Artificieri ed artifici
Nei giorni scorsi hanno avuto una certa risonanza alcune presunte (e dico presunte perché pare che, ad esempio, il PM Tescaroli abbia espresso alcune perplessità sulla fedeltà dei rendiconti giornalistici) dichiarazioni del procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso, il quale, secondo gli organi di stampa, di fronte alla lapide di Piersanti Mattarella, avrebbe dichiarato che sul fallito attentato dell’Addaura nei confronti di Giovanni Falcone, “uomini dello Stato frenarono la verità”.
Continua poi il capo della Dna: “ci sono stati processi nei confronti di artificieri ed altre persone che certamente non hanno contribuito all’accertamento della verità”.
E qui, cominciano le perplessità.
Quale sarà il soggetto di questa frase sibillina?
Chi non avrebbe contribuito all’accertamento della verità?
Gli artificieri e le altre persone processate, o i processi a loro carico?
Alcune testate giornalistiche, paiono non avere dubbi: i soggetti sono l’artificiere e le altre persone.
Altre invece, sono certe del contrario: Grasso si riferisce ai processi (e quindi, agli organi giudiziari inquirenti).
Ma.
Ciò che pare senz'altro evidente, è il riferimento di Grasso al processo di cui è stato protagonista Francesco Tumino, l’artificiere che ha fatto brillare l’ordigno nella villa a mare del giudice Falcone.
Ma a seguito delle dichiarazioni di Grasso, proprio sul maresciallo Tumino, che poi verrà utilizzato come "uncino" per tirare in ballo un altro ufficiale dei carabinieri, e cioè il Gen. Mario Mori, interviene su “Il Mattino” Antonio Esposito, giudice della Corte di Cassazione che nel 2004 ha rinviato alla corte d’assise d’appello di Catania la sentenza che assolveva Nino Madonia, Enzo e Angelo Galatolo per il fallito attentato all’Addaura.
In un’intervista dal titolo “Il Giudice: “Due i misteri insoluti sul ruolo degli uomini dello Stato”, pubblicata sul quotidiano a pag. 11 il 7 gennaio, il Dott. Esposito ci espone, per l’appunto, quelli che secondo lui sono due misteri.
Mistero n°1:“L’artificiere Tumino – racconta il giudice Esposito a ‘Il Mattino’ – che avrebbe dovuto disinnescare la bomba all’Addaura giunse con quasi quattro ore dalla richiesta di intervento. Operò sul posto – continua Esposito – e danneggiò fortemente il comando di attivazione della carica esplosiva. Fu sottoposto a procedimento penale per falso ideologico e false dichiarazioni al pm, patteggiò la pena e rimase in servizio nei carabinieri per ricomparire in via D’Amelio dopo l’attentato a Borsellino”.
Mistero n°2:“E’ rimasto incomprensibile il motivo per cui il colonnello Mori dichiarò all’autorità giudiziaria: ‘…un consistente numero di chili di esplosivo messo lì senza alcuna possibilità di deflagrare era una minaccia molto relativa… io ho pensato a un tentativo intimidatorio più che ad un attentato mirato ad annientare Giovanni Falcone”. Viceversa le perizie diedero la certezza – conclude Esposito – che il congegno era pronto ad esplodere non appena avesse ricevuto l’impulso e che l’esplosione avrebbe avuto un esito mortale nel raggio di 60 metri”.
Ed ecco qui il Segugio pronto a risolvere i due misteri al nostro Giudice.
Il primo non è un mistero: purtroppo è invece, uno strafalcione.
Intanto l’artificiere Tumino (il quale, tra l’altro, è deceduto nel 2006 ed è quindi impossibilitato a difendersi da eventuali falsità dette sul suo conto) arrivò in ritardo perché non era il ROS dei carabinieri preposto alle indagini, ma la Polizia Di Stato.
Tumino fu chiesto “in prestito” al ROS come ultimo ripiego, dopo una frenetica ricerca degli altri artificieri di turno (quindi preposti) che per varie ragioni, quella mattina, dette esito negativo.
Sull’aspetto tecnico poi riguardante l’attività di Tumino, sarebbe molto interessante approfondire, ma lo faremo magari in seguito, perché si tratta di considerazioni molto lunghe e che meritano un capitolo dedicato.
E veniamo ora allo strafalcione.
