Tagged: bernardo provenzano RSS

  • Avatar di enrix

    enrix 13:10 on 13 November 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: bernardo provenzano, ,   

    Ecco che cosa ha rivelato esattamente Ciancimino junior sui pizzini della mafia a Berlusconi

    ciancimino E2

    Dedicato al popolo delle agende rosse, a Sonia Alfano, a Salvatore Borsellino, a Giorgio Bongiovanni di Antimafia Duemila, a Gioacchino Genchi e a tutti gli altri che come loro amano la verità sui fatti di mafia, un estratto del settimo capitolo del mio libro "Prego, dottore!"  (ammodernato a seguito degli ultimi eventi).

    Si tratta del compendio di tutte le testimonianze rese sino ad oggi da Massimo Ciancimino su alcuni dei suoi famosi pizzini, quelli considerati autentici ed attendibili dai nostri magistrati.

    In pratica ho riunito tutte le dichiarazioni, rese soprattutto sotto giuramento, del testimone su questo argomento, cercando così di venire a capo dei fatti ivi narrati, in un quadro che possa risultare organico.

    Non vorrei mai però, al termine di questo lavoro, apparire come  il classico cinico sputtanatore delle belle favole, come quelli che vanno dai bimbi piccoli a sussurrare la notizia traumatica che Babbo Natale non esiste.

    Non è vero.

    Babbo natale esiste, e la dimostrazione è nella  seguente:

     

    Storia (e significato) dei pizzini a Berlusconi, nel narrato mitopoietico di Ciancimino Junior, (con qualche cenno al “papello”)

     «Dopo il suo arresto, nel dicembre del ‘92» don Vito «si convinse che era stato sostituito, scavalcato, nella trattativa tra lo Stato e Cosa nostra.»[1]

    E pertanto «Dopo quello» che don Vito «ritiene un po’… il tradimento… l’essere stato messo da parte»[2], vale a dire durante «la fase 3»[2], quella cioè dove don Vito assume «la convinzione, unica, … che tutta questa serie di situazioni, – il fatto che il Provenzano non fosse stato arrestato, il fatto che Provenzano non si poteva… godeva, come avevo detto in precedenza, … di questa immunità territoriale del muoversi liberamente, il fatto che non si era perquisito il covo, (di Riina, nel gennaio 93 – nda) il fatto di una serie di eventi – …»[2], dopo quindi, dicevamo, essersi convinto che tutta questa serie di situazioni erano «frutto di una unica trattativa che aveva costituito si varie fasi, ma di fatti era in piedi da diversi tempi»[2], insomma in quel preciso momento della sua vita, che come ha detto Ciancimino Junior è successivo al suo arresto del 23 dicembre 92, Vito Ciancimino, «assunse» nei confronti di Provenzano, «un po’ una veste di “consigliori", di consulente»[2].

    E diventa consigliori anche perché «di fatto non voleva … non si voleva escludere da quello che erano il proseguio di questi tipi di rapporti»[2].

    Consigliori un po’ impedito, doveva essere, e a maggior ragione nella sua attività di suggeritore del latitante Provenzano, potendo egli ricevere il pubblico, se autorizzato, soltanto nella "sala colloqui" di Rebibbia.

    Lo ammette lo stesso Junior, a pag. 230 del suo libro “Don Vito”: “Il legame col Lo Verde, per ovvie ragioni, si era allentato: attrezzati per quanto si possa essere alle difficoltà, è davvero arduo poter pensare ad una frequente comunicazione tra un detenuto e un latitante”.

     E certo, è arduo sì.

     Ma com’è noto, le vie della mafia sono infinite, (specie per un mafioso così potente che per aver chiesto il passaporto in questura è stato sbattuto 7 anni in isolamento carcerario cautelare) e pertanto il consigliori don Vito, pur rinchiuso a Rebibbia e quindi pur dovendo allentare il legame con il boss, almeno una volta e non si sa come, «di questi argomenti» (cioè degli argomenti che saranno poi i contenuti delle due lettere) ne ha «parlato con il Lo Verde»[1] (cioè con il Provenzano, latitante), ed in quel contesto don Vito ha suggerito «al Lo Verde, ‘nsomma, quelle che erano anche le strategie da usare con questo tipo di interlocutori»[1]

    Gli interlocutori sarebbero i destinatari delle lettere, e cioè Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi, ed infatti le strategie di cui parla Ciancimino Jr, e di cui don Vito avrebbe parlato mentre era in carcere a Rebibbia con Provenzano mentre questi era latitante, e che sarebbero state poste in azione con le due lettere nel 94, sarebbero quelle di «richiamare il partito (Forza Italia) che di fatto secondo mio padre era nato grazie anche a quella che era il frutto della … della trattativa, del … di quella che era stata una trattativa, oppure collaborazione, come si chiama dopo … come la descrive mio padre dopo una … dopo la data di agosto, a ritornare un poco sui suoi passi, a cercare di … eehh … un po’, diciamo, di di di …. era un’avvisaglia a rientrare in quello che dovevano essere i ranghi»[2]

    In sintesi, tra il 93 ed il 94 il consigliori Vito Ciancimino, mentre è rinchiuso in carcere, parla con Provenzano latitante e gli suggerisce una strategia da utilizzare con Silvio Berlusconi in quanto il suo partito nel 94, appena fondato, stava già uscendo dai ranghi, strategia che effettivamente Provenzano adotta scrivendo la lettera n°1 nello stesso 1994  (ma su carta fabbricata dopo il giugno 1996, secondo la perizia della polizia scientifica, essendo sempre infinite, anzi: divine, le possibilità della mafia), allo scopo di costringere, per mezzo di intimidazioni, Forza Italia, appena fondato, a ritornare un poco sui suoi passi, a rientrare in quello che dovevano essere i ranghi.

    «Ecco, quello era il momento di mantenere gli impegni presi» – ci spiega Ciancimino junior nel suo libro – «altrimenti mio padre minacciava di “uscire dal riserbo».[3]

    A dirla proprio giusta non si trattava solo di “riserbo”, ma persino di “riserbo che dura da anni”[4], quello da cui minacciava di uscire, anche se noi abbiamo già visto, nel secondo capitolo, che questi anni, se quel riserbo fosse stato davvero riferito a Forza Italia, potevano essere a malapena uno.

    L’idea di suggerire ciò a Provenzano, a don Vito venne dal ricordo di una vecchia intervista che egli aveva letto nel 1977. «dove lo stesso Berlusconi, intervistato da un famoso giornalista di Repubblica in merito a quelle che erano state le sue scelte imprenditoriali circa l’acquisizione di un giornale e anche di una rete televisiva, ebbe a scrivere, ‘nsomma… era… ebbe a riferire al giornalista di allora che nel caso un amico, in quel caso un soggetto politico, sarebbe dovuto scendere in campo, lui non avrebbe nessuna … non ha avuto nessun problema a mettere a disposizioni una delle reti televisive»[2] E Provenzano quindi nella sua lettera, «sotto consiglio»[1] di don Vito, e poi anche lo stesso don Vito nella sua rielaborazione, hanno «usato quella che era la frase da lui detta anzitempo quando aveva comprato la sua rete TV, per riportarla ai nostri giorni.»[2]

    Quindi, dicevamo, nel 94, Provenzano, pregno dei consigli del suo consigliori detenuto, decide di scrivere, su carta del 96,  una lettera a Berlusconi per chiedergli giustappunto che per intanto gli mettesse a disposizione una sua televisione, richiamandosi alla sua disponibilità palesata su Repubblica 17 anni prima.

    In caso contrario, gli preannunciava «un attentato che gli avrebbero ammazzato il figlio »[5].  Questa lettera avrebbe dovuto essere consegnata a Dell’Utri, perché la consegnasse a Berlusconi, nonchè in copia «al solito personaggio, sig. Carlo o Franco»[2].

    Ma Provenzano, prima di porre in atto questo progetto, scrive (o meglio, fa scrivere da qualcuno pescato «da ambienti vicini»[1] a sé medesimo, perché junior non sa, «realmente, chi l’ha scritta»[2]) la lettera (il pizzino n°1, appunto) e, mediante sempre soggetti vicini ai suoi ambienti, la consegna a Massimo Ciancimino perché egli la faccia leggere, correggere e rivedere da suo padre detenuto, così come aveva già fatto con altre due missive poco prima del suo arresto, consegnategli mediante altri due portalettere.

    La prima missiva gli era stata consegnata a San Vito lo Capo dal luogotenente provenzaniano Lipari (invece sul libro “don Vito” la lettera consegnata da Lipari a San Vito lo Capo ridiventa sempre questa, cioè la terza portata in carcere), la seconda da un autista di Provenzano ignoto ed indefinito.

    In ogni caso sulle tre missive c’erano scritte più o meno le stesse cose.

    In una di queste buste poi, c’era anche un malloppo consistente in non meno di 500 bigliettoni di banca (circa 50 milioni di lire[5]), infilati con la lettera nel plico, di cui Ciancimino non capisce bene né provenienza né scopo, per cui li consegna ai suoi fratelli, che però di quei 50 milioni non sapevano niente neppure loro.

    Pertanto Massimo Ciancimino corre a Rebibbia, dove da circa un anno e mezzo era detenuto il padre nel frattempo divenuto consigliori, portando con sé la terza lettera scritta da Provenzano e recante in bella vista, nella parte iniziale, l’indirizzo dei destinatari , Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi, e subito sotto, a seguire, una bella minaccia esplicita per Berlusconi «di un attentato che gli avrebbero ammazzato il figlio», poiché questo, afferma Junior, «era anche pronunziato nella prima parte del documento che io avevo letto»[1], se la sfila di tasca, impavido, tra un agente di polizia penitenziaria e l’altro, e ne legge «il contenuto» mentre il padre «annotava in un suo foglio di carta»[2], cosicchè, successivamente, «ne aggiustava i contenuti, e ne perfezionava quello che doveva essere, ne doveva costituire l’esito finale»[2].

    La lettera parlava di «un triste evento» e cioè, come detto, di una minaccia di Provenzano di «eliminazione fisica»[2] di Piersilvio Berlusconi, ma al medesimo tempo del fattivo «contributo» che Provenzano intendeva dare per scongiurare tale evento, mentre Berlusconi avrebbe messo una delle sue televisioni a disposizione del boss.

    Ma il “contributo” di Provenzano non era da riferirsi solo al mettersi in azione in modo da convincere se stesso a non uccidere Piersilvio, ma riguardava anche «il confluire in tutta quella che era la capacità elettorale, del controllo dei voti anche di una serie di agevolazioni nei confronti dei …eehhh … diciamo del … dei … ii… come si chiama … dei … dei candidati, tutto quello che era lo svolgersi del … delle consultazioni»[2].  E questa è la ragione, spiega Ciancimino al dr. Ingroia, per cui all’inizio del pizzino n°1 fanno capolino le due paroline “posizione politica”.

    Allora, nel rielaborare la lettera, secondo lui troppo pesante, don Vito aggiunge al triste evento un bel “in sedi giudiziarie” in maniera da correggere il tiro e trasformare la minaccia alla vita di Piersilvio, in una minaccia di : «… rilevare tutte quelle che erano il bagaglio di informazioni, avrebbe… avrebbe dato via a un’inchiesta giudiziario…» poiché «mio padre non trovava… diciamo, molto etico il fatto di poter usare la minaccia verso figlio verso terzi di come motivo per attirare l’attenzione di questi soggetti, per cui preferiva farlo nell’ambito giudiziario che non in quel tipo di ambito che era rappresentato nella precedente missiva.»[2]

    Insomma, don Vito, anziché accoppargli il figlio, preferiva arrecare a Berlusconi guai che potevano avvenire in sedi giudiziarie o altrove. Inoltre, prende le paroline “per questa mia posizione politica” e le appiccica ad un non meglio definito “anni di carcere”, stabilendo un’associazione causale fra le due cose, cosicché il significato originale del pensiero di Provenzano, quello della “posizione politica” riferita non si sa bene come al “controllo dei voti”, va a farsi benedire.

    Quindi Vito Ciancimino, usando un «messaggio cifrato»[2], scrive a Dell’Utri che se si fosse verificato un triste evento in sedi giudiziarie o altrove lui era convinto che Berlusconi gli avrebbe concesso l’uso di una televisione onde parlarne, per significare in realtà (messaggio cifrato, eh) che se Berlusconi non si metteva a disposizione sua e soprattutto di Provenzano con «tutto quello che in quel momento il Berlusconi, la sua forza politica, rappresentavano”[2], loro gli avrebbero fatto avere rogne giudiziarie o di altro tipo.

