NUOVO CINEMA CIANCIMINO
Nuovo cinema Ciancimino
Non solo la fantomatica trattativa tra Stato e mafia, il figlio di don Vito dice la sua anche su Ustica, Gladio e caso Moro. Ecco il diario del nuovo vate d’Italia

Il titolo è prosopopeico: Nel nome del padre. Il sottotitolo non da meno: “Sono ventitrè gli interrogatori di Massimo Ciancimino, il figlio di don Vito. E una valanga i pizzini che riscrivono la storia dei misteri d’Italia, da Gladio alle stragi del ’92, sino ai politici di oggi. Citati con nome e cognome. Eccoli”. Massimo Ciancimino detto Junior, il figlio del sindaco mafioso di Palermo Vito, il testimone chiave al processo di Palermo contro il generale Mario Mori per la mancata cattura del boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, oggi è diventato il vate dei misteri d’Italia. Non bastavano la riduzione della condanna per riciclaggio e la ribalta televisiva.
Nel nome del padre è già alla seconda edizione. La prima, tremila copie, è andata esaurita in una sola settimana. Il libro è pubblicato dall’editrice siciliana Novantacento, che edita anche un mensile di cronaca che ha tra i suoi collaboratori fissi il sostituto procuratore Antonio Ingroia, titolare dell’accusa al processo Mori. Il coordinatore editoriale della rivista Claudio Reale spiega a Tempi che la pubblicazione dei verbali di Ciancimino è stata possibile perché gli atti non sono stati segretati. Purtroppo per Junior, verrebbe da aggiungere. Più che una raccolta di verbali, è un divertissement da spiaggia, non fosse che le deposizioni di Junior infiammano da mesi la pletora di cronisti giustizieri e infangano il lavoro di due ufficiali che hanno combattuto la mafia rischiando la vita.
Secondo Massimo Ciancimino, infatti, il padre don Vito fu contattato nel 1992 da Mori e dall’allora capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno per intavolare una trattativa con Totò Riina e indurlo alla resa. Ma papà Ciancimino sarebbe stato protagonista anche di una seconda trattativa, con i carabinieri da una parte e Provenzano dall’altra, finalizzata alla cattura di Riina, in cambio dell’immunità a Provenzano. Le parole di Massimo smentiscono lo stesso don Vito, che ha sempre raccontato di aver tentato una collaborazione con Mori e De Donno per arrivare alla cattura di Riina, sì, ma di non esservi riuscito. Non vi fu, secondo don Vito, alcuna trattativa: si era tentato di far arrendere Riina, ma le richieste presentate da questi non vennero mai prese in considerazione da Mori che voleva la resa immediata o la cattura; inoltre successivi tentativi di don Vito di collaborare alla cattura di Riina si bloccarono col suo arresto. Poi arriva Massimo e riscrive la storia con i fuochi d’artificio. Il 6 giugno 2008, Massimo rivela ai pubblici ministeri Ingroia, Di Matteo e Gozzo il vero motivo per cui sarebbe finita la latitanza record (43 anni) di Bernardo Provenzano. Racconta che il boss, ricercato dalle polizie di mezzo mondo, visitava regolarmente don Vito, mentre questi era agli arresti domiciliari nella sua casa romana nei pressi di piazza di Spagna a Roma. I pm palermitani per poco non cadono dalle sedie: «Ah, lei lo ha visto… lei disse a suo padre “ma come questo super latitante viene a casa di uno agli arresti domiciliari”?». Risponde Massimo: «Secondo mio padre doveva essere un accordo a monte che garantiva il tutto, perché mio padre mi disse: “Non ti scordare che nel momento in cui vorrà, si consegnerà lui”». Junior si sente incoraggiato e prosegue: «Mio padre mi disse poi una frase che era importante: “Perché un uomo quando non riesce ad andare al bagno… non ha più senso niente”. Era quello che capitava a mio padre, perché non era autonomo. Mio padre, come Provenzano, aveva avuto problemi di prostata e avevano parlato di queste cose, che la vita quando non hai questo tipo di autonomia…». Dunque Binnu, la primula rossa di Cosa Nostra, non finì in galera per la bravura delle forze dell’ordine. No, fu solo questione di pipì.
La scena madre di Junior, invece, ha al centro il fantomatico papello. Ai pm Massimo lo indica come la prova regina della trattativa Stato-mafia, ma per mesi rinvia la consegna, sostenendo che si trova in un caveau all’estero. Stremati dal tira e molla durato più di un anno, il 23 gennaio 2009 i pm Di Matteo e Ingroia, alla presenza del procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, mettono Junior alle strette. Ingroia: «Noi riteniamo che lei oggi debba indicarci quanto meno il paese, la banca, dove si trova questa cassetta di sicurezza, noi attiveremo tutte le rogatorie…». Nell’austero ufficio della procura accade l’imprevedibile: “Ciancimino singhiozza” riporta il brogliaccio dell’interrogatorio. L’avvocato di Junior, stralunato, interviene: «Perché piangi?». Ingroia incalza: «Se c’è necessità di fare una selezione di documenti privati che non hanno rilievo investigativo, avrà la possibilità di non consegnare queste cose però noi la preghiamo, la invitiamo caldamente, oggi di concludere l’interrogatorio dandoci queste indicazioni…». L’avvocato di Ciancimino: «Scusa ma perché piangi?». E Junior, tra le lacrime: «No, non ve lo indico». Ingroia: «Non ce lo indica…». Junior riprende: «Vi avevo chiesto un minimo di segnali da dire: ne vale la pena…». Passerano altri nove mesi prima che in procura vedano il famoso papello. Veniamo infine alla benedetta trattativa, cuore pulsante delle dichiarazioni di Junior. Massimo ne parla fin dal 7 aprile 2008. Però le versioni che riporta, con il tempo, si arricchiscono di nuovi particolari. All’inizio si limita ad anticipare le date degli incontri tra il padre e i carabinieri al giugno del 1992. Assicura che don Vito si fida di loro. Sostiene che il padre tenta di collaborare con i carabinieri per fare catturare Riina e contatta Provenzano per scoprire dove si nasconda. «Sembra fantapolitica» dice Junior ai pm il 7 aprile 2008. Parole sante. Nelle puntate successive degli interrogatori la vicenda si complica.
«Un nome l’aveva, mi creda»
Nel racconto appare anche un misterioso agente dei servizi segreti, che per anni sarebbe stato in contatto con don Vito e che nella trattativa avrebbe detto al sindaco che dietro i carabinieri c’erano due politici, gli allora ministri Nicola Mancino e Virginio Rognoni: «Non lo so se si chiamava Carlo, Franco… un nome l’aveva, mi creda» dice Junior. Davanti al racconto i dubbi non mancano. Ad esempio: dal negoziato Provenzano avrebbe guadagnato l’incolumità, ma cosa ci guadagnava don Vito? Arrestato, rimasto in carcere fino al 1999 e ai domiciliari fino alla morte, Ciancimino senior ha sempre sostenuto la versione di Mori. «Era una versione di comodo» dice Junior, e cerca di tappare le falle della ricostruzione con suggestioni di peso: «Mio padre pensava di essere stato scavalcato nella trattativa. Da Dell’Utri». Insomma. Alla fine nella ricostruzione di Massimo ci sono almeno tre trattative. Una tra i carabinieri, don Vito e Riina. Un’altra tra i carabinieri, il signor Franco, Rognoni e Mancino, don Vito e Provenzano. Un’ultima tra Dell’Utri e Provenzano e non si sa più chi altro. Dopo tutto questo, la domanda sorge spontanea anche nei pm. Chiede Ingroia il 12 dicembre 2008: «Ma allora, se c’era bisogno delle garanzie del signor Franco, che bisogno c’era di fare la trattativa tramite Mori e De Donno, perché suo padre non la faceva direttamente col signor Franco?». Junior ci pensa su: «Perché il signor Franco non l’aveva mai proposto a mio padre… non si è mai fatto portatore dell’arresto di Provenzano e Riina… Lui per mio padre era un trait d’union…». Ma con chi e perché ancora non si è capito. Arrivederci alla prossima puntata di questa tragicommedia.
Estratto dalla rivista "Tempi" - LINK
anonimo 15:20 on 3 March 2010 Permalink |
Mi perdoni se continuo a riportarle articoli di cui e' a conoscenza, ma questa e' troppo bella:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/2010/02/27/ciancimino_ma_quali_ciance.html
Luigi
anonimo 15:37 on 3 March 2010 Permalink |
Sembra che Ciancimino abbia riconosciuto due 007.
http://www.agi.it/cronaca/notizie/201003031106-cro-rt10072-mafia_ciancimino_dai_pm_su_trattativa_ha_riconosciuto_due_007
Qui invece il testo delle dichiarazioni di ieri del generale Mori.
http://www.ilvelino.it/archivio/documenti/allegato_documento_748.pdf
anonimo 15:38 on 3 March 2010 Permalink |
la "firma"
bart_simpson
anonimo 18:05 on 3 March 2010 Permalink |
caro Luigi,
in risposta all'articolo che hai citato e che mi ha fatto ridere come a te, ti rimando al commento #28 sul post
Quando Fracchia cita Fantozzi.
qui da Enrix
cesare
anonimo 17:59 on 4 March 2010 Permalink |
Ho letto solo ora, cesare.
E poi uno dovrebbe avere fiducia nella magistratura….
Grazie e ciao!
Luigi
anonimo 19:08 on 4 March 2010 Permalink |
E intanto il calvario di Mori, continua, per colpa di Ciancimino:
http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=1074130#news_id_1074130
Luigi
grilloz 17:00 on 5 March 2010 Permalink |
anche i giudici si sono resi conti delle incongrueze di Ciancimino
http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/sicilia/2010/03/05/visualizza_new.html_1730250887.html
anonimo 15:15 on 10 March 2010 Permalink |
MASSIMO CIANCIMINO SI CONFERMA INATTENDIBILE
Continua l'utilizzo di Massimo Ciancimino dei media per raccontare degli intrecci mafiosi di Dell'Utri e naturalmente Berlusconi che seppur mai nominato nelle testimonianze di ieri nel processo Calvi aleggia sempre nell'aria.
Ieri tutti i media hanno messo in evidenza le dichiarazioni di Ciancimino che raccontava dei tanti fatti da lui conosciuti anche per aver presenziato personalmente, in alcuni casi la testimonianza è quasi comica con lo stesso che dichiarava di ricordare nonostante era piccolissimo. Ecco alcuni commenti:
http://archivio-radiocor.ilsole24ore.com/articolo-790215/processo-calvi-ciancimino-mostra/
http://www.ecodibergamo.it/stories/apcom/121585_mafia_ciancimino_jr_rapporto_tra_calvi_buscemi_e_dellutri/
http://www.unita.it/notizie_flash/92701/mafia_ciancimino_jr_rapporto_tra_calvi_buscemi_e_dellutri
Andando un po più a fondo sulle testimonianze di ieri ancora una volta si comprende come il personaggio SIA POCO CREDIBILE. Riporto dall'articolo di Marco Lillo (il Fatto Quotidiano) di oggi:
"Alla fine della sua testimonianza, Cianciminio ha infilato un errore marchiano. Ha raccontato che il padre Vito Ciancimino gli disse (intorno al 2000) di avere avuto un altro rapporto con Roberto Calvi in relazione alla tangente Enimont. In particolare – secondo Massimo Ciancimino – don Vito avrebbe preso i soldi da Calvi per poi distribuirli ai politici siciliani della sua area. Il problema è che questo racconto è mal riportato o FALSO. Perchè Calvi e morto nel 1982 e l'operazione Enimont risale ad almeno sette anni dopo. Mentre lo scandalo Eni-Petromin, che certamente è collegabile alla P2 e al mondo siciliano che gravitava intorno a Ciancimino, è del 1980. Chissà se il rampollo di don Vito ha fatto confusione. Preciso quando riferisce fatti che ha vissuto in prima persona o indicati da precisi appunti del padre, Ciancimino Junior diventa meno attendibile quando parla de relato di fatti lontani nel tempo."
Dopo il giornalista riporta un altra evidente topica presa dallo Junior su Ustica. E' simpatico vedere come Lillo cerca di salvare il salvabile, se facesse passare che lo junior è completamente inattendibile SI SMONTEREBBE TUTTO L'IMPIANTO ACCUSATORIO CHE TRAVAGLIO STA PORTANDO AVANTI DA TEMPO, ed allora riporta che quando Cianci Junior testimonia su fatti vissuti in prima persona E' PRECISO!
Barzelletta molto carina, è così preciso sui fatti vissuti in prima persona che quando testimonia sulla perquisizione nelle sue dimore con lui in Spagna cambia versione non so quante volte:
http://segugio.splinder.com/post/22252067#comment
Gianluca
anonimo 04:08 on 15 March 2010 Permalink |
ciao