Dunque Esposito si domanda come mai Tumino “Fu sottoposto a procedimento penale per falso ideologico e false dichiarazioni al pm, patteggiò la pena e rimase in servizio nei carabinieri per ricomparire in via D’Amelio dopo l’attentato a Borsellino”
E’ oltremodo strano, che Esposito non sappia che invece i fatti non stanno assolutamente come dice lui.
Invece stanno così:
Il processo a Tumino per falso ideologico e false dichiarazioni al pm vide la sua prima udienza il 19 settembre 1993.
L’attentato di Via D’Amelio fu esattamente 1 anno e 2 mesi prima.
La presenza di Tumino in Via D’Amelio, era rituale e doverosa, poichè era l’esperto di esplosivi in quota al ROS a Palermo.
Subito dopo il patteggiamento, fu sospeso dall’arma dei carabinieri.
Questi dati sono confermati anche dall’ottimo Salvatore Parlagreco, uno dei rarissimi giornalisti che prima di scrivere si documenta e non ha per nulla l’abitudine di “passare parole” scientemente infarcite di invenzioni e di omissioni.
Fra l’altro, proprio leggendo Parlagreco, si scopre una cosa molto interessante: a comunicare per iscritto all’autorità giudiziaria che la versione dei fatti fornita da Tumino sarebbe stata non veritiera (ragione per cui oggi si insinua che l’artificiere avrebbe operato per la parte oscura di quello che Travaglio ed altri chiamano “il doppio Stato”), sarebbe stato proprio quell’Arnaldo La Barbera che oggi, anche a seguito delle dichiarazioni del più televisivo fra tutti i supertestimoni (indovinate chi), si insinua essere stato uno dei rappresentanti di punta, in Palermo, di quella parte oscura di quello che Travaglio ed altri chiamano “il doppio Stato”.
Si tratta quindi di uno di quei tipici cortocircuiti che avvengono nel paese dove il passatempo preferito pare essere quello di fare insinuazioni alla cazzo.
Ma torniamo al nostro mistero: stavamo parlando di Antonio Esposito, Il quale ha dichiarato a “Il mattino” che Tumino “patteggiò la pena e rimase in servizio nei carabinieri per ricomparire in via D’Amelio dopo l’attentato a Borsellino”, quando inveceTumino nel 92 fece il suo dovere in Via D’Amelio, nel 93 fu indagato, incriminato e patteggiò la pena, e quindi fu subito sospeso dall’Arma.
E questo è uno dei magistrati che si occuparono degli attentati ai nostri eroi di Stato. In cassazione.
Ed anche in relazione ai comportamenti di Tumino, quest’uomo, con queste idee chiarissime, giudicò.
Siccome accertare la verità sulle stragi spetta ai magistrati, a volte abbiamo, chissà perché, come la sensazione di intuire perchè campa cavallo che l’erba cresce.
Ma veniamo al mistero n°2.
Dice Esposito: “E’ rimasto incomprensibile il motivo per cui il colonnello Mori dichiarò all’autorità giudiziaria: ‘…un consistente numero di chili di esplosivo messo lì senza alcuna possibilità di deflagrare era una minaccia molto relativa… io ho pensato a un tentativo intimidatorio più che ad un attentato mirato ad annientare Giovanni Falcone”. Viceversa le perizie diedero la che il congegno era pronto ad esplodere non appena avesse ricevuto l’impulso e che l’esplosione avrebbe avuto un esito mortale nel raggio di 60 metri”
La spiegazione a questo mistero è estremamente semplice: le perizie sono state approntate e pubblicate in data successiva a quella in cui Mori (che tra l’altro, come ho già detto, non era preposto all’inchiesta perché questa era di competenza della Polizia di Stato, quindi ciò che pensava lo pensava a titolo personale, e non come investigatore incaricato) aveva “pensato a un tentativo intimidatorio”.
Elementare, Watson.
Come si può ben vedere, i due misteri di Esposito erano di facile risoluzione.
Ma ce ne sarebbe un terzo, di mistero, forse un po’ più complesso, che mi permetto di postulare io.
Per calarci in questo mistero, occorre andare proprio alla sentenza della Cassazione n. 40799 del 19 ottobre 2004, quella di Esposito.
La Cassazione cita tre testimonianze DIBATTIMENTALI, di Sica, Mori e Misiani.