    Ma non solo.

    Persino la frase «…anni di carcere per questa mia posizione politica intendo dare il mio contributo (e non sarà modesto) perché questo triste evento non abbia a verificarsi», era un messaggio cifrato, perché nella realtà il soggetto occulto della frase era lo stesso destinatario della lettera, Silvio Berlusconi in persona, ed il contributo non era qualcosa che potevano recare Ciancimino e Provenzano alla sua causa, bensì, al contrario, era qualcosa che Silvio Berlusconi doveva recare alla causa loro. E questo per il fatto che «nel 94, ovviamente, questo contributo doveva essere molto più ampio in quanto lo stesso non era più proprietario solo di una televisione privata, bensì di un gruppo editoriale ben più ampio, e di una posizione politica di fatto che rappresentava il partito di maggioranza.» [2]

    E così, quello che nella lettera di Provenzano era un “contributo” del boss volto ad evitare un triste evento  nonchè a contribuire ad una posizione politica con apporti elettorali, nella rielaborazione di don Vito, (superbo enigmista!), diventa un contributo che Berlusconi doveva dare alla causa della mafia grazie alla raggiunta posizione politica, se voleva evitare un triste evento in sedi giudiziarie (e magari pure “anni di carcere”, perchè no).

    Ma non è finita qui.

    Don Vito avrebbe anche convocato una conferenza stampa per parlare di un modesto episodio riferito al triste evento e per rendere pubblica, nonché dimostrare, l’inettitudine  di qualcuno nei confronti di una certa iniziativa dello stesso don Vito (purtroppo rimasta indefinita per scomparsa della pagina), il che sempre in messaggio cifrato  significava invece che avrebbe convocato, nella sala-stampa dei detenuti del carcere di Rebibbia, una conferenza per «raccontare quella che era stata la nascita della coalizione, che poi aveva dato vita al gruppo “Forza Italia”, una serie di fatti che ne avevano determinato la nascita»[2].

    A questo punto Vito Ciancimino prese la lettera così come lui l’aveva rielaborata nella sua cella, sempre nel 1994 ma sempre su carta prodotta dopo il gennaio 1996 (sempre infinite, le vie), con tanto di indirizzo dei destinatari Berlusconi e dell’Utri in testa e con tutte le cose belle che gli mandava a dire nonché, nella prima parte oggi scomparsa, “alcuni appunti per il Lo Verde. In merito alla…a questa interpretazione…agli aggiustamenti che lo stesso mio padre aveva operato a quello che era il testo del … che inizialmente mi aveva consegnato il Lo Verde a me»[2] e, non si sa come, «la fece avere»[1] a Massimo Ciancimino, il quale la portò poi a Provenzano.

    Poi che fine abbia fatto quella lettera, la n°2, Ciancimino Jr. non lo sa.

    Salterà poi fuori anni dopo, tra la documentazione di suo padre, una sola pagina di questa, in due diverse versioni: una in fotocopia, quella cioè da lui prodotta in tribunale (solo un tantino ritagliata e pasticciata) l’8 febbraio 2010 dopo averla concessa, con un anticipo di 4 mesi, ai giornali; l’altra versione è un ritaglio sforbiciato dell’ORIGINALE (che perciò si era tenuto, dando invece a Provenzano solo una fotocopia) sempre e soltanto dell’unica pagina disponibile (è ritagliata via la metà superiore, per cui non compare l’indirizzo a Berlusconi), a mani della DDA di Caltanissetta e peritata dalla polizia scientifica, (che ha ravvisato trattarsi di carta prodotta, per l’appunto,  dal gennaio 1996 in poi), la stessa pagina poi prodotta in fotocopia in tribunale, ma che rispetto a quella ha qualche riga in meno, ritagliata via, e qualche riga in più (ritagliata invece dalla fotocopia).  

    I ritagli e gli incollaggi di questo documento verranno segnalati dal gen. Mori mediante dichiarazioni spontanee in aula, ma il PM Di Matteo replicherà che a lui “non risultano fotomontaggi”.

    Infatti non è un fotomontaggio, ma soltanto la fotocopia di un documento ritagliato ed appiccicato ad un altro.

    Invece la lettera n°1 la conserva in originale (mentre una copia  la da al Sig. Franco-Carlo, su istruzioni di suo padre). Dapprima «Era messo dietro la copertina di un libro della TRECCANI, a Roma.»[6] Aggiunge Junior: «Mio padre me l’aveva fatto mettere dietro un libro della TRECCANI, nella copertina, avevamo scollato l’ultima pagina e l’avevamo messo là dietro assieme ad altri documenti suddivisi.»[6] Sarà stata quindi una copertina bella gonfia.

    Quindi successivamente il pizzino si ritrova a Palermo nella sua cassaforte, per finire, infine, allegato al manoscritto di 12 pagine “I carabinieri” e riposto insieme allo stesso manoscritto, sempre con l’indirizzo di Dell’Utri e Berlusconi scritto bello grosso, in uno scatolone nei magazzini della Chateau d’Ax, dove egli custodiva la documentazione «che non era stata ritenuta opportuna occultare, perché di fatto era quella che si voleva che si ritrovasse»[2], e vale a dire ciò che non gli importava che venisse scoperto, perché quel pizzino n°1, quello scritto da gente vicina a Provenzano con l’indirizzo sopra di dell’Utri e Berlusconi e le esplicite minacce di morte al figlio di questi, era un documento che lui non riteneva «che era di quelli importanti da portar via.»[2].

    Ma quando i carabinieri lo sequestrano nel febbraio 2005 insieme a tutta la roba dello scatolone, verbalizzano che ne manca un pezzo, cioè verbalizzano che si tratta solo di “una parte” di un foglio A4.

    La parte con l’indirizzo di dell’Utri di quel foglio A4 era sparita ed era rimasta solo più la parte dove si leggeva del tentativo di estorcere l’uso di un canale televisivo a Silvio Berlusconi, e cioè la ciccia di Marco Travaglio (Marco Travaglio vede il pizzino, ed esclama nel suo “passaparola”: “E qui c’è la ciccia!”).

    Quindi la ciccia viene sequestrata ed acquisita e consegnata ai magistrati dai carabinieri, mentre invece una copia del papello che secondo spiegazioni date alla stampa da Massimo Ciancimino poteva trovarsi nello stesso scatolone, viene fotocopiata in un'attigua copisteria e fatta così scomparire in doppia copia,  non comparendo neppure sui verbali.

    I carabinieri che avrebbero combinato questo scherzetto, su diretto comando del Col. Gian Marco Sottili (uno dei principali artefici dell’indagine che ha portato all’arresto delle talpe in procura Ciuro e Riolo, di Michele Aiello ed all’incriminazione di Totò Cuffaro), sapevano perfettamente (lo dice lo junior) che una copia del papello (anche questa proveniente dal nascondiglio nella copertina dell’enciclopedia, estratta religiosamente nel 2002 da don Vito da quel pertugio dove era rimasta nascosta per 10 anni, ma nascosta inutilmente,  perché nel frattempo c’erano altre fotocopie dello stesso documento che circolavano forse in soffitta o forse persino messe a disposizione negli scatoloni in magazzino) era custodita nella cassaforte dell’Addaura, ma non si sa perchè quando nel corso della perquisizione  vengono proposte loro le chiavi di quella cassaforte, essi le rifiutano sdegnosamente, decidendo di lasciare tranquilla la fotocopia del papello chiusa in cassaforte, nelle mani di Ciancimino, per accontentarsi invece di portarsi via solo quella abbandonata forse in soffitta o forse nello scatolone in magazzino (esattamente, non si è capito), dopo averla fotocopiata per la terza volta in una copisterìa.

    Ma Massimo Ciancimino non si accorge di tutto questo, nonostante abbia poi dovuto firmare il verbale di sequestro, dove la condizione e lo stato del pizzino di Provenzano (del papello, invece no) erano accuratamente annotati, e probabilmente ne abbia anche avuto copia. Non si accorge che il foglio sequestrato era dimezzato, ma si rende però conto che nell'aver ritenuto che questo non era un documento «di quelli importanti da portar via.» e nell'averlo quindi lasciato a piena disposizione dei sequestri giudiziari, aveva ritenuto una cazzata.

    Manifesta questa sua preoccupazione ad un «emissario» del sig. Franco-Carlo, il quale gli fornisce «assicurazioni che questi documenti non sarebbero mai venuti alla luce»[3].

    Invece alla luce, al contrario del papello,  ci viene, quel pezzo di documento contenente “la ciccia” di Travaglio, a metà del 2009, e nel visionarlo il Ciancimino si accorge con grande stupore che appunto ce n'è solo un pezzo (la ciccia), così come era già scritto sul verbale di sequestro da lui firmato 4 anni prima, e che, pertanto, manca tutta la parte con gli indirizzi dei destinatari e con l’enunciato della minaccia alla vita di Piersilvio Berlusconi.

    E nel vedere che ne manca un pezzo, Ciancimino Jr. ha una gran fifa: «continuo a ribadire che mi vorrei rimangiare quello che ho detto perché ho paura»[5].

    FINE

    (da: "Prego, dottore!" – Cap- 7 )

    [1] Dichiarazione rilasciata da Massimo Ciancimino nell'udienza del 2 febbraio 2010 del processo Mori-Obinu, ripresa da molti quotidiani. Si veda, ad es., «Provenzano "consegnò" Riina ai carabinieri in cambio dell'impunità» - Corriere della Sera online – 2 febbraio 2010
    [2] Processo "Mori-Obinu" – udienza dell' 8 febbraio 2010  
    [3] Don Vito – di Francesco La Licata e Massimo Ciancimino – Ed. Feltrinelli – pagina 227/229
    [4] Lettera n.2 di Vito Ciancimino 
    [5] Dal verbale d'interrogatorio di M.Ciancimino del 01/07/2009 della Procura di Palermo
    [6] Dal verbale d'interrogatorio di M.Ciancimino del 30/06/2009 della Procura di Palermo

     
    • anonimo 22:44 on 24 November 2010 Permalink | Rispondi

      Esiste anche la possibilità che ciò che dice Ciancimino sia vero(almeno in parte) e che siano false le prove che porta a supporto delle sue rivelazioni. Naturalmente se le cose stanno così difficilmente lo verremo a sapere, ma la possibilità esiste.

    • enrix007 16:16 on 25 November 2010 Permalink | Rispondi

      Con stretta attinenza alle due "lettere" di cui si parla in questo articolo, le cose non stanno così.
      Ne riparleremo.

  • Avatar di enrix

    enrix 18:57 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , bernardo provenzano, , , , , , , ,   

    Perché considero inattendibile Massimo Ciancimino 

    Perchè considero inattendibile Massimo Ciancimino

    di Sebastiano Gulisano

    Mi sarebbe piaciuto assistere alle udienze del processo Mori-Obinu, all’inizio di febbraio, per osservare le facce dei protagonisti, scrutarne le espressioni mano a mano che procedeva il racconto del «teste assistito» Massimo Ciancimino sulla trattativa Stato-mafia dopo la strage di Capaci del 23 maggio 1992 e prima della strage di via d’Amelio. Avrei voluto scrutarne gli sguardi, le espressioni, le smorfie, i gesti e, attraverso essi, tentare di interpretare i pensieri di ciascuno di loro. A pensarci bene,  non mi sarebbe nemmeno bastato esserci: mi ci sarebbero volute un bel po’ di telecamere, almeno una per ogni protagonista e una sala di regia da dove osservare. In quell’aula di Tribunale, però, non c’ero, né ho visto filmati di quel dibattimento, di quelle udienze; ho solo ascoltato le registrazioni di Radio Radicale delle tre giornate in cui Ciancimino ha raccontato la sua verità. In precedenza, avevo letto tutti i verbali depositati dai pm agli atti del processo Mori-Obinu, scaricati dalla rete tramite il sito Censurati.it. Sulla vicenda, inoltre, conoscevo la progressione delle dichiarazioni di Giovanni Brusca dal 1996 in poi, le testimonianze degli ex ufficiali del Ros dei carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno al processo di Firenze sulle stragi del 1993, la versione ufficiale di don Vito Ciancimino che sostanzialmente coincide con quella dei carabinieri: la trattativa sarebbe iniziata dopo le stragi siciliane, alla fine di agosto. Senza contare le innumerevoli cronache giornalistiche che, negli anni, hanno trattato l’argomento. Insomma: pensavo di saperne qualcosa e mi ero anche formato qualche idea.
    Dopo le dichiarazioni di Ciancimino jr, specie dopo la sua testimonianza in Tribunale nei giorni 1, 2 e 8 febbraio 2010, non so più nulla. O quasi.

