Nel nome dell’antimafia.
di Angelo Jannone
Non smetto mai di stupirmi di fronte ai sillogismi perversi che tempestano il web. Già, il bello del web. Ognuno può dire la sua. E così si può conoscere l’Italia e capire il perché di alcune componenti politiche. Sono solo l’espressione di quello che c’è. E possiamo ben dire "abbiamo l’Italia che ci meritiamo".
Dopo le stragi siciliane dei giudici Falcone e Borsellino, la Sicilia è stata pervasa da un furente moto sociale. La società civile esasperata dal superamento della soglia di tolleranza, ha reagito in maniera coraggiosa contro la mafia.
E molti hanno trovato nel moto dell’Antimafia un loro spazio, un loro ruolo, hanno potuto giustificare la propria esistenza, finalmente.
Quando sono tornato a Palermo dopo qualche anno, nel dicembre 2000, in occasione della Convenzione ONU sul Crimine Transnazionale, ho visto una città diversa, caratterizzato da uno strano folclorismo: il folclorismo dell’Antimafia.
Feste, convegni, seminari, organizzati a latere della Convenzione, da miriadi di sigle ed associazioni sorte in nome della lotta alla mafia.
Eppoi gli uffici semivuoti della Procura, perchè in questa grande orgia dell’antimafia i magistrati erano variamente impegnati nel prendere la parola in questo o in quell’altro convegno. Insomma un antimafia a tavolino.
E negli interventi, alzavano la voce, si dimenavano, contro la mafia, contro le collusioni politiche, contro i servizi deviati, insomma l’importante era avere un nemico. E poi tutti mangiavano e bevevano, con camerieri che servivano da mangiare e da bere.
E poi anche gran mangiate di pesce a Mondello.
Si passava da un convegno all’altro, come a fine anno si passa da una festa all’altra.
E frattanto i delegati di tutto il mondo, passeggiavano e visitavano Palermo.
All’epoca io comandavo il Reparto Analisi del ROS Centrale ed avevo suscitato la delusione di alcuni CosaNostracentrici, in quanto segnalavo, ancora inascoltato, le nuove minacce, quelle delle mafie multietniche.
Da quegli anni, sono oramai 10, una serie di personaggi ben collegati tra di loro, cavalcando la scia della lotta alla Mafia, hanno girato l’Italia, come fenomeni da baraccone, facendo la lista dei buoni e dei cattivi, secondo logiche molto discutibili ma che hanno dalla loro il dono empatico della suggestività, facendo leva sul desiderio giacobino mai sopito di una piccola fetta del popolo italiano.
Ma veniamo a ciò che mi ha sorpreso questa volta. Un convegno, l’ennesimo, organizzato dall’europarlamentare di pietrista, Sonia Alfano, a Palermo, dal titolo suggestivo ed evocativo L’alba di una nuova Resistenza svoltosi il 12 dicembre 2009. L’Avvocato Fabio Repici è intervenuto come relatore.
E come la resistenza partigiana, in nome dell’Antifascismo ha saccheggiato, violentato, depredato, coperta dalla storia, qui il rischio sempre immanente, a volte già reale è che chi confonde il contrasto alla Mafia o alle mafie, con una nuova resistenza, in nome dell’Antimafia violenti le coscienze altrui, depredandone la reputazione ed alterando la storia.
E ciò che fa, tra gli altri, l’avvocato REPICI, che pur esordisce reclamando la disinformazione diffusa e definendosi ironicamente difensore di pericolosi incensurati, mentre non si preoccupa affatto di diffamarne altri di incensurati.
Mori, De Donno, Obinu, Subranni, entrano tutti nel suo mirino, con una concatenazione artefatta di eventi, fatta, con il tipico stile del “guarda caso” o “chissa perché”.
Allora Le mutuo un po’ il linguaggio, avvocato REPICI per dire “guarda caso” al Convegno vi era tra i relatori anche Peter Gomez, giornalista de “IL FATTO”.
Di lui avevo cercato oltre che di Travaglio, all’indomani dell’uscita di un anticipazione del libro di Genchi.
Avevo spiegato chi fossi e perché chiamavo. Niente. Non mi è stato concesso di parlare con nessuno.
Eppure qualche giorno dopo Gomez firmava un articolo con il quale citava passaggi di una mia dichiarazione ai Pubblici Ministeri (non utilizzabile), senza avvertire il bisogno, che un giornalista scrupoloso dovrebbe avvertire, di sentire prima il diretto interessato. Si preoccupava invece di difendere il suo vecchio capo all’Espresso, nonché mio vecchio capo in Telecom Brasile, Paolo Dal Pino.
E parliamo di disinformazione o di carente informazione?
E con queste premesse che REPICI si esprime in termini inqualificabili nei confronti del ROS, paragonato al UAARR della seconda Repubblica, corpo deviato, dopo aver definito il primo coinvolto in qualche modo nella strage di Piazza Fontana. “L’ UAARR nella seconda Repubblica si chiamava ROS, Raggruppamento Operativo Speciale, il corpo deviato della seconda Repubblica. Il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri, fondato nel 1990, alla cui guida, fin dall’inizio, ci fu il generale Subranni.E quindi il difensore di “pericolosi incensurati”, attacca non solo altri pericolosi incensurati, ma addirittura i loro figli “Il Generale Subranni non è un nome della preistoria di questo paese, perché, è vero che è in pensione, però, vedete, quel ministro della Repubblica Angelino Alfano, oggi tante volte ricordato, ha una portavoce. Parla con la voce di tale Danila Subranni che del generale Subranni è la figlia.”
Che brutto guaio questo! E che grave peccato!
Ovviamente non poteva mancare la solita trattativa con lo Stato per ricordare che il Generale Subranni era comandante del ROS dell’epoca.
E tra i relatori al Convegno anche il senatore Beppe Lumia, che addirittura del caso ne ha fatto oggetto di un interpellanza parlamentare.
E poi via, raffiche di sproloqui, di sintesi ad effetto, sul Generale Ganzer, non poteva mancare anche lui.
Certo, ha ragione quando afferma che nessun politico mai ha pensato di rimuoverlo dal Comando del ROS, così come nessun politico avrebbe mai pensato di rimuovere il prefetto De Gennaro dal suo delicatissimo incarico nonostante indagato a Genova per fatti del G8.
Ma questo dovrebbe far riflettere su quanta credibilità abbiano certe indagini della magistratura infarcite spesso delle stesse impostazioni da Nuova Resistenza.
Ma il REPICI supera ogni attesa quando afferma, ormai nella sbornia convegnistica:
“Altro personaggio – qui rasentiamo il cabaret – che ha contraddistinto il ROS nella seconda Repubblica, è un personaggio che avrebbe un nome e un cognome, che però, come nei fumetti, si fa chiamare per pseudonimo. Ora, ci sono stati esimi esempi di ufficiali nobili ed integerrimi nella storia dell’arma dei carabinieri: Carlo Alberto Dalla Chiesa, il Capitano D’Aleo, il Capitano Basile. Ma voi ve lo immaginereste uno di questi personaggi che si fosse fatto chiamare con uno pseudonimo? Gli avrebbero riso in faccia. Non lo fecero. C’è invece un personaggio, che in teoria all’anagrafe si chiama Sergio De Caprio, che però è conosciuto con lo pseudonimo di Capitano Ultimo perché si sente evidentemente un personaggio dei fumetti. E’ un altro dei responsabili della mancata perquisizione al covo di Riina ed è uno dei personaggi – è un poveretto da come si propone – sui quali è però più difficile parlare, perché appena si cerca di mettere il dito sulle gravissime pecche di quell’ufficiale, ci sono personaggi, anche dell’antimafia ufficiale, che subito saltano in piedi e gridano allo scandalo. Perdonatemi, ma, con i personaggi da fumetti, investigazioni serie non se ne fanno e la storia del ROS è la prova di questo.”
Apprendiamo così che vi è anche un Antimafia Ufficiale contrapposta all’Antimafia Ufficiosa, quella della Resistenza .
Quella che qui con il REPICI fa proprio un bel regalo a Cosa Nostra.
Ricordo che l’allora capitano Ultimo- è conclamato processualmente – è stato condannato a morte proprio da Bernardo Provenzano, all’indomani dell’arresto di RIINA, ritenuto responsabile di aver umiliato “u curtu” posandolo e facendolo fotografare sotto la foto del Gen. Dalla Chiesa.
E per qualche hanno, De Caprio, ha girato non in comode auto blindate, ma nel retro di un furgone come bestie, per sfuggire alle attenzioni di Cosa Nostra. Ed il generale Subranni, Mori e Obinu “tutti favoreggiatori di Provenzano” , secondo REPICI, ne era a ben conoscenza.
Ricordo anche al REPICI che gli pseudonimi come li chiama lui, sono stati introdotti nella struttura anticrimine dell’Arma proprio dal Generale Dalla Chiesa, e non sono una scelta individuale, ma obbligatori, per ragioni di sicurezza. (Se non lo comprende glielo spiego in altra occasione)
Ed è vergognoso che il REPICI si spinga a definire “porcate” le vicende del ROS, “ A proposito delle porcate del ROS, io vi segnalo questo che voi ancora non avete mai letto. Nell’anno 1993 Benedetto Santapaola era latitante a Terme Vigliatore. Era intercettato dal ROS con intercettazioni ambientali, i militari del ROS lo ascoltavano, veniva fatto anche il nome di Benedetto Santapaola, sapevano dov’era, avevano il nome, il cognome, l’indirizzo e nessuno è andato a prenderlo. Ancora nessuno è stato messo sotto processo per quella gravissima condotta.”
REPICI non sa che su quell’episodio vi fu ampio chiarimento. Vi furono incidenti stradali durante il tentativo di catturare Santapaola.
Cose che accadono quando si lavora.
Ma veniamo alla conclusione di REPICI “Non è un caso, per altro, che i supporter di quegli ufficiali del ROS, di questi tempi, sono gli stessi supporter di Bruno Contrada, o gli stessi supporter dei servizi deviati.”
Ebbene si, caro REPICI. Ha ragione, non è un caso. Perché in realtà sono le persone come Lei che stanno spaccando in due l’Italia. Da una parte chi difende persone che hanno una storia di vero servizio per lo Stato e per la gente, con tutti gli umani errori di chi lavora sul serio, sacrificando la famiglia, rischiando la vita, saltando le notti, le domeniche e le feste e masticando polvere. Dall’altra chi, per fini politici legati al vecchio, atavico vizio di non accettare il metodo democratico, ma di pensare a rivoluzioni e resistenza, non esita ad immolare all’altare di una pseudo giustizia i primi, purché ciò sia utile a sostenere suggestivi teoremi, IN NOME DELL’ANTIMAFIA.
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anonimo 18:28 on 15 January 2012 Permalink |
E quindi?
Seguendo l'evolversi della situazione politica e giudiziaria degli ultimi 20 anni ho maturato una malsana convinzione:Se Borsellino fosse morto di vecchiaia ci saremmo risparmiati tutto il marcio prodotto dalla cosiddetta seconda Repubblica.
Cilindro vive!