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    enrix 12:54 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi
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    Ecco perchè Travaglio fa quello che si incazza 

    Ecco perchè Travaglio fa quello che si incazza e se ne va, quando in diretta TV gli si tira in ballo Ciuro.


    travaglio incazzato

    Dopo la rissa avvenuta due settimane fa nello studio di Annozero con i giornalisti Porro e Belpietro, Marco Travaglio è agitatissimo, e sta riversando fiumi d’inchiostro in merito alle sue frequentazioni sicule del 2002-2003. E questo inchiostro lo sta impiegando soprattutto per richiamare l’attenzione sulle sue spese di soggiorno nell’hotel e nel residence consigliatigli dal suo amico Pippo Ciuro, nonostante nessuno, né Giuseppe D’Avanzo né altri, abbia mai scritto di credere che Travaglio si sia fatto pagare la vacanza dal mafioso Michele Aiello, e tanto meno che possa averlo fatto cosciente dei veri ruoli del boss della sanità sicula e del suo informatore Pippo Ciuro. Lo stesso Filippo Facci, acerrimo antagonista di Travaglio, ebbe a scrivere: “Io sinceramente penso che D’Avanzo abbia rilanciato un’immensa cazzata: Travaglio secondo me non sospettava minimamente che Pippo Ciuro fosse una talpa, se non una talpa a disposizione di giornalisti tipo lui. Ho conosciuto Travaglio quanto basta per escludere ogni ambiguità a riguardo.”

    Quindi, ad affermare che Aiello ha pagato la vacanza a Travaglio, è stato solo e soltanto Aiello stesso, un uomo condannato per mafia senza tanti sconti.
    Un abituale delinquente dal colletto bianco.

    Perciò  noi, in mancanza di altri riscontri, non gli crediamo e non gli abbiamo mai creduto.

    Mica noi siamo come Travaglio, che prende come oro colato, riportandola, come fosse il verbo, nei suoi articoli, la parola del portapizzini (per sua stessa ammissione) di Provenzano, Massimo Ciancimino, quando ad es. racconta ai PM di Palermo di avere reso disponibili, durante una perquisizione del febbraio 2005, le chiavi della sua cassaforte  e che i carabinieri non le avrebbero utilizzate.

    Ciancimino Junior  infatti (si veda anche il nostro precedente articolo “Quando Fracchia cita Fantozzi”), nel corso di un interrogatorio dinnanzi ai PM Ingroia, Di Matteo e Scarpinato,  ha raccontato che, in merito ad una perquisizione effettuata dai carabinieri nel febbraio 2005 nel suo appartamento di Palermo, ove sarebbe stata presente una cassaforte a muro, (perquisizione avvenuta mentre egli si trovava a Parigi), gli era stato detto che la cassaforte, i carabinieri, “non l’avevano vista”.

    Poi ha rettificato: il suo impiegato Vittorio, presente alla perquisizione, ha detto che la cassaforte “ l’hanno vista” e che lui gli ha pure detto dov’erano le chiavi, perché Ciancimino al telefono gli aveva detto di dargliele, se le volevano, ma la cassaforte non è stata aperta lo stesso.

    Poi ha rettificato: al telefono non era con Vittorio, ma con suo fratello. Ed era stato suo fratello a chiamarlo per avvisarlo della perquisizione (e vedremo poi se Travaglio riporterà la stessa cosa).

    Poi ha rettificato: della cassaforte non ha parlato con suo fratello, ma con il maresciallo dei carabinieri che conduceva la perquisizione, a cui ha chiesto “se hanno bisogno di chiavi di cassaforte e robe varie”.

    Poi ha rettificato: non è sicuro di averne parlato  col maresciallo, della cassaforte, (col maresciallo aveva invece parlato delle chiavi dell’appartamento di Roma), ma è sicuro di averne parlato con Vittorio, il suo impiegato, e di avergli detto che se i carabinieri volevano le chiavi, queste stavano sotto una camicia.

    Poi, ai PM che gli chiedevano di confermare, viste le varie versioni scaturite nel corso della deposizione, se della cassaforte con Vittorio avesse parlato o meno, col suo telefonino da Parigi, mentre la perquisizione era in corso, Ciancimino ha risposto che Vittorio attualmente lavora a Capri su una barca. (e chissenefrega).

    Poi, incalzato, chiarisce: dice che la perquisizione è stata gestita da suo fratello, che era presente. Il quale afferma che i carabinieri “non gli hanno chiesto di casseforti, niente”. Né è sicuro che suo fratello gli abbia detto che i carabinieri avessero visto una cassaforte.

    Poi, essendo comprensibile, per un magistrato, perdere ad un certo punto la pazienza, dopo un eloquente “omissis”, Ciancimino Junior  ha rettificato nuovamente:  della cassaforte ne ha parlato con Vittorio al telefonino, ma soltanto “all’esito della perquisizione”, cioè quando i carabinieri se n’erano già andati, e col suo impiegato ha rilevato soltanto che i carabinieri erano stati “gentili” e “signorili” a non occuparsi della cassaforte. Ma niente offerta di chiavi custodite sotto una camicia, dunque.

    Da questo minuetto di versioni a catena, l’una in contrasto  con l’altra, l’enigmista Marcus Rebus Travaglius, riesce a distillare una versione concentrata, da vendere, naturalmente come verità acclarata, ai suoi fedeli lettori:  un collaboratore di Ciancimino che assiste alla perquisizione, chiama Massimo Ciancimino che in quel momento  era all’estero “ci sono i Carabinieri che perquisiscono” Ciancimino gli dice: se vogliono accedere alla cassaforte gli diamo le istruzioni necessarie per aprirla, neanche a dirglielo questi reagiscono, “non aprite quella cassaforte”, questo è il titolo del film.”

    E nota bene che Travaglio, dalle variopinte dichiarazioni di Ciancimino, riesce a desumere questa certezza,  nonostante non vi siano agli atti riscontri oggettivi, a conferma delle parole di Ciancimino, neppure a riprova del fatto che una cassaforte fosse effettivamente presente, nei muri di quell’appartamento, nel febbraio 2005.

    Ma noi non siamo come lui, noi no. A noi non basta la parola di gente come Aiello o Ciancimino per credere e riportare fatti quanto meno improbabili, senza, perlomeno, invocare il beneficio d’inventario.

    E pertanto abbiamo sempre scritto, così come tutti coloro che hanno commentato quei fatti, Giuseppe D’Avanzo e Filippo Facci compresi, che era del tutto improbabile che Aiello avesse davvero pagato la vacanza a Travaglio, così come riteniamo ancora più improbabile che i carabinieri durante una perquisizione abbiano potuto rigettare la proposta di controllare l’interno di una cassaforte.

    Ciònonostante, Travaglio  ha sempre affermato il contrario, sostenendo che esistono fior di detrattori convinti della sua malafede: “diversi topi di fogna berlusconiani, su giornali, siti internet, blog e in dichiarazioni pubbliche alle agenzie di stampa, hanno continuato per un anno a insinuare o ad affermare che io mi sia fatto pagare le ferie da altri, addirittura da “mafiosi” e che, dunque, io non possa avere le prove di aver pagato.

    Dopodichè, seguono fotocopie di assegni, estratti conto, ecc…ecc…

    Seguono e riseguono, perché il 22 febbraio scorso Travaglio ha ripubblicato sul suo blog tutta la collezione.

    Ma si tratta di una gigantesca “excusatio non petita”, come già ebbe a scrivere Filippo Facci in un suo articolo di qualche mese fa: “Il punto è che Travaglio ha fatto di tutto, di lì in poi, per veicolare la discussione su questa faccenda del pagamento della vacanza – industriandosi su assegni e matrici e cazzate da magistrato che non è, e vorrebbe essere – anziché concentrarsi sul dato pacifico che riguarda le frequentazioni sue e di Ingroia.

    E, come si vede bene, continua a fare di tutto ancora oggi.

    Ma la verità, la vera ragione per cui non si può discutere di Pippo Ciuro con Travaglio, né in televisione, né da alcuna altra parte, senza provocare la censura isterica del giornalista torinese, e quindi i suoi svicolamenti sulla storia del pagamento delle vacanze, è ben altra.

    Marco Travaglio infatti, è oggi uno dei tanti narratori della Ciancimiade, anzi , fra tutti quanti si trova proprio in prima linea, essendo, come è noto, una specie di portavoce del procuratore Ingroia.

    E fra i versetti travaglieschi della Ciancimiade, ci sono ad esempio questi:

    ““…la trattativa che i Carabinieri cominciano nel 1992, dopo la strage di Capaci, secondo Ciancimino è poi proseguita con l’arresto di suo padre e poi con l’arresto di Riina, Provenzano ha continuato a trattare con altri soggetti che non erano più soltanto i Carabinieri. Carabinieri che peraltro secondo l’accusa, quelli del Ros, quelli di cui stiamo parlando, CONTINUARONO A GARANTIRGLI MASSIMA LIBERTÀ DI MOVIMENTO: Provenzano andava, veniva, si spostava, andava a Palermo, a Roma e la certezza che nessuno l’avrebbe mai acchiappato,…

    Ed ecco dove sta la rogna. La rogna sta nel fatto che proprio la vicenda di Pippo Ciuro e delle talpe in procura,  smentisce  tale tesi di Ciancimino e Travaglio, e lo fa svergognando lo stesso Travaglio.

    Già, perché Ciuro, Riolo e Cuffaro, sono stati arrestati e condannati  per avere informato il prestanome di Provenzano Ing. Aiello, e quindi per interposta persona lo stesso Provenzano, proprio delle attività d’indagine che il ROS stava portando avanti per arrivare ad acciuffare il boss latitante. E ad incastrarli con le intercettazioni, è stato proprio il ROS.

    Per la verità c’era sì un uomo del ROS che aiutava, complice di Ciuro,  il clan di Provenzano con le sue soffiate, il maresciallo Riolo. Ma il suo agire non ha nulla a che fare con alcuna trattativa fra stato e mafia: era semplicemente un traditore prezzolato, ed è stato smascherato e consegnato alla giustizia, insieme a Ciuro e a Cuffaro,  dagli uomini del suo stesso reparto: il ROS.

    I dettagli sono noti (ma non certamente grazie a Travaglio, ma bensì grazie al Documentario “Doppio Gioco” trasmesso da RAITRE e di cui QUI ho realizzato la trascrizione integrale); vediamoli brevemente.

    Nella primavera del 2001 gli uomini del ROS piazzano microspie e telecamere nella casa del Dott. Guttadauro, aiuto-primario all’ospedale civico, nonché reggente della famiglia mafiosa di Brancaccio.

    Guttadauro è il cognato di Matteo Messina Denaro (attuale n°1 di Cosa Nostra, latitante), nonché l’intermediario che si occupa, per conto di Bernardo Provenzano, delle vendite di immobili di famiglia: ”Mi fanno sapere – scrisse Guttadauro a Provenzano in un pizzino rinvenuto nel covo del padrino l’11 aprile del 2006 – che servono le chiavi per potere far sì che un probabile acquirente possa visitarla…”.

    Sorvegliare Guttadauro con le cimici, può dunque essere una mossa importante per arrivare sia a Denaro che a Provenzano.

    Ma, alla fine del mese di giugno, il boss Guttadauro bonifica l’appartamento, e scopre la microspia dei ROS.

    Fra coloro che hanno messo in allarme il mafioso, ci sono senz’altro Mimmo Miceli, pupillo dell’Udc del leader indiscusso Totò Cuffaro, destinato a diventare assessore alla Sanità della giunta comunale di Diego Cammarata, e Salvatore Aragona, alle spalle una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, un presente da imprenditore con la passione della politica, intercettato dalle cimici nell’appartamento di Guttadauro: “«La Procura sta intercettando, la Procura sta indagando». E cita  la sua fonte: «Totò».

    Per tali atti di favoreggiamento, scatteranno le manette, e Aragona inizierà a collaborare, coinvolgendo Cuffaro.