    Nelle ultime settimane ho riletto tutti i verbali del figlio di don Vito e ascoltato più volte attentamente le sue parole al processo Mori-Obinu: l’unica cosa che mi è chiara è che Massimo Ciancimino ha studiato male, talmente male da riuscire a contraddirsi persino sulle vicende di cui è stato protagonista diretto. Figurarsi su ciò che gli avrebbe raccontato il defunto don Vito.
    Complessivamente, il racconto del «testimone assistito» è verosimile. Verosimile non vuol dire vero, ma raccontato in maniera tale che possa sembrarlo. Specie se non si hanno elementi di paragone. Il fatto è che se si mettono a confronto le cose che Ciancimino racconta ai pm in due anni di collaborazione (già in parte contraddittorie, ma in qualche modo giustificabili) con quelle che racconta nell’aula del processo Mori-Obinu la sua attendibilità va a farsi friggere. Non perché dica cose false (non sono in condizione di saperlo), ma perché in più occasioni afferma cose radicalmente diverse rispetto a quelle dichiarate ai pm: nella migliore delle ipotesi, ha problemi di memoria. Problemi seri. So che un Tribunale, in relazione a determinati fatti palermitani degli anni Ottanta, lo ha ritenuto attendibile, ma so anche che quella patente di attendibilità non rende né vero né attendibile tutto ciò che dice Massimo Ciancimino.
    Faccio qualche esempio così risulta chiaro ciò che intendo.

    Dall’interrogatorio del 7 aprile 2008 davanti ai pm palermitani Nino Di Matteo (PM) e Antonio Ingroia (PM1):

    «CIANCIMINO: De Donno (…) L’ho incontrato subito dopo l’omicidio del dottor Giovanni FALCONE in una… sul volo Palermo – Roma. In quell’occasione siamo riusciti, parlando con la hostess, a farci assegnare un posto accanto… (…) …mi ricordo proprio il periodo, è stato una settimana dopo, 10 giorni dopo (la strage di Capaci, ndr). (…) l’incontro con DE DONNO è avvenuto circa 10 – 15 giorni dopo… (…)
    CIANCIMINO: Ci siamo messi accanto e lui mi ha detto: ma secondo lei… inizialmente mi chiese soltanto se…
    P.M.1: Volo Palermo – Roma, giusto?
    CIANCIMINO: Palermo – Roma… se mio padre avesse avuto mai intenzione di farsi una chiacchierata con lui. Il primo contatto tra me e DE DONNO dice: ma secondo me tuo papà mi ricever… sarebbe disposto a ricevere me e casomai qualche altro per farsi una chiacchierata? (…) non mi ricordo ovviamente se mi parlò di collega o superiore. Ho parlato con mio padre di questo, più di una volta… premesso, il dottor DE DONNOmi lasciò un recapito telefonico dove trovarlo ed era un numero di una utenza telefonica mobile.
    P.M.1: Quindi lei riferendo a suo padre…
    CIANCIMINO: Esatto, mio papà disse di chiamarlo, mi disse: vabbè chiamalo e chiedi al Capitano DE DONNO quale dovrebbe essere l’argomento della discussione. Chiamai il Capitano DE DONNO e mi ricordo che in quell’occasione lo incontrai a Palermo, ci incontrammo di fuori della Caserma quella diciamo che purtroppo ho conosciuto pure io, Caserma Carini, quella che c’è qua dietro al Politeama…»

    Al processo Mori-Obinu, l’1 febbraio 2010, l’incontro con De Donno non avviene più a Punta Raisi ma a Fiumicino, il volo è Roma-Palermo e il primo appuntamento con De Donno non è più a Palermo, vicino alla caserma Carini, ma a Roma, ai Parioli.

    Che la cosiddetta trattativa cominci con un incontro più o meno casuale in aeroporto, fine maggio-primi di giugno, è un fatto noto da 15 anni, raccontato dallo stesso De Donno, che lo ha sempre collocato sul Palermo-Roma, come il primo Ciancimino. Da dove salti fuori la seconda versione non è dato sapere: il pm Di Matteo non ha fatto nulla per indurlo a ricordare meglio; la difesa di Mori non glielo ha stranamente contestato.

    Durante l’interrogatorio del 20 novembre del 2009 (condotto da ben 6 pm di Palermo e Caltanissetta) a Ciancimino viene chiesto di spiegare il contenuto di un “pizzino” che lo stesso ha consegnato ai magistrati, una lettera dattiloscritta indirizzata da Provenzano a don Vito, ritirata personalmente da Massimo:

    «P.M.: Carissimo ingegnere, ho ricevuto la notizia che ha ritirato la ricetta dal caro dottore… ascolti bene, non…
    CIANCIMINO: Sì, sì.
    P.M.: credo che è il momento che tutti facciamo uno sforzo, come già ci eravamo parlati al nostro ultimo incontro, il nostro amico è molto pressato, speriamo che la risposta ci arrivi per tempo, se ci fosse il tempo per parlarne noi due insieme. Io so che è buona usanza in lei andare al Cimitero per il compleanno del padre suo, si ricorda, me ne parlò… me ne parlo lei, potremo vederrci con due erre… per rivolgere insieme una preghiera a Dio o come l’altra volta, per comodità sua, da nostro amico OMISSIS. Bisogna saperlo, perché a noi ci vuole tempo per organizzarci».

    Dunque: nel racconto di Massimo Ciancimino il «Carissimo ingegnere» è il padre, la «ricetta» è il papello, il «caro dottore» è Antonino Cinà (che avrebbe consegnato il papello a Massimo il 29 giugno 1992, giorno di S. Pietro – a Roma è festa e lui aveva programmato una gita a Panarea ma ha dovuto rinunciare); «la risposta» che aspettano «per tempo» sarebbe quella delle istituzioni alle richieste contenute nel papello; il «nostro amico» è Totò Riina, «molto pressato» da un soggetto esterno a Cosa Nostra («il grande architetto» lo chiama Ciancimino padre) che vuole continuare la strategia stragista; il «Cimitero» è quello dei Cappuccini, a Palermo; il «compleanno del padre suo» ricorreva il 12 luglio.
    Secondo il racconto che Ciancimino jr fa ai magistrati il 20 novembre – lo sintetizzo perché è lungo una decina di pagine –, il pizzino, in busta chiusa, gli sarebbe stato consegnato da persone vicine a Provenzano «alla fine di giugno del 1992» e da lui portato al padre, senza leggerlo; il contenuto gli sarebbe stato riferito successivamente dallo stesso don Vito. Massimo è certo del periodo perché ricorda che il «padre era venuto a Palermo per incontrare il Lo Verde», alias Provenzano, e che l’incontro «è avvenuto in una giornata di mercoledì (…) di fine giugno 1992».
    Al processo, il 2 febbraio, il ritiro della busta, spostato da «fine giugno» ai «primi di luglio» del ’92, avviene in seguito alla consegna a Provenzano, la mattina dello stesso giorno, di un’altra busta «proveniente da Roma» (da don Vito) di cui prima sostiene di non conoscere il contenuto ma, poco dopo, per spiegare in cosa consistesse lo «sforzo» da fare, cambia idea e dichiara che «mio padre mi dice che nella lettera che aveva mandato a Provenzano lamenta come queste situazioni, queste richieste del Riina erano inattuabili, quindi viene chiesto a mio padre di fare quell’ulteriore sforzo che viene identificato da mio padre, me lo dice lui, in quella specie di contropapello: cercare dei punti di convergenza per andare avanti nella trattativa, in quanto lo stesso mio padre aveva definito non attuabile il tutto».
    Nell’analisi del passaggio successivo la divaricazione con le dichiarazioni rese ai pm di Palermo e Caltanissetta si fa evidente, ché quando c’è da interpretare la speranza «che la risposta ci arrivi per tempo se ci fosse il tempo di parlarne noi due insieme», succede il patatrac:

    Pm Ingroia: «A che risposta si riferisce Provenzano?»
    Ciancimino: «Alla possibilità di avanzare il contropapello di mio padre come condizione su cui continuare questa trattativa».
    Ingroia: «Non ho capito. La risposta di chi a chi. Provenzano di quale risposta parla?»
    Ciancimino: «La risposta di mio padre. Mio padre doveva fornire un tipo di documentazione su cui aprire questa eventuale altra possibilità di trattare con questi soggetti e sollecita un incontro a tal proposito fra i due che poi di fatto avviene».
    Ingroia: «Cioè una risposta che doveva dare suo padre?»
    Ciancimino: «In merito a quella che era la sottoposizione di questo elenco di…»
    Siccome la cosa sembra volgere al peggio, il pm Ingroia, come si dice dalle mie parti,  c’a cala cca cucchiaredda, cioè lo imbocca:
    Ingroia: «Sebbene sia un italiano approssimativo, però la frase dice: “speriamo che la risposta CI arrivi per tempo”, cioè “ci” significa “a noi”, “noi” sono i due interlocutori del colloquio, cioè Provenzano e Ciancimino. Quindi, dalla lettura di questa frase, sembra che ci sia una terza persona, diversa da Provenzano e Ciancimino…»
    Ciancimino: «Sono i carabinieri, ovviamente».
    Ingroia: «Non lo so».
    Ciancimino: «Sono i carabinieri e il signor Franco che devono…»
    Ingroia: «Non lo so… Una persona diversa deve dare una risposta».
    Ciancimino: «…una risposta ad andare avanti in un minimo di trattativa».
    La strategia ha funzionato e, dunque, il pm Ingroia continua: «Questo bigliettino consegnato a suo padre è successivo alla consegna del cosiddetto papello?»
    Ciancimino: «Si. Il papello è stato ritirato, la ricetta…».
    Ingroia: «E quindi, la domanda è… Presidente, richiamo la sua attenzione per evitare che poi mi si dica che faccio domande suggestive, quindi valuterà lei se è tale. La domanda è: la risposta contenuta nel pizzino è la risposta che ci si aspettava dal papello che era stato inoltrato?»
    Ciancimino: «Sì, la risposta in merito se c’erano margini di discussioni in merito al papello, ché Provenzano non aveva accesso diretto coi carabinieri, ché mio padre…»
    Ingroia: «Benissimo. E allora: quando Provenzano dice a Ciancimino “la risposta ci arrivi per tempo”, “per tempo” rispetto a cosa o a quale eventuale evento si riferisce Provenzano in questo pizzino?»
    Ciancimino: «Eventuale…»
    Non lo lascia finire e lo incalza: Ingroia: «C’è un riferimento alla pressione cui era sottoposto Riina?»
    Ciancimino: «Sì, il riferimento è chiaro. Mi dice mio padre “Ci arrivi per tempo” perché Riina aveva indicato uno spazio temporale entro il quale si doveva rispondere o sì o no a quelle che erano le sue richieste avanzate in quel documento perché sennò sarebbe dovuto andare avanti in quello che era il suo piano iniziale, di proseguire con le stragi».
    Potrebbe fermarsi qui, Ingroia, ché la situazione l’ha recuperata brillantemente, ma non gli basta, vuole chiudere il cerchio e rendere plausibili le prime strampalate risposte di Ciancimino.
    Ingroia: «E questo perché – lo ha già detto nella prima parte dell’esame condotto dal collega – Provenzano era andato da Riina per cercare di convincerlo a frenare, ad abbassare le richieste, no?»
    Ciancimino: «Sì. Analizzare una controproposta che avrebbe avanzato mio padre, che di fatto non si distaccava molto da quelle che erano le sue 12 richieste ma le rendeva presentabili a quelli che dovevano essere i possibili interlocutori».