Ecco, in ordine, cosa riferisce la sentenza:
Il TESTE Sica Domenico, (Alto Commissario Antimafia), aveva dichiarato IN DIBATTIMENTO: “le pile,utilizzate per confezionare l’ordigno, erano scariche” e “mancava un oggettino per produrre l’esplosione”;
Il TESTE Misiani Francesco, (magistrato addetto all’Ufficio dell’”Alto Commissario”), aveva osservato: “il dubbio era che il meccanismo per farla esplodere quella sera non ci fosse o che era fatto in modo tale di non farlo innescare”…. “Le modalità erano tali come se si volesse far scoprire preventivamente il fatto, della borsa posta lì, di fronte o verso la casa dell’abitazione di Falcone”;
Il TESTE Mori Mario, (Comandante il Raggrupp. operativo speciale: Ros), aveva espresso perplessità in ordine alla effettiva funzionalità del telecomando affermando “un consistente numero di Kg. di esplosivo messi lì senza alcuna possibilità di deflagrare era una minaccia molto relativa “….. “io ho pensato ad un tentativo intimidatorio più che ad un tentativo assolutamente mirato ad annientare Giovanni Falcone”.
E quindi conclude la sentenza:
“Resta il dato sconcertante costituito dalla circostanza che autorevoli personaggi pubblici investiti di alte cariche e di elevate responsabilità,si siano lasciati andare a così imprudenti dichiarazioni le quali hanno finito per contribuire a fornire lo spunto ai molteplici nemici e detrattori del giudice di inventare la tesi delegittimante del falso o simulato attentato, avendo i vertici di Cosa nostra addirittura impartito l’ordine agli uomini dell’organizzazione di divulgare la falsa e calunniosa notizia che l’attentato «se l’era fatto da solo”.
Allora, cerchiamo di capire bene.
Il processo in Corte d’Assise, è stato celebrato alla fine degli anni 90. Tra il dicembre del 98 ed il 2000.
La sentenza è del 2000.
Quindi, quelle testimonianze risalgono a quell’epoca.
Sica e Misiani, deposero il 25 ottobre 1999. Mori il 7 febbraio 2000.
Che significa ciò?
Significa che Sica, Misiani e Mori, oltre 10 anni dopo l’attentato, in Tribunale, possono avere espresso opinioni, pur errate, che si erano formate sull’accaduto, alcune delle quali di natura strettamente personale. O possono avere riferito informazioni tecniche errate che avevano assunto all’epoca. In dibattimento.
Nello specifico proprio Mori dice che aveva “pensato” ad un tentativo ecc…ecc…
Giuseppe D’Avanzo, su Repubblica, il 24 maggio 1992, riassumeva i fatti dei mesi precedenti riguardanti la vita di Giovanni Falcone, scrivendo, fra l’altro: “La mafia sistema 50 chili di tritolo sotto la sua casa all’ Addaura e nessuno crede all’ attentato. C’ è chi dice (a Palermo, a Roma): se l’ è preparato da solo.”
In buona sostanza, quando la Cassazione parla della “tesi delegittimante del falso o simulato attentato, avendo i vertici di Cosa nostra addirittura impartito l’ordine agli uomini dell’organizzazione di divulgare la falsa e calunniosa notizia che l’attentato «se l’era fatto da solo “, parla di una cosa del 90-91.
Come possono quelle tre testimonianze avvenute 10 ANNI dopo, avere “finito per contribuire a fornire lo spunto ai molteplici nemici e detrattori del giudice di inventare quella tesi” DIFFUSA 10 ANNI PRIMA?
Ecco un vero mistero che il Giudice della Cassazione dovrebbe aiutarci a chiarire.
Anche perchè, se vogliamo fare proprio i nomi ed i cognomi di coloro che insinuavano di un falso attentato o di un auto-attentato, non spunta certo fuori Mori, ma semmai spuntano fuori, guarda caso, alcuni suoi tipici detrattori.
Per quanto riguarda poi la testimonianza di Mori nello specifico, nella stessa si legge di una “perplessità in ordine alla effettiva funzionalità del telecomando”.
Io non sono per il momento riuscito a risalire a come e quando Mori parlasse di perplessità sul funzionamento del telecomando, ed in quale contesto egli abbia detto questa cosa.
So però che Mori in udienza, il 7 febbraio 2000, affermò, a proposito del primo vertice delle Autorità dell’Antimafia, tenuto la notte stessa del fallito attentato: “In quella sede non fu messa in dubbio la funzionalità del sistema.” (Presente anche e soprattutto l’artificiere Tumino, a relazionare).
Inoltre so che cosa ha detto il pentito Fontana: “Nino Madonia fece segnale a tutti di rientrare perché, come apprendemmo poi, era stata notata la presenza della polizia proprio sugli scogli, nei pressi del borsone. Alla vista degli agenti Angelo Galatolo si sarebbe tuffato in mare con il telecomando che fu quindi INUTILIZZABILE per l’innesco dell’esplosivo. “
Direi di andarci piano quindi, prima di dire che Mori abbia detto in qualche sede anche solo delle sciocchezze, sull’attentato dell’Addaura, e che invece è il giudizio dato su di lui dalla Cassazione, che, come ho detto, sarebbe interessante chiarire.
Enrix
anonimo 20:11 on 10 January 2011 Permalink |
Ma ho detto qualcosa di sbagliato nel mio commento al post precedente?
anonimo 22:31 on 10 January 2011 Permalink |
"Come possono quelle tre testimonianze avvenute 10 ANNI dopo, avere “finito per contribuire a fornire lo spunto ai molteplici nemici e detrattori del giudice di inventare quella tesi” DIFFUSA 10 ANNI PRIMA?"
E' sempre la stessa storia, caro Enrix, questi "signori" sono convinti di poter violare il principio di causalita'…se vieni sul blog del pensatore c'e' il nostro amico Nick che adesso sostiene che l'informazione puo' superare la velocita' della luce nel vuoto: probabilmente le parole di Mori sono tornate indietro nel tempo a "fornire lo spunto". (Tutto e' possibile, ma la vedo alquanto improbabile!)
enrix007 23:37 on 10 January 2011 Permalink |
Anonimo, io non so che cosa hai detto prima, perchè sei anonimo.
Di sbagliato non avrai detto nulla, perchè qui è tutto a posto.
Se sei l'anonimo che mi ha posto la domanda su micromega, ti chiedo scusa ma ho visto solo oggi il commento perchè sono stato via dal blog, comunque non ho seguito quella vicenda e non leggo micromega abitualmente.
Se vuoi posso dare un'occhiata, però.
enrix007 23:51 on 10 January 2011 Permalink |
Non riesco ad entrare nel blog di Caruso, perchè è troppo grossa la pagina e mi blocca tutto.
Ma posso immaginare cosa farnetica l'imbecille.
Comunque c'è ben poco da farneticare.
La sentenza prende spunto da dichiarazioni recenti per sostenere che possono avere influenzato un pettegolezzo di 10-11 anni più vecchio.
Se queste affermazioni, oltre che "in dibattimento", e cioè durante il processo (e che sono dibattimentali lo dice chiaramente la sentenza) avessero potuto per avventura essere state enunciate da qualcuno dei tre testi anche all'epoca, così da fare da innesco, il giudice dovrebbe chiarire e fondare il suo parere su prove acquisite che le cose stanno così, perchè un giudice non può trarre conclusioni sulla base di ipotesi fantasiose o di illazioni, tipo quelle di Nick.
Questo lo può fare giustappunto solo un medaiolo professionista.
Il quale se volesse, per l'ennesima volta, dimostrare di non essere un merdaiolo, dovrebbe tirare fuori un documento, anche uno soltanto, che provi che almeno uno di quei tre avesse affermato qualcosa di depistantte PRIMA che il depistaggio divenisse, nel 90, pettegolezzo mafioso, politico e giornalistico, cotto e mangiato.
Ma quel documento non esiste, perchè se esisteva qualcuno di riservato e che non parlava assolutamente a vanvera e fuori luogo di quei fatti, senza prima avere delle certezze, erano proprio quei tre signori lì.
Per questo ciò che è scritto in sentenza non può essere oggettivamente condivisibile, perchè cronologicamente incongruente.
enrix007 00:02 on 11 January 2011 Permalink |
Cioè, le chiacchiere stanno a zero.
La corte parla di "imprudenti dichiarazioni" con riferimento alle sue citazioni, quelle che ho trascritto, che sono citazioni di "TESTI" rese nel "dibattimento", e cioè dal 98 in poi.
Che vengano fuori dunque, se esistono, le anticipazioni di queste "imprudenti dichiarazioni" di Mori, Sica e Misiani, fatte dagli stessi tre testi nell'89-90-91.
Allora ne riparliamo.
anonimo 09:54 on 11 January 2011 Permalink |
Visita mattutina al Segugio e la penna si mette a scrivere da sola!!!
C'era una volta un blogger di nome Cesare e un suo amico di nome Nick. Cesare aveva una malattia, non poteva sentire mentovare il nome Fisica. Questa parola aveva su di lui lo stesso effetto che ha sul toro il drappo rosso. Per anni ruppero le palle a tutti parlando di relatività e del sacro principio che niente supera c. Poi Cesare sembrò guarire, andò in parabola calante, come nelle psicosi maniaco-depressive. Ma, improvvisamente e inaspettatamente per Cesare, quell'angioletto di Nick si trasforma in burlone e gli tira un tiro mancino. Nomina la parola proibita e Cesaruccio ci casca con tutte e quattro le zampe, nonostante che Sympatros, uomo buono e benefico, l'abbia messo in guardia. Ha visto il drappo rosso, non c'è niente da fare! La burla riesce in pieno e i suoi effetti rimarranno per sempre nella memoria di massa del povero cesaruccio, il quale è così ingenuo che invita al banchetto quel luminare risolutore di misteri, il famoso Segugio.
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"Come possono quelle tre testimonianze avvenute 10 ANNI dopo, avere “finito per contribuire a fornire lo spunto ai molteplici nemici e detrattori del giudice di inventare quella tesi” DIFFUSA 10 ANNI PRIMA?"
E' sempre la stessa storia, caro Enrix, questi "signori" sono convinti di poter violare il principio di causalita'…se vieni sul blog del pensatore c'e' il nostro amico Nick che adesso sostiene che l'informazione puo' superare la velocita' della luce nel vuoto: probabilmente le parole di Mori sono tornate indietro nel tempo a "fornire lo spunto". (Tutto e' possibile, ma la vedo alquanto improbabile!)
E meno male che poi dirà che aveva capito lo scherzo!!!
PER IL SEGUGIO————-
1 Mori non l'ha detto mai prima…. l'ha detto solo nel processo
2 Mori l'ha detto pure prima, ma non si trova scritto da nessuna parte
3 Mori l'ha detto pure prima e si trova da qualche parte che il Segugio non sa
Siccome le ipotesi in campo sono almeno tre, il Segugio dovrebbe deporre la sicumera di risolutore di misteri e più umilmente dovrebbe parlare di una possibile ipotesi…. ma allora non sarebbe più il Segugio
anonimo 10:02 on 11 January 2011 Permalink |
Segugio, siccome tu e quell'altro avete allegramente ironizzato su Nick, poverino in sua assenza, penso che il mio post qui sopra dovresti proprio pubblicarlo!!
anonimo 22:37 on 11 January 2011 Permalink |
Sì sono l'anonimo di Micromega, anche se io la vicenda l'ho seguita sul blog di Di Pietro e quello del Fatto Quotidiano. Beh la mia era solo una curiosità, se non hai seguito non è importante.
Ciao e grazie per quello che fai.
Anonimo #1
PS: già Luttazzi a suo tempo aveva sfidato le leggi della causalità… retrodatando le date di pubblicazione dei post sul suo blog!
enrix007 15:47 on 18 January 2011 Permalink |
Anonimo 7, cioè Sympatros.
Io invece penso di no. E qui comando io.
anonimo 13:30 on 28 March 2011 Permalink |
Enrico, se leggi "Per fatti di mafia" di Misiani, libro scritto nel 1991 (purtroppo non ce l'ho sottomano, ma conto di ritrovarlo) vedrai che c'è una suggestiva ricostruzione dell'Addaura che lascia intendere che Falcone l'attentato potrebbe esserselo fatto da solo.
Detto questo, vorrei farti riflettere sul fatto che, per i ruoli che ricoprivano, Sica, Misiani e Mori erano certamente fra le fonti di diversi (importanti) giornalisti di giudiziaria e che potevano tranquillamente diffondere notizie erronee (non false, sebbene il confine sia labile, ma erronee).
Come sai, non sono completamente sprovveduto, ma per anni, leggendo i giornali, sono rimasto convinto che quei candelotti non potessero esplodere e che si fosse trattato solo di un "avvertimento".
Sebastiano Gulisano
enrix007 02:06 on 29 March 2011 Permalink |
Caro Sebastiano, condivido certamente in toto, e anch'io ho avuto per anni lo stesso pensiero.
Tuttavia:
1) Non sono queste le considerazioni del nostro magistrato. Le considerazioni del magistrato si basano su fatti cronologiamente incongruenti.
2) Il giudice in ogni caso non poteva e non può fondare il proprio giudizio su supposizioni di ciò che può essere avvenuto, ma solo su fatti.
E fatti veri e verosimili, non cronologicamente incongruenti.