    All’inizio del 2003, il ROS segue un’altra pista, riuscendo ad inserire le cimici sulle automobili del mafioso Nicolò Eucaliptus e dei suoi famigliari. Per gli ufficiali del ROS “Nicolò Eucaliptus è uno degli uomini che hanno fatto la storia di Cosa Nostra”, ed è un indagato importante perché è di Bagheria, territorio di Provenzano: “Stiamo lavorando a Bagheria perché siamo convinti di trovare non solo uno degli astratti contesti di alleanza di cui gode Bernardo Provenzano, ma riteniamo probabile di poterci  fisicamente imbattere  in lui, nascosto qui, protetto dalla forza mafiosa che la famiglia mafiosa di Bagheria esercita sul proprio territorio naturale.” (Capitano G. Sozzo).

    Ed infatti il 20 gennaio 2003, i ROS captano Nicolò Eucaliptus mentre racconta dei precedenti soggiorni dello “zio” a Bagheria, ma soprattutto preannuncia al figlio importanti novità.

    Nella conversazione intercettata si sente l’Eucaliptus che comunica al figlio Salvatore che gli era stato chiesto di “tenere”, quindi di curare la latitanza di Bernardo Provenzano.

    Nicolò Eucaliptus: …mi domandava se c’è un appartamento libero.

    Il boss dunque si stava avvicinando a Bagheria. Siamo alle soglie del 2003. A quelli del ROS quindi non restava che aspettarlo.

    Il  31 gennaio 2003, però, succede qualcosa di inaspettato.

    Il boss di Bagheria si reca in visita presso gli uffici dell’ ingegnere Michele Aiello, magnate della sanità privata siciliana, e ripete le visite molte volte nei giorni successivi, sino all’11 febbraio. Da quella ultima visita, gli Eucaliptus, padre e figlio, cessano di parlare dentro la Opel  intercettata.

    Qualche tempo dopo, la Opel viene addirittura bonificata, e la microspia, rimossa.

    Dei contatti fra gli Eucaliptus e Michele Aiello i carabinieri si resero conto in quanto essi stavano già sorvegliando da qualche tempo anche l’ingegnere.  Infatti, in quei mesi, i carabinieri del Nucleo Operativo di Palermo indagavano sulle informazioni fornite dal pentito di mafia Nino Giuffrè, il quale aveva rivelato ai magistrati della Procura che  Michele Aiello, era un prestanome del capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano, la primula rossa ricercata dal 1963.

    Ma Aiello è protetto da un gruppo di traditori dello stato, che lo tengono informato di tutto quanto si muove, in procura, nella sua direzione.

    Infatti è l’11 di giugno del 2003, quando il ROS intercetta una telefonata rivelatrice fra l’Ing. Aiello e Pippo Ciuro, un Maresciallo della Finanza in servizio, in quel periodo, alla DIA di Palermo, uomo in cui la magistratura, ed Ingroia in particolare, aveva sempre riposto la massima fiducia.

    MICHELE AIELLO: Pronto?

    PIPPO CIURO:  Sono a Roma…30 secondi…l’hai ricevuto il fax ieri?

    MICHELE AIELLO: Si l’ho ricevuto, e domani mattina aspetto conferma se c’è.

    PIPPO CIURO:  eh…

    MICHELE AIELLO: Poi domani o dopodomani ci vado

    PIPPO CIURO:  Vabbè? Tutto a posto?

    MICHELE AIELLO: Tutto benissimo.

    PIPPO CIURO:  dicevo…sono a Roma. C’è uno che parla male di te. Quindi ora…

    MICHELE AIELLO: Ho capito.

    PIPPO CIURO:  eh…ora gliele do sul muso..eh eh…

    MICHELE AIELLO: Ho capito.

    PIPPO CIURO:  ma dico…con tanto da fare che avete a Bagheria… ma poi…solo Bagheria qui conoscono, in tutta la Sicilia? ..Senti. Ti dice niente, tale “Picciotto”?

    Picciotto, guarda caso, è il nome di un testimone che ha preannunciato importanti rivelazioni sui soldi della mafia di Bagheria.

    PIPPO CIURO:  …..no…che dice che questo sa alcune cose di lì.

    MICHELE AIELLO: Mi fa piacere.

    PIPPO CIURO:  …cose…no, no…scherzavo con te…no, non era per te.

    MICHELE AIELLO: Addirittura. Ho capito…

    PIPPO CIURO:  Vabbè…poi  ti  faccio sapere. Ciao, grazie…

    MICHELE AIELLO: Ciao.


    E’ un fatto di straordinaria gravità. A tale proposito, il Col. Sottili del ROS avrà a dichiarare:
    Se c’è una fuga di notizie da parte degli organi investigativi, è chiaro che è inutile che noi continuiamo a lavorare, alla ricerca di Provenzano, alla ricerca di pericolosi latitanti, perché non arriveremo mai a nulla.”

    Di lì in poi il ROS svolgerà una raffinata attività investigativa, che porterà ad individuare una rete telefonica segreta utilizzata dai mafiosi, e che si concluderà con l’arresto di Aiello e delle sue talpe nell’ottobre del 2003, e con le loro successive condanne, insieme con quella del politico Totò Cuffaro, anch’egli incastrato dalle stesse indagini.

    Ordunque, chi conosce questi fatti e ne prende atto, non può che rimanere perplesso, molto perplesso, quando oggi legge un giornalista mentre sottoscrive le dichiarazioni di Ciancimino, quando questi afferma che i Carabinieri del ROS in quel periodo erano impegnati a garantire la massima libertà di movimento a Provenzano. E le perplessità si incrudiscono se si pensa che lo stesso giornalista in quello stesso periodo trascorreva giorni felici, in costume da bagno, con una  talpa vera, e non inventata, del clan provenzaniano.

    E certo il quadro non migliora, se si pensa che Travaglio nei suoi libri e nei suoi articoli, laddove è durissimo nei confronti dei carabinieri del ROS, è stato invece piuttosto tenero con il Sig. Ciuro:

    «I due marescialli (Ciuro e Riolo, ndr) sono talpine. Manca la talpona»

    «Ciuro si limitò a qualche intrusione nel computer della Procura e a qualche millanteria per farsi bello con il ricco imprenditore. Il grosso lo fece Totò»

    «…LE ACCUSE NON STANNO IN PIEDI. Infatti il maresciallo Giuseppe Ciuro, arrestato nel 2003 per concorso esterno e tenuto in galera per due anni, è stato poi assolto da quell’accusa e condannato per favoreggiamento (REATO CHE NON GIUSTIFICA QUELLA LUNGA DETENZIONE). »

    Ma non solo.

    Le responsabilità di Ciuro, a Travaglio, servirono persino, tanto per cambiare, per prendersela con il procuratore generale Grasso:   «Assodato il ruolo di talpe di Ciuro e Riolo, perché gli inquirenti li hanno lasciati circolare indisturbati per mesi negli uffici della Procura?». E poi: «Perché non si sono informati subito i pm più vicini a Ciuro per limitare i danni che le sue soffiate potevano arrecare alle loro indagini?».

    Al che, il procuratore Pietro Grasso scriverà al Corriere della Sera accusando Travaglio e Lodato (coautore del libro “Gli intoccabili”) di fare «disinformazione scientificamente organizzata».  E la replica di Travaglio sarà naturalmente, molto dura: “Se il dottor Grasso ha qualcosa da smentire, lo faccia. Se si ritiene diffamato, ci quereli, così avremo la possibilità di difenderci dalle sue generiche quanto oltraggiose affermazioni. Come lui ben sa, non ci mancano i testimoni pronti a confermare quanto abbiamo scritto  … Testimoni che potrebbero pure raccontare la curiosa gestione del caso Cuffaro, «salvato» (contro il parere di quasi tutta la Dda) dall’ accusa più grave di concorso esterno, accusa per la quale suoi presunti complici sospettati di comportamenti infinitamente più lievi sono stati arrestati, tenuti in galera per un anno e mezzo e alla fine (già in un caso) assolti. Testimoni che potrebbero raccontare che fine abbia fatto il «metro Falcone», tutto basato sullo scambio costante delle informazioni fra i membri del pool antimafia, nei sei anni del procuratore Grasso, continuamente contestato da numerosi pm della Dda tagliati fuori da qualunque notizia sulle indagini di mafia-politica e costretti ad apprenderle dai giornali o dai libri

    Peccato che oggi quel Travaglio, la cui barca oramai fa acqua da tutte le parti,  sia stato smentito in pieno da un importante giornalista, che si chiama Marco Travaglio: “Seppi poi da Ingroia che lui era al corrente delle indagini su Ciuro fin da prima dell’estate, (e vale a dire immediatamente, perché Ciuro fu scoperto l’11 giugno 2003 – ndr)  ma che – d’intesa con il procuratore capo, Piero Grasso – aveva dovuto continuare a comportarsi con lui come se nulla fosse, per non destare sospetti.” (da: “L’armadio degli scheletri” di Marco Travaglio – 22/02/2010).

    Quindi Grasso aveva tutte le ragioni, quando parlava di disinformazione di Travaglio, mentre il Travaglio, quando tuonava contro la carenza d’informativa usata con Ingroia, scriveva cazzate.

    Ed è Travaglio stesso a darcene conferma con una rivelazione che egli oggi prova ad utilizzare quale dimostrazione della sua buona fede nei rapporti vacanzieri del ferragosto trascorso con Ciuro ed Ingroia, sicuro che il suo pubblico disattento non si accorgerà che proprio tale rivelazione è allo stesso tempo la prova di una sua storica cappella.

    Ma la circostanza, se può sfuggire ai suoi ciechi ammiratori, non sfugge certo al Segugio.

    Ecco quindi, in conclusione, perché Travaglio, quando si prova a farlo parlare di Pippo Ciuro, vera talpa in procura sempre pronta ad informare gli uomini di Provenzano delle attività condotte dai “cugini di campagna” (gergo usato da Ciuro con Aiello per indicare i carabinieri) a loro danno, si inalbera, diventa isterico, e rifiuta, comprensibilmente timoroso del polverone che tale argomento può sollevare sulle “rivelazioni” di Massimo Ciancimino se rapportate con le effettive attività del ROS, (in realtà tutt’altro che compiacenti verso Provenzano ed il suo clan),  il contradditorio in pubblico, salvo poi, nella tranquillità dei suoi articoli e delle sue lettere aperte, svicolare dal tema principale a quello delle contabili bancarie relative ai suoi soggiorni siculi nonché, soprattutto,  a quello delle sue “non-condanne” per diffamazione.

    Su quest’ultimo tema, poi, Travaglio le spara grosse:

    Al momento sono spiacente di deludere i miei detrattori, ma in 25 anni di carriera giornalistica, durante i quali ho scritto una trentina di libri e dai 15 ai 20 mila articoli, tenendo dalle 1500 alle 2000 conferenze e incontri di vario genere in giro per l’Italia, partecipando a circa 150 trasmissioni televisive (soprattutto in quella TV di Stato dove, a dir suo, “non entri se non hai il guinzaglio” – ndr)  e radiofoniche, diffondendo decine di filmati via internet, non ho mai subìto alcuna condanna (per diffamazione – ndr) definitiva.

    Questa cosa non corrisponderebbe al vero, perché in una causa civile Travaglio è già stato considerato diffamatore e condannato in giudizio di terzo grado, quindi definitivo, a risarcire il danno al diffamato.

    Ma Travaglio, relativamente a questo fatto, si improvvisa contorsionista: “Tutt’altro discorso meritano le cause civili per risarcimento dei danni, che portano a un processo del tutto diverso da quello penale: nessuna indagine per accertare i fatti, solo la fredda quantificazione del danno, morale e/o patrimoniale e/o biologico. Paradossalmente, si può danneggiare qualcuno ed essere condannati a risarcirlo anche se si è scritta la verità sul suo conto, ma non lo si è fatto con la necessaria “continenza” espressiva. “

    Naturalmente si tratta di una stratosferica sciocchezza. Ove non fosse dapprima acclarato in modo incontrovertibile che è stato scritto il falso diffamando qualcuno, il procedimento civile per diffamazione non avrebbe neppure storia, e non si arriverebbe a quantificare nessun danno.

    Le sentenze di  “soccombenza” (tanto per usare un termine che Travaglio gradisce più di “condanna”) di Marco Travaglio in vari gradi di giudizio in cui si è trovato impegolato il giornalista torinese, chiariscono in modo cristallino, nei testi delle sentenze, come dove quando e perché Travaglio avrebbe scritto cose false.