    Un capolavoro, quello di Ingroia: riesce a recuperare una situazione disperata inserendo nell’ultima domanda un elemento di cui non ho trovato traccia nella prima parte dell’esame condotto dal pm Di Matteo (spero che altri la trovino e mi smentiscano): se non sono diventato sordo selettivo, Ciancimino non aveva mai detto (nemmeno negli interrogatori depositati dai ai pubblici ministeri di Palermo e Caltanissetta) che dopo la consegna del papello «Provenzano era andato da Riina per cercare di convincerlo a frenare, ad abbassare le richieste». Ritengo che quello del pm sia un errore riconducibile all’estenuante lunghezza e alla complessità degli interrogatori. Solo in due occasioni, le risposte di Ciancimino alle domande dei pm si erano vagamente avvicinate a quella affermazione: nell’interrogatorio del 19 ottobre 2009, il figlio di don Vito aveva riferito che, dopo avere ricevuto il papello, il padre aveva insistito con Provenzano e con il signor Franco per cercare una mediazione e Provenzano gli aveva risposto che «se si fosse presentato qualcosa di attuabile lui si sarebbe adoperato» per convincere Riina ad accettare; mentre il successivo 20 novembre, commentando il pizzino della “ricetta”, al pm che gli chiedeva se sapesse se Provenzano avesse già parlato del papello con suo padre e con Riina, Ciancimino aveva risposto: «Con tutti e due, io credo che mio padre… cioè io credo… mio padre mi dice che è Provenzanoche deve convincere Riina a discutere e a capire… perché mio padre non parla con Riina».
    Nemmeno stavolta la difesa del generale Mori si avvede dell’errore. Anche per loro, vale la stessa attenuante di Ingroia. D’altronde, non se ne sono accorti nemmeno i giudici.
    È decisamente più facile starsene seduto davanti a un computer e scovare questi dettagli avendo quasi due mesi a disposizione, con verbali da leggere e rileggere fino allo sfinimento e file mp3 da ascoltare e riascoltare a piacimento.
    Al di là di chi se n’è accorto e chi no, a prescindere dal possibile errore commesso da Ingroia, risulta evidente come Ciancimino non ricordi assolutamente l’originaria interpretazione da lui data di quel pizzino. E siccome ciò che sa glielo ha detto suo padre, in assenza di don Vito e di qualsivoglia elemento di riscontro, non possiamo sapere ciò che il padre gli ha detto.
    Visto che ci siamo, voglio precisare che dell’inversione della rotta aerea e del cambio di città del primo incontro fra Massimo Ciancimino e De Donno mi sono accorto al primo ascolto, ché la mia memoria non è ancora da buttare. È plausibile che i giudici non abbiano rilevato la discrepanza, ché non sono tenuti a conoscere tutti i verbali di Ciancimino; è sorprendente che non se ne siano accorti Mori e i suoi legali; ritengo che il pm De Matteo, che conduceva l’esame, se ne sia accorto e abbia sorvolato.

    I due episodi narrati non intendono sindacare la buona fede di Massimo Ciancimino e la genuinità della sua collaborazione con la giustizia, ma – lo ribadisco – rilevano come la sua memoria sia un colabrodo e, dunque, la sua attendibilità prossima allo zero.

    C’è da precisare come in due anni di interrogatori – quantomeno in quelli pubblici – Ciancimino non avesse mai riferito ai magistrati che «Riina aveva indicato uno spazio temporale entro il quale si doveva rispondere o sì o no a quelle che erano le sue richieste». Ma, di fronte a tale novità, non gli viene chiesto a quanto ammontasse tale «spazio temporale», sebbene i tempi, le date in questa vicenda siano importanti tanto quanto i contenuti (a prescindere dalle numerose contraddizioni) della narrazione.  Un particolare, questo dello «spazio temporale» tutt’altro che secondario: l’assunto di tutta questa storia è che la trattativa avrebbe convinto Totò Riina che «lo stragismo paga» e, di conseguenza, avrebbe accelerato l’attuazione della strage di via D’Amelio. In tale contesto, dunque, sapere se lo «spazio temporale» si fosse o meno esaurito ci consentirebbe di sapere se l’assunto è reale oppure se la strage di via D’Amelio è avvenuta dopo la fine dello «spazio temporale» e, quindi, la trattativa non avrebbe accelerato un bel niente ma, al contrario, avrebbe attenuato le «pressioni» esterne procrastinando l’attuazione della strage. Di conseguenza, la trattativa non potrebbe rientrare manco di striscio fra i possibili moventi dell’eliminazione del procuratore Paolo Borsellino.

    Una ulteriore precisazione: il signor Franco, detto anche signor Carlo, secondo il racconto di Massimo Ciancimino sarebbe un personaggio delle istituzioni, legato ad ambienti dei servizi segreti, tuttora non identificato. Di lui sappiamo che è in relazione con don Vito fin dal tempo in cui il ministro dell’Interno era Restivo (1968-1972) e che nella trattativa è consigliere dell’ex sindaco fin dal primissimo momento. Anzi: don Vito accetta di incontrare i carabinieri solo dopo che Provenzano e il signor Franco gli hanno consigliato di farlo. È il signor Franco, secondo Ciancimino jr, a rivelare a don Vito che dietro i carabinieri c’erano «il ministro Rognoni e il ministro Mancino».

    Vediamole, dunque, queste date, così come emergono dalle dichiarazioni dibattimentali.

    Il 27-29 giugno del 1992 Massimo riceve la busta contenente il papello dal dottor Cinà, a Palermo, «e la porto subito a mio padre a Roma». Dopo la consegna, il padre lo esorta a telefonare a De Donno per fissare un appuntamento con lui e Mori e, dopo, di fare lo stesso col signor Franco. Inoltre, il padre «informa subito Provenzano» delle richieste «inaccettabili e impresentabili» fattegli recapitare da Riina «e viene invitato a cercare punti di mediazione», a elaborare una proposta «credibile e presentabile». Non è chiaro quando avvengano gli incontri coi carabinieri e col signor Franco, né cosa intenda Ciancimino quando dice che suo padre informa «subito» Provenzano. Non facciamo ipotesi e facciamo finta che lui, in precedenza, su questa punto non abbia detto nulla (ché in realtà ha cambiato versione svariate volte) e, dunque, nulla sappiamo.
    Tra la fine di giugno e i primi di luglio Massimo è di nuovo a Palermo per consegnare una busta con un messaggio del padre a Provenzano e, nel pomeriggio dello stesso giorno, ritira da emissari del boss latitante una busta contenente il pizzino in cui si parla della «ricetta». Di tale collocazione temporale Ciancimino, nell’interrogatorio del 20 novembre 2009, si dichiara certo perché ricorda che il «padre era venuto a Palermo per incontrare il Lo Verde», alias Provenzano, e che l’incontro «è avvenuto in una giornata di mercoledì di fine giugno 1992». Il 30 giugno era martedì, dunque il padre e Provenzano si sarebbero visti il 24 giugno (ultimo mercoledì del mese) o il primo luglio. Se l’incontro fosse avvenuto il primo luglio non avrebbe senso che contestualmente i due usassero Massimo come postino per scambiarsi pizzini in cui si parla di «ricetta» – ne avrebbero discusso di persona –, collochiamo perciò l’appuntamento alla data del 24 giugno. Ma non è importante, ché nel processo tale dettaglio non è entrato.
    L’altra data certa è quella del 12 luglio, compleanno del defunto padre di don Vito e occasione (vedi pizzino) per incontrare Provenzano e parlare di papelli e contropapelli. Sempre il 12 luglio, inoltre, don Vito incontra nella sua casa dell’Addaura il signor Franco e gli mostra il papello (o gli viene restituito, avendoglielo egli dato in precedenza). Alla fine dell’incontro, don Vito conserva il foglio nella tasca della giacca e commenta che Riina è «il solito testa di minchia» e che le sue richieste sono «inaccettabili e irricevibili». Massimo ha assistito alla scena e ha sentito con le proprie orecchie il padre pronunciare quelle parole, quindi non c’è da dubitare che ciò sia avvenuto.
    Non sappiamo quanto tempo abbia concesso Riina, ma sappiamo che due settimane dopo la consegna del papello Vito Ciancimino incontra, nel corso della stessa giornata, Provenzano e il signor Franco: col primo parla del contropapello; col secondo del papello e s’inalbera per il contenuto. Sappiamo anche che, stando all’interpretazione dibattimentale del testo del pizzino, ai «primi di luglio» Provenzano e don Vito erano in attesa della «risposta» dei carabinieri e del signor Franco. Non è chiaro come mai, se all’inizio del mese aspettavano la risposta dell’uomo dei Servizi, il 12 luglio li troviamo a Mondello ancora col papello in mano. Anche perché – altra cosa che sappiamo – Provenzano aveva cortesemente pregato don Vito di fare un piccolo sforzo e di elaborare un «contropapello» che «non si distaccava molto dalle richieste di Riina, ma le rendeva accettabili». Dunque, alla data del 12 luglio abbiamo don Vito che parla ancora di papello col signor Franco e di contropapello con Provenzano; non sappiamo se è arrivata la risposta dei carabinieri e dei loro politici di riferimento. Intanto Riina aspetta una qualche risposta, mentre «il grande architetto» continua a esercitare pressioni su di lui, «riempiendogli la testa di minchiate» per fargli continuare la strategia stragista.
    Per inciso: che il papello sia stato consegnato ai carabinieri lo sappiamo anche dal fatto che agli atti del processo, fra i documenti depositati, provenienti dall’archivio dell’ex sindaco e consegnati dal figlio ai magistrati di Palermo, c’è una fotocopia delle 12 richieste di Riina in cui c’è scritto – dalla mano di don Vito, ha giurato Massimo – che è stato «consegnato spontaneamente al colonnello dei carabinieri Mario Mori del Ros». La scritta è stata vergata su un post-it e incollato al papello, ma siccome agli atti del dibattimento c’è una fotocopia bisogna specificarlo.

    Domande.
    Se Vito Ciancimino considerava le 12 richieste contenute nel papello «irricevibili e impresentabili» e si è dato così tanto da fare per convincere Provenzano e il signor Franco a dargli il tempo di elaborare un «contropapello», perché ha consegnato a Mori il foglio ricevuto da Riina tramite Cinà?
    Lo ha forse fatto all’insaputa di Provenzano e del signor Franco?
    Se a Mori è stato consegnato il papello con le proposte «irricevibili e impresentabili», a cosa serviva il «contropapello» di don Vito che «non si distaccava molto dalle richieste di Riina, ma le rendeva accettabili»?
    Non sarebbe stato più sensato attendere la definizione delle richieste da includere nel «contropapello» e consegnare quest’ultimo ai carabinieri?
    È mai possibile che né Ciancimino, né il signor Franco, né Provenzano abbiano pensato a tale eventualità?
    E se qualcuno di loro ci ha pensato, lo ha esternato agli altri?
    E se lo ha fatto, come mai la proposta è stata bocciata?

    In chiusura, diamo una sbirciata alle presunte proposte «accettabili» (anch’esse agli atti del processo): fra l’altro, don Vito aveva sostituito l’assurda pretesa di revocare il 41 bis (il carcere duro per i mafiosi) con la più sensata richiesta di abolire il 416 bis (il reato di associazione mafiosa); mentre al posto dell’improponibile soppressione della tassa sui carburanti, in modo che i siciliani potessero spendere quanto quelli della Val d’Aosta, era stato introdotta la più ragionevole pretesa di abolizione del monopolio di Stato sui tabacchi, per le felicità di tutte le organizzazioni criminali – Cosa Nostra inclusa – che da circa mezzo secolo prosperavano sul traffico illegale di tabacchi possibile grazie all’esistenza del monopolio.
    Ignoro cosa pensassero il signor Franco e il ragionier Lo Verde (alias Provenzano) di cotanto geniale «contropapello», ma non dispero che prima o poi possa saltare fuori qualche pizzino a colmare la mia lacuna.

    estratto dal blog "Il vizio della memoria":
    http://ilviziodellamemoria.splinder.com/post/22453125/Perch%C3%A9+considero+inattendibil

     
    • anonimo 13:57 on 6 April 2010 Permalink | Rispondi

      Perche' assomiglia a Bugs Bunny?Maury

    • Sympatros 22:55 on 10 April 2010 Permalink | Rispondi

      E' da tempo che non seguo il Segugio, come vanno le cose… i vari scoop hanno inciso nelle tormentate vicende…. intervista Borsellino…. processo dell'Utri… processo Mori? Hanno avuto il meritato successo? Sono state prese in considerazione dalla difesa di Mori e Dell'Utri? Certo se non l'hanno fatto sono dei veri tonti… ma come si può..come si può…. una difesa geniale servita su un piatto d'argento? Insomma come stanno le cose, ragguagliatemi!Una lettura di Segugio al mese e non al giorno leva il medico di torno!Ciao, Enrix, hai finito di scoopare?

    • anonimo 15:10 on 11 April 2010 Permalink | Rispondi

      Oltre a un'intervista di Facci a Ciuro oggi in prima pagina su Libero, segnalo un servizio del Giornale nelle pagine interne sull'articolo di Paradisi di Liberoreporter dello scorso bimestre.Cordialita'Luigi

    • anonimo 09:43 on 12 April 2010 Permalink | Rispondi

    • anonimo 02:16 on 11 May 2010 Permalink | Rispondi

      Egr. Enrix,mi perdoni il mezzo OT, ma volevo segnalarti il passaparola di oggi, a mio modesto parere è imperdibile.Ormai ha troppo da fare (promozione=vendere) e prende per oro colato le mirabolanti inchieste di Bolzoni, sì quello delle 3 cassaforti :D SalutiRenzo C

    • anonimo 15:43 on 20 May 2010 Permalink | Rispondi

      non postate più news??

    • anonimo 21:46 on 18 June 2010 Permalink | Rispondi

      complimenti!!!! non ti fermare. so che hai ragione perche'vivo il contesto in"prossimita'" . avrai successo perche' ti muovi con logica ed onesta'.ad maiora!!!   Drago

    • enrix007 00:28 on 19 June 2010 Permalink | Rispondi

      Grazie, Drago.

  • Avatar di enrix

    enrix 16:14 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , bernardo provenzano, , , , , , , ,   

    NUOVO CINEMA CIANCIMINO 

    Nuovo cinema Ciancimino

    Non solo la fantomatica trattativa tra Stato e mafia, il figlio di don Vito dice la sua anche su Ustica, Gladio e caso Moro. Ecco il diario del nuovo vate d’Italia

    di Chiara Rizzo

    Il titolo è prosopopeico: Nel nome del padre. Il sottotitolo non da meno: “Sono ventitrè gli interrogatori di Massimo Ciancimino, il figlio di don Vito. E una valanga i pizzini che riscrivono la storia dei misteri d’Italia, da Gladio alle stragi del ’92, sino ai politici di oggi. Citati con nome e cognome. Eccoli”. Massimo Ciancimino detto Junior, il figlio del sindaco mafioso di Palermo Vito, il testimone chiave al processo di Palermo contro il generale Mario Mori per la mancata cattura del boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, oggi è diventato il vate dei misteri d’Italia. Non bastavano la riduzione della condanna per riciclaggio e la ribalta televisiva.
    Nel nome del padre è già alla seconda edizione. La prima, tremila copie, è andata esaurita in una sola settimana. Il libro è pubblicato dall’editrice siciliana Novantacento, che edita anche un mensile di cronaca che ha tra i suoi collaboratori fissi il sostituto procuratore Antonio Ingroia, titolare dell’accusa al processo Mori. Il coordinatore editoriale della rivista Claudio Reale spiega a Tempi che la pubblicazione dei verbali di Ciancimino è stata possibile perché gli atti non sono stati segretati. Purtroppo per Junior, verrebbe da aggiungere. Più che una raccolta di verbali, è un divertissement da spiaggia, non fosse che le deposizioni di Junior infiammano da mesi la pletora di cronisti giustizieri e infangano il lavoro di due ufficiali che hanno combattuto la mafia rischiando la vita.
    Secondo Massimo Ciancimino, infatti, il padre don Vito fu contattato nel 1992 da Mori e dall’allora capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno per intavolare una trattativa con Totò Riina e indurlo alla resa. Ma papà Ciancimino sarebbe stato protagonista anche di una seconda trattativa, con i carabinieri da una parte e Provenzano dall’altra, finalizzata alla cattura di Riina, in cambio dell’immunità a Provenzano. Le parole di Massimo smentiscono lo stesso don Vito, che ha sempre raccontato di aver tentato una collaborazione con Mori e De Donno per arrivare alla cattura di Riina, sì, ma di non esservi riuscito. Non vi fu, secondo don Vito, alcuna trattativa: si era tentato di far arrendere Riina, ma le richieste presentate da questi non vennero mai prese in considerazione da Mori che voleva la resa immediata o la cattura; inoltre successivi tentativi di don Vito di collaborare alla cattura di Riina si bloccarono col suo arresto. Poi arriva Massimo e riscrive la storia con i fuochi d’artificio. Il 6 giugno 2008, Massimo rivela ai pubblici ministeri Ingroia, Di Matteo e Gozzo il vero motivo per cui sarebbe finita la latitanza record (43 anni) di Bernardo Provenzano. Racconta che il boss, ricercato dalle polizie di mezzo mondo, visitava regolarmente don Vito, mentre questi era agli arresti domiciliari nella sua casa romana nei pressi di piazza di Spagna a Roma. I pm palermitani per poco non cadono dalle sedie: «Ah, lei lo ha visto… lei disse a suo padre “ma come questo super latitante viene a casa di uno agli arresti domiciliari”?». Risponde Massimo: «Secondo mio padre doveva essere un accordo a monte che garantiva il tutto, perché mio padre mi disse: “Non ti scordare che nel momento in cui vorrà, si consegnerà lui”». Junior si sente incoraggiato e prosegue: «Mio padre mi disse poi una frase che era importante: “Perché un uomo quando non riesce ad andare al bagno… non ha più senso niente”. Era quello che capitava a mio padre, perché non era autonomo. Mio padre, come Provenzano, aveva avuto problemi di prostata e avevano parlato di queste cose, che la vita quando non hai questo tipo di autonomia…». Dunque Binnu, la primula rossa di Cosa Nostra, non finì in galera per la bravura delle forze dell’ordine. No, fu solo questione di pipì.
    La scena madre di Junior, invece, ha al centro il fantomatico papello. Ai pm Massimo lo indica come la prova regina della trattativa Stato-mafia, ma per mesi rinvia la consegna, sostenendo che si trova in un caveau all’estero. Stremati dal tira e molla durato più di un anno, il 23 gennaio 2009 i pm Di Matteo e Ingroia, alla presenza del procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, mettono Junior alle strette. Ingroia: «Noi riteniamo che lei oggi debba indicarci quanto meno il paese, la banca, dove si trova questa cassetta di sicurezza, noi attiveremo tutte le rogatorie…». Nell’austero ufficio della procura accade l’imprevedibile: “Ciancimino singhiozza” riporta il brogliaccio dell’interrogatorio. L’avvocato di Junior, stralunato, interviene: «Perché piangi?». Ingroia incalza: «Se c’è necessità di fare una selezione di documenti privati che non hanno rilievo investigativo, avrà la possibilità di non consegnare queste cose però noi la preghiamo, la invitiamo caldamente, oggi di concludere l’interrogatorio dandoci queste indicazioni…». L’avvocato di Ciancimino: «Scusa ma perché piangi?». E Junior, tra le lacrime: «No, non ve lo indico». Ingroia: «Non ce lo indica…». Junior riprende: «Vi avevo chiesto un minimo di segnali da dire: ne vale la pena…». Passerano altri nove mesi prima che in procura vedano il famoso papello. Veniamo infine alla benedetta trattativa, cuore pulsante delle dichiarazioni di Junior. Massimo ne parla fin dal 7 aprile 2008. Però le versioni che riporta, con il tempo, si arricchiscono di nuovi particolari. All’inizio si limita ad anticipare le date degli incontri tra il padre e i carabinieri al giugno del 1992. Assicura che don Vito si fida di loro. Sostiene che il padre tenta di collaborare con i carabinieri per fare catturare Riina e contatta Provenzano per scoprire dove si nasconda. «Sembra fantapolitica» dice Junior ai pm il 7 aprile 2008. Parole sante. Nelle puntate successive degli interrogatori la vicenda si complica.

    «Un nome l’aveva, mi creda»
    Nel racconto appare anche un misterioso agente dei servizi segreti, che per anni sarebbe stato in contatto con don Vito e che nella trattativa avrebbe detto al sindaco che dietro i carabinieri c’erano due politici, gli allora ministri Nicola Mancino e Virginio Rognoni: «Non lo so se si chiamava Carlo, Franco… un nome l’aveva, mi creda» dice Junior. Davanti al racconto i dubbi non mancano. Ad esempio: dal negoziato Provenzano avrebbe guadagnato l’incolumità, ma cosa ci guadagnava don Vito? Arrestato, rimasto in carcere fino al 1999 e ai domiciliari fino alla morte, Ciancimino senior ha sempre sostenuto la versione di Mori. «Era una versione di comodo» dice Junior, e cerca di tappare le falle della ricostruzione con suggestioni di peso: «Mio padre pensava di essere stato scavalcato nella trattativa. Da Dell’Utri». Insomma. Alla fine nella ricostruzione di Massimo ci sono almeno tre trattative. Una tra i carabinieri, don Vito e Riina. Un’altra tra i carabinieri, il signor Franco, Rognoni e Mancino, don Vito e Provenzano. Un’ultima tra Dell’Utri e Provenzano e non si sa più chi altro. Dopo tutto questo, la domanda sorge spontanea anche nei pm. Chiede Ingroia il 12 dicembre 2008: «Ma allora, se c’era bisogno delle garanzie del signor Franco, che bisogno c’era di fare la trattativa tramite Mori e De Donno, perché suo padre non la faceva direttamente col signor Franco?». Junior ci pensa su: «Perché il signor Franco non l’aveva mai proposto a mio padre… non si è mai fatto portatore dell’arresto di Provenzano e Riina… Lui per mio padre era un trait d’union…». Ma con chi e perché ancora non si è capito. Arrivederci alla prossima puntata di questa tragicommedia.

    Estratto dalla rivista "Tempi"  -  LINK

     
  • Avatar di enrix

    enrix 12:54 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , bernardo provenzano, , , , , ,   

    Ecco perchè Travaglio fa quello che si incazza 

    Ecco perchè Travaglio fa quello che si incazza e se ne va, quando in diretta TV gli si tira in ballo Ciuro.


    travaglio incazzato

    Dopo la rissa avvenuta due settimane fa nello studio di Annozero con i giornalisti Porro e Belpietro, Marco Travaglio è agitatissimo, e sta riversando fiumi d’inchiostro in merito alle sue frequentazioni sicule del 2002-2003. E questo inchiostro lo sta impiegando soprattutto per richiamare l’attenzione sulle sue spese di soggiorno nell’hotel e nel residence consigliatigli dal suo amico Pippo Ciuro, nonostante nessuno, né Giuseppe D’Avanzo né altri, abbia mai scritto di credere che Travaglio si sia fatto pagare la vacanza dal mafioso Michele Aiello, e tanto meno che possa averlo fatto cosciente dei veri ruoli del boss della sanità sicula e del suo informatore Pippo Ciuro. Lo stesso Filippo Facci, acerrimo antagonista di Travaglio, ebbe a scrivere: “Io sinceramente penso che D’Avanzo abbia rilanciato un’immensa cazzata: Travaglio secondo me non sospettava minimamente che Pippo Ciuro fosse una talpa, se non una talpa a disposizione di giornalisti tipo lui. Ho conosciuto Travaglio quanto basta per escludere ogni ambiguità a riguardo.”

    Quindi, ad affermare che Aiello ha pagato la vacanza a Travaglio, è stato solo e soltanto Aiello stesso, un uomo condannato per mafia senza tanti sconti.
    Un abituale delinquente dal colletto bianco.

    Perciò  noi, in mancanza di altri riscontri, non gli crediamo e non gli abbiamo mai creduto.

    Mica noi siamo come Travaglio, che prende come oro colato, riportandola, come fosse il verbo, nei suoi articoli, la parola del portapizzini (per sua stessa ammissione) di Provenzano, Massimo Ciancimino, quando ad es. racconta ai PM di Palermo di avere reso disponibili, durante una perquisizione del febbraio 2005, le chiavi della sua cassaforte  e che i carabinieri non le avrebbero utilizzate.

    Ciancimino Junior  infatti (si veda anche il nostro precedente articolo “Quando Fracchia cita Fantozzi”), nel corso di un interrogatorio dinnanzi ai PM Ingroia, Di Matteo e Scarpinato,  ha raccontato che, in merito ad una perquisizione effettuata dai carabinieri nel febbraio 2005 nel suo appartamento di Palermo, ove sarebbe stata presente una cassaforte a muro, (perquisizione avvenuta mentre egli si trovava a Parigi), gli era stato detto che la cassaforte, i carabinieri, “non l’avevano vista”.

    Poi ha rettificato: il suo impiegato Vittorio, presente alla perquisizione, ha detto che la cassaforte “ l’hanno vista” e che lui gli ha pure detto dov’erano le chiavi, perché Ciancimino al telefono gli aveva detto di dargliele, se le volevano, ma la cassaforte non è stata aperta lo stesso.

    Poi ha rettificato: al telefono non era con Vittorio, ma con suo fratello. Ed era stato suo fratello a chiamarlo per avvisarlo della perquisizione (e vedremo poi se Travaglio riporterà la stessa cosa).

    Poi ha rettificato: della cassaforte non ha parlato con suo fratello, ma con il maresciallo dei carabinieri che conduceva la perquisizione, a cui ha chiesto “se hanno bisogno di chiavi di cassaforte e robe varie”.

    Poi ha rettificato: non è sicuro di averne parlato  col maresciallo, della cassaforte, (col maresciallo aveva invece parlato delle chiavi dell’appartamento di Roma), ma è sicuro di averne parlato con Vittorio, il suo impiegato, e di avergli detto che se i carabinieri volevano le chiavi, queste stavano sotto una camicia.

    Poi, ai PM che gli chiedevano di confermare, viste le varie versioni scaturite nel corso della deposizione, se della cassaforte con Vittorio avesse parlato o meno, col suo telefonino da Parigi, mentre la perquisizione era in corso, Ciancimino ha risposto che Vittorio attualmente lavora a Capri su una barca. (e chissenefrega).

    Poi, incalzato, chiarisce: dice che la perquisizione è stata gestita da suo fratello, che era presente. Il quale afferma che i carabinieri “non gli hanno chiesto di casseforti, niente”. Né è sicuro che suo fratello gli abbia detto che i carabinieri avessero visto una cassaforte.

    Poi, essendo comprensibile, per un magistrato, perdere ad un certo punto la pazienza, dopo un eloquente “omissis”, Ciancimino Junior  ha rettificato nuovamente:  della cassaforte ne ha parlato con Vittorio al telefonino, ma soltanto “all’esito della perquisizione”, cioè quando i carabinieri se n’erano già andati, e col suo impiegato ha rilevato soltanto che i carabinieri erano stati “gentili” e “signorili” a non occuparsi della cassaforte. Ma niente offerta di chiavi custodite sotto una camicia, dunque.

    Da questo minuetto di versioni a catena, l’una in contrasto  con l’altra, l’enigmista Marcus Rebus Travaglius, riesce a distillare una versione concentrata, da vendere, naturalmente come verità acclarata, ai suoi fedeli lettori:  un collaboratore di Ciancimino che assiste alla perquisizione, chiama Massimo Ciancimino che in quel momento  era all’estero “ci sono i Carabinieri che perquisiscono” Ciancimino gli dice: se vogliono accedere alla cassaforte gli diamo le istruzioni necessarie per aprirla, neanche a dirglielo questi reagiscono, “non aprite quella cassaforte”, questo è il titolo del film.”

    E nota bene che Travaglio, dalle variopinte dichiarazioni di Ciancimino, riesce a desumere questa certezza,  nonostante non vi siano agli atti riscontri oggettivi, a conferma delle parole di Ciancimino, neppure a riprova del fatto che una cassaforte fosse effettivamente presente, nei muri di quell’appartamento, nel febbraio 2005.

    Ma noi non siamo come lui, noi no. A noi non basta la parola di gente come Aiello o Ciancimino per credere e riportare fatti quanto meno improbabili, senza, perlomeno, invocare il beneficio d’inventario.

    E pertanto abbiamo sempre scritto, così come tutti coloro che hanno commentato quei fatti, Giuseppe D’Avanzo e Filippo Facci compresi, che era del tutto improbabile che Aiello avesse davvero pagato la vacanza a Travaglio, così come riteniamo ancora più improbabile che i carabinieri durante una perquisizione abbiano potuto rigettare la proposta di controllare l’interno di una cassaforte.

    Ciònonostante, Travaglio  ha sempre affermato il contrario, sostenendo che esistono fior di detrattori convinti della sua malafede: “diversi topi di fogna berlusconiani, su giornali, siti internet, blog e in dichiarazioni pubbliche alle agenzie di stampa, hanno continuato per un anno a insinuare o ad affermare che io mi sia fatto pagare le ferie da altri, addirittura da “mafiosi” e che, dunque, io non possa avere le prove di aver pagato.

    Dopodichè, seguono fotocopie di assegni, estratti conto, ecc…ecc…

    Seguono e riseguono, perché il 22 febbraio scorso Travaglio ha ripubblicato sul suo blog tutta la collezione.

    Ma si tratta di una gigantesca “excusatio non petita”, come già ebbe a scrivere Filippo Facci in un suo articolo di qualche mese fa: “Il punto è che Travaglio ha fatto di tutto, di lì in poi, per veicolare la discussione su questa faccenda del pagamento della vacanza – industriandosi su assegni e matrici e cazzate da magistrato che non è, e vorrebbe essere – anziché concentrarsi sul dato pacifico che riguarda le frequentazioni sue e di Ingroia.

    E, come si vede bene, continua a fare di tutto ancora oggi.

    Ma la verità, la vera ragione per cui non si può discutere di Pippo Ciuro con Travaglio, né in televisione, né da alcuna altra parte, senza provocare la censura isterica del giornalista torinese, e quindi i suoi svicolamenti sulla storia del pagamento delle vacanze, è ben altra.

    Marco Travaglio infatti, è oggi uno dei tanti narratori della Ciancimiade, anzi , fra tutti quanti si trova proprio in prima linea, essendo, come è noto, una specie di portavoce del procuratore Ingroia.

    E fra i versetti travaglieschi della Ciancimiade, ci sono ad esempio questi:

    ““…la trattativa che i Carabinieri cominciano nel 1992, dopo la strage di Capaci, secondo Ciancimino è poi proseguita con l’arresto di suo padre e poi con l’arresto di Riina, Provenzano ha continuato a trattare con altri soggetti che non erano più soltanto i Carabinieri. Carabinieri che peraltro secondo l’accusa, quelli del Ros, quelli di cui stiamo parlando, CONTINUARONO A GARANTIRGLI MASSIMA LIBERTÀ DI MOVIMENTO: Provenzano andava, veniva, si spostava, andava a Palermo, a Roma e la certezza che nessuno l’avrebbe mai acchiappato,…

    Ed ecco dove sta la rogna. La rogna sta nel fatto che proprio la vicenda di Pippo Ciuro e delle talpe in procura,  smentisce  tale tesi di Ciancimino e Travaglio, e lo fa svergognando lo stesso Travaglio.

    Già, perché Ciuro, Riolo e Cuffaro, sono stati arrestati e condannati  per avere informato il prestanome di Provenzano Ing. Aiello, e quindi per interposta persona lo stesso Provenzano, proprio delle attività d’indagine che il ROS stava portando avanti per arrivare ad acciuffare il boss latitante. E ad incastrarli con le intercettazioni, è stato proprio il ROS.

    Per la verità c’era sì un uomo del ROS che aiutava, complice di Ciuro,  il clan di Provenzano con le sue soffiate, il maresciallo Riolo. Ma il suo agire non ha nulla a che fare con alcuna trattativa fra stato e mafia: era semplicemente un traditore prezzolato, ed è stato smascherato e consegnato alla giustizia, insieme a Ciuro e a Cuffaro,  dagli uomini del suo stesso reparto: il ROS.

    I dettagli sono noti (ma non certamente grazie a Travaglio, ma bensì grazie al Documentario “Doppio Gioco” trasmesso da RAITRE e di cui QUI ho realizzato la trascrizione integrale); vediamoli brevemente.

    Nella primavera del 2001 gli uomini del ROS piazzano microspie e telecamere nella casa del Dott. Guttadauro, aiuto-primario all’ospedale civico, nonché reggente della famiglia mafiosa di Brancaccio.

    Guttadauro è il cognato di Matteo Messina Denaro (attuale n°1 di Cosa Nostra, latitante), nonché l’intermediario che si occupa, per conto di Bernardo Provenzano, delle vendite di immobili di famiglia: ”Mi fanno sapere – scrisse Guttadauro a Provenzano in un pizzino rinvenuto nel covo del padrino l’11 aprile del 2006 – che servono le chiavi per potere far sì che un probabile acquirente possa visitarla…”.

    Sorvegliare Guttadauro con le cimici, può dunque essere una mossa importante per arrivare sia a Denaro che a Provenzano.

    Ma, alla fine del mese di giugno, il boss Guttadauro bonifica l’appartamento, e scopre la microspia dei ROS.

    Fra coloro che hanno messo in allarme il mafioso, ci sono senz’altro Mimmo Miceli, pupillo dell’Udc del leader indiscusso Totò Cuffaro, destinato a diventare assessore alla Sanità della giunta comunale di Diego Cammarata, e Salvatore Aragona, alle spalle una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, un presente da imprenditore con la passione della politica, intercettato dalle cimici nell’appartamento di Guttadauro: “«La Procura sta intercettando, la Procura sta indagando». E cita  la sua fonte: «Totò».

    Per tali atti di favoreggiamento, scatteranno le manette, e Aragona inizierà a collaborare, coinvolgendo Cuffaro.

    All’inizio del 2003, il ROS segue un’altra pista, riuscendo ad inserire le cimici sulle automobili del mafioso Nicolò Eucaliptus e dei suoi famigliari. Per gli ufficiali del ROS “Nicolò Eucaliptus è uno degli uomini che hanno fatto la storia di Cosa Nostra”, ed è un indagato importante perché è di Bagheria, territorio di Provenzano: “Stiamo lavorando a Bagheria perché siamo convinti di trovare non solo uno degli astratti contesti di alleanza di cui gode Bernardo Provenzano, ma riteniamo probabile di poterci  fisicamente imbattere  in lui, nascosto qui, protetto dalla forza mafiosa che la famiglia mafiosa di Bagheria esercita sul proprio territorio naturale.” (Capitano G. Sozzo).

    Ed infatti il 20 gennaio 2003, i ROS captano Nicolò Eucaliptus mentre racconta dei precedenti soggiorni dello “zio” a Bagheria, ma soprattutto preannuncia al figlio importanti novità.

    Nella conversazione intercettata si sente l’Eucaliptus che comunica al figlio Salvatore che gli era stato chiesto di “tenere”, quindi di curare la latitanza di Bernardo Provenzano.

    Nicolò Eucaliptus: …mi domandava se c’è un appartamento libero.

    Il boss dunque si stava avvicinando a Bagheria. Siamo alle soglie del 2003. A quelli del ROS quindi non restava che aspettarlo.

    Il  31 gennaio 2003, però, succede qualcosa di inaspettato.

    Il boss di Bagheria si reca in visita presso gli uffici dell’ ingegnere Michele Aiello, magnate della sanità privata siciliana, e ripete le visite molte volte nei giorni successivi, sino all’11 febbraio. Da quella ultima visita, gli Eucaliptus, padre e figlio, cessano di parlare dentro la Opel  intercettata.

    Qualche tempo dopo, la Opel viene addirittura bonificata, e la microspia, rimossa.

    Dei contatti fra gli Eucaliptus e Michele Aiello i carabinieri si resero conto in quanto essi stavano già sorvegliando da qualche tempo anche l’ingegnere.  Infatti, in quei mesi, i carabinieri del Nucleo Operativo di Palermo indagavano sulle informazioni fornite dal pentito di mafia Nino Giuffrè, il quale aveva rivelato ai magistrati della Procura che  Michele Aiello, era un prestanome del capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano, la primula rossa ricercata dal 1963.

    Ma Aiello è protetto da un gruppo di traditori dello stato, che lo tengono informato di tutto quanto si muove, in procura, nella sua direzione.

    Infatti è l’11 di giugno del 2003, quando il ROS intercetta una telefonata rivelatrice fra l’Ing. Aiello e Pippo Ciuro, un Maresciallo della Finanza in servizio, in quel periodo, alla DIA di Palermo, uomo in cui la magistratura, ed Ingroia in particolare, aveva sempre riposto la massima fiducia.

    MICHELE AIELLO: Pronto?

    PIPPO CIURO:  Sono a Roma…30 secondi…l’hai ricevuto il fax ieri?

    MICHELE AIELLO: Si l’ho ricevuto, e domani mattina aspetto conferma se c’è.

    PIPPO CIURO:  eh…

    MICHELE AIELLO: Poi domani o dopodomani ci vado

    PIPPO CIURO:  Vabbè? Tutto a posto?

    MICHELE AIELLO: Tutto benissimo.

    PIPPO CIURO:  dicevo…sono a Roma. C’è uno che parla male di te. Quindi ora…

    MICHELE AIELLO: Ho capito.

    PIPPO CIURO:  eh…ora gliele do sul muso..eh eh…

    MICHELE AIELLO: Ho capito.

    PIPPO CIURO:  ma dico…con tanto da fare che avete a Bagheria… ma poi…solo Bagheria qui conoscono, in tutta la Sicilia? ..Senti. Ti dice niente, tale “Picciotto”?

    Picciotto, guarda caso, è il nome di un testimone che ha preannunciato importanti rivelazioni sui soldi della mafia di Bagheria.

    PIPPO CIURO:  …..no…che dice che questo sa alcune cose di lì.

    MICHELE AIELLO: Mi fa piacere.

    PIPPO CIURO:  …cose…no, no…scherzavo con te…no, non era per te.

    MICHELE AIELLO: Addirittura. Ho capito…

    PIPPO CIURO:  Vabbè…poi  ti  faccio sapere. Ciao, grazie…

    MICHELE AIELLO: Ciao.


    E’ un fatto di straordinaria gravità. A tale proposito, il Col. Sottili del ROS avrà a dichiarare:
    Se c’è una fuga di notizie da parte degli organi investigativi, è chiaro che è inutile che noi continuiamo a lavorare, alla ricerca di Provenzano, alla ricerca di pericolosi latitanti, perché non arriveremo mai a nulla.”

    Di lì in poi il ROS svolgerà una raffinata attività investigativa, che porterà ad individuare una rete telefonica segreta utilizzata dai mafiosi, e che si concluderà con l’arresto di Aiello e delle sue talpe nell’ottobre del 2003, e con le loro successive condanne, insieme con quella del politico Totò Cuffaro, anch’egli incastrato dalle stesse indagini.

    Ordunque, chi conosce questi fatti e ne prende atto, non può che rimanere perplesso, molto perplesso, quando oggi legge un giornalista mentre sottoscrive le dichiarazioni di Ciancimino, quando questi afferma che i Carabinieri del ROS in quel periodo erano impegnati a garantire la massima libertà di movimento a Provenzano. E le perplessità si incrudiscono se si pensa che lo stesso giornalista in quello stesso periodo trascorreva giorni felici, in costume da bagno, con una  talpa vera, e non inventata, del clan provenzaniano.

    E certo il quadro non migliora, se si pensa che Travaglio nei suoi libri e nei suoi articoli, laddove è durissimo nei confronti dei carabinieri del ROS, è stato invece piuttosto tenero con il Sig. Ciuro:

    «I due marescialli (Ciuro e Riolo, ndr) sono talpine. Manca la talpona»

    «Ciuro si limitò a qualche intrusione nel computer della Procura e a qualche millanteria per farsi bello con il ricco imprenditore. Il grosso lo fece Totò»

    «…LE ACCUSE NON STANNO IN PIEDI. Infatti il maresciallo Giuseppe Ciuro, arrestato nel 2003 per concorso esterno e tenuto in galera per due anni, è stato poi assolto da quell’accusa e condannato per favoreggiamento (REATO CHE NON GIUSTIFICA QUELLA LUNGA DETENZIONE). »

    Ma non solo.

    Le responsabilità di Ciuro, a Travaglio, servirono persino, tanto per cambiare, per prendersela con il procuratore generale Grasso:   «Assodato il ruolo di talpe di Ciuro e Riolo, perché gli inquirenti li hanno lasciati circolare indisturbati per mesi negli uffici della Procura?». E poi: «Perché non si sono informati subito i pm più vicini a Ciuro per limitare i danni che le sue soffiate potevano arrecare alle loro indagini?».

    Al che, il procuratore Pietro Grasso scriverà al Corriere della Sera accusando Travaglio e Lodato (coautore del libro “Gli intoccabili”) di fare «disinformazione scientificamente organizzata».  E la replica di Travaglio sarà naturalmente, molto dura: “Se il dottor Grasso ha qualcosa da smentire, lo faccia. Se si ritiene diffamato, ci quereli, così avremo la possibilità di difenderci dalle sue generiche quanto oltraggiose affermazioni. Come lui ben sa, non ci mancano i testimoni pronti a confermare quanto abbiamo scritto  … Testimoni che potrebbero pure raccontare la curiosa gestione del caso Cuffaro, «salvato» (contro il parere di quasi tutta la Dda) dall’ accusa più grave di concorso esterno, accusa per la quale suoi presunti complici sospettati di comportamenti infinitamente più lievi sono stati arrestati, tenuti in galera per un anno e mezzo e alla fine (già in un caso) assolti. Testimoni che potrebbero raccontare che fine abbia fatto il «metro Falcone», tutto basato sullo scambio costante delle informazioni fra i membri del pool antimafia, nei sei anni del procuratore Grasso, continuamente contestato da numerosi pm della Dda tagliati fuori da qualunque notizia sulle indagini di mafia-politica e costretti ad apprenderle dai giornali o dai libri

    Peccato che oggi quel Travaglio, la cui barca oramai fa acqua da tutte le parti,  sia stato smentito in pieno da un importante giornalista, che si chiama Marco Travaglio: “Seppi poi da Ingroia che lui era al corrente delle indagini su Ciuro fin da prima dell’estate, (e vale a dire immediatamente, perché Ciuro fu scoperto l’11 giugno 2003 – ndr)  ma che – d’intesa con il procuratore capo, Piero Grasso – aveva dovuto continuare a comportarsi con lui come se nulla fosse, per non destare sospetti.” (da: “L’armadio degli scheletri” di Marco Travaglio – 22/02/2010).

    Quindi Grasso aveva tutte le ragioni, quando parlava di disinformazione di Travaglio, mentre il Travaglio, quando tuonava contro la carenza d’informativa usata con Ingroia, scriveva cazzate.

    Ed è Travaglio stesso a darcene conferma con una rivelazione che egli oggi prova ad utilizzare quale dimostrazione della sua buona fede nei rapporti vacanzieri del ferragosto trascorso con Ciuro ed Ingroia, sicuro che il suo pubblico disattento non si accorgerà che proprio tale rivelazione è allo stesso tempo la prova di una sua storica cappella.

    Ma la circostanza, se può sfuggire ai suoi ciechi ammiratori, non sfugge certo al Segugio.

    Ecco quindi, in conclusione, perché Travaglio, quando si prova a farlo parlare di Pippo Ciuro, vera talpa in procura sempre pronta ad informare gli uomini di Provenzano delle attività condotte dai “cugini di campagna” (gergo usato da Ciuro con Aiello per indicare i carabinieri) a loro danno, si inalbera, diventa isterico, e rifiuta, comprensibilmente timoroso del polverone che tale argomento può sollevare sulle “rivelazioni” di Massimo Ciancimino se rapportate con le effettive attività del ROS, (in realtà tutt’altro che compiacenti verso Provenzano ed il suo clan),  il contradditorio in pubblico, salvo poi, nella tranquillità dei suoi articoli e delle sue lettere aperte, svicolare dal tema principale a quello delle contabili bancarie relative ai suoi soggiorni siculi nonché, soprattutto,  a quello delle sue “non-condanne” per diffamazione.

    Su quest’ultimo tema, poi, Travaglio le spara grosse:

    Al momento sono spiacente di deludere i miei detrattori, ma in 25 anni di carriera giornalistica, durante i quali ho scritto una trentina di libri e dai 15 ai 20 mila articoli, tenendo dalle 1500 alle 2000 conferenze e incontri di vario genere in giro per l’Italia, partecipando a circa 150 trasmissioni televisive (soprattutto in quella TV di Stato dove, a dir suo, “non entri se non hai il guinzaglio” – ndr)  e radiofoniche, diffondendo decine di filmati via internet, non ho mai subìto alcuna condanna (per diffamazione – ndr) definitiva.

    Questa cosa non corrisponderebbe al vero, perché in una causa civile Travaglio è già stato considerato diffamatore e condannato in giudizio di terzo grado, quindi definitivo, a risarcire il danno al diffamato.

    Ma Travaglio, relativamente a questo fatto, si improvvisa contorsionista: “Tutt’altro discorso meritano le cause civili per risarcimento dei danni, che portano a un processo del tutto diverso da quello penale: nessuna indagine per accertare i fatti, solo la fredda quantificazione del danno, morale e/o patrimoniale e/o biologico. Paradossalmente, si può danneggiare qualcuno ed essere condannati a risarcirlo anche se si è scritta la verità sul suo conto, ma non lo si è fatto con la necessaria “continenza” espressiva. “

    Naturalmente si tratta di una stratosferica sciocchezza. Ove non fosse dapprima acclarato in modo incontrovertibile che è stato scritto il falso diffamando qualcuno, il procedimento civile per diffamazione non avrebbe neppure storia, e non si arriverebbe a quantificare nessun danno.

    Le sentenze di  “soccombenza” (tanto per usare un termine che Travaglio gradisce più di “condanna”) di Marco Travaglio in vari gradi di giudizio in cui si è trovato impegolato il giornalista torinese, chiariscono in modo cristallino, nei testi delle sentenze, come dove quando e perché Travaglio avrebbe scritto cose false.

    Così, ad esempio, nella causa civile che lo ha visto contrapposto a Mediaset e a Confalonieri, il Giudice rileva quanto segue: “deve osservarsi che le condotte (illecite) attribuite dal Travaglio a Mediaset sono specifiche e ben individuate, sicchè il riferimento a tali eventi potrebbe ritenersi lecito soltanto se rispondente al requisito della “VERITA”’, (giacchè per questa parte di articolo deve ritenersi che si faccia “cronaca” e non “critica”, essendosi limitato il giornalista ad elencare una serie di reati e/o di condotte illecite). (…) Poiché il giornalista ha elencato le “nefandezze” di MEDIASET in termini di “certezza”, – senza cioè specificare che si trattava di ipotesi di accusa non (ancora) accertate, – ovvero che erano riferite a terze persone-, tali notizie devono ritenersi non conformi al principio della “verità”, e pertanto devono ritenersi sussistenti gli estremi del reato di diffamazione.”

    Questo dice il Giudice nella causa civile.

    Come ho detto, ormai la barca di Travaglio fa acqua da tutte le parti.

     
    • anonimo 14:12 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi

      Grande!
      Erano giorni che l’aspettavo.
      Ora me lo leggo tutto.
      Le faccio dei complimenti preventivi (o susseguenti).

      Luigi

    • anonimo 18:40 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi

      Io, facendo eco a Luigi, ti faccio i "complimenti susseguenti" (da quando si incominciano a contare i giorni per la prescrizione del "reato di complimento", da adesso o da quando ho iniziato a leggere questo tuo articolo o da quando ho saputo dell’esistenza del medesimo?)
      Scherzi a parte, magnifica anche questa contraddizione rilevata! Se continua a far acqua cosi’, mi sa che la barca Travaglio affondera’ tra poco, la cosa tragicomica e’ che la falla l’ha fatta con le sue stesse mani!
      cesare

    • anonimo 00:26 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

       Questa è letteratura, ma anche Sciascia faceva lo stesso mentre di occupava di politica.
      Ho comprato in questi giorni un volumetto: "Un Onorevole Siciliano". Si tratta della trascrizione delle interpellanze parlamentari di Sciascia.
      Non divento una Enrixina per principio, perché ci sono i Travaglini. 
      Simona

    • anonimo 03:06 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

      Grande Enrix tutto molto interessante, lavoro ben fatto e pieno di fatti INCONTROVERTIBILI E CHIARI. Volevo dare un personale contributo spiegando altro fatto che secondo me inalbera Travaglio quando sente nominare Ciuro.

      Vorrei far notare altro principio che Travaglio tiene sempre con tutte le sue vittime, accusate di immoralità ma che incredibilmente dimentica INCOERENTEMENTE di avere per se stesso.

      Sono numerosi i casi in cui Travaglio, se non sbaglio, cita politci siciliani accusandoli di frequentazioni mafiose, accuse che rivolge anche quando è chiaro che al momento delle frequentazioni non si era a conoscenza della rilevanza mafiosa dei soggetti frequentati.

      Stessa identica cosa che è capitata a lui con Ciuro, era assolutamente chiaro che nessuno poteva accusare Travaglio per frequentazioni di persona che mai si sarebbe immaginato essere collusa con la mafia, ma lo stesso si è divertito spesso a fare questo giochino con altri che tenevano gli stessi suoi comportamenti, FREQUENTANDO GENTE COLLUSA CON LA MAFIA SENZA SAPERLO.

      Gianluca

    • anonimo 17:18 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

      Gentile Enrix
      la ringrazio per aver riassunto l’intricata girandola di versioni di Ciancimino.
      Mi ero perso la prima volta.
      Interessante il suo racconto sul motivo del perche’ Travaglio si incazza a parlare di Ciuro.
      Lei pensa pero’ che non c’entri niente il fatto che l’Odore dei soldi, recentemente ristampato perche’ a Travaglio l’editori riuniti non aveva dato un soldo (v. intervista a Sabelli Fioretti) e’ per meta’ fatto con le inchieste di Ciuro?
      Ho notato che nello stralcio della nuova introduzione riportato su voglioscendere non lo si nomina mai….
      Forse il suo interesse e’ piu’ di portafoglio che di onorabilita’.
      Pare anche che il Fatto Quotidiano non navighi in buone acque finanziariamente….

      Luigi

    • enrix007 20:23 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Luigi e cari tutti.
      Quel Raggruppamento Operativo Speciale dei carabinieri che in un certo periodo secondo Cianci junior, e quindi anche secondo Travaglio, avrebbe dovuto “GARANTIRE LA MASSIMA LIBERTA’ DI MOVIMENTO” a Provenzano in base alla fandonia di un patto stato-mafia inventato per i babbei, in realtà, in quello stesso periodo e coordinato da alcuni procuratori onesti, braccava Provenzano piazzando le cimici sulle auto e negli appartamenti dei suoi angeli custodi, intercettando, e consegnando ai magistrati le intercettazioni senza filtri, indi smascherava la rete di protezioni del clan in procura e nel palazzo della regione (quella vera, non quella inventata da Ciancimino) e portava in galera un prestanome di Provenzano che assicurava alle casse del padrino milioni di euro di profitti a danno dei cittadini, tanto per garantirei meglio al boss la libertà di movimento. Poi nella rete mafiosa c’era una mela marcia del loro raggruppamento: beccato ed arrestato. Poi c’era un politico, un pezzo da 90. Beccato e condannato anche lui. Poi c’era un amico di Travaglio, che con lui condivideva barbecues e tuffi in piscina: beccato ed arrestato anche lui. Detto ciò, io ritengo che tutto questo sia la ragione precipua per cui Travaglio non vuole parlare di quelle vicende.
      E’ un’opinione mia, ma che poggia su una logica molto solida.

      Poi c’è ovviamente il concorso di altre ragioni. Si, ce ne sono anche altre.

    • Sympatros 14:16 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Però questo non lo potete proprio dire…   cosa? Non potrete mai dire che Travaglio ha fatto l'autista a Ciuro…. portandolo ai vari incontri o summit….. attendendolo poi al bar insieme al giovane Ciancimino ed ad altri autisti di cui non ricordo il nome!

    • enrix007 14:55 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Perchè non posso dirlo, Sympatros? Se ho un inportante PM che mi mette sotto la sua protezione, e nessuno che mi smentisca, posso dirlo benissimo.

    • Sympatros 15:09 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Auaaaauah…… che ridere!!

    • Sympatros 15:10 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Ma gli altri autisti quali erano? Non mi ricordo il nome!!

    • Sympatros 15:29 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Naturalmente non sto ridendo per te, Enrix, ma per la battuta di Ciancimino junior…. non tutti gli autisti diventano persone importanti!

      Ti saluto e tolgo il disturbo…. qua siete persone serie!!

    • anonimo 03:49 on 6 March 2010 Permalink | Rispondi

      “Tale espressione, infatti, è specificamente riferita all’oggetto (di pubblico interesse)
      dell’articolo, non è “gratuita” bensi necessaria per rappresentare l’opinione critica del
      giomalista e non sconfina nella contumelia essendo contenuta nei limiti della accesa
      dialettica propria dell’argomento trattato.”(sent.,10)

      a dirla tutta

    • enrix007 10:15 on 6 March 2010 Permalink | Rispondi

      "A dirla tutta", una cosa che non c'entra un cazzo.

      Fra i vari periodi dell'articolo contestati da Confalonieri, alcuni sono stati ritenuti diffamatori (perchè secondo il magistrato Travaglio ha scritto falsità su di lui), alcuni ingiuriosi (la parte di Confalonieri che si guarda allo specchio), altri (e nella fattispecie il terzo periodo) nè l'uno nè l'altro, ma contenuti nei limiti dell'accesa dialettica.

      Ovviamente qui stiamo parlando dei periodi e delle motivazioni per cui è stato condannato, non di ciò per cui non lo è stato.

      Il tuo commento è invece riferito a ciò per cui non lo è stato, ma la prossima volta magari corredalo anche dei risultati del superenalotto, tanto per soddisfare meglio le tue pulsioni a scrivere cose inutili, se queste ti provocano l'insonnia.

    • anonimo 20:48 on 7 March 2010 Permalink | Rispondi

      Ma com'e' che il povero Sympatont capisce tutto al contrario? Ci vuole ben tanta pazienza, caro Enrix….

    • anonimo 15:00 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      >>>Ovviamente qui stiamo parlando dei periodi e delle motivazioni per cui è stato condannato, non di ciò per cui non lo è stato.Appunto.Scusa quanto era la richiesta iniziale? Quanto ha dovuto sborsare?Poveracci

    • anonimo 15:02 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      >>Ovviamente qui stiamo parlando dei periodi e delle motivazioni per cui è stato condannato, non di ciò per cui non lo è stato.Appunto.Scusa quanto era la richiesta iniziale? Quanto ha dovuto sborsare?Poveracci.

    • enrix007 19:31 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      "Appunto."Appunto, tu non hai capito un cazzo."Quanto ha dovuto sborsare?"Chi? L'ultimo cliente di tua sorella?"Poveracci."Esatto, come quelli che ridono dello scemo del villaggio (e quello sei tu).

    • almostblue58 14:15 on 28 March 2010 Permalink | Rispondi

      Mi si permetta di spezzare una lancia a favore di Travaglio, realivamente a ciò che scrive Gianluca:"Sono numerosi i casi in cui Travaglio, se non sbaglio, cita politci siciliani accusandoli di frequentazioni mafiose, accuse che rivolge anche quando è chiaro che al momento delle frequentazioni non si era a conoscenza della rilevanza mafiosa dei soggetti frequentati. Stessa identica cosa che è capitata a lui con Ciuro".A differenza di Ciuro, cioè di un investigatore in servizio presso la procura di Palermo, e, dunque, insospettabile, un capomafia o un qualsivoglia mafioso traggono il proprio prestigio dal fatto che, sul territorio, tutti sanno chi siano. Altrimenti non potrebbero esercitare il proprio potere su persone che tale potere non gli riconoscerebbero. Un capomafia non diventa tale quando lo acchiappano, anzi: quando lo acchiappano forse smette di esserlo.Queste cose le ho gia scritte quasi tre anni fa, dopo le polemiche sulle accuse di Travaglio a Schifani (http://almost58.splinder.com/post/17104522/C%27%C3%A8+chi+preferisce+Marco+Bava) e mi ero sentito in dovere di scriverle poiché qualche giorno prima scrivevo che mi ero rotto le palle del trio Grillo-Travaglio-Di Pietro, ché avevano trasformato la questione morale in questione giudiziaria (http://almost58.splinder.com/post/17080389/Sinistra+mia%2C+non+ti+conosco.+).Però un conto è non poterne più di certi metodi, altro è tacere di fronte a simili grossolane fesserie, ché non sono meno gravi del suddetto metodo, specie se propalate in malafede come nel caso che mi spinse a scriverne quasi tre anni fa.Quanto alla differenza fra penale e civile nei casi di diffamazione (a prescindere dal caso specifico), Travaglio non ha del tutto torto: il metro di valutazione è diverso e qualsiasi giurista anche non particolarmente brillante potrebbe confermarlo. E non è un caso se negli ultimi venti anni i potenti, che prima ricorrevano al penale (eccetto Andreotti, che si lasciava scivolare tutto addosso), sono poi passati al civile: prima c'era il senso e il rispetto dei ruoli, in questo Paese, a un certo punto è saltato e i potenti hanno scelto deliberatamente il civile per intimidire e tentare di imbavagliare i giornalisti (categoria di cui faccio parte).

    • anonimo 16:13 on 30 March 2010 Permalink | Rispondi

      Gentile sig. Enrixnel blog di Caruso (ormai defunto, temo) stiamo invocando a gran voce il suo nome.Se vuole fare un sorriso si legga i commenti piu' recenti.Luigi

    • anonimo 18:10 on 30 March 2010 Permalink | Rispondi

      non e' defunto, Luigi…

    • anonimo 12:17 on 11 April 2010 Permalink | Rispondi

      Per almostIn linea di massima hai detto una cosa correttissima. E' naturale che per le ragioni da te specificate è più probabile che una frequentazione sul loco di mafioso mai inquisito sia possibile saperlo rispetto ad un servitore dello stato.Anche se ….. anche se ritengo che tutti sanno che in in sicilia queste istituzione così integerrime non esistono, spifferi, spifferini, gente al soldo della mafia nonche servitrice dello stato, ci sono state e ci saranno sempre.Quindi sono assolutamente d'accordo con te Almostblue era più facile che Schifani sapesse di Travaglio (anzi diciamolo per certo che Schifani sapeva), lo stesso però non ha nessun diritto di infangare un cittadino Italiano (anche avesse ragione) facendo quel che ha fatto, si dice che se si sputa spesso a volte torna indietro. Personalmente volevo concentrare l'attenzione non sul singolo fatto, ma sui metodi di  Travaglio ed in questo caso, Ciuro, è successo il patatrac, facendo capire a T. che bisogna fare attenzione ad esagerare a dare patenti di mafiosi ai frequentatori degli stessi.Travaglio è un personaggio che ancora devo inquadrare e la cosa che mi fa più rabbia e che secondo il mio modestissimo parere prendere cantonate o non essere precisi come purtroppo capita a lui, porta solo assist ai geni del male.Per attaccare lo schifo serve un informazione perfetta, corretta,  e come costruire un castello, già saranno in pochi a volerlo fare perchè il potere politico ed economico disincentiva la costruzione,  chi decide di farlo deve fare un lavoro perfetto sapendo dei numerosi attacchi che subirà,Travaglio sembra essere un volenteroso costruttore ma poi lavora facendo mura fatiscenti e che possono crollare al primo attacco. In poche parole sembra essere utile all'inizio però poi il suo lavoro negli addetti ai lavori ha falle in tutte le parti.E la cosa mi fa incazzare non poco.Gianluca

    • almostblue58 16:27 on 12 April 2010 Permalink | Rispondi

      x Gianlucapenso che il limite di chi fa informazione quotidiana stia proprio nella quotidianità stessa e nella fretta che la quotidianità richiede.altro discorso sono i libri: documenti e memoria; la memoria a volte gioca brutti scherzi e ti ritrovi a scrivere inesattezze, ne bastano un paio e se quacuno si mette a battere sui quei tasti il resto del lavoro, inappuntabile, diventa secondario.negli anni, ho trovato errori grossolani in tanti libri, ma non tutti gli autori sono sovraesposti come Travaglio e, dunque, certe grossolanerie passano inosservate. qualche mese fa ne ho trovato uno, a rischio di un paio di querele, nell'ultimo libro di un amico abbastanza noto. Nessuno ne ha scritto e il libro ha ricevuto recensioni lusinghiere. Non so se l'abbiano letto le persone tirate in ballo a casaccio, ché in quel caso gli incassi non gli basterebbero a pagare i danni.secondo me Travaglio è un buon giornalista, l'opinionista mi piace meno, il guru ancora meno (e i travaglini mi inquietano); se non fosse esistito l'avrebbero inventato. e forse l'hanno inventato davvero, ché se non gli avessero dato addosso come hanno fatto per "L'odore dei soldi", sarebbe uno dei tanti buoni giornalisti italiani che ogni tanto scrivono un libro utile. Invece è diventato parafulmini e macchina sfornalibri in quantità industriale (con le inevitabili inesattezze). è entrato un po' troppo nella parte, secondo me. ma non è facile fare un passo indietro, in certe situazioni, specie quando queste situazioni ti fanno essere popolare e ti fanno guadagnare un pacco di soldi.ciao,Sebastiano

  • Avatar di enