso in via D’Amelio. Le due versioni, infatti, non solo fanno a cazzotti ma alimentano ulteriori interrogativi rispetto a quelli già sollevati, a più riprese, dal Giornale. Del tipo: perché Tonino se ne esce in diretta tv con la storia che «prima» della strage del 19 luglio 1992 un’informativa del Ros riferiva di un progetto di attentato nei confronti suoi e di Borsellino, e che solo lui «prima» venne avvertito e allontanato in tempo dall’Italia mentre Borsellino fu lasciato a Palermo dove andò rapidamente incontro alla morte? Perché ha aspettato 17 anni per dirlo? Perché non pensò lui ad avvertire il magistrato palermitano, posto che a quel tempo i rapporti fra i due, per ammissione dello stesso Tonino, erano frequenti? E perché agli inquirenti e ai giudici dei tanti processi sulle stragi l’ex pm di Mani pulite non ha mai sentito il bisogno di approfondire i motivi che spinsero lo Stato a spedirlo di corsa in Costarica con un passaporto falso mentre a Borsellino l’sos lo spedirono per posta recapitandoglielo quand’era passato ad altra vita?
    LA RIVELAZIONE IN TV
    Solo oggi, recuperando l’interrogatorio (inedito) reso da Antonio Di Pietro il 21 aprile 1999 a Caltanissetta, la grande bugia vede la luce. Partiamo però dalla fine, da quel che Tonino ha rivelato a Michele Santoro. Dice Di Pietro: «Una cosa che nessuno sa. Io ricevetti, a suo tempo, una nota del Ros in cui si diceva che il terzo ero io. Io fui mandato fuori dall’Italia con un nome diverso da quello mio e con un passaporto di copertura perché mi volevano far fuori. Vi dico anche come mi chiamavo (ride). Nessuno vuole sapere come mi chiamavo?». E pochi secondi dopo: «C’era una (nota, ndr) riservata del Ros che arrivò a me due giorni prima (…). Ricordo che la riservata del Ros diceva che Borsellino e Di Pietro devono essere fatti fuori, io vengo avvertito tant’è che successivamente a me viene dato un passaporto di copertura, ora lo rivelo, a nome Marco Canale e io e mia moglie ce ne andiamo in Costarica (…)». Il botto finale è dietro l’angolo: «Borsellino doveva sapere prima quel che stava succedendo perché c’era un’informativa del Ros che aveva avvertito quello che stava per succedere a me e a lui. Io sono stato avvertito in tempo lui evidentemente no, oppure non sono andati a vedere sotto casa della madre» in via D’Amelio.
    Questo il Di Pietro del 2009 che aveva saputo dell’allarme attentato «prima» della bomba al giudice. Questo che segue, invece, è il botta e risposta del 21 aprile 1999, durante l’udienza del processo Borsellino Ter a Caltanissetta, fra l’avvocato Sorrentino e Di Pietro che seppe dell’allarme attentato «dopo» la bomba in via d’Amelio.
    SMENTITA SOTTO GIURAMENTO
    Avvocato: «Lei riceve o conosce un’informativa dei Ros concernente un presunto e poi purtroppo invece verificatosi, almeno in un caso, attentato nei confronti suoi e di Borsellino e riceve questa informativa, così lei ha detto, l’indomani della strage di via D’Amelio».
    Di Pietro: «Io l’ho saputo credo il giorno dopo, sì».
    Avv. «Ma datata precedentemente».
    ADP: «Che era sicuramente arrivata prima. Sono io che l’ho saputo un paio di giorni dopo. Sicuramente l’informativa l’avevano fatta prima, insomma» (…).
    Avv: «Ma vi poneste la domanda come mai Borsellino credo che la riceveva, o chi per lui, non so, Borsellino la riceve, è inviata a Palermo prima temporalmente e poi successivamente a lei, perché?».
    ADP: «(…) Io personalmente ho conosciuto dell’esistenza di questa (informativa, ndr) un paio di giorni dopo, come adesso mi capita di leggere la (posta) ecco, però non so quando è arrivata. Io personalmente… ho letto quel fatto dopo che già era morto Borsellino. Ecco, io l’ho letto dopo che era morto Borsellino. Questo è il concetto di fondo. Mi ricordo che ero rimasto disturbato, perché, insomma, fa impressione vedere… leggere quello dopo… ».
    Anche un altro avvocato, Mimma Tamburello, parte civile per gli agenti di scorta a Borsellino uccisi in via d’Amelio, insiste sul punto.
    Avv: «Ma vi siete mai chiesti allora coma mai lei l’ha ricevuta un giorno dopo? Si è chiesto se l’aveva ricevuta il dottore Borsellino?».
    ADP: «No, non è che mi sono chiesto, no. Ormai era già successo, a chi lo domandavo? Ripeto… ripeto… non vorrei… non so se l’ho ricevuta… io ho avuto modo di apprendere il giorno dopo, però magari stava in ufficio e non so, è arrivata in procura e non è arrivata a me. Io mi ricordo che ho avuto modo di leggerla il giorno dopo. No il giorno dopo, un giorno o due giorni dopo, insomma, adesso… subito dopo».
    Avv: «E non sa se Borsellino l’avesse ricevuta».
    ADP: «No, non lo so».
    IL VIAGGIO IN COSTARICA
    Obbligato, per legge, a dire la verità, in aula il «testimone» Antonio Di Pietro in oltre dieci occasioni ribadisce d’aver saputo dopo, e non prima dell’attentato in via d’Amelio, del progetto stragista di Cosa nostra. Di Pietro non fa alcun riferimento nemmeno al viaggio in Costarica, nulla sul passaporto falso. Nel 2010, come visto, rivela l’esatto contrario. Perché? E perché, sempre sotto giuramento, afferma (pagina 95 della trascrizione) che «nello stesso periodo in cui io dialogavo con Borsellino» sul tema degli appalti e delle infiltrazioni mafiose «Borsellino dialogava con Fabio Salamone», futuro pm di Brescia che poi indagherà proprio su Tonino, e fratello di quel Filippo Salamone, imprenditore considerato vicino alle cosche, condannato per 416 bis, di cui a Di Pietro riferì in tempi non sospetti il pentito geometra Giuseppe Li Pera. «A me lo ha riferito Elio Veltri – ha proseguito Tonino – che a sua volta glielo avrebbe riferito la moglie di Borsellino. Allorché cominciai ad occuparmi di comprendere cosa era successo, perché una serie di ragioni che mi stavano accadendo… cercai di capire che collegamenti potessero esserci… che ci azzeccava con Mani pulite, Filippo Salamone ma che per me, quando lo individuai, lo sottovalutai al punto che quando me ne parlò Li Pera lo lasciai così, di residuo… ».
    L’ASSE BORSELLINO-SALAMONE
    Incalzato dall’avvocato Sorrentino in riferimento alla rivelazione sui rapporti Borsellino-Salamone, Di Pietro balbetta. Aggiusta. Precisa: «Io ho detto… ho detto… che successivamente ho appreso, tra le tante cose, ritengo dall’onorevole Veltri, ma non ricordo, che pochi giorni prima della morte di Borsellino fu Fabio Salamone che si recò da Borsellino. Ma magari sono andati a prendere un caffè, quindi… sennò… poi passiamo alla fase delle (illazioni)… poi… non possiamo permettercelo». Veltri, contattato dal Giornale, smentisce tutto: «Mai detto niente del genere ad Antonio, mai. Una balla colossale. Mai avrei potuto frequentare la famiglia Borsellino, come ho invece fatto per anni, sapendo che Paolo aveva rapporti con Fabio Salamone, con il quale ho avuto scambi d’accuse violentissime ai tempi del caso Di Pietro a Brescia. Non capisco come Di Pietro possa aver detto una cosa del genere in udienza». Così com’è incomprensibile l’aver riferito, sempre in aula, di non aver mai avuto a che fare con Vito Ciancimino fra il ’92 e il ’93, posto che proprio nel ’93 – secondo quanto riferito dal capitano Giuseppe De Donno in risposta alle amnesie di Tonino nel mezzo delle polemiche sulla cosiddette «trattativa» – insieme interrogarono nel carcere di Rebibbia l’ex sindaco mafioso di Palermo.
    I DUE POOL A CASA BORRELLI
    L’interrogatorio di Di Pietro andrebbe pubblicato a puntate. Perché ricco di spunti interessanti, come la decisione di vedersi coi colleghi palermitani non in procura ma a cena, a casa di Borrelli, per concordare una strategia comune sul fronte delle inchieste sugli appalti. «Facemmo una cena a casa di Borrelli, credo nella primavera del ’93, partecipò il pool di Mani pulite e il costituendo pool di Palermo. C’erano Caselli, Scarpinato, Ingroia. Ci incontrammo lì per stare più tranquilli, per non far(ci) vedere al palazzo di giustizia. Adesso se ne può parlare perché è storia passata. Qual era lo scopo? Vedere come poter organizzare il lavoro insieme».

    estratto da:

                                                                                                        

     
    • almostblue58 22:26 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      Però è vero che Borsellino e Salomone erano amici. A di Pietro può anche non averlo detto Veltri, ma la sostanza dei fatti, in questo caso, non cambia. ed è vero che Salomone era andato a trovarlo pochi giorni prima della strage: al processo l'hanno confermato lo stesso Salomone, la signora Agnese e Ingroia.avere anticipato la propria "deportazione", invece, è una gran furbata di Tonino finalizzata, secondo me, a scaldare i cuori di quei creduloni delle agende rosse, il cui consenso gli serviva (anche se ormai l'ha perso per altri motivi) per accreditarsi come simbolo antimafia.quanto a Ciancimino, non c'era certo bisogno di consenso per riprenderlo: la rete serve a questo ;)

    • anonimo 17:30 on 16 March 2010 Permalink | Rispondi

      Se qualcuno ha 6 ore di tempo penso che si possa ascoltare la testimonianza sul sito di Radio Radicale:http://www.radioradicale.it/scheda/118598/119369-processo-ter-per-la-strage-di-via-damelio-omicidio-del-giudice-paolo-borsellinobart_simpson