    Così, ad esempio, nella causa civile che lo ha visto contrapposto a Mediaset e a Confalonieri, il Giudice rileva quanto segue: “deve osservarsi che le condotte (illecite) attribuite dal Travaglio a Mediaset sono specifiche e ben individuate, sicchè il riferimento a tali eventi potrebbe ritenersi lecito soltanto se rispondente al requisito della “VERITA”’, (giacchè per questa parte di articolo deve ritenersi che si faccia “cronaca” e non “critica”, essendosi limitato il giornalista ad elencare una serie di reati e/o di condotte illecite). (…) Poiché il giornalista ha elencato le “nefandezze” di MEDIASET in termini di “certezza”, – senza cioè specificare che si trattava di ipotesi di accusa non (ancora) accertate, – ovvero che erano riferite a terze persone-, tali notizie devono ritenersi non conformi al principio della “verità”, e pertanto devono ritenersi sussistenti gli estremi del reato di diffamazione.”

    Questo dice il Giudice nella causa civile.

    Come ho detto, ormai la barca di Travaglio fa acqua da tutte le parti.

     
    • anonimo 14:12 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi

      Grande!
      Erano giorni che l’aspettavo.
      Ora me lo leggo tutto.
      Le faccio dei complimenti preventivi (o susseguenti).

      Luigi

    • anonimo 18:40 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi

      Io, facendo eco a Luigi, ti faccio i "complimenti susseguenti" (da quando si incominciano a contare i giorni per la prescrizione del "reato di complimento", da adesso o da quando ho iniziato a leggere questo tuo articolo o da quando ho saputo dell’esistenza del medesimo?)
      Scherzi a parte, magnifica anche questa contraddizione rilevata! Se continua a far acqua cosi’, mi sa che la barca Travaglio affondera’ tra poco, la cosa tragicomica e’ che la falla l’ha fatta con le sue stesse mani!
      cesare

    • anonimo 00:26 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

       Questa è letteratura, ma anche Sciascia faceva lo stesso mentre di occupava di politica.
      Ho comprato in questi giorni un volumetto: "Un Onorevole Siciliano". Si tratta della trascrizione delle interpellanze parlamentari di Sciascia.
      Non divento una Enrixina per principio, perché ci sono i Travaglini. 
      Simona

    • anonimo 03:06 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

      Grande Enrix tutto molto interessante, lavoro ben fatto e pieno di fatti INCONTROVERTIBILI E CHIARI. Volevo dare un personale contributo spiegando altro fatto che secondo me inalbera Travaglio quando sente nominare Ciuro.

      Vorrei far notare altro principio che Travaglio tiene sempre con tutte le sue vittime, accusate di immoralità ma che incredibilmente dimentica INCOERENTEMENTE di avere per se stesso.

      Sono numerosi i casi in cui Travaglio, se non sbaglio, cita politci siciliani accusandoli di frequentazioni mafiose, accuse che rivolge anche quando è chiaro che al momento delle frequentazioni non si era a conoscenza della rilevanza mafiosa dei soggetti frequentati.

      Stessa identica cosa che è capitata a lui con Ciuro, era assolutamente chiaro che nessuno poteva accusare Travaglio per frequentazioni di persona che mai si sarebbe immaginato essere collusa con la mafia, ma lo stesso si è divertito spesso a fare questo giochino con altri che tenevano gli stessi suoi comportamenti, FREQUENTANDO GENTE COLLUSA CON LA MAFIA SENZA SAPERLO.

      Gianluca

    • anonimo 17:18 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

      Gentile Enrix
      la ringrazio per aver riassunto l’intricata girandola di versioni di Ciancimino.
      Mi ero perso la prima volta.
      Interessante il suo racconto sul motivo del perche’ Travaglio si incazza a parlare di Ciuro.
      Lei pensa pero’ che non c’entri niente il fatto che l’Odore dei soldi, recentemente ristampato perche’ a Travaglio l’editori riuniti non aveva dato un soldo (v. intervista a Sabelli Fioretti) e’ per meta’ fatto con le inchieste di Ciuro?
      Ho notato che nello stralcio della nuova introduzione riportato su voglioscendere non lo si nomina mai….
      Forse il suo interesse e’ piu’ di portafoglio che di onorabilita’.
      Pare anche che il Fatto Quotidiano non navighi in buone acque finanziariamente….

      Luigi

    • enrix007 20:23 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Luigi e cari tutti.
      Quel Raggruppamento Operativo Speciale dei carabinieri che in un certo periodo secondo Cianci junior, e quindi anche secondo Travaglio, avrebbe dovuto “GARANTIRE LA MASSIMA LIBERTA’ DI MOVIMENTO” a Provenzano in base alla fandonia di un patto stato-mafia inventato per i babbei, in realtà, in quello stesso periodo e coordinato da alcuni procuratori onesti, braccava Provenzano piazzando le cimici sulle auto e negli appartamenti dei suoi angeli custodi, intercettando, e consegnando ai magistrati le intercettazioni senza filtri, indi smascherava la rete di protezioni del clan in procura e nel palazzo della regione (quella vera, non quella inventata da Ciancimino) e portava in galera un prestanome di Provenzano che assicurava alle casse del padrino milioni di euro di profitti a danno dei cittadini, tanto per garantirei meglio al boss la libertà di movimento. Poi nella rete mafiosa c’era una mela marcia del loro raggruppamento: beccato ed arrestato. Poi c’era un politico, un pezzo da 90. Beccato e condannato anche lui. Poi c’era un amico di Travaglio, che con lui condivideva barbecues e tuffi in piscina: beccato ed arrestato anche lui. Detto ciò, io ritengo che tutto questo sia la ragione precipua per cui Travaglio non vuole parlare di quelle vicende.
      E’ un’opinione mia, ma che poggia su una logica molto solida.

      Poi c’è ovviamente il concorso di altre ragioni. Si, ce ne sono anche altre.

    • Sympatros 14:16 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Però questo non lo potete proprio dire…   cosa? Non potrete mai dire che Travaglio ha fatto l'autista a Ciuro…. portandolo ai vari incontri o summit….. attendendolo poi al bar insieme al giovane Ciancimino ed ad altri autisti di cui non ricordo il nome!

    • enrix007 14:55 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Perchè non posso dirlo, Sympatros? Se ho un inportante PM che mi mette sotto la sua protezione, e nessuno che mi smentisca, posso dirlo benissimo.

    • Sympatros 15:09 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Auaaaauah…… che ridere!!

    • Sympatros 15:10 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Ma gli altri autisti quali erano? Non mi ricordo il nome!!

    • Sympatros 15:29 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Naturalmente non sto ridendo per te, Enrix, ma per la battuta di Ciancimino junior…. non tutti gli autisti diventano persone importanti!

      Ti saluto e tolgo il disturbo…. qua siete persone serie!!

    • anonimo 03:49 on 6 March 2010 Permalink | Rispondi

      “Tale espressione, infatti, è specificamente riferita all’oggetto (di pubblico interesse)
      dell’articolo, non è “gratuita” bensi necessaria per rappresentare l’opinione critica del
      giomalista e non sconfina nella contumelia essendo contenuta nei limiti della accesa
      dialettica propria dell’argomento trattato.”(sent.,10)

      a dirla tutta

    • enrix007 10:15 on 6 March 2010 Permalink | Rispondi

      "A dirla tutta", una cosa che non c'entra un cazzo.

      Fra i vari periodi dell'articolo contestati da Confalonieri, alcuni sono stati ritenuti diffamatori (perchè secondo il magistrato Travaglio ha scritto falsità su di lui), alcuni ingiuriosi (la parte di Confalonieri che si guarda allo specchio), altri (e nella fattispecie il terzo periodo) nè l'uno nè l'altro, ma contenuti nei limiti dell'accesa dialettica.

      Ovviamente qui stiamo parlando dei periodi e delle motivazioni per cui è stato condannato, non di ciò per cui non lo è stato.

      Il tuo commento è invece riferito a ciò per cui non lo è stato, ma la prossima volta magari corredalo anche dei risultati del superenalotto, tanto per soddisfare meglio le tue pulsioni a scrivere cose inutili, se queste ti provocano l'insonnia.

    • anonimo 20:48 on 7 March 2010 Permalink | Rispondi

      Ma com'e' che il povero Sympatont capisce tutto al contrario? Ci vuole ben tanta pazienza, caro Enrix….

    • anonimo 15:00 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      >>>Ovviamente qui stiamo parlando dei periodi e delle motivazioni per cui è stato condannato, non di ciò per cui non lo è stato.Appunto.Scusa quanto era la richiesta iniziale? Quanto ha dovuto sborsare?Poveracci

    • anonimo 15:02 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      >>Ovviamente qui stiamo parlando dei periodi e delle motivazioni per cui è stato condannato, non di ciò per cui non lo è stato.Appunto.Scusa quanto era la richiesta iniziale? Quanto ha dovuto sborsare?Poveracci.

    • enrix007 19:31 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      "Appunto."Appunto, tu non hai capito un cazzo."Quanto ha dovuto sborsare?"Chi? L'ultimo cliente di tua sorella?"Poveracci."Esatto, come quelli che ridono dello scemo del villaggio (e quello sei tu).

    • almostblue58 14:15 on 28 March 2010 Permalink | Rispondi

      Mi si permetta di spezzare una lancia a favore di Travaglio, realivamente a ciò che scrive Gianluca:"Sono numerosi i casi in cui Travaglio, se non sbaglio, cita politci siciliani accusandoli di frequentazioni mafiose, accuse che rivolge anche quando è chiaro che al momento delle frequentazioni non si era a conoscenza della rilevanza mafiosa dei soggetti frequentati. Stessa identica cosa che è capitata a lui con Ciuro".A differenza di Ciuro, cioè di un investigatore in servizio presso la procura di Palermo, e, dunque, insospettabile, un capomafia o un qualsivoglia mafioso traggono il proprio prestigio dal fatto che, sul territorio, tutti sanno chi siano. Altrimenti non potrebbero esercitare il proprio potere su persone che tale potere non gli riconoscerebbero. Un capomafia non diventa tale quando lo acchiappano, anzi: quando lo acchiappano forse smette di esserlo.Queste cose le ho gia scritte quasi tre anni fa, dopo le polemiche sulle accuse di Travaglio a Schifani (http://almost58.splinder.com/post/17104522/C%27%C3%A8+chi+preferisce+Marco+Bava) e mi ero sentito in dovere di scriverle poiché qualche giorno prima scrivevo che mi ero rotto le palle del trio Grillo-Travaglio-Di Pietro, ché avevano trasformato la questione morale in questione giudiziaria (http://almost58.splinder.com/post/17080389/Sinistra+mia%2C+non+ti+conosco.+).Però un conto è non poterne più di certi metodi, altro è tacere di fronte a simili grossolane fesserie, ché non sono meno gravi del suddetto metodo, specie se propalate in malafede come nel caso che mi spinse a scriverne quasi tre anni fa.Quanto alla differenza fra penale e civile nei casi di diffamazione (a prescindere dal caso specifico), Travaglio non ha del tutto torto: il metro di valutazione è diverso e qualsiasi giurista anche non particolarmente brillante potrebbe confermarlo. E non è un caso se negli ultimi venti anni i potenti, che prima ricorrevano al penale (eccetto Andreotti, che si lasciava scivolare tutto addosso), sono poi passati al civile: prima c'era il senso e il rispetto dei ruoli, in questo Paese, a un certo punto è saltato e i potenti hanno scelto deliberatamente il civile per intimidire e tentare di imbavagliare i giornalisti (categoria di cui faccio parte).

    • anonimo 16:13 on 30 March 2010 Permalink | Rispondi

      Gentile sig. Enrixnel blog di Caruso (ormai defunto, temo) stiamo invocando a gran voce il suo nome.Se vuole fare un sorriso si legga i commenti piu' recenti.Luigi

    • anonimo 18:10 on 30 March 2010 Permalink | Rispondi

      non e' defunto, Luigi…

    • anonimo 12:17 on 11 April 2010 Permalink | Rispondi

      Per almostIn linea di massima hai detto una cosa correttissima. E' naturale che per le ragioni da te specificate è più probabile che una frequentazione sul loco di mafioso mai inquisito sia possibile saperlo rispetto ad un servitore dello stato.Anche se ….. anche se ritengo che tutti sanno che in in sicilia queste istituzione così integerrime non esistono, spifferi, spifferini, gente al soldo della mafia nonche servitrice dello stato, ci sono state e ci saranno sempre.Quindi sono assolutamente d'accordo con te Almostblue era più facile che Schifani sapesse di Travaglio (anzi diciamolo per certo che Schifani sapeva), lo stesso però non ha nessun diritto di infangare un cittadino Italiano (anche avesse ragione) facendo quel che ha fatto, si dice che se si sputa spesso a volte torna indietro. Personalmente volevo concentrare l'attenzione non sul singolo fatto, ma sui metodi di  Travaglio ed in questo caso, Ciuro, è successo il patatrac, facendo capire a T. che bisogna fare attenzione ad esagerare a dare patenti di mafiosi ai frequentatori degli stessi.Travaglio è un personaggio che ancora devo inquadrare e la cosa che mi fa più rabbia e che secondo il mio modestissimo parere prendere cantonate o non essere precisi come purtroppo capita a lui, porta solo assist ai geni del male.Per attaccare lo schifo serve un informazione perfetta, corretta,  e come costruire un castello, già saranno in pochi a volerlo fare perchè il potere politico ed economico disincentiva la costruzione,  chi decide di farlo deve fare un lavoro perfetto sapendo dei numerosi attacchi che subirà,Travaglio sembra essere un volenteroso costruttore ma poi lavora facendo mura fatiscenti e che possono crollare al primo attacco. In poche parole sembra essere utile all'inizio però poi il suo lavoro negli addetti ai lavori ha falle in tutte le parti.E la cosa mi fa incazzare non poco.Gianluca

    • almostblue58 16:27 on 12 April 2010 Permalink | Rispondi

      x Gianlucapenso che il limite di chi fa informazione quotidiana stia proprio nella quotidianità stessa e nella fretta che la quotidianità richiede.altro discorso sono i libri: documenti e memoria; la memoria a volte gioca brutti scherzi e ti ritrovi a scrivere inesattezze, ne bastano un paio e se quacuno si mette a battere sui quei tasti il resto del lavoro, inappuntabile, diventa secondario.negli anni, ho trovato errori grossolani in tanti libri, ma non tutti gli autori sono sovraesposti come Travaglio e, dunque, certe grossolanerie passano inosservate. qualche mese fa ne ho trovato uno, a rischio di un paio di querele, nell'ultimo libro di un amico abbastanza noto. Nessuno ne ha scritto e il libro ha ricevuto recensioni lusinghiere. Non so se l'abbiano letto le persone tirate in ballo a casaccio, ché in quel caso gli incassi non gli basterebbero a pagare i danni.secondo me Travaglio è un buon giornalista, l'opinionista mi piace meno, il guru ancora meno (e i travaglini mi inquietano); se non fosse esistito l'avrebbero inventato. e forse l'hanno inventato davvero, ché se non gli avessero dato addosso come hanno fatto per "L'odore dei soldi", sarebbe uno dei tanti buoni giornalisti italiani che ogni tanto scrivono un libro utile. Invece è diventato parafulmini e macchina sfornalibri in quantità industriale (con le inevitabili inesattezze). è entrato un po' troppo nella parte, secondo me. ma non è facile fare un passo indietro, in certe situazioni, specie quando queste situazioni ti fanno essere popolare e ti fanno guadagnare un pacco di soldi.ciao,Sebastiano

  • Avatar di enrix

    enrix 15:14 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi
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    Rimarchevole "botta e risposta" fra Antonella Serafini, il sottoscritto, e Massimo Ciancimino su BlogSicilia.
    Intervengono anche Gioacchino Basile ed Angelo Jannone.

    CIANCIMINO E LEPROTTO BISESTILE

    LA DISCUSSIONE SI PUO’ LEGGERE QUI.

    Ora però i miei messaggi non passano più. Chissà perchè.

    Update, alle 22: ora i messaggi passano regolarmente.

     
    • WG 18:35 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      In che senso i messaggi non passano più? Non c’è nessuna censura.

      Walter Giannò, coordinatoredi BlogSicilia.

    • enrix007 19:02 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ho postato due messaggi, a commento di quanto scritto dal sig. Vultaggio, e dopo avere dato "invio" non sono passati.

      Ho pensato, prima di scrivervi per capire, che essendo domenica pomeriggio aveste messo l’opzione "moderazione"  per passare i messaggi al vostro rientro, al fine di mantenere una legittima sorveglianza.
      In altri blog succede.
      Può però anche essere possibile che il vostro server abbia preso come SPAM i miei messaggi, sospendendoli in automatico.
      Se può controllare, ciò dovrebbe essere avvenuto nel primo pomeriggio.

      Prendo atto altresì che non si tratta senz’altro di censura, e vi ringrazio.

    • Sympatros 21:13 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      In un post precedente, io esprimevo la mia opinione sul misterioso signor Franco/Carlo:

      …..Io sono arrivato alla conclusione che non può essere un personaggio di fantasia…. secondo me è dotato dell’attributo dell’esistenza… ma come mai, almeno da quel che ho letto, i magistrati non stringono il testimone di più su questo aspetto per riuscire ad identificare il personaggio, che per molti aspetti è il deus ex machina di tante cose? Che i magistrati sappiano già chi sia? E ci aspetta il botto finale?

      Enrix, prendendosi gioco della mia ingenuità, rispondeva:

      """"Franco?
      Se non fosse già defunto, ipotizzerei trattarsi di Franco Franchi
      .""

      Ora se rispondesse al vero questo link

      http://palermo.repubblica.it/dettaglio/trovata-sim-di-ciancimino-con-numero-di-agente/1688856

      Sembra che il personaggio misterioso esista veramente e le telefonate e la sim di cui parlava il giovane Ciancimino non sono tutte balle!

    • enrix007 22:01 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Se la SIM trovata ad agosto dell’anno scorso fosse stata quella di cui parla Massimo Ciancimino, e avesse contenuto il numero del Sig. Franco, noi oggi dovremmo saperlo, non trovi, Sympatros? C’è qualche notizia di questo genere che sino ad oggi ci sia stata tenuta nascosta? Non servivano analisi al microscopio. Bastava attivare la SIM in un telefonino, e Ciancimino in pochi secondi manovrando la rubrica, avrebbe detto: eccolo qui.
      Con tutte le volte che dice di aver conversato con lui al telefonino, dovrebbe essere un’operazione facile per Ciancimino Junior.

      Invece una settimana fa, in un articolo di Anna Petrozzi e Lorenzo Baldo pubblicato sull’aggiornatissimo sito Antimafia2000, la SIM fantasma con il numero del caro Franco, viene data ancora per "mai rinvenuta".

      http://www.antimafiaduemila.com/content/view/24628/78/

      Eh…saperla, la verità, caro Sympatros.

    • Sympatros 22:37 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Eppure, a costo di apparire ingenuo, leggendo i verbali, da  un certo momento in poi, ho avuto la sensazione che gli inquirenti non stringessero adeguatamente il teste per capire se esistesse veramente il misterioso Carlo e quale fosse la sua identità.

      E mi chiedevo e continuo a chiedermi: … forse che i magistrati sappiano già chi sia? E tra l’altro mi sembra che negli ultimi interrogatori i magistrati non chiedano più conto della sim e, quando parlano del signor Carlo, lo danno come una presenza scontata e pacifica. Impressioni.. solo impressioni.

    • enrix007 23:35 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ehi, impressionato, hai forse trovato anche solo un punto, uno solamente, dove gli interroganti non danno per scontatamente vero quanto detto da Ciancimino junior, ma lo fanno cadere in contraddizione come farei io con lui per metterne alla prova la sincerità?

    • Sympatros 08:33 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Uelà, assicurato, c’è una cosa che mi chiedo, che non mi tormenta, ma m’incuriosisce: come fai ad essere così sicuro che gli inquirenti siano complici del giovane Ciancimino e gli lascino dire tutto ciò che vuole, non mettendone in evidenza le contraddizioni? Ma son proprio tonti ‘sti magistrati, che se ne faranno di un testimone che racconta balle, se poi verrà sottoposto ad un controinterrogatorio da parte della difesa, che sarà agguerrita e stringente almeno quanto te? Che se ne faranno? Sono autolesionisti? Gli piacciono le figure barbine?
      Sì, l’atmosfera degli interrogatori è permissiva, si tratta sempre di un teste che collabora, ma ci sono i momenti in cui lo costringono al chiarimento, più di una volta Ciancimino s’interrompe, per consultarsi con gli avvocati e in qualche occasione arriva pure a piangere. Pianto del coccodrillo? I punti vista,,,, i punti di vista, a cui noi umani siamo condannati!! Io vedo dei normali magistrati che cercano di fare il loro mestiere, sforzandosi di farlo con professionalità…. e tu invece ci vedi altro. E che ci vuoi fa’ … che ci vuoi fa’, c’est la vie!!

    • enrix007 08:47 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Allora se vedi tanta professionalità nel fatto che danno come presenza scontata quella del Sig. Franco, vuol dire che ritieni che sappiano già chi è.
      Speriamo che sia così.

      Perchè dare per scontata quella presenza negli interrogatori senza ancor  aver scoperto traccia vivente di quella persona, non è molto professionale, anzi, si rischia di aiutare il teste a costruire le favole, se questo fosse un bugiardo anzichè un collaboratore genuino..

    • Sympatros 08:51 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sì, sono propenso a crederlo…..

    • enrix007 09:40 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      E’ la fede che sorregge l’uomo.

    • anonimo 10:53 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, toglimi una curiosità.
      Ieri rispondendo al sig. Piazzini, chiedendogli lumi su cosa intendeva per "stato", tra le tante hai citato "I comandi della Folgore".
      Sarà mica che sei passato per la Smipar anche tu?

      Anton

    • anonimo 11:07 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ancora una cosa Enrix.

      Ingroia per ben due volte chiese l’archiviazione nel primo processo contro Mori e De Caprio e il GIP non la concesse.
      Lo stesso Ingroia dichiarò che sarebbe stato ridicolo se sui avesse dovuto sostenere un’accusa in cui non credeva.
      Certo, quando poi fu costretto a sostenerte l’accusa fece dichiarazioni in senso opposto, ma questo è formalmente comprensibile. Era tanto convinto che alla fine chiese lui stesso l’assoluzione.

      Cosa è cambiato in questo nuovo processo? I capi di imputazione sono diversi? Secondo tè adesso Ingroia ha cambiato idea, si è convinto cioè che il Ros è colpevole, oppure stà semplicemente recitando un ruolo impostogli?

      Anton

    • anonimo 15:31 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Grandissimo il coniglio.
      Complimenti!

      Luigi

    • grilloz 21:58 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      ed ecco la famosa lettera:
      http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?p=1&pm=&IDmsezione=9&IDalbum=24023&tipo=FOTOGALLERY#mpos
      (che io, fossi stato Ciancimino, avrei battuto a macchina)
      sarà originale come il papello?

    • grilloz 22:32 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      e un’altra domanda sorge spontanea:
      ma se Provenzano comunicava direttamente con dell’Utri (che, secondo le parole dello junior aveva sostituito il padre nella famosa trattativa) che bisogno aveva di usare Ciancimino come tramite per recapitare una lettera a Berlusconi?

    • enrix007 23:43 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ti correggo Grilloz: che bisogno aveva di darla a Lipari, perchè la desse a Junior, perchè la desse a Senior, perchè la desse a "Franco", perchè la desse a Dell’Utri, perchè la desse a Berlusconi.
      E non un messaggio di auguri, ma una lettera messa in una busta aperta (non incollata), indirizzata proprio a dell’Utri (con tanto di destinatario in testa) e contenente un tentativo di estorsione con minacce aggravate: o ci dai uno spazio in TV, o ti accoppiamo il figlio. Così, tanto per.

      Ed ora, tanto per, giustappunto, restare in argomento, riprendo a vedere il secondo tempo del film di Mr Bean che ho interrotto poco fa.

    • Sympatros 10:04 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, preso d sacro furore contro la mafia, la menzogna, la denigrazione dei benemeriti servitori dello stato, non utlizza soltanto le parole, le ricerche e i ragionamenti, ma va oltre… l’attacco a Ciancimino junior è totale… con tutte le armi.. con la grafica, coniglio, foto di una persona insignificante… utilizza persino il giudizio che il Ciancimino senior ha nei confronti del figlio… un buono a nulla.
      Forse lo zelo, anche se dettato da buoni intenti, va oltre il segno. Gli aspetti parodici e ironici nei confronti di Ciancimino, nei confronti della sua figura e della sua icona fisico-morale, finiscono per dare un punto a favore al Ciancimino.

      Un’attenuante er Massimino ce l’ha, ma vi immaginate cosa abbia significato per lui la presenza di un genitore, di un padre prepotente, invasivo, mafioso, che lo teneva legato ad un catena, che gli permetteva di girare per casa, ma non di uscire di casa? Vi immaginate avere a che fare con un padre che vedeva in lui una sorta di figlio degenere che non aveva né le fisique du role né la tempra del mafioso? Massimo Ciancimino, secondo me, ha più di un’attenuante…. attenuante certo che non giustifica eventuali reati da lui commessi.

      Enrix, mettere alla berlina lo junior, riportando i giudizi negativi che il padre aveva nei suoi confronti e parodiarne l’aspetto fisico, la vedo come un punto a favore di CIancimino ed un tuo autogloal!

    • Sympatros 10:05 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      L’autonomia della magistratura

      Se la magistratura fosse politicamente schierata a sinistra e politicizzata contro Berlusconi, avrebbe senz’altro fatto a meno ed evitato di raccogliere le testimonianze di Spatuzza e di Ciancimino junior…. se non ci sono riscontri reali a ciò che questi testimoni vanno dicendo… finiscono col fare il gioco di Berlusconi stesso e quindi non farebbero gli interessi dell’ipotetica parte politica per cui tifano.

      La magistratura si sta dimostrando sostanzialmente autonoma…. non possono non acquisire testimonianze del genere… sta alla magistratura giudicante e anche all’opinione pubblica stabilire cosa farne di testimonianze di questo tipo. Se alla maggioranza degli italiani va bene avere un Presidente del Consiglio su cui si dicono queste cose e su cui gravano questi sospetti….. la maggioranza, anche se potenzialmente rimbambita, in democrazia, ha comunque ragione.

    • enrix007 10:20 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sympatros, quello non è un coniglio comune: è il leprotto bisestile di Alice nel paese delle meraviglie. Un personaggio con ben note e ben precise caratteristiche comportamentali che ho voluto richiamare non solo per similitudine grafica.

      Affermazioni del tipo "Come avete notato, all’inizio ho addirittura detto che era grafia di mio padre, avendo ovviamente la certezza, che non era assolutamente grafia di mio padre", paiono tratte direttamente dal libro di Carrol, e pertanto legittimano la mia scelta.

      Inoltre si, io immagino cosa voglia dire avere a che fare con quel genitore, ma immagino anche, allo stesso tempo, cosa voglia dire avere a che fare con un patrimonio di 60 milioni di euro lasciati dallo stesso genitore, che chiunque a questo mondo farebbe carte false (è un modo di dire, naturalmente) per recuperare.

      Interessante poi il ragionamento che hai fatto sulla magistratura.

      Applicasti lo stesso ragionamento con Tarantino e la commissione Telekom quando dava corda ad Igor Marini, Sympatros?

    • Sympatros 10:33 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Aspettiamo, Enrix, aspettiamo…. e vediamo se anche il Massimo.. come l’Igor accompagnerà in Svizzera i magistrati alla ricerca di riscontri e poi darò il mio giudizio.

    • Sympatros 10:39 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ma poi, Enrix, Tarantino era in veste di Presidente di una commisione parlamentare, roba politica, in Parlamento c’è il potere legislativo e non giudiziario. i politici non sono tenuti all’osservanza dell’atarassia e autonomia di giudizio come i magistrati…. anche se svolgevano un’inchiesta, sempre nel parlamento siamo, sempre politici sono!

    • enrix007 11:01 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      A parte il fatto che il PM rappresenta in diritto "parte", non sottoposta a vincoli di imparzialità, e quindi con l’atarassia non c’entra nulla, TU nel messaggio precedente ti sei lanciato a delineareun profilo logico che considerava l’eventualità di una magistratura "politicamente schierata".

      Quindi il confronto che ho fatto era legittimato da te stesso.

      Quindi cerca di non fare bailamme lanciando la pietra e nascondendo la mano, con messaggi tipo il 21, perchè sai che questo tipo di comportamento mi rende nervoso e c’ho il cancellino facile.

      Infine se tu vuoi aspettare aspetta pure. Forse non ti stai rendendo conto che lo Junior non fa in tempo a sventolare un foglio di carta che dopo un minuto è già pubblicato dai giornali (quindi scansionato prima che lo tirasse fuori in tribunale).
      E secondo te io dovrei aspettare il giudizio di una corte per esprimere un parere su un documento pubblicato da un giornale?

      Guarda che qui non siamo a Mosca nel 1967, ma in Italia nel 2010.

    • Sympatros 14:51 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Bailamme.. quale bailamme? Tarantino non sono stato io a tirarlo in ballo.

      """non sottoposta a vincoli di imparzialità"""

      I PM sono una parte e rappresentano una parte, ma dentro il processo. Per quanto riguarda la politica sono tenuti ad apparire ed essere imparziali.

    • anonimo 16:13 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Scusate per la piccolezza: Trantino, non Tarantino.

    • enrix007 20:17 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      si, vero, Trantino.

    • anonimo 13:11 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Probabilmente l’ha gia’ letto per farsi quattro risate, ma le segnalo comunque l’ultimo sproloquio di Marco Travaglio dalla sua tribuna in rete:

      http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/2010/02/08/la_diretta_con_marco_travaglio.html

      A presto e complimenti come sempre

      Luigi

    • enrix007 14:15 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si l’ho sentito e l’ho letto. Con questo entra nel guinness alla voce "giornalista cazzaro". Riesce a concentrare una dozzina di bugie, di falsità, in una decina di righe, meno di 5 min. di monologo.
      A me non ha fatto ridere, ha dato la nausea.

    • anonimo 19:14 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si può sapere quali sono queste dodici balle dell’ultimo Passaparola?

      Moritz

    • enrix007 02:08 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si, si può sapere, ma fra un paio di giorni. Questa sera, facciamo bricolage.

  • Avatar di enrix

    enrix 02:02 on 13 November 2009 Permalink | Rispondi
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    QUEL CALDO MESE DI LUGLIO 

    Quel caldo mese di luglio.

    FALCONE E BORSELLINO e clessidra 

    La famosa intervista, quella che Paolo Borsellino il 21 maggio ’92 rilasciò ai giornalisti francesi  Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo, è stata definita più volte “l’ultima intervista di Paolo Borsellino”. Erroneamente, perché, come è noto, successivamente a quella e poco prima di morire il magistrato rilasciò un’intervista alle TV di Mediaset.

     

    Quindi quella dei francesi è stata ridefinita come “la penultima intervista”.

     

    In realtà non è neppure così, perché Paolo Borsellino rilasciò anche un’altra intervista (quindi quella dei francesi è “la terzultima”) piuttosto interessante, al brigadiere Giuseppe D’Avanzo per le pagine di Repubblica, che la pubblicò il 27 maggio.

     

    Interessante, quell’intervista, soprattutto per un passaggio:

     

    PAOLO BORSELLINO: Per indagare sulla morte di Giovanni ho sollecitato la mia ‘ applicazione’ a Caltanissetta, ma mi hanno ricordato che in quella città non c’ è la funzione di procuratore aggiunto. In ogni caso andrò a Caltanissetta.

     

    D’AVANZO: Con quale scopo?

     

    BORSELLINO: Ci andrò come testimone. Per raccontare piccole cose che possono aiutare l’ inchiesta.

     

    D’AVANZO: A proporre un ragionamento?

     

    BORSELLINO: No. I ragionamenti non fanno parte di una testimonianza. Possono essere il retroterra di una testimonianza, possono essere materiale per un’ intervista. Al procuratore Celesti riferirò fatti, episodi e circostanze. Gli racconterò gli ultimi colloqui avuti con Giovanni.

     

     

    Che cos’avrà avuto da dire Borsellino ai magistrati nisseni? Cosa si dicevano lui e Falcone?

     

    Sempre Giuseppe D’Avanzo, su Repubblica del 23 giugno, nell’articolo “COSI’ SCRISSE FALCONE NEL DIARIO DEI MISTERI”, ci parla di un colloquio per il momento informale tenuto da Borsellino a Caltanissetta dove il magistrato avrebbe parlato ai colleghi del “diario”, i famosi appunti scritti da Falcone sul suo PC nell’ultimo periodo della sua vita.

    Poi, spiega D’Avanzo: “Celesti interrogherà presto Ayala, Borsellino e Guarnotta. Al di là dell’ interrogatorio, comunque, i "capitoli" del diario sono per gran parte noti, anche grazie alle rivelazioni di una puntuale cronaca dell’ Espresso. Sono trentanove, come trentanove furono le occasioni di conflitto e di dissidio con il procuratore capo Pietro Giammanco che mise Giovanni Falcone nella condizione di non lavorare come avrebbe potuto e saputo, che lo costrinse, di fatto, a dover abbandonare la Procura e Palermo. Si va dalla decisione di togliere al giudice assassinato la delega per le inchieste di mafia, alla comunicazione che la riunione settimanale del pool non si sarebbe più tenuta nell’ ufficio di Falcone al pianterreno del Palazzo, ma al primo piano nello studio del procuratore capo. Dalla circostanza che in qualche occasione Falcone fu costretto anche ad attendere a lungo in piedi dinanzi alla porta di Giammanco prima di essere ricevuto (circostanza pregna di significati in una città, come Palermo, attentissima ai segnali di prestigio e in un Palazzo, come quello di Giustizia, occhiutissimo nello scorgere le mosse che legittimano e quelle che delegittimano) alla controversia che Falcone ingaggiò con Giammanco dopo che il nucleo speciale dei carabinieri consegnò in Procura il rapporto sulla mafia degli appalti, un lavoro certosino durato anni che raccontava come tutti gli appalti di Palermo passano attraverso la mediazione di Angelo Siino, titolare di una concessionaria d’ auto, uomo fidato dei Corleonesi. Falcone valutò il rapporto con grande attenzione. Giammanco e i suoi sostituti più fidati con scetticismo. Anzi, con scherno. "Tanta carta per nulla, in questo rapporto non c’ è scritto niente che merita di diventare inchiesta giudiziaria", disse uno dei fedelissimi di Giammanco.”

     

    Ma a quanto mi risulta, Borsellino non fece a tempo per testimoniare a Caltanissetta, perché 25 giorni dopo, fu ucciso.

     

    Di quell’inchiesta, cd “mafia e appalti”, si erano incaricati il capitano De Donno e i suoi carabinieri del ROS. Lasciamo che, questa volta, sia Peter Gomez ad illustrarci della rilevanza di quel filone:

     

    “…È un fatto che le indagini dell’Arma facessero paura a molti. Il giovane capitano Giuseppe De Donno ci aveva lavorato per più di un anno. Così, il 16 febbraio del 1991, consegna nelle mani di Giovanni Falcone un rapporto di 900 pagine che, senza pentiti, sembra anticipare di più di un anno l’inchiesta milanese di Mani Pulite. Falcone però non lo può esaminare. Sta partendo per Roma, dove diventerà direttore degli affari penali al ministero, perché ormai a Palermo lui non può più lavorare. A metterlo in un angolo non sono stati i mafiosi. Sono stati alcuni suoi colleghi e soprattutto l’allora procuratore Pietro Giammanco.)     

     
    Il rapporto di De Donno è una bomba. Per la prima volta viene svelato il ruolo di Angelo Siino, l’uomo che per conto di Cosa Nostra curava la spartizione di lavori e mazzette. E viene anche spiegato quello del gruppo Ferruzzi di Ravenna, in affari con la mafia. Nella relazione sono citati i nomi di aziende come la Grassetto di Salvatore Ligresti, la Tordivalle di Roma (degli eredi di De Gasperi), la Rizzani De Eccher di Udine, le imprese dei cavalieri del lavoro di Catania, la SII poi rilevata dall’ex direttore generale della Edilnord di Berlusconi, Antonio D’Adamo, una serie di cooperative rosse, la Impresem del costruttore agrigentino Filippo Salamone e poi tutte le società che fanno capo a Bernardo Provenzano. Nonostante questo Mani Pulite alla siciliana non parte.
    (e perché? Come, lo vedremo fra poco – ndr) Perché la questione degli appalti e del pizzo diviso tra mafiosi e politici arrivi realmente alla ribalta bisogna attendere che a Palermo giunga il procuratore Giancarlo Caselli.

     
    Ma c’è di peggio. Il rapporto di De Donno finisce presto in mano ai mafiosi. Chi lo abbia consegnato, le indagini, tutte archiviate, non lo hanno mai stabilito.
    (ma è facile immaginarlo, se è vero, come ha detto Mori, che fu consegnato nelle mani degli avvocati difensori degli indagati in allegato agli atti pubblicati – ndr) Restano sul tavolo le accuse: quelle del Ros ai magistrati e quelle dei magistrati ai carabinieri. L’ex braccio destro di Provenzano, il capomafia oggi pentito Nino Giuffrè, è però certo che il contenuto di quel rapporto impresse un’accelerazione alla decisione, secondo lui già presa, di uccidere sia Falcone che Borsellino. In ballo c’erano infatti più di mille miliardi di lire da spartire tra mafia e politica.

     
    È indiscutibile, poi, che anche Borsellino, subito dopo la morte dell’amico, si sia messo a battere pure il fronte dei lavori pubblici. Proprio per questo ebbe allora un incontro con Antonio Di Pietro, all’epoca uomo simbolo di Mani Pulite, e, secondo Mori, il 25 giugno discusse la questione appalti anche con lui e De Donno: un’inchiesta senz’altro rallentata, se non insabbiata, nei mesi successivi.  (Ma da chi, caro dolce fresco Gomez? Lo vedremo fra poco – ndr) Un’indagine che oltretutto sarà poi falcidiata da prescrizioni e sentenze contraddittorie nei confronti di imprese e politici. Sulla morte di Borsellino, insomma, il rapporto mafia-appalti pesa. E da solo spiega molto. Ma non tutto.” (Dall’articolo:  Dietro la strage di via D’Amelio, l’ombra degli appalti. Da Il Fatto Quotidiano, 23 ottobre 2009 – Autore: Gomez, Peter

     

    Può darsi che non sia tutto, come dice Gomez, ma noi ci prendiamo la licenza di ritenere che il rapporto fra il peso della presunta conoscenza da parte di Borsellino delle presunte (e dico presunta e presunte perché che queste siano avvenute prima della sua morte ed in che modo è ancora tutto da dimostrare) “trattative” fra i carabinieri e Vito Ciancimino e l’accertata conoscenza da parte del magistrato dei contorni e dei dettagli della delicatissima inchiesta sulla mafia e sugli appalti (quanto delicata ce lo dice perisno Gomez), sia francamente risibile.

     

    E inoltre non era l’unica questione delicata di cui si stava occupando Falcone.

     

    C’erano i traffici internazionali di enormi somme di denaro, con protagonisti russi ed italiani, che stavano interessando il magistrato (e quindi anche il suo amico Borsellino perché come risulta chiaro i due si aggiornavano continuamente come se fossero una cosa sola), nei modi di cui ho scritto negli articoli dei giorni scorsi. E vale a dire l’inchiesta di Roma in mano ad Ugo Giudiceandrea e Franco Ionta, sulle cui orme anche Giovanni falcone si stava muovendo con la prenotazione di un volo per Mosca, sfumato a causa del tritolo.

     

    Ma dunque che fine hanno fatto effettivamente queste due inchieste?

     

    Per quanto concerne la vicenda dei flussi miliardari Russia-Italia e Italia-Russia, si dice che Ionta abbia depositato la richiesta di archiviazione di quell’inchiesta (forse trascurando un po’ alcuni aspetti, ma questo è già approfondimento, e ne parleremo in altra data), il 7-8 di luglio e che l’archiviazione sia stata ordinata dal Gip Siotto il 27  luglio. Nel bel mezzo delle due date c’è il 19, la triste domenica.

     

    E dico “si dice” perché nonostante  paresse un’autentica pentola in ebollizione, con decine di articoli di giornale ad essa dedicati nel mese di maggio e nel mese di giugno, ed innumerevoli annunci di sviluppi clamorosi, su quell’inchiesta dal primo di luglio calò il più totale silenzio stampa. Della richiesta di archiviazione della Procura, presentata piuttosto repentinamente, va detto, l’8 di luglio, nessuno fornì la notizia, nemmeno “L’Unità”, che invero avrebbe dovuto salutarla con un certo clamore, in quanto organo del partito direttamente interessato e colpito. Sapremo direttamente della sua archiviazione disposta dal GIP di Roma Siotto, solo una settimana dopo la morte di Borsellino, con poche e sintetiche righe sui giornali il 28 di luglio.

     

    Anche dell’inchiesta “mafia e appalti”, nello stesso periodo,  i PM chiedono l’archiviazione.

    E volete sapere? Pare che due di loro, Lo Forte e Scarpinato, l’abbiano firmata il sabato 18 luglio. Giammanco la firma invece la mattina del lunedì 20. Ha trovato tempo e coraggio nonostante il corpo del collega che a quest’inchiesta teneva tanto fosse ancora caldo. E credo che Borsellino di questa istanza di archiviazione non ne sapesse nulla, così come dell’altra. L’ordinanza di archiviazione fu firmata dal GIP il 14 di agosto (la vigilia di ferragosto, evidentemente in un tribunale completamente deserto, roba tipo "L’ultimo uomo che visse sulla terra").

     

    E a questo punto il Segugio vorrebbe fare uno dei suoi giochi preferiti. Non so se avete presente quei libri-gioco dove variando un evento della trama, ci si diverte ad esplorare i nuovi possibili percorsi narrativi.

     

    Analizziamo dunque, SENZA VOLERE ASSOLUTAMENTE INSINUARE NULLA, ma per puro passatempo, che cosa sarebbe potuto accadere con tempistiche differenti.

     

    Se le istanze di archiviazione, esperìte con una certa fretta e velocità, fossero state depositate DOPO la morte di Borsellino, qualcuno avrebbe potuto insinuare che si era approfittato della sua scomparsa per poterlo fare, e che lui non sarebbe stato d’accordo. Si sarebbero forse sollevate delle polverose e fastidiose polemiche, su quelle richieste di archiviazione disposte DOPO la scomparsa dei due magistrati che se n’erano occupati.

     

    Fortunatamente, e naturalmente per coincidenza, la richiesta di archiviazione di Roma è stata avanzata una decina di giorni PRIMA della morte di Borsellino. (l’indagine è durata pochissimo, appena qualche giorno); anche per l’altra inchiesta, l’archiviazione fu predisposta PRIMA, ma…

     

    Se la richiesta di archiviazione di "mafia e appalti" fosse stata però depositata con troppo anticipo rispetto alla data dell’omicidio, siccome si era nel tribunale di Palermo dove Borsellino lavorava, il magistrato sarebbe venuto a saperlo, e molto probabilmente sarebbe in qualche modo intervenuto.

    Se fosse peraltro stata depositata e firmata per intero solo poche ore prima dell’omicidio, qualche dietrologo avrebbe potuto sollevare  sospetti ed insinuazioni, su quella cronologia dei fatti.

     

    Fortunatamente, e naturalmente per coincidenza, la richiesta di archiviazione dell’inchiesta di Palermo è stata firmata IL GIORNO PRIMA della morte del Giudice da due PM (LO FORTE E SCARPINATO, neh, Gomez?), e firmata IL GIORNO DOPO la morte del giudice da Giammanco. (Il giorno in mezzo, quello dell’omicidio, era domenica, giorno in cui non si può firmare e depositare nulla in tribunale, però si può uccidere e si può morire).

     

    Così nessuno può fare sgradevoli insinuazioni.

     

    Se le ordinanze di archiviazione fossero state emesse PRIMA della morte di Borsellino, il magistrato l’avrebbe saputo in tempo reale (ordinanze del genere non si possono tenere segrete) e quindi  avrebbe probabilmente sollevato un bel casino, protestando ed accendendo un’aspra polemica. Se fosse quindi morto a quel punto, le polemiche da lui suscitate sull’archiviazione avrebbero potuto rappresentare un movente.

     

    Fortunatamente, e naturalmente per coincidenza, le ordinanze di archiviazione sono state emesse DOPO la morte di Borsellino.

     

    Così Borsellino non ha visto, pace all’anima sua.

     

    Se le istanze di archiviazione fossero state rese note dalla stampa, e Borsellino ne avesse letto, avrebbe forse acceso delle polemiche ed avrebbe contestato l’atto.

    Se la stampa avesse taciuto, fatto scena muta, su entrambe le istanze di archiviazione, la cosa avrebbe potuto sembrare strana, e destare sospetti.

     

    Fortunatamente, e naturalmente per coincidenza, sulla richiesta di archiviazione dell’inchiesta di Roma (fondi PCUS), presentata al 7-8 di luglio, NESSUNO HA SCRITTO UNA RIGA E NESSUNO HA SAPUTO NULLA. Si è saputo che era stata presentata da Ionta il 7/8 di luglio solo il 28 luglio, quando fu data la notizia dell’archiviazione disposta dal GIP. (fatto piuttosto incredibile, francamente). Sulla richiesta di archiviazione di Palermo, la stampa non ha fatto tempo a dare alcuna informazione prima che morisse il giudice, nonostante sia stata firmata da Scarpinato il giorno prima, perché è stata depositata con tutte le firme e resa nota il giorno dopo la morte del giudice.

     

    Così Borsellino non ha saputo, per fortuna. Pace all’anima sua.

     

    Se le ordinanze di archiviazione fossero state emesse entrambe subito dopo la morte di Borsellino, soprattutto quella su "mafia e appalti" molto attenzionata dalla stampa, si sarebbe potuta ritenere una strana coincidenza, ed un’iniziativa inopportuna dopo l’eliminazione del giudice, che avrebbe potuto accendere sospetti e polemiche  anche soltanto per la sensazione che appena uscito il gatto due topi si siano precipitati immediatamente sul formaggio. Se non si fosse infine disposta l’archiviazione di un’inchiesta particolarmente incandescente in un giorno in cui si pensa ad altro e la maggioranza dei cittadini, giornalisti compresi è fuori e si riposa, e quando rientra pensa a tutt’altro, farlo in un altro momento avrebbe magari suscitato maggiori polemiche “a caldo” e dubbi sull’iniziativa.

     

    Fortunatamente, e naturalmente per coincidenza, l’inchiesta sui fondi PCUS e KGB fu archiviata il 27 luglio, mentre l’ ordinanza di archiviazione dell’inchiesta  "mafia e appalti" è stata depositata e firmata il 14 di agosto, vigilia del ferragosto.

     

    Così l’evento ha perso d’importanza e nessun giornalista, per fortuna, ha pensato, neppure per voglia di protagonismo, a collegarlo   con la morte di Paolo Borsellino.

     

    Come emerge quindi da questa analisi di una serie di tempistiche particolarmente fortunate, il fato e la sorte propizi hanno fatto si che tutto quanto è avvenuto nei palazzi di Giustizia di Roma e Palermo, tra il 7 di luglio ed il 14 di agosto,su quelle due inchieste, non ha interagito con la vita e con la morte (19 luglio) di paolo Borsellino, neppure per sfioramento.

    Sorte propizia con chi detesta i veleni e le polemiche sulla Giustizia, ma crudele con il magistrato, perché Borsellino ci teneva tanto a quelle inchieste, e bastava che una sola di quelle condizioni che si sono verificate (ed erano tante), non si verificasse, che il destino di quelle inchieste e di quella riguardante la morte di Borsellino, sarebbe probabilmente cambiato.

     

    Alla prossima.

     

    Enrix

     

     
    • anonimo 09:22 on 13 November 2009 Permalink | Rispondi

      Enrix, lei e’ un mito.
      Luigi

    • anonimo 17:03 on 13 November 2009 Permalink | Rispondi

      Enrico,che Gomez sia peggio di Travaglio?
      Ciao grande!
      Maury

    • anonimo 16:23 on 14 November 2009 Permalink | Rispondi

      Buongiorno, 
      vorrei entrare subito nel merito di alcuni passaggi. Partiamo dall’articolo di Gomez: 
      È indiscutibile, poi, che anche Borsellino, subito dopo la morte dell’amico, si sia messo a battere pure il fronte dei lavori pubblici. Proprio per questo ebbe allora un incontro con Antonio Di Pietro, all’epoca uomo simbolo di Mani Pulite, e, secondo Mori, il 25 giugno discusse la questione appalti anche con lui e De Donno: un’inchiesta senz’altro rallentata, se non insabbiata, nei mesi successivi. 
      Ciò che ritiene Gomez indiscutibile io lo discuto e chiedo a tutti: 
      - quale è la fonte principale alla base della tesi che Borsellino fosse interessato a riprendere il filone mafia e appalti? 
      sono Mario Mori e Giuseppe De Donno riguardo il loro incontro con Borsellino, che non può né smentire né confermare perché è morto. Altra domanda quindi:

      -  che riscontro abbiamo per verificare la veridicità della testimonianza di Mario Mori e De Donno circa i colloqui con Borsellino il 25 giugno 1992? 
      Risposta: nessun riscontro. Noi dovremmo fidarci di quello che loro dicono.
      Questo per me è sufficiente per dire che non possa essere affermato con certezza che Borsellino ritenesse quella pista fondamentale per capire le ragioni della morte del suo amico. 
      Enrix, tu parli di: …accertata conoscenza da parte del magistrato dei contorni e dei dettagli della delicatissima inchiesta sulla mafia e sugli appalti…

      Borsellino conosce talmente bene i dettagli di quella inchiesta e la considera così importante che solo il 25 giugno, stando sempre a Mori e De Donno, si incontra con i due carabinieri per dare un nuovo impulso a quella indagine.

      Due parole sulle “presunte” trattative tra Ciancimino e i carabinieri. Non sono presunte ma dovrebbero essere considerate certe se si ritenessero attendibili le testimoninze di Mori e de Donno negli anni 90. Mori nega che quella con Ciancimino sia stata una trattativa ma è solo una questione semantica: quello di cui lui ha parlato è una trattativa che non si è conclusa con un accordo (sempre stando alle sue parole). Il problema è un altro: capire se quella trattativa coincida con quella del papello.
      A mio avviso, non si sono elementi per poterlo affermare.

      In generale, per quanto riguarda la pista mafia e appalti, io non credo a quello che Mori e De Donno dicono sul 25 giugno. Non credo, infine, che quella pista sia il movente principale per l’uccisione di Paolo Borsellino.

      Andrea G.

    • enrix007 19:24 on 14 November 2009 Permalink | Rispondi

      Andrea, naturalmente io rispetto le tue convinzioni.

      D’altro canto, come dici tu, alle affermazioni prive di riscontri solidi bisogna sempre guardare con la giusta diffidenza ed attenzione.

      Così ad esempio neppure io, almeno per il momento, credo a Massimo Ciancimino ed alle tempistiche da lui indicate in merito alla "trattativa", anche perchè a dirci di credergli è stato Riina in prima persona, non so se mi spiego.

      Comunque ho documenti in merito alle questioni da te sollevate che ho in programma di pubblicazione più avanti,e non vorrei per ora fare anticipazioni.

      Però, poichè era mia intenzione varare oggi una rubrica periodica (ma saltuaria, non giornaliera) dal titolo "appunti" (brevi note da tenere presente, passaggi, dichiarazioni, stralcetti di giornale, insomma, appunti), approfitto per pubblicare nell’appunto n°1 un virgolettato che, almeno parzialmente, potrebbe servire a chiarire una tua perplessità.

    • anonimo 22:11 on 14 November 2009 Permalink | Rispondi

      CONTRADA HA FATTO BINGO !

      Post n°1273 pubblicato il 13 Novembre 2009 da vocedimegaride
       
      Tag: Bruno Contrada, Gioacchino Basile, Giustizia, Ida Contrada, mafia, Pentiti

      di Marina Salvadore

      Con abbondante anticipo sulla data prevista del 20 novembre, registriamo in appena un mese la terza imbarazzante sentenza negativa alle legittime istanze dello spauracchio di Stato, Bruno Contrada. Da troppo tempo seguiamo le sue contraddittorie vicende giudiziarie, la stanchezza ci ha spossati, vinti ma mai convinti o piegati; ha – tutt’altro! – avvalorato le nostre tesi, confermati i nostri sospetti, certificate le nostre investigazioni mediamente intelligenti! Gli sconfitti, pertanto – in questa trucida odissea – sono LORO, i giustizieri cazzimmisti dalla copertina troppo corta, ormai, per coprire le lordure putrescenti dei loro ventennali fasti, in qualità di Traditori del Popolo Sovrano, della LEGGE, della Democrazia. Dello Stato! Abbiamo più volte fatto osservare ai mafiosi dell’antimafia che l’accanimento terapeutico sul capro espiatorio Contrada finiva col mettere in luce le loro più recondite e segrete masturbazioni mentali, pacchianamente acclaratesi proprio per via dell’atteggiamento negazionista e punitivo oltre ogni decenza su di un uomo già morto! Avevamo, più volte, sollecitato un confronto civile; in silenzio abbiamo stoicamente subito i loro attacchi informatici ed alla nostra sfera privata. Abbiamo sempre mostrato il volto e offerto il fianco, nella speranza che qualcuno tra loro recuperasse ragionevolezza e dignità.Siamo un esercito, noi sostenitori di Bruno Contrada, che ingrossa le sue fila quotidianamente, dinanzi a tanta bieca arroganza dei nuovi Robespierre… siamo un esercito sulla immaginaria “linea Maginot” tracciata dai nuovi illuministi, dal nemico, sui labili confini tra la Legge e la Giustizia, in questo “paese” che vantava d’essere la culla del Diritto! Come cita l’ennesimo laconico comunicato-stampa “La settima sezione della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai legali di Bruno Contrada avverso alla decisione con la quale il Gip di Caltanissetta, Ottavio Sferlazza, nel marzo scorso ha archiviato l’esposto su “presunte condotte diffamatorie e calunniose tenute ai suoi danni al fine di screditarlo” e che, secondo l’ex funzionario del Sisde, sarebbero state tenute anche da “alcuni collaboratori di giustizia e alcuni appartenenti alle forze dell’ordine”. A questo punto, riproponiamo il medesimo quesito: Chi ha paura di Bruno Contrada?… di un uomo che nel suo esposto chiedeva fossero cercate prove autentiche a suo carico, facendo lucidamente nomi e cognomi dei suoi calunniatori, precisando date e luoghi che l’avevano visto operativo laddove, invece – benchè privo, egli, del dono dell’ubiquità – altri l’avevano invece intravisto altrove, sulla sola base di immondi inciuci tra compagni di merende, depravati menzogneri carriera-dipendenti. Eppure, oggi, allo “STATO” DEI FATTI, Bruno Contrada è forse l’unico sopravvissuto che può raccontarci dell’eldorado giacobino, l’unico testimone attendibile di quell’epopea che gettò la sue radici italiote sin dal 1948; rigogliosamente fiorita, poi, al crollo della Prima Repubblica ed attestatasi rapace, bugiarda, assassina e perfida nell’annus horribilis 1992… e non si capisce come mai anche quei politici liberali e cattolici della nuova era, tuttora al Governo e nel pieno Potere, alcuni indagati ed in procinto di arresti per il medesimo “reato che non esiste” per cui è stato bollato a vita Contrada, non vadano a cercarsi la VERITA’ ove questa è depositata, non usino questa VERITA’ neppure per difendere se stessi, non liberino Contrada dal fango nel quale l’hanno calato insieme ad una Repubblica, all’Italia intera! Non siamo in grado di produrci in cervellotiche minzioni; ci poniamo elementari domande…   Perché i radicali che hanno difeso così strenuamente il povero Enzo Tortora, non hanno espresso tale foga nel sostenere le ragioni di Contrada? Perché Cossiga, dichiaratosi spontaneamente teste a favore del generale Contrada, nel suo ultimo libro “La Versione di k” che tratta degli inestricabili misteri italiani – da Abaco a Zuzzurellone – glissa su Contrada che non è neppure menzionato nell’indice corposo dei nomi? Perché le Procure e la Cassazione continuano ad ignorare che dal ’90 al ’94 a Castello Utveggio c’era Antonio Ruggeri, amico di Caselli e NON Bruno Contrada? Perché e come hanno fatto carriera gli ufficiali dei carabinieri Raffaele Del Sole e Umberto Sinico ed altri calunniatori in divisa, citati con alcuni “pentiti” nell’esposto legittimo di Contrada, divenuto un “tabù”, uno spauracchio ancora più terrificante del suo stesso autore? In questa Cloaca Massima ch’è la degenerazione del far POLITICA, in Italia, sprofondata nel letame delle vie fognarie dell’analogo Grande Fratello televisivo, all’accattonaggio di prouderie, volgarità, camere da letto e fumerie, sarebbe davvero auspicabile ed interessante che fosse proprio Bruno Contrada a sparare il suo dossier di memorie, con nomi, fatti, situazioni, memorie… piuttostochè affidarle alla pietà dei posteri che comunque sarebbero poi accusati anch’essi delle divulgazioni postume di un morto; esattamente come denunciammo noi sostenitori a proposito del suo processo dove le parole infilate nelle bocche aperte dei morti, furono profferite dai pendagli da forca! E’ stanco ed ormai rinunciatario, Contrada. Ha accettato cristianamente il suo Golgota e la sua Passione ma il suo esercito non può dichiarare la disfatta, perché è la disfatta di un Popolo, di una Civiltà che, vigliaccamente, abbandonerebbe i suoi figli e nipoti nelle grinfie della dittatura; occorrono ancora forza e coraggio o, forse, un impulso di vandea con l’uso delle medesime armi del nemico. Speriamo che Bruno Contrada raccolga questo disperato appello, ora che anche la sua coraggiosissima sorella Ida, non vedente, si è appena affacciata sul socialnetwork Facebook, dal quale scaglia le sue piccole ma regali offensive. Ha già raccolto attorno a se’, in due giorni, un centianaio di estimatori. Il suo messaggio di benvenuto ai nuovi amici così recita: “ Ci vuole coraggio ad essere amico di "un" Contrada! Ringrazio tutti i coraggiosi italiani VERI che non mi hanno negato la loro amicizia, temendo di finire in una lista di proscrizione! GRAZIE! OBBLIGATA!"…  la sua scheda di presentazione, è la seguente: “SONO LA SORELLA DELL’UNICO CONDANNATO A MORTE DELL’ITALIA DEL DOPOGUERRA, BRUNO CONTRADA. SONO NON VEDENTE MA FINO A QUANDO AVRO’ VOCE LOTTERO’ COME UNA TIGRE PER LA DIGNITA’ E L’ONORE DI MIO FRATELLO!”… ed ha già anche partecipato ad un’iniziativa “politica” di protesta, sottoscrivendo e diffondendo la petizione pubblica per l’audizione del sindacalista Gioacchino Basile alla commissione Antimafia (n.d.r. Basile fu candidato quale teste a carico di Contrada)) con queste parole: “Vi invito a firmare coraggiosamente questa petizione. Nonostante Gioacchino Basile debba chiarirsi molte idee sul conto dell’operato "specialistico" di mio fratello Bruno (benchè nella sua lettera a Salvatore Borsellino l’abbia dichiarato INNOCENTE) aderisco al suo invito a fare chiarezza e PRETENDO che sia ascoltato dalla Commissione Antimafia! Poi, verrà il giorno in cui si ricrederà su mio fratello e potremo anche stringerci la mano! In fondo, dalle nostre diverse sponde combattiamo …

  • Avatar di enrix

    enrix 23:46 on 2 November 2009 Permalink | Rispondi
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    MAFIA E APPALTI 

    Antimafia fiction: l’inchiesta archiviata

    Quella “inchiesta bomba” archiviata subito dopo via D’Amelio. Così cominciò la battaglia tra i Ros e i pm siciliani

    di Chiara Rizzo

    Un attacco virulento, quello che la procura di Palermo sta sferrando al Ros dei carabinieri che lavorò in Sicilia, ma non nuovo. Il generale Mori e il capitano Ultimo, ad esempio, sono già stati processati a Palermo per la mancata perquisizione del covo di via Bernini, l’ultima dimora di Totò Riina. È finito tutto con l’assoluzione nel 2006. Ora la posta in gioco si è rialzata, perché alla luce delle nuove rivelazioni, il generale Mori e il capitano De Donno sarebbero diventati la causa indiretta della morte di Paolo Borsellino. Ma perché la procura di Palermo insiste così tanto nell’attacco al Ros? Una risposta l’ha indicata lo stesso generale Mori nelle dichiarazioni spontanee rese il 20 ottobre scorso, parlando di un’indagine che il Ros aveva depositato nel 1991: l’inchiesta “Mafia e appalti” seguita da Giuseppe De Donno, collaboratore fidato di Giovanni Falcone, sul controllo mafioso degli appalti pubblici. «Il rapporto di De Donno è una bomba» anche secondo Peter Gomez, che sul Fatto quotidiano del 23 ottobre ha raccontato come l’inchiesta fu in seguito insabbiata, ma omettendo di riportare i nomi di chi bloccò effettivamente l’indagine.
    In aula Mori, invece, non si è autocensurato. E ha spiegato come Mafia e appalti avesse catturato l’attenzione di Giovanni Falcone già nel febbraio del ’91, quando il magistrato era in procinto di lasciare la procura di Palermo per la direzione degli Affari penali del ministero della Giustizia: «Ci sollecitò insistentemente il deposito dell’informativa, spiegandoci che non tutti vedevano di buon occhio l’indagine. Venni da lui informato che il dottor Pietro Giammanco, procuratore della Repubblica di Palermo, con cui i suoi rapporti professionali erano problematici, non dava valore all’informativa». Infatti il 7 luglio ’91 a seguito dell’inchiesta, arrivarono i primi arresti, ma erano solo cinque. Ha ricordato Mori che «l’esito fu deludente: ritenevo che vi fossero altre posizioni, tra le 44 evidenziate nell’informativa, da prendere in esame. La stessa valutazione venne fatta da Falcone, che nei suoi diari definì le richieste della procura di Palermo “scelte riduttive per evitare il coinvolgimento di personaggi politici”». Mori ha ricostruito anche lo sconcerto provato quando ai difensori degli indagati, anziché consegnare gli stralci dell’inchiesta che li riguardavano, fu consegnata copia dell’intera informativa: «In tal modo si svelò il complesso dei dati investigativi posseduti dagli inquirenti, facendo comprendere in quali direzioni l’attività poteva proseguire». E l’inchiesta fu bruciata.

    Accuse e insabbiamenti
    Mafia e appalti ha creato problemi a chiunque vi si sia avvicinato. Paolo Borsellino, subito dopo l’omicidio di Falcone, chiese un incontro riservato a Mori e De Donno, e «non voleva che qualche suo collega potesse sapere dell’incontro», ricorda Mori. Lo stesso Ingroia il 12 novembre 1997 ha raccontato che Borsellino era convinto che partendo dagli appunti contenuti nell’agenda elettronica di Falcone su Mafia e appalti si potevano individuare i moventi della strage di Capaci. Come mai oggi il pm sembra trascurare del tutto le sue stesse parole? Il generale Mori ha cercato di rinfrescargli la memoria, chiedendo che questa sua testimonianza fosse depositata al processo di Palermo. Mori ha raccontato poi che Borsellino ribadì la sua tesi sulla strage di Capaci anche a lui e al capitano De Donno, incontrandoli il 25 giugno 1992, per parlare di Mafia e appalti: «Nel salutarci raccomandò la massima riservatezza sull’incontro, in particolare nei confronti dei colleghi della procura di Palermo».
    Erano ragionevoli i dubbi di Borsellino? L’unica certezza è che il 20 luglio 1992, il giorno successivo al suo assassinio, fu firmata dal procuratore della Repubblica di Palermo Pietro Giammanco la richiesta di archiviazione dell’inchiesta Mafia e appalti, richiesta presentata dai sostituti procuratori Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato. Il decreto di archiviazione fu sottoscritto dal gip il 14 agosto 1992, e chissà se nella storia siciliana è mai stato depositato un altro atto giudiziario la vigilia di Ferragosto.
    Un piccolo nota bene. Il procuratore Giammanco, era lo stesso che aveva suscitato i sospetti di Falcone, e che nell’estate di quell’anno fu praticamente cacciato dalla procura. Lo Forte e Scarpinato, firmatari della richiesta di archiviazione, sono stati i pm di punta del pool di Caselli (insieme allo stesso Ingroia): furono loro, negli anni d’oro di Palermo, a condurre l’accusa al processo Andreotti. E sarebbero forse passati alla storia se i carabinieri non avessero rotto le uova nel paniere: a processo in corso li privarono del super teste, Balduccio Di Maggio, quello che aveva visto il bacio tra Riina e Andreotti, arrestandolo perché, approfittando dello status di collaboratore di giustizia, aveva ripreso a delinquere. Nel ’97 De Donno arrivò addirittura ad accusare esplicitamente Lo Forte di aver insabbiato l’inchiesta Mafia e appalti. Uno scontro tra visioni divergenti della lotta alla mafia che pare non essere finito.

    02 Novembre 2009

    Estratto dalla rivista "Tempi"  -  LINK

     
    • anonimo 17:16 on 3 November 2009 Permalink | Rispondi

      strano che certi attacchi a Caselli vengano sempre dalla zona Berlusconi (Mondadori).

    • enrix007 19:30 on 3 November 2009 Permalink | Rispondi

      Minchia, che segugio che sei pure tu, caro anonimo.

      Il che, quindi, significa che per  conoscere i reali destini dell’inchiesta "mafia & appalti", dobbiamo fare affidamento solo e sempre su Mondadori o sull’area "Communication" Berlusconiana.

      Altrimenti il silenzio sarebbe assordante.

      Eh, sì. Siam messi male.

    • anonimo 19:18 on 24 November 2009 Permalink | Rispondi

      Cosa pensi di quello che scrive Gioacchino Basile?

      http://www.cuntrastamu.org/cuntrastamu/?p=503

      E’ questo il filone mafia-appalti da seguire?

      Ciao.
      Gabriele

    • enrix007 22:57 on 24 November 2009 Permalink | Rispondi

      Penso che se "Mafia e appalti" è una iceberg sotto la sabbia, Gioacchino Basile possa aver cozzato, nel suo cammino, nella punta.

      Per questo è interessante occuparsi anche della sua storia.

      Infatti, è nei miei programmi

    • anonimo 00:45 on 10 January 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Enrix,
      Ho letto questo brano in un libro di Roberto Scarpinato e Saverio Lodato (Il Principe, pag. 188).
      Scarpinato, parlando dell’oscuramento mediatico a proposito dei rapporti mafia-politica, cita questo illustre esempio:
      Dopo l’inizio del processo per mafia a carico del senatore Andreotti, la Rai fu autorizzata a riprendere tutte le udienze. Era stata quindi inserita nel palinsesto Rai la programmazione di trasmissioni quotidiane e anche settimanali tratte dalle Udienze. Dopo le prime due trasmissioni, che avevano registrato un’audience molto elevata, la programmazione fu cancellata. La Rai si accollò l’onere delle spese già anticipate e liquidate. Non si ritenne neppure di selezionare una sintesi delle udienze di tutto il processo per una puntata della nota trasmissione Un giorno in pretura. Così, gli italiani hanno potuto vedere varie puntate dedicate ai processi per rapina, per omicidio, e per altri fatti di cronaca nera, ma è stato loro precluso di assistere al dibattimento di quello che la stampa internazionale ha definito come « il processo del secolo» .”

       
      Dunque il potere ha censurato questa cosa per tenere all’oscuro gli italiani. Solo che la cosa mi è sembrata strana perché, in un libro di Jannuzzi , mi sembrava di aver letto che erano stati i PM Lo Forte e Scarpinato a chiedere al giudice di negare il permesso alla televisione di riprendere il processo. Così sono andato a vedere il verbale di una udienza del processo, e ho scoperto che la difesa di Andreotti voleva addirittura la ripresa in diretta, mentre i PM, se ho capito bene, esprimevano parere contrario. Ecco un brano del verbale:
       PRESIDENTE
      http://www.clarence.com/contents/societa/memoria/andreotti/tribunale/an1_0515.html

      Va bene. Per quanto riguarda le televisioni il Tribunale sull’accordo delle parti…

      DIFESA

      :No, Presidente, la difesa ribadisce la posizione assunta a proposito…

      PRESIDENTE

      :No, era sulla conferma dell’ordinanza, se avete nulla da osservare sulla ordinanza emessa.

      DIFESA

      Presidente, noi avevamo una posizione, e in coerenza con la posizione assunta precedentemente chiediamo che abbia luogo e sia autorizzata sia la trascrizione radiofonica integrale in diretta che le riprese televisive in diretta

      .PRESIDENTE

      Va bene, cioè la stessa posizione dell’altra volta.

      DIFESA

      :La stessa posizione.

      PRESIDENTE

      Va bene. La parte civile?

      PARTE CIVILE

      Nulla di…

      PRESIDENTE

      I Pubblici Ministeri?

      P.M.

      Per quanto riguarda questo tema noi ci richiamiamo integralmente alle osservazioni già formulate nella precedente fase del dibattimento, quindi sinteticamente parere contrario alle condizioni già prospettate.

      PRESIDENTE

      Va bene e allora il Tribunale conferma l’ordinanza già emessa in data 26 settembre 1995 con la quale autorizzava la trasmissione radiofonica anche integrale e diretta dell’udienza da parte delle emittenti richiedenti nonchè la ripresa televisiva del dibattimento da parte della Rai con le modalità e gli obblighi già specificati, esclusa la trasmissione in diretta e autorizza la presenza dei fotoreporter nella parte a sinistra… i fotoreporter… non voglio vedere televisioni mobili. Le televisioni mobili vanno fuori. I carabinieri devono invitare le televisioni mobili ad andare fuori. Soltanto le due postazioni fisse della Rai. I fotooperatori si mettano tutti da questo lato. E allora procediamo per le questioni preliminari.

      Fonte:

      Chissà che, caro Enrix, approfondendo la questione, non si scopra che Scarpinato abbia detto un bel cazzillo pure lui.
      Ciao
      Moritz
      : :

    • enrix007 04:52 on 10 January 2010 Permalink | Rispondi

      Ottimo lavoro, Moritz, così si fa.

      Come vede, sembra incredibile, ma dovunque si provi a grattare, viene via la crosta e salta fuori il Truman Show.

      In questo caso è Scarpinato che si scandalizza per la censura alla diretta televisiva, e poi gratti e viene fuori che l’ha pretesa lui.

      O così almeno pare dalle carte che hai riportato.

      La stessa cosa è quando Gomez, in un articolo che ho citato in questo blog, stigmatizza l’onta dell’archiviazione dell’inchiesta "mafia e appalti" (la chiama insabbiatura), senza però dire che questa archiviazione porta la firma di uno dei magistrati convenuti festosi al convegno di inaugurazione del suo Fatto Quotidiano, e cioè proprio Scarpinato.

      Comunque grazie della segnalazione.

    • anonimo 17:14 on 3 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ciao Enrix. Avevo letto bene il libro di Jannuzzi. Sempre sulla questione delle riprese televisive al processo lui scriveva:

      « […] mentre l‘avvocato di Andreotti per sollecitare la diretta televisiva ha parlato a braccio per cinque minuti, per oltre quaranta minuti il pm ha dato lettura di una soporifera disquisizione sui rapporti tra giustizia e spettacolo, con una conclusione strabiliante: onde evitare che le immagini del processo provocassero nel Paese pericolose « tensioni sociali» , ha chiesto alla corte di bloccare le trasmissioni televisive fino a quando non fossero stati ascoltati tutti i testi e non fossero state verificate le prove, cioè sino alla fine del processo. Battuto clamorosamente dalla decisione della corte, ha dichiarato: « La televisione ci sarà ma io non sarò un gladiatore del circo mediatico. Il processo deve essere un laboratorio di assoluta razionalità. Siamo come dei chirurghi in sala operatoria. E non si può correre il rischio che a qualcuno tremi la mano» .»
      Il pm di cui si parla è Scarpinato. Secondo Jannuzzi i pm non volevano la diretta perché Andreotti aveva facoltà così di chiedere le dichiarazioni spontanee, cioè di poter parlare a ruota libera senza essere interrotto.

      Moritz

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