    • anonimo 12:43 on 17 March 2010 Permalink | Rispondi

      "Ricordo che la riservata del Ros diceva che Borsellino e Di Pietro devono essere fatti fuori,"E' qui la menzogna. Ora, sul fatto che un politico menta in un'itervista per farsi bello non c'e' nessuna novita', io suppongo che sotto giuramento abbia detto la verita'.L'unica cosa che dico e': Tonino non far la morale agli altri se il primo bugiardo sei tu!cesare

    • anonimo 22:59 on 17 March 2010 Permalink | Rispondi

      Mi sono ascoltato la testimonianza di Di Pietro a Caltanissetta e posso confermare che i virgolettati dell'articolo di Chiocci corrispondono a quanto detto al processo.Poi mi sono ascoltato la registrazione della puntata di Annozero, e dopo una prima visione devo dire che Di Pietro non colloca mai il momento in cui riceve l'informativa del Ros.A dire che Di Pietro avrebbe ricevuto l'informativa due giorni prima della strage è Giuseppe Lo Bianco, ma Di Pietro risponde senza confermare o senza smentire, anche se dall'atteggiamento sembra condividere le parole di Lo Bianco e chiunque ascolti ha l'impressione che sia stato avvertito prima del 19 luglio.Qui c'è la registrazione, a partire dal minuto 4:30 c'è il pezzo interessante.Al minuto 1:50 c'è il discorso precedente a cui fa riferimento Lo Bianco.bart_simpson

      http://www.youtube.com/watch?v=Olw2taQ4lnQ

    • anonimo 13:45 on 18 March 2010 Permalink | Rispondi

      Bart Simpson al minuto 2.55 del video da te postato mi pare che Di Pietro dica che "c'e' una riservata dei ROS che arriva a me DUE GIORNI PRIMA"non sara' precisa la collocazione temporale, perche' non dice prima di cosa, ma dice PRIMA…

    • anonimo 16:36 on 18 March 2010 Permalink | Rispondi

      E' vero, mi era sfuggito, ma l'avevo detto di averlo ascoltato una sola volta.Anche al minuto 7:00 dice "…io sono stato avvertito in tempo, lui evidentemente non è stato avvertito in tempo…"Con un po' di pazienza si potrebbero mettere insieme spezzoni del filmato,  spezzoni dell'audio del processo, e fare un video da caricare su youtube.Altre cose interessanti in cui mi sono imbattuto, vado a memoria, volendo posso recuperare i link e i minuti dei video, li ho segnati a casa:Ciancimino dice che l'agente segreto si chiamava Franco, poi ha letto i giornali che lo chiamavano Franco-Carlo e allora… Santoro interrompe ed evita di approfondire.Santoro chiede a Ciancimino "voi siete sicuri di quello che state facendo?"Perchè si rivolge a Ciancimino dicendo "voi"?Giuseppe Lo Bianco ha scritto un libro in cui sostiene che ci sarebbe una informativa precedente e anche in quel caso Borsellino non sarebbe stato avvertito.Nell'audio del processo Di Pietro dice "il giorno dopo venni qua" riferendosi al giorno dopo l'attentato.Chiudo con una frase divertente: "nel momento in cui quagliava… come si dice in italiano?".bart_simpson

    • anonimo 12:01 on 21 March 2010 Permalink | Rispondi

      Ecco gli altri due spezzoni della puntata di cui avevo parlato, così ognuno può giudicare da solo, magari non c'è niente di strano.http://www.youtube.com/watch?v=l7RHIS9NjD8” rel=”nofollow”>http://www.youtube.com/watch?v=l7RHIS9NjD8Minuto 6:40Santoro: "c'era sempre un'altra figura che compariva costantemente in questa storia…"Ciancimino: "Era una figura costante nel tempo…"S: "Come si chiama?"C: "Guardi, dalla stampa è stato appellato Franco-Carlo, perchè io lo conoscevo come Franco ma avevo prec…"S: "Signor Franco? Chiamiamolo signor Franco. Servizi?"http://www.youtube.com/watch?v=bsHHujXCD44” rel=”nofollow”>http://www.youtube.com/watch?v=bsHHujXCD44Minuto 4:50S: Quindi, sul fatto che è cominciata prima la trattativa, che è entrata nel vivo prima e non dopo, cioè sul fatto che… voi potete presentare qualche qualche prova?C: I magistrati hanno hanno elementi per poter chiarire questo, ovviamente io…S: Senza dubbi?C: Senza dubbi non mi permetto, io ovviamente ho raccontato la mia verità e do supporto a quello che è il mio racconto di materiale anche cartaceo.

    • almostblue58 18:34 on 24 March 2010 Permalink | Rispondi

      mi permetto di segnalarti un mio scritto su Ciancimino jrhttp://ilviziodellamemoria.splinder.com/post/22453125/Perch%C3%A9+considero+inattendibilprima o poi seguirà altro, ma non so quando.ciao,Sebastiano

    • enrix007 19:36 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Sebastiano, bellissimo pezzo. Se non ti offendi, lo riprendo.

  • Avatar di enrix

    enrix 16:14 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi
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    NUOVO CINEMA CIANCIMINO 

    Nuovo cinema Ciancimino

    Non solo la fantomatica trattativa tra Stato e mafia, il figlio di don Vito dice la sua anche su Ustica, Gladio e caso Moro. Ecco il diario del nuovo vate d’Italia

    di Chiara Rizzo

    Il titolo è prosopopeico: Nel nome del padre. Il sottotitolo non da meno: “Sono ventitrè gli interrogatori di Massimo Ciancimino, il figlio di don Vito. E una valanga i pizzini che riscrivono la storia dei misteri d’Italia, da Gladio alle stragi del ’92, sino ai politici di oggi. Citati con nome e cognome. Eccoli”. Massimo Ciancimino detto Junior, il figlio del sindaco mafioso di Palermo Vito, il testimone chiave al processo di Palermo contro il generale Mario Mori per la mancata cattura del boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, oggi è diventato il vate dei misteri d’Italia. Non bastavano la riduzione della condanna per riciclaggio e la ribalta televisiva.
    Nel nome del padre è già alla seconda edizione. La prima, tremila copie, è andata esaurita in una sola settimana. Il libro è pubblicato dall’editrice siciliana Novantacento, che edita anche un mensile di cronaca che ha tra i suoi collaboratori fissi il sostituto procuratore Antonio Ingroia, titolare dell’accusa al processo Mori. Il coordinatore editoriale della rivista Claudio Reale spiega a Tempi che la pubblicazione dei verbali di Ciancimino è stata possibile perché gli atti non sono stati segretati. Purtroppo per Junior, verrebbe da aggiungere. Più che una raccolta di verbali, è un divertissement da spiaggia, non fosse che le deposizioni di Junior infiammano da mesi la pletora di cronisti giustizieri e infangano il lavoro di due ufficiali che hanno combattuto la mafia rischiando la vita.
    Secondo Massimo Ciancimino, infatti, il padre don Vito fu contattato nel 1992 da Mori e dall’allora capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno per intavolare una trattativa con Totò Riina e indurlo alla resa. Ma papà Ciancimino sarebbe stato protagonista anche di una seconda trattativa, con i carabinieri da una parte e Provenzano dall’altra, finalizzata alla cattura di Riina, in cambio dell’immunità a Provenzano. Le parole di Massimo smentiscono lo stesso don Vito, che ha sempre raccontato di aver tentato una collaborazione con Mori e De Donno per arrivare alla cattura di Riina, sì, ma di non esservi riuscito. Non vi fu, secondo don Vito, alcuna trattativa: si era tentato di far arrendere Riina, ma le richieste presentate da questi non vennero mai prese in considerazione da Mori che voleva la resa immediata o la cattura; inoltre successivi tentativi di don Vito di collaborare alla cattura di Riina si bloccarono col suo arresto. Poi arriva Massimo e riscrive la storia con i fuochi d’artificio. Il 6 giugno 2008, Massimo rivela ai pubblici ministeri Ingroia, Di Matteo e Gozzo il vero motivo per cui sarebbe finita la latitanza record (43 anni) di Bernardo Provenzano. Racconta che il boss, ricercato dalle polizie di mezzo mondo, visitava regolarmente don Vito, mentre questi era agli arresti domiciliari nella sua casa romana nei pressi di piazza di Spagna a Roma. I pm palermitani per poco non cadono dalle sedie: «Ah, lei lo ha visto… lei disse a suo padre “ma come questo super latitante viene a casa di uno agli arresti domiciliari”?». Risponde Massimo: «Secondo mio padre doveva essere un accordo a monte che garantiva il tutto, perché mio padre mi disse: “Non ti scordare che nel momento in cui vorrà, si consegnerà lui”». Junior si sente incoraggiato e prosegue: «Mio padre mi disse poi una frase che era importante: “Perché un uomo quando non riesce ad andare al bagno… non ha più senso niente”. Era quello che capitava a mio padre, perché non era autonomo. Mio padre, come Provenzano, aveva avuto problemi di prostata e avevano parlato di queste cose, che la vita quando non hai questo tipo di autonomia…». Dunque Binnu, la primula rossa di Cosa Nostra, non finì in galera per la bravura delle forze dell’ordine. No, fu solo questione di pipì.
    La scena madre di Junior, invece, ha al centro il fantomatico papello. Ai pm Massimo lo indica come la prova regina della trattativa Stato-mafia, ma per mesi rinvia la consegna, sostenendo che si trova in un caveau all’estero. Stremati dal tira e molla durato più di un anno, il 23 gennaio 2009 i pm Di Matteo e Ingroia, alla presenza del procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, mettono Junior alle strette. Ingroia: «Noi riteniamo che lei oggi debba indicarci quanto meno il paese, la banca, dove si trova questa cassetta di sicurezza, noi attiveremo tutte le rogatorie…». Nell’austero ufficio della procura accade l’imprevedibile: “Ciancimino singhiozza” riporta il brogliaccio dell’interrogatorio. L’avvocato di Junior, stralunato, interviene: «Perché piangi?». Ingroia incalza: «Se c’è necessità di fare una selezione di documenti privati che non hanno rilievo investigativo, avrà la possibilità di non consegnare queste cose però noi la preghiamo, la invitiamo caldamente, oggi di concludere l’interrogatorio dandoci queste indicazioni…». L’avvocato di Ciancimino: «Scusa ma perché piangi?». E Junior, tra le lacrime: «No, non ve lo indico». Ingroia: «Non ce lo indica…». Junior riprende: «Vi avevo chiesto un minimo di segnali da dire: ne vale la pena…». Passerano altri nove mesi prima che in procura vedano il famoso papello. Veniamo infine alla benedetta trattativa, cuore pulsante delle dichiarazioni di Junior. Massimo ne parla fin dal 7 aprile 2008. Però le versioni che riporta, con il tempo, si arricchiscono di nuovi particolari. All’inizio si limita ad anticipare le date degli incontri tra il padre e i carabinieri al giugno del 1992. Assicura che don Vito si fida di loro. Sostiene che il padre tenta di collaborare con i carabinieri per fare catturare Riina e contatta Provenzano per scoprire dove si nasconda. «Sembra fantapolitica» dice Junior ai pm il 7 aprile 2008. Parole sante. Nelle puntate successive degli interrogatori la vicenda si complica.

    «Un nome l’aveva, mi creda»
    Nel racconto appare anche un misterioso agente dei servizi segreti, che per anni sarebbe stato in contatto con don Vito e che nella trattativa avrebbe detto al sindaco che dietro i carabinieri c’erano due politici, gli allora ministri Nicola Mancino e Virginio Rognoni: «Non lo so se si chiamava Carlo, Franco… un nome l’aveva, mi creda» dice Junior. Davanti al racconto i dubbi non mancano. Ad esempio: dal negoziato Provenzano avrebbe guadagnato l’incolumità, ma cosa ci guadagnava don Vito? Arrestato, rimasto in carcere fino al 1999 e ai domiciliari fino alla morte, Ciancimino senior ha sempre sostenuto la versione di Mori. «Era una versione di comodo» dice Junior, e cerca di tappare le falle della ricostruzione con suggestioni di peso: «Mio padre pensava di essere stato scavalcato nella trattativa. Da Dell’Utri». Insomma. Alla fine nella ricostruzione di Massimo ci sono almeno tre trattative. Una tra i carabinieri, don Vito e Riina. Un’altra tra i carabinieri, il signor Franco, Rognoni e Mancino, don Vito e Provenzano. Un’ultima tra Dell’Utri e Provenzano e non si sa più chi altro. Dopo tutto questo, la domanda sorge spontanea anche nei pm. Chiede Ingroia il 12 dicembre 2008: «Ma allora, se c’era bisogno delle garanzie del signor Franco, che bisogno c’era di fare la trattativa tramite Mori e De Donno, perché suo padre non la faceva direttamente col signor Franco?». Junior ci pensa su: «Perché il signor Franco non l’aveva mai proposto a mio padre… non si è mai fatto portatore dell’arresto di Provenzano e Riina… Lui per mio padre era un trait d’union…». Ma con chi e perché ancora non si è capito. Arrivederci alla prossima puntata di questa tragicommedia.

    Estratto dalla rivista "Tempi"  -  LINK

     
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    enrix 08:29 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , , , , , vito ciancimino   

    Tagli, ritagli, e la mitopoietica di Ciancimino Junior 

    Bricolage.


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    Come diceva il grande Paolo Panelli in uno dei suoi simpatici varietà televisivi: cari amici, eccoci giunti al nostro appuntamento col bricolage. Che cos’è il bricolage? Secondo la definizione di un dizionario, “è un’attività manuale che consiste in piccoli lavori che una persona, generalmente non professionista, esegue per proprio conto e propria soddisfazione.

    Claude Lévi-Strauss ha definito il bricolage "un riflesso sul piano pratico dell’attività mitopoietica".

    La mitopoiesi (dal greco μυθοποίησις "creazione del mito") è un genere narrativo nella letteratura moderna e nel cinema dove viene creata una mitologia fantastica dall’autore o dal regista.

    E noi qui abbiamo un appassionato di mitopoietica, che risponde al nome di Massimo Ciancimino, che lo scorso 9 febbraio, in veste di testimone al processo per favoreggiamento a carico del Generale Mario Mori e del Colonnello Obinu, ha prodotto un documento.

    Questo documento: 
    Cliccando sul documento, ve lo potete vedere ad alta risoluzione, mentre sino ad oggi online si sono trovate soltanto striminzite riproduzioni formato francobollo.

    Eppure è importante vederlo bello grosso, e presto capirete  perché.

    Ma prima di procedere col nostro corso di Bricolage, bisognerebbe aprire una premessa per capire bene che cos’è questo documento.

    Secondo quanto ci ha riferito Ciancimino Junior, questo documento sarebbe una lettera di Provenzano destinata a Silvio Berlusconi (notare infatti l’indirizzo in testa, perché ad es. Marco Travaglio ci tiene particolarmente, dal momento che ha affermato lunedì nel suo passaparola che il fatto che la lettera sia stata imboscata alcuni anni in uno scatolone, per lui rappresenta “Un mistero. Come è possibile – si domanda Marco – che una lettera indirizzata all’On. Berlusconi sia ritenuta non utile visto che a Palermo c’è stata un’inchiesta per mafia e riciclaggio a carico di Berlusconi?)

    Dunque come dicevamo, questo documento sarebbe, secondo Ciancimino Junior,  una lettera di Provenzano per Berlusconi, ma nella versione “riscritta” da suo padre Ciancimino Senior. Le ragioni per cui Don Vito l’avrebbe riscritta, la lettera di Provenzano, non sono chiarissime nei racconti del figlio Massimo, che su questo argomento nei precedenti interrogatori cambiava versione da un giorno all’altro e dichiarava espressamente di essere avvinto dal continuo desiderio di “rimangiarsi” ciò che aveva detto in precedenza (sic).

    Sempre Massimo Ciancimino, dice che l’originale della lettera di Provenzano (che però ahimè non riporta la grafia di Provenzano), o comunque un suo “ritaglio”, sarebbe questo:

     

    Questo secondo documento viene esibito per la prima volta dai PM a Ciancimino, nel corso di una sua deposizione, il 30 giugno 2009. E Massimo, appena lo vede, dichiara con  piglio sicuro che quella sarebbe stata la  grafia di suo padre. I PM presenti, Ingroia e Di Matteo, nonostante si veda benissimo, per chiunque avesse visto quella autentica anche una sola volta, che quella scrittura può appartenere a chiunque ma non certo a Vito Ciancimino, e nonostante abbiano sottomano esempi copiosi della scrittura di Don Vito, non contestano la dichiarazione a Ciancimino Jiunior.

    Bisognerà attendere il giorno successivo, alla ripresa dell’interrogatorio, per  udire il nostro testimone pronunciare quanto segue:  "Come avete notato, all’inizio ho addirittura detto che era grafia di mio padre, avendo ovviamente la certezza, che non era assolutamente grafia di mio padre".

    In un tribunale americano, direbbe Travaglio,  a uno che verbalizza una cosa del genere, non verrebbe più consentito di continuare. Ma bisogna capire anche lui, poverino, perché sta parlando di cose di mafia e, come lui ci ricorda sempre, è rosicchiato da una paura del diavolo che lo porta a dire un mucchio di fandonie e fesserie, che però poi per fortuna, in determinate fasi di ravvedimento, lui rettifica.

    A dire la verità a ben leggere i due documenti, risulterebbe il contrario di quanto dice Ciancimino, e vale a dire il secondo documento sembrerebbe soltanto una ricopiatura raffazzonata, lievemente manipolata tanto per dargli quel pizzico di Provenzaniana ignoranza lessicale, estratta a stralci quasi casuali, e perciò  priva di senso logico, della parte manoscritta da Don Vito nel nostro primo documento che invece, pur tronca perché mancante della pagina precedente e di quella successiva, appare assolutamente logica negli enunciati. Lo si vede bene rimarcando in blu le parti riportate sul "pizzino" di "Provenzano", all’interno dell’enunciato esteso estratto dal manoscritto di Vito Ciamcimino:


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    …anni di carcere per questa mia posizione politica intendo dare/portare il mio contributo (che non sarà modesto/di poco) perché questo triste evento non abbia a verificarsi. Sono convinto che se si dovesse verificare questo evento (sia in sede giudiziaria che altrove) l’On. Berlusconi metterà/vorrà mettere  a disposizione una delle sue reti televisive.

    Inoltre, in questi documenti, si parla di “un evento”. Che cosa sarebbe questo evento?

    Secondo Massimo Ciancimino, questo evento sarebbe  un ”Atto intimidatorio”, un  progetto di eliminazione fisica” di un familiare di Berlusconi, se questi non avesse ceduto al ricatto concedendo a Provenzano l’uso di un canale televisivo, non si capisce bene per fare che cosa.

    Ma se leggiamo il documento prodotto in Tribunale, vediamo che “l’evento” di cui scrive Vito Ciancimino, è un evento che dovrebbe avvenire “in sede  giudiziaria”. Non credo quindi che si tratti dell’eliminazione fisica di qualcuno, altrimenti non si capisce perché Ciancimino dovrebbe aver ipotizzato il suo verificarsi “in sede giudiziaria”. Normalmente quando si paventa un evento che dovrebbe verificarsi in sede giudiziaria, si dovrebbe trattare di un’iniziativa più dipendente dai magistrati, che non della mafia.

    Chissà a che cosa si riferiva realmente Vito Ciancimino, quando sosteneva di voler andare in televisione e di “convocare” (la stampa?) nel caso si fosse verificato un certo evento in una sede giudiziaria. Saperlo.

    Noi negli ultimi anni abbiamo assistito a molti eventi importanti in sedi giudiziarie, di cui alcuni, tanto per fare un esempio a caso,  riconducibili tutti al tentativo di incolpare i carabinieri che catturarono Riina, delle cose più infami: non aver voluto perquisire il covo di Riina, non aver voluto catturare Provenzano, e soprattutto, di essere arrivati ad un accordo con “U Tratturi”,  che gli garantiva impunità e libertà di movimento, grazie soprattutto agli uffici del consigliori Vito Ciancimino.

    E’ un vero peccato che Don Vito sia morto nel 2002, e non aver così potuto vedere le sue reazioni ed assistere ai suoi commenti ed alle sue testimonianze, nelle circostanze di tali eventi.

    Ma per fortuna, abbiamo invece il figlio, che reagisce, parla, e commenta.

    E produce documenti.

    Ma torniamo dunque al nostro bricolage.

    Prendete una lente di ingrandimento, un paio di forbici, (oppure una taglierina) e un tubetto di colla vinilica.

    Fatto? Bene. (cit.)

    Ora prendete il documento,  ed osservate bene ingranditi questi due particolari:

     
    particolare n°1

                               

    particolare n°2

     

    Come potete vedere, nel particolare n°1, compaiono tre righette che sembrano proprio la parte di una parola tagliata a metà.  Nel particolare n°2, osservate la lettera “t”: è “tagliata” di brutto in testa da qualche cosa, che incide proprio sulla sua barretta orizzontale.

    Proviamo a vedere se per caso, la lettera “t” e quella mezza parolina, non risultino tagliati dalla stessa sforbiciata.

    Prendiamo inchiostro e penna, e uniamo la base dei tre baffetti del particolare “1” fra di loro, quindi proseguiamo sino al punto terminale sinistro, e poi a quello destro, del trattino orizzontale della “t” che pare tagliato di netto, in modo che la nostra linea  si sovrapponga esattamente all’apparente “taglio”.

     Proseguiamo diritti con la nostra linea sia a destra che a sinistra del nostro breve segmento: il risultato è una linea retta dritta dritta perché i 5 punti individuati in precedenza si trovano, giustappunto, esattamente ad insistere sulla stessa retta. Retta che, tra l’altro, va a tagliare anche un minuscolo pezzettino della “d” della preposizione “di” che si trova davanti alla parola “carcere”.

    Eccolo qui, il risultato:


    E ombreggiando la parte superiore alla linea, si capisce ancora meglio:


    Eh, si. Parrebbe proprio che l’indirizzo di Silvio Berlusconi sia stato ritagliato da qualche parte e appiccicato con la colla sulla testa del documento, per poi farne una fotocopia che lo faccia sembrare un tutt’uno.

    Così pare.

    Arrivederci alla prossima puntata della nostra rubrica di Bricolage, e un abbraccio dal Segugio.


     
    • anonimo 03:42 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

       ciao.
      Non riesco a leggere cosa dice "l’indirizzo"… al presidente del consiglio…silvio berlusconi…e quali sono le altre parole?

      2) ma…possibile un ritaglio così sgarbato? manco io alle elementari!

      3) di quando sarebbe, secondo Ciancy, questa presunta lettera di Provenzano? Quando sarebbe stata scritta, secondo lui?

      Grazie

      Marco Ottanelli

    • enrix007 03:53 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      "Al presidente del consiglio dei ministri, On. Silvio Berlusconi."

      Cianci il 30 giugno dell’anno scorso, nelle deposizioni dinnanzi ai PM, data con determinazione lo scritto al 1992. Il giorno dopo rettifica, e dice che aveva datato così per paura, e dice che lo scritto doveva essere un po’ posteriore, quando suo padre era in carcere. (ma che c’è da aver paura nello spostarlo di qualche mese?)
      Poi al processo Mori il 9 febbraio scorso, lo data definitivamente 1994.

      naturalmente è una cazzata, perchè Vito Ciancimino nella sua lettera parla degli "anni di carcere" trascorsi per la sua posizione politica, e lui in galera c’è andato alla fine del 92. Quindi….

    • enrix007 03:55 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      PS: cliccando sulle foto con il bordo, si ottiene l’ingrandimento.

    • anonimo 10:46 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Certo Il Massimo è quello che è, ma c’è un limitesotto il quale uno deve essere considerato minorato e inidoneo alla testimonianza.

      Come ha fatto il Massimo a dichiarare in prima e seconda battuta che la lettera era del 92 o poco dopo, se è indirizzata al presidente del consiglio Berlusconi, diventato tale il 10 maggio 94?

      Va beh, se uno di materia grigia ne ha poca, in fondo non è colpa sua. Ma i PM, diplomati e poi  laureati e poi vincitori di concorso, non dico debbano avere 150 di QI, ma almeno qualcosa non troppo sotto la media,  diciamo un QI >80 dovrebbero averlo.

      Questo assurdo errore cronologico avrebbe dovuto immediatamente squalificare il teste.

      E chiaro che poi in terza battuta viene fuori che la lettera era del 1994, mi meraviglio solo che il Cianci non abbia dichairato che doveva essere stata scritta tra il 10 maggio ed il 22 dicembre del 94 !!!!!

      Anton Egger

    • Bvirtual 10:49 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enri, pezzo davvero molto appassionante, e quindi gli originali, dove sarebbero??

    • enrix007 10:51 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Anton,
      è evidente che il manoscritto n°1, porta una data molto più vicina al terzo millennio di quanto non sostenga Ciancimino, e che il n°2 invece provenga da un ricalco fatto decisamente nel terzo millennio.
      Solo, come dici tu, un minorato mentale può pensarla a rovescio.

      Ma più che altro a questo punto, io se fossi un PM che sa fare il suo lavoro e soprattutto in buona fede, emetterei un provvedimento di fermo del Ciancimino per occultamento di prove, qualora lui non cacciasse fuori almeno la pagina prima e la pagina dopo del manoscritto, per farci capire realmente che cosa intendeva dire suo padre.

      E originali, senza collage.

    • enrix007 10:53 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ciao Grazia, è un piacere averti qui. Vale la risposta che ho dato Anton.

      Un magistrato serio e vero, glieli farebbe cacciar fuori.

    • anonimo 11:32 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

       lo scandalo della mancanza di originali comprovati mi fa rabbrividire un po’.

      Però sulla datazione di questo pastrocchio Ciancimino potrebbe cavarsela: suo padre è stato in prigione DAL 1992, quindi ‘sto foglio POTREBBE essere stato scritto nel 1994. Se Massimino lo afferma solo in 3a istanza, bhe, c’è seriamente la mancanza di contestazione da parte di tutti, difronte a simili balletti.

      Marco

    • enrix007 11:39 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Marco, se Ciancimino avesse scritto quella roba in carcere, le autorità dovrebbero averne una copia, comprese le pagine precedenti e quelle successive.

      Siccomne poi gli anni di carcere di cui parla sono anni di carcere subiti "a causa della SUA posizione politica", sono anni di carcere suoi, non di qualcun altro.

    • anonimo 12:26 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, se capisco bene la lettera "orginale" è una fotocopia e non potrebbe essere altrimenti, visto che l’originale manoscritta dovrebbe essere stata inviata al Berlusconi (ammesso e non concesso).

      Siccome Travaglio dice che è stata imboscata in fondo a scatoloni, fa intendere  che  tale lettera fosse in mano alla magistratura da anni ( a meno che non fossero scatoloni tenuti da Massimo) e quella esibita dal Massimo il 9 febbraio non è una novità (cos’è la fotocopia della fotocopia?)  La mia domanda è :
      quando risulta depositata agli atti tale lettera?

      Credo comunque che non sia troppo difficile risalire alla data approssimativa della fotocopia "originale" in quanto la tecnologia di produzione dei toner cambia abbastanza rapidamente. Un’analisi chimica dell’"inchiostro" , penso in particolare ad una spettrografia, consentirebbe l’individuazione di tutti i componenti chimici dell’inchiostro e di conseguenza  l’individuazione del produttore e degli anni in cui il prodotto era in produzione e vendita.
      Siccome ciancimino data la lettera alla prima legislatura di Berlusconi (in terza battuta almeno), se risultasse che tale inchiostro è stato prodotto posteriormente al dicembre 94, si tratterebbe di falso certificato.

      Anton Egger

    • enrix007 13:22 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ci tengo però a chiarire una cosa. Quando io in questo articolo cito la frase di Travaglio che parla di un documento recante l’indirizzo di Berlusconi, sepolto negli scatoloni dalla perquisizione del 2005, in realtà faccio il classico babbeo che fa il verso ad un paccaro.
      Perchè in realtà, Travaglio, non sta parlando del documento esibito al 9 febbraio da Ciancimino, quello del collage, ma bensì sta parlando del documento n°2, quello frammentario scritto non so da chi che ho riportato qui sopra, mostrato in procura a Ciancimino Junior il 30 giugno 2009,  e che come si può vedere non porta nessun indirizzo. E’ una delle tante frottole e fesserie che racconta Travaglio in quel passaparola, e di cui, come ho detto, scriverò a breve.

      Per quanto riguarda invece il n°1. è assolutamente ovvio che non si tratta proprio per niente di una lettera indirizzata a Berlusconi, o a Dell’Utri, ma di una memoria di Don Vito relativa a vicende che a mio giudizio non riguardano Berlusconi nel modo più assoluto.
      Don Vito prospetta un suo intervento in TV, e si auspica che Berlusconi glielo conceda (anzi, ne è certo) per parlare di un evento che lui teme possa avvenire in sedi giudiziarie, e che secondo me non riguarda Berlusconi. proprio per niente.

    • anonimo 13:39 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrico, hai letto le nuove rivelazioni spassose sul caso Moro? Ma poi il covo non era in via Montalcini?

      Ciao e complimenti, Alessandro

    • anonimo 13:44 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ok, chiarito il fatto.
      Quello che dici sulla lettera 1 è verosimile e compatibile con l’insistenza con cui il Vito chiese, ripetutamente, la diretta televisiva per una sua audizione in commissione antimafia nel 92, vedi il libro "Le mafie" scritto da Vito stesso.
      Tra l’altro in "sede giudiziaria o altrove" , l’altrove potrebbe riferisi proprio alla commissione antimafia.

      Inoltre era sua abitudine scrivere lettere al presidente della commissione antimafia e per conoscenza ad alte cariche istituzionali quali  il presidente della repubblica e il presidente del consiglio dei ministrri. Nel suo libro riporta parecchie di queste lettere.

      Anton Egger

    • anonimo 15:17 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      PER ENRIX

      Stavo leggendo un vecchio articolo di giornale di luglio 2009 dove penso si parlava dello stesso pizzino., questo il passo saliente:

      Massimo Ciancimino non ricorda con precisione la data in cui avvenne la consegna. Ma sottolinea, invece, che il messaggio era completo, cioè non era tagliato nella prima parte così com’è stato trovato dai carabinieri durante una perquisizione. Il foglio di carta, infatti, è strappato a metà e in questo modo i pm lo hanno mostrato a Ciancimino.

      In pratica se il foglio è lo stesso i Carabinieri hanno l’originale che non proverebbe nulla, visto che manca una parte,  l’intestazione con il nome di Berlusconi. E dal cilindro Ciancimino Junior due giorni fa ha portato l’ottima fotocopia frutta del BRICOLAGE da te spiegato, ho capito bene?

      http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/cronaca/ciancimino-berlusconi/ciancimino-berlusconi/ciancimino-berlusconi.html

      Gianluca

    • anonimo 16:28 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Una riflessione: se il documento è una fotocopia, non può essere la fotocopia di una lettera spedita e di cui quindi non c’è originale , in quanto spedito.

      Dovrebbe essere la fotocopia di una minuta, che a questo punto dovrebbe essere reperibile.

      Certo è che non ci vedo alcunchè di compromettente, neanche in questo tagli e ritaglio.
      Tutti possiamo scrivere a chiunque e dire ciò che deisderiamo, vogliamo, speriamo.

      Angelis

    • anonimo 17:44 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Angelis, Ciancimino fotocopiava tutti i suoi documenti, così dicono, quindi la lettera sarebbe stata fotocopiata prima della spedizione.

      Avete visto quest’altro "pizzino"?
      Anche qui ci sono segni strani, e una bella riga orizzontale sopra all’ultima riga.

      palermo.repubblica.it/multimedia/home/23025344

      bart_simpson

    • anonimo 19:07 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Stavolta enrix mi sento proprio coinvolto.
      Sto leggendo il verbale del 30-06-09 e quello del giorno successivo che riguardano la genesi del tuo documento N.2, il cosìdetto mezzo foglio A4.

      E’  tutto così pazzesco e così diverso da come uno se l’aspetta. Sto Massimo che dà continuamente versioni diverse, a distanza di un giorno ma anche di pochi minuti e cade continuamente in contraddizione.
      Ma la vergogna è nel ruolo di Ingroia e Di Matteo !!!! Suggeriscono in più punti al Cianci come superare le sue contraddizioni!!

      Su questo avrò molto da dire.

      Anton Egger

    • anonimo 20:10 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Qualche chiarimento sugli originali.

      Il Massimo Ciancimino (Max, per brevità), nelle deposizioni del 30-6-09 e del 1-7-09  ribadisce + volte che di tutte le lettere spedite dal padre,  furono conservati gli originali e spedite le fotocopie, che lui stesso (Max) eseguiva. Per quanto strano, una logica c’è e la spiega lui stesso:  suo padre temeva che dagli originali si potessero rilevare le impronte digitali.
      Dichiara, sempre il Max che, oltre agli originali, conservavano anche una fotocopia. Questo particolare è importante perchè il documento N.2 di enrix, ritrovato  tra il materiale sequestrato al Max nel 2005, è l’originale manoscritto (non si fà da chi, ma attribuito da Max a Provenzano) ma è parziale nel senso che è solo mezza parte del  foglio A4. Però, sempre secondo Max, da qualche parte  dovrebbe avere la fotocopia dell’intero foglio.

      Anton

    • anonimo 10:23 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      In tema con la mitopoietica: Segugio sei un mito nello smascherare i cazzari!!

      cesare

    • anonimo 14:27 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      volevo scrivere "attivita’ mitopoietica" tengo a precisarlo prima che qualche saputello di nostra conoscenza (magari un certo imbecille di Napoli…) arrivi e dica che si puo’ usare solo come aggettivo e il sostantivo e’ mitopoiesi! Da questi soggetti che si attaccano ai dettagli per confondere le acque e insabbiare la verita’ bisogna guardarsi…. :D
      cesare

    • enrix007 17:49 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      So a chi ti riferisci.
      E’ la reincarnazione di un un antico furbacchione.

      « In questa tomba tenebrosa e scura
      giace un villan di sì difforme aspetto
      che più d’orso che d’uomo avea figura,
      ma di tant’alto e nobile intelletto
      che stupir fece il mondo e la natura.
      Mentr’egli visse fu Bertoldo detto;
      fu grato al re, morì con aspri duoli
      per non poter mangiar rape e fagioli. »

      (Epitaffio di Bertoldo)

    • anonimo 20:18 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      Mi sembra utile riepilogare le dichiarazioni di Max (Massimo Ciancimino) sul documento N. 2 riportato da enrix. Lo faccio in alcuni post successivi.
      Numero 1

      Dalla  deposizione del 30-06-09.

      Il pm Di Matteo fa’ vedere a Max fotocopia dell’originale, (quest’ultimo trovato e sequestrato a casa di Max nel 2005) del documento e gli legge le parole scritte:
      Posizione politica. Intendo portare il mio contributo che non sarà di poco perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento, Onorevole BERLUSCONI, vorrà mettere a disposizione una delle sue rete televisive”
       
      Al che Di Matteo chiede a Max se conosceva tale documento.

      Max risponde che l’aveva già visto e crede che sia manoscritto da suo padre.

      Ingroia gli chiede se riconosce la grafia di suo padre.

      Max risponde prima che gli sembra di si e poi ribadisce che "si, si è quella di mio padre"

      Subito dopo Max dà una spiegazione del contenuto:

      " E praticamente era la volontà espressa di mio  padre di avere una diretta televisiva, tra l’altro, a  proposito, domani vi produco altri documenti che possono anche collegarsi a questo, dove mio padre più  volte chiedeva una diretta per dire la sua verità e per  dire la sua versione di tante situazioni facente capo  soprattutto a quello che era l’origine delle stragi e
       l’origine di altre situazioni; aveva espresso la volontà di  poter avere una diretta, insomma un’attenzione  televisiva tale da poter dire tranquillamente come  stavano certe cose, perché mio padre su varie, anche in  varie missive che posso anche darvi copia, non so se le  ho qua, aveva sempre lamentato questo, di non essere  stato mai ascoltato in Commissione Antimafia e tutte le  volte che voleva essere ascoltato, mio padre, anche per qualsiasi cosa aveva chiesto sempre la diretta con la  Sala Stampa e questa non gli era stata mai concessa

      Questo mio padre doveva consegnarlo ad un tramite che doveva farlo avere a BERLUSCONI per potere avere questa attenzione mediatica. Sapevo dell’esistenza di questo documento "

      Ingroia chiede a Max quando ha saputo del documento.
      Max risponde nel 2000, 1999-2000.
      Nei passaggi successivi si capisce che non solo Max ne è venuto a sapere in quel periodo, ma che il documento stesso risale a quel periodo.

      Dopo alcuni passaggi poco chiari (in cui Max chiama in causa Dell’Utri e Provenzano) 
      Di Matteo gli chiede "Ma lei questo documento, al di là dell’argomento, questo documento lo conosceva?"
      Max risponde "Sì, l’avevo visto, sì".
      Sembra che il PM metta in dubbio la conoscenza del documento da parte del Max, visto che aveva già dichiarato di conoscerlo. Ma la chicca viene adesso ( pagina 13, righe 16-28)
      Ingroia: …cioè ci sono dei riferimenti [ nel documento ndr] ad un evento, ad un triste evento che bisogna scongiurare…”
       
      DiMatteo: In due occasioni, in due passaggi si parla di questo evento…”
       
      Ingroia:…è un triste evento che sembra, che sembra in qualche modo possa riguardare l’Onorevole BERLUSCONI e che l’autore della missiva si impegna per cercare di
      scongiurare e che… si impegna a cercare di scongiurare questo evento purché l’Onorevole BERLUSCONI gli metta a disposizione una rete televisiva, direi che è così ovvio, diciamo, il contenuto è abbastanza chiaro.”
       
      Qui, il teste sembra Ingroia e non Max. Sembra cioè che Ingroia sappia esattamente il significato delle parole contenute nel documento e che stia tentando di spiegargliele a Max. Come faccia Ingroia a sapere che il triste evento riguardi Berlusconi mi è inspiegabile. Io, che evidentemente sono tonto, leggendo il “pizzino” non ci arrivo.

      Continua …

      Anton

    • anonimo 21:51 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      Numero 2

      Di fronte a tanta “ovvietà” il teste Max è in imbarazzo e chiede mezza giornata di tempo per chiarirsi le idee, ma il pm non gliela concede e si va avanti.
       
      Ingroia chiede che lei sappia suo padre questa richiesta la faceva a nome proprio o per
      conto di, di altri?”
       
      Max risponde che lo fa a nome suo e di altri ed in particolare del Provenzano.
       
      A questo punto Ingroia dice
      “… le faccio notare un’altra cosa che a lei non sarà sfuggito perché è
      abbastanza intelligente [!!!! ndr] per essersene reso conto e forse lo sapeva già, che benché la grafia sembra, io non faccio diciamo il perito grafico, ma insomma si nota
      benché la grafia, vedremo se è di suo padre o non di suo padre, però è la grafia di una persona apparentemente diciamo che sa scrivere, il contenuto però, il testo, l’italiano…”
       
      Max non aspetta nemmeno la domanda e dichiara
      Non è di mio padre
       
      Dopo alcuni passaggi ribadisce
      Comunque non è grafia di mio padre”
       
      E Ingroia:
      Non è grafia di suo padre quindi rettifica la sua precedente dichiarazione, è giusto? Eh vabbè, lei mica fa il perito grafico [ !!! ndr]”
       
      Dopodichè viene fatta una pausa di 5 minuti in cui max va in bagno e conferisce privatamente con il suo l’avvocato . Al ritorno Max ribadisce che la scrittura non è di suo padre. Successivamente ammette che il messaggio proveniva dal Provenzano e era diretto a Dell’Utri e Berlusconi. I pm gli chiedono se il messaggio doveva essere ricollocato temporalmente (cioè se Max voleva rettificare la data dell 1999-2000 in cui era stato scritto) e Max risponde di si, ma che non ricorda esattamente. Dichiara però che ricorda benissimo che in origine aveva nascosto il messaggio, per volere di suo padre, nella retrocopertina di un volume della Treccani conservato nella loro casa di Roma.
      Al che il PM chiede quando suo padre aveva risieduto a Roma e Max risponde tra il 1989 ed 1992 e poi di nuovo, dopo la scarcerazione tra il 1999 ed il 2002. Ingroia notando che si tratta di un lasso temporale molto vasto chiede a Max a quale dei due periodi risale il messaggio, ma Max non ricorda e dice di voler controllare a casa tra le sue carte e risponderà l’indomani.
       
       
      In effetti nella deposizione del giorno successivo 1/7/2009, dopo aver evidentemente consultato le sue carte, Max dichiara:
       
      Questo documento fa parte del periodo diciamo prima dell’arresto del 23 dicembre del ’92. Ho cercato ieri di spostarlo, cioè ho cercato di dargli meno importanza possibile perché ribadisco che mi fa un po’…”

      Ecco che viene fuori la seconda versione della data, nella prima era 1999-2000 e adesso diventa 1992. Successivamente dichiara che è antecedente le stragi e quindi antecedente il maggio 1992 (almeno se per stragi intende quelle di Falcone e Borsellino).
      Viene anche fuori che era stato lui stesso (Max) a ritirare il documento direttamente dal Provenzano vicino a Palermo e a portarlo a Roma a suo padre (che suo padre aveva il divieto di soggiorno a Palermo).
       
      Ingroia chiede
      Ma lei è certo che quella lettera è questa che le abbiamo esibito ieri pomeriggio, la possiamo esibire nuovamente…
       
      Max risponde :
      Sì, allora, voglio dire che in merito a questa situazione c’è stata più di una missiva, perché c’è stata pure qualcosa poco… c’è stata un’altra missiva che io non sono stato in grado di dare a mio padre
       
      A questo punto Max ha messo altra carne sul fuoco ed i PM vogliono accertarsi se sta ancora parlando della lettera del giorno precedente.
       
      Di Matteo chiede:
      Eh, ci arriviamo dopo, seguiamo l’ordine cronologico
      se no ci perdiamo. Allora, lei porta questa lettera a suo
      padre, le ho detto, suo padre la apre davanti a lei e lei
      è certo che è questa?”
       
      Max:
      Sì, deve essere questa, sì”
       
      Quindi Max ha appena confermato che si tratta della lettera del giorno prima.
       
      I passi successivi sono interessanti (dell’Utri diventa Onorevole nel 1996 e senatore nel 2001) e li riporto integralmente
       
      Ingroia: E lei ricorda a chi era indirizzata quella lettera?”
       
      Max: Al dottore DELL’UTRI.
       
      Ingroia: “Al Senatore Marcello DELL’UTRI…”
      Max: “Non era Senatore…”
      Ingroia: “…ora Senatore”
      Max: “ …no, non lo so neanche cosa era…”
      Ingroia: “…ora Senatore diciamo, al dottore Marcello DELL’UTRI.”
      Max: “Esatto”
       

       
      Adesso casca davvero l’asino e dopo che Max ha confermato ben due volte che stà parlando della lettera di cui al giorno prima,
       
      Ingroia chiede:
      Però scusi, noi stiamo parlando sempre di questa lettera? Noi parliamo di una lettera dove i riferimenti sono a: un triste evento e una esposizione politica per
      il quale porterà il suo contributo chi scrive la lettera… peraltro BERLUSCONI viene già indicato come Onorevole. La rileggiamo, questa metà, questa metà foglio dice: posizione politica, intanto portare il mio contributo che non sarà di poco perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento, Onorevole BERLUSCONI vorrà mettere a disposizione una sua rete televisiva”
       
      A Ingroia non era evidentemente sfuggito il banale dettaglio che nel maggio 92 o prima, Berlusconi non era ancora Onorevole (lo sarebbe diventato nel 94) e quindi lo fa “teneramente” e “candidamente” presente a Max (come nei film americani?) E Max, che già aveva spianato la strada dicendo che c’erano + lettere risponde, molto candidamente
       
      Max:
      Questa è la seconda”
       
      Ecco, dopo aver rtipetutamente confermato che si trattava della lettera del giorno precedente, che gliel’aveva data il Provenzano prima di maggio 92, che l’aveva messa nella copertina della Treccani a Roma, che aveva fatto due fotocopie della stessa, viene fuori, grazie alla domanda-suggerimento di Ingroia, che si era sbagliato. Ingroia a questo punto ne chiede l’arresto per falsa testimonianza? NO.
       
      Ingroia:
      Dica, dica, questa è la seconda, cioè, spieghi, vediamo
      se riesce a mettere meglio a fuoco i suoi ricordi, ci
      sono due lettere lei ha detto, lei ora, appena ora ha
      detto: forse allora questa è la seconda”
       
      Max:Più di una ce n’è né, più di una, più di due…”
       
      Ingroia:Lei quante ne ha viste? Lei è andato, uno a San Vito Lo Capo da LIPARI e l’ha portata a suo padre, che era indirizzata al dottore DELL’UTRI, giusto?”
       
      Max: Posso fare una pausa perché io devo capire pure cioè a
      cosa vado incontro”
       
      Ingroia:E faccia la pausa. E allora, su richiesta dell’interrogato
      alle 15:15 si sospende per 5 minuti
       
      Pausa provvidenziale, visto cos’aveva rischiato.

      Continua …

      Anton

    • anonimo 22:12 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      Numero 3.

      Nel proseguo della deposizione Max dice che in "realtà" quella lettera è la terza, consegnata a suo padre quando già era in prigione.
      Dice anche che non l’ha detto prima perchè ne temeva le conseguenze giudiziarie, in quanto portare una lettera in prigione è un reato.
      E questa motivazione mi sembra davvero assurda:  aveva già ammesso di aver fatto da tramnite tra Provenzano e suo padre, reato piuttosto grave mi pare, e ha paura di essere incriminato per aver consegnato un messaggio sottobanco a suo padre in prigione???

      Boh. Adesso non vi tedio più.

      Anton Egger

    • enrix007 03:18 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      Non stai tediando nessuno.

      Assolutamente grazie per l’intervento.

      Poi va detto che tutta questa testimonianza di Ciancimino, rovinerebbe totalmente in un cumulo di macerie, se fosse vero quello che sembra: e cioè che non sia stato Don Vito a costruire il suo testo su quelle 5 righe, lavorando ad intarsio, ma che sia stata l’anonima manina a ricopiare il testo originale di Don Vito, modificandolo qua e là allo scopo di farlo sembrare sgrammaticato.

    • anonimo 14:34 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      Nel Giornale di Feltri di oggi (domenica 14) viene riportata l’immagine da lei creata con le prove della contraffazione.
      Viene citata pero’ solo la Serafini e censurati.it

      Luigi

    • enrix007 15:17 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ottimo.

      Questo blog e censurati.it è come fossero una cosa sola.

    • enrix007 15:51 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

    • anonimo 16:02 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      l’importante è che su censurati viene riportato un pezzo che non è tutto, è tagliato, e si parla dell’articolo intero riportando il tutto qui, su segugio. Ma pensa tu se una comunista come me deve essere citata sul giornale di Feltri :)

      vabbè…  prendo atto e andiamo avanti
      (enrix, tieniti pronto, che la settimana prox avrò altre info di primo pelo per i motivi che sai eheheh)

    • anonimo 16:04 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      p.s. ho dimenticato di firmarmi, il post precedente era mio

      antonella serafini

    • kasko 17:37 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      caro Enrix007, in tutta sincerita’, quello che stai facendo e’ semplicemente grandioso. Ti ringrazio per la boccata d’ossigeno. Ed ın tutta umilta’, tı ho dedıcato un post nel mıo blog cialtrone.
      Stessa stima anche per la dottoressa Serafini. E’ la prima volta che sono d’accordo con una comunista. No, anzi, e’ la seconda volta (ma qui sto divagando…)

      con stima.
      K

    • anonimo 21:56 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      a proposito enrix, ti avevo chiesto se per caso eri passato dalla smipar anche tu.

    • anonimo 21:56 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      dimenticavo,
      Anton egger

    • anonimo 02:38 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si è rifatto vivo Nicola Biondo con un libro insieme al noto Sigrifido Ranucci.
      Nell’intervista dice:
      « Il racconto di Massimo Ciancimino ci permette ancora di più di scendere nei particolari e i personaggi sono sempre gli stessi, in questo caso il generale Mori che nel 1992 incontra Vito Ciancimino, i contorni di questi incontri sono ancora sfuggenti per molti, sono chiarissimi per le sentenze, quella è stata una trattativa, l’obiettivo era di catturare alcuni capi latitanti e lasciarne altri fuori, come Bernardo Provenzano per esempio, quella mafia invisibile, affaristica che ripone nel fodero l’arma delle stragi, per portare avanti una vera e propria pax mafiosa, quindi la mancata cattura di Provenzano che raccontiamo attraverso questo racconto inedito dell’infiltrato Luigi Ilardo, non è altro che un tassello del patto tra Stato e mafia, noi ti lasciamo libero, tu non fai più le stragi, noi ti consentiamo di fare affari, anzi li facciamo insieme!»
       
      http://www.youtube.com/watch?v=n1q4dybM6fk
      Ma di quali sentenze parla?
      Poi dice che Ilardo ha incontrato Mario Mori, e che gli omicidi di Mattarella, La Torre ecc. non erano nell’interesse di Cosa Nostra e sono stati invece eseguiti da poliziotti dal volto di mostro, non da mafiosi.
      Moritz
       

    • enrix007 03:19 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      Qualche giorno fa su facebook un docente universitario di storia mi ha consigliato questo libro di Biondo, sostenendo che si tratta di una rendicontazione ordinata che espone i fatti nudi e crudi "senza condimenti".

      In realtà pur essendo pieno di citazioni, il libro non ha una nota che sia una; ha solo una pagina finale di rimandi agli atti di numerosi processi e una bibliografia generale. E’ insomma un libro di (pseudo) saggistica che di fatto è di tipo "narrativo" (ossia è un romanzo) nella logica argomentativa.

    • anonimo 09:42 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Enrix, mai fidarsi dei docenti di storia!
      Pochi mesi fà, in televisione, ho sentito i commenti di un famoso storico, a proposito dei libri di Pansa. L’ho sentito con le mie orecchie affermare che

      "esiste una storia  con contenuto morale e pertanto degna di essere raccontata, ed un’altra, amorale che non val la pena di raccontare, in quanto non insegna niente di buono"
      Pansa, naturalmente, raccontava quella amorale.

      (PS  il virgolettato è mio  ed è una  sintesi di ciò che ha detto, non la trascrizione letterale)

      Anton Egger

    • almostblue58 14:05 on 16 February 2010 Permalink | Rispondi

      complimenti per il bricolage: delizioso e illuminante!
      Sebastiano Gulisano

    • enrix007 14:24 on 16 February 2010 Permalink | Rispondi

      Grazie Sebastiano,
      e scusa per i toni un po’ burberi che ti ho usato in precedenza.

      Son burbero, ma il cuore c’è, garantito.
      :-)

    • almostblue58 02:19 on 17 February 2010 Permalink | Rispondi

      non è che io sia meno burbero ;)
      e, comunque, avevi le tue buone ragioni.
      ciao,
      Sebastiano

    • anonimo 01:50 on 25 February 2010 Permalink | Rispondi

      Bravissimo.
      Avvisa i magistrati del "pacco".

      Una curiosità, visto che hai citato Travaglio: per anni è circolato un video (taroccato) della c.d. "ultima intervista di Borsellino", trasmessa anni fa anche da Santoro in tv.

      Manipolando l’audio dell’intervista si misero in bocca a Borsellino (ormai morto e che quindi non poteva smentire)  frasi mai dette su Dell’Utri.

      I taroccatori? Mai individuati.

      Ma, guarda tu il caso, qualche settimana fa è saltata fuori – rigorosamente in vendita per lucrarci – l’intervista originale su dvd, non taroccata.

      Chi ce l’aveva?

      Ma ovviamente Travaglio…

      Markus

    • anonimo 09:25 on 25 February 2010 Permalink | Rispondi

      La cosiddetta ultima intervista è stata vivisezionata da Enrix su questo sito, ci sono state discussioni interessanti anche sul sito di Travaglio e su quello di Guzzanti.
      Le conclusioni, se non piglio errori:
      1) nella versione integrale mancano un paio di domande che erano presenti nella trascrizione de L’espresso, quindi la definizione di "intervista integrale" non è corretta.
      2) nella versione taroccata una domanda è diversa rispetto alla "versione integrale", e la modifica non può essere frutto di un taglia e cuci, ma è necessario l’intervento vocale di Zagdoun, che quindi avrebbe partecipato al taroccamento.
      3) le motivazioni che spinsero i francesi a intervistare Borsellino, così come le riferisce Travaglio, non sono corrette.

      Ah, l’originale non ce l’aveva Travaglio, il Fatto Quotidiano ha pubblicato una "versione integrale" consegnata da Zagdoun.

      bart_simpson

    • iljester 11:43 on 27 February 2010 Permalink | Rispondi

       Caro Segugio,
      che dirti? Un articolo – il tuo – davvero fenomenale e arguto! Mi è piaciuto parecchio per la precisione con la quale hai smontato l’invenzione del papello di Ciancimino.
      Mi piacerebbe scambiare con te il link dei nostri reciproci blog. Il mio è http://www.iljester.it/
      Fammi sapere!

    • enrix007 03:38 on 28 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro jester, molto volentieri; Link aggiunto.

    • iljester 22:35 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi

       Fatto anche io! ;)

  • Avatar di enrix

    enrix 15:14 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , , , , , , , , , vito ciancimino   

    Rimarchevole "botta e risposta" fra Antonella Serafini, il sottoscritto, e Massimo Ciancimino su BlogSicilia.
    Intervengono anche Gioacchino Basile ed Angelo Jannone.

    CIANCIMINO E LEPROTTO BISESTILE

    LA DISCUSSIONE SI PUO’ LEGGERE QUI.

    Ora però i miei messaggi non passano più. Chissà perchè.

    Update, alle 22: ora i messaggi passano regolarmente.

     
    • WG 18:35 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      In che senso i messaggi non passano più? Non c’è nessuna censura.

      Walter Giannò, coordinatoredi BlogSicilia.

    • enrix007 19:02 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ho postato due messaggi, a commento di quanto scritto dal sig. Vultaggio, e dopo avere dato "invio" non sono passati.

      Ho pensato, prima di scrivervi per capire, che essendo domenica pomeriggio aveste messo l’opzione "moderazione"  per passare i messaggi al vostro rientro, al fine di mantenere una legittima sorveglianza.
      In altri blog succede.
      Può però anche essere possibile che il vostro server abbia preso come SPAM i miei messaggi, sospendendoli in automatico.
      Se può controllare, ciò dovrebbe essere avvenuto nel primo pomeriggio.

      Prendo atto altresì che non si tratta senz’altro di censura, e vi ringrazio.

    • Sympatros 21:13 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      In un post precedente, io esprimevo la mia opinione sul misterioso signor Franco/Carlo:

      …..Io sono arrivato alla conclusione che non può essere un personaggio di fantasia…. secondo me è dotato dell’attributo dell’esistenza… ma come mai, almeno da quel che ho letto, i magistrati non stringono il testimone di più su questo aspetto per riuscire ad identificare il personaggio, che per molti aspetti è il deus ex machina di tante cose? Che i magistrati sappiano già chi sia? E ci aspetta il botto finale?

      Enrix, prendendosi gioco della mia ingenuità, rispondeva:

      """"Franco?
      Se non fosse già defunto, ipotizzerei trattarsi di Franco Franchi
      .""

      Ora se rispondesse al vero questo link

      http://palermo.repubblica.it/dettaglio/trovata-sim-di-ciancimino-con-numero-di-agente/1688856

      Sembra che il personaggio misterioso esista veramente e le telefonate e la sim di cui parlava il giovane Ciancimino non sono tutte balle!

    • enrix007 22:01 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Se la SIM trovata ad agosto dell’anno scorso fosse stata quella di cui parla Massimo Ciancimino, e avesse contenuto il numero del Sig. Franco, noi oggi dovremmo saperlo, non trovi, Sympatros? C’è qualche notizia di questo genere che sino ad oggi ci sia stata tenuta nascosta? Non servivano analisi al microscopio. Bastava attivare la SIM in un telefonino, e Ciancimino in pochi secondi manovrando la rubrica, avrebbe detto: eccolo qui.
      Con tutte le volte che dice di aver conversato con lui al telefonino, dovrebbe essere un’operazione facile per Ciancimino Junior.

      Invece una settimana fa, in un articolo di Anna Petrozzi e Lorenzo Baldo pubblicato sull’aggiornatissimo sito Antimafia2000, la SIM fantasma con il numero del caro Franco, viene data ancora per "mai rinvenuta".

      http://www.antimafiaduemila.com/content/view/24628/78/

      Eh…saperla, la verità, caro Sympatros.

    • Sympatros 22:37 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Eppure, a costo di apparire ingenuo, leggendo i verbali, da  un certo momento in poi, ho avuto la sensazione che gli inquirenti non stringessero adeguatamente il teste per capire se esistesse veramente il misterioso Carlo e quale fosse la sua identità.

      E mi chiedevo e continuo a chiedermi: … forse che i magistrati sappiano già chi sia? E tra l’altro mi sembra che negli ultimi interrogatori i magistrati non chiedano più conto della sim e, quando parlano del signor Carlo, lo danno come una presenza scontata e pacifica. Impressioni.. solo impressioni.

    • enrix007 23:35 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ehi, impressionato, hai forse trovato anche solo un punto, uno solamente, dove gli interroganti non danno per scontatamente vero quanto detto da Ciancimino junior, ma lo fanno cadere in contraddizione come farei io con lui per metterne alla prova la sincerità?

    • Sympatros 08:33 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Uelà, assicurato, c’è una cosa che mi chiedo, che non mi tormenta, ma m’incuriosisce: come fai ad essere così sicuro che gli inquirenti siano complici del giovane Ciancimino e gli lascino dire tutto ciò che vuole, non mettendone in evidenza le contraddizioni? Ma son proprio tonti ‘sti magistrati, che se ne faranno di un testimone che racconta balle, se poi verrà sottoposto ad un controinterrogatorio da parte della difesa, che sarà agguerrita e stringente almeno quanto te? Che se ne faranno? Sono autolesionisti? Gli piacciono le figure barbine?
      Sì, l’atmosfera degli interrogatori è permissiva, si tratta sempre di un teste che collabora, ma ci sono i momenti in cui lo costringono al chiarimento, più di una volta Ciancimino s’interrompe, per consultarsi con gli avvocati e in qualche occasione arriva pure a piangere. Pianto del coccodrillo? I punti vista,,,, i punti di vista, a cui noi umani siamo condannati!! Io vedo dei normali magistrati che cercano di fare il loro mestiere, sforzandosi di farlo con professionalità…. e tu invece ci vedi altro. E che ci vuoi fa’ … che ci vuoi fa’, c’est la vie!!

    • enrix007 08:47 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Allora se vedi tanta professionalità nel fatto che danno come presenza scontata quella del Sig. Franco, vuol dire che ritieni che sappiano già chi è.
      Speriamo che sia così.

      Perchè dare per scontata quella presenza negli interrogatori senza ancor  aver scoperto traccia vivente di quella persona, non è molto professionale, anzi, si rischia di aiutare il teste a costruire le favole, se questo fosse un bugiardo anzichè un collaboratore genuino..

    • Sympatros 08:51 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sì, sono propenso a crederlo…..

    • enrix007 09:40 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      E’ la fede che sorregge l’uomo.

    • anonimo 10:53 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, toglimi una curiosità.
      Ieri rispondendo al sig. Piazzini, chiedendogli lumi su cosa intendeva per "stato", tra le tante hai citato "I comandi della Folgore".
      Sarà mica che sei passato per la Smipar anche tu?

      Anton

    • anonimo 11:07 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ancora una cosa Enrix.

      Ingroia per ben due volte chiese l’archiviazione nel primo processo contro Mori e De Caprio e il GIP non la concesse.
      Lo stesso Ingroia dichiarò che sarebbe stato ridicolo se sui avesse dovuto sostenere un’accusa in cui non credeva.
      Certo, quando poi fu costretto a sostenerte l’accusa fece dichiarazioni in senso opposto, ma questo è formalmente comprensibile. Era tanto convinto che alla fine chiese lui stesso l’assoluzione.

      Cosa è cambiato in questo nuovo processo? I capi di imputazione sono diversi? Secondo tè adesso Ingroia ha cambiato idea, si è convinto cioè che il Ros è colpevole, oppure stà semplicemente recitando un ruolo impostogli?

      Anton

    • anonimo 15:31 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Grandissimo il coniglio.
      Complimenti!

      Luigi

    • grilloz 21:58 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      ed ecco la famosa lettera:
      http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?p=1&pm=&IDmsezione=9&IDalbum=24023&tipo=FOTOGALLERY#mpos
      (che io, fossi stato Ciancimino, avrei battuto a macchina)
      sarà originale come il papello?

    • grilloz 22:32 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      e un’altra domanda sorge spontanea:
      ma se Provenzano comunicava direttamente con dell’Utri (che, secondo le parole dello junior aveva sostituito il padre nella famosa trattativa) che bisogno aveva di usare Ciancimino come tramite per recapitare una lettera a Berlusconi?

    • enrix007 23:43 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ti correggo Grilloz: che bisogno aveva di darla a Lipari, perchè la desse a Junior, perchè la desse a Senior, perchè la desse a "Franco", perchè la desse a Dell’Utri, perchè la desse a Berlusconi.
      E non un messaggio di auguri, ma una lettera messa in una busta aperta (non incollata), indirizzata proprio a dell’Utri (con tanto di destinatario in testa) e contenente un tentativo di estorsione con minacce aggravate: o ci dai uno spazio in TV, o ti accoppiamo il figlio. Così, tanto per.

      Ed ora, tanto per, giustappunto, restare in argomento, riprendo a vedere il secondo tempo del film di Mr Bean che ho interrotto poco fa.

    • Sympatros 10:04 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, preso d sacro furore contro la mafia, la menzogna, la denigrazione dei benemeriti servitori dello stato, non utlizza soltanto le parole, le ricerche e i ragionamenti, ma va oltre… l’attacco a Ciancimino junior è totale… con tutte le armi.. con la grafica, coniglio, foto di una persona insignificante… utilizza persino il giudizio che il Ciancimino senior ha nei confronti del figlio… un buono a nulla.
      Forse lo zelo, anche se dettato da buoni intenti, va oltre il segno. Gli aspetti parodici e ironici nei confronti di Ciancimino, nei confronti della sua figura e della sua icona fisico-morale, finiscono per dare un punto a favore al Ciancimino.

      Un’attenuante er Massimino ce l’ha, ma vi immaginate cosa abbia significato per lui la presenza di un genitore, di un padre prepotente, invasivo, mafioso, che lo teneva legato ad un catena, che gli permetteva di girare per casa, ma non di uscire di casa? Vi immaginate avere a che fare con un padre che vedeva in lui una sorta di figlio degenere che non aveva né le fisique du role né la tempra del mafioso? Massimo Ciancimino, secondo me, ha più di un’attenuante…. attenuante certo che non giustifica eventuali reati da lui commessi.

      Enrix, mettere alla berlina lo junior, riportando i giudizi negativi che il padre aveva nei suoi confronti e parodiarne l’aspetto fisico, la vedo come un punto a favore di CIancimino ed un tuo autogloal!

    • Sympatros 10:05 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      L’autonomia della magistratura

      Se la magistratura fosse politicamente schierata a sinistra e politicizzata contro Berlusconi, avrebbe senz’altro fatto a meno ed evitato di raccogliere le testimonianze di Spatuzza e di Ciancimino junior…. se non ci sono riscontri reali a ciò che questi testimoni vanno dicendo… finiscono col fare il gioco di Berlusconi stesso e quindi non farebbero gli interessi dell’ipotetica parte politica per cui tifano.

      La magistratura si sta dimostrando sostanzialmente autonoma…. non possono non acquisire testimonianze del genere… sta alla magistratura giudicante e anche all’opinione pubblica stabilire cosa farne di testimonianze di questo tipo. Se alla maggioranza degli italiani va bene avere un Presidente del Consiglio su cui si dicono queste cose e su cui gravano questi sospetti….. la maggioranza, anche se potenzialmente rimbambita, in democrazia, ha comunque ragione.

    • enrix007 10:20 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sympatros, quello non è un coniglio comune: è il leprotto bisestile di Alice nel paese delle meraviglie. Un personaggio con ben note e ben precise caratteristiche comportamentali che ho voluto richiamare non solo per similitudine grafica.

      Affermazioni del tipo "Come avete notato, all’inizio ho addirittura detto che era grafia di mio padre, avendo ovviamente la certezza, che non era assolutamente grafia di mio padre", paiono tratte direttamente dal libro di Carrol, e pertanto legittimano la mia scelta.

      Inoltre si, io immagino cosa voglia dire avere a che fare con quel genitore, ma immagino anche, allo stesso tempo, cosa voglia dire avere a che fare con un patrimonio di 60 milioni di euro lasciati dallo stesso genitore, che chiunque a questo mondo farebbe carte false (è un modo di dire, naturalmente) per recuperare.

      Interessante poi il ragionamento che hai fatto sulla magistratura.

      Applicasti lo stesso ragionamento con Tarantino e la commissione Telekom quando dava corda ad Igor Marini, Sympatros?

    • Sympatros 10:33 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Aspettiamo, Enrix, aspettiamo…. e vediamo se anche il Massimo.. come l’Igor accompagnerà in Svizzera i magistrati alla ricerca di riscontri e poi darò il mio giudizio.

    • Sympatros 10:39 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ma poi, Enrix, Tarantino era in veste di Presidente di una commisione parlamentare, roba politica, in Parlamento c’è il potere legislativo e non giudiziario. i politici non sono tenuti all’osservanza dell’atarassia e autonomia di giudizio come i magistrati…. anche se svolgevano un’inchiesta, sempre nel parlamento siamo, sempre politici sono!

    • enrix007 11:01 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      A parte il fatto che il PM rappresenta in diritto "parte", non sottoposta a vincoli di imparzialità, e quindi con l’atarassia non c’entra nulla, TU nel messaggio precedente ti sei lanciato a delineareun profilo logico che considerava l’eventualità di una magistratura "politicamente schierata".

      Quindi il confronto che ho fatto era legittimato da te stesso.

      Quindi cerca di non fare bailamme lanciando la pietra e nascondendo la mano, con messaggi tipo il 21, perchè sai che questo tipo di comportamento mi rende nervoso e c’ho il cancellino facile.

      Infine se tu vuoi aspettare aspetta pure. Forse non ti stai rendendo conto che lo Junior non fa in tempo a sventolare un foglio di carta che dopo un minuto è già pubblicato dai giornali (quindi scansionato prima che lo tirasse fuori in tribunale).
      E secondo te io dovrei aspettare il giudizio di una corte per esprimere un parere su un documento pubblicato da un giornale?

      Guarda che qui non siamo a Mosca nel 1967, ma in Italia nel 2010.

    • Sympatros 14:51 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Bailamme.. quale bailamme? Tarantino non sono stato io a tirarlo in ballo.

      """non sottoposta a vincoli di imparzialità"""

      I PM sono una parte e rappresentano una parte, ma dentro il processo. Per quanto riguarda la politica sono tenuti ad apparire ed essere imparziali.

    • anonimo 16:13 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Scusate per la piccolezza: Trantino, non Tarantino.

    • enrix007 20:17 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      si, vero, Trantino.

    • anonimo 13:11 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Probabilmente l’ha gia’ letto per farsi quattro risate, ma le segnalo comunque l’ultimo sproloquio di Marco Travaglio dalla sua tribuna in rete:

      http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/2010/02/08/la_diretta_con_marco_travaglio.html

      A presto e complimenti come sempre

      Luigi

    • enrix007 14:15 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si l’ho sentito e l’ho letto. Con questo entra nel guinness alla voce "giornalista cazzaro". Riesce a concentrare una dozzina di bugie, di falsità, in una decina di righe, meno di 5 min. di monologo.
      A me non ha fatto ridere, ha dato la nausea.

    • anonimo 19:14 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si può sapere quali sono queste dodici balle dell’ultimo Passaparola?

      Moritz

    • enrix007 02:08 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si, si può sapere, ma fra un paio di giorni. Questa sera, facciamo bricolage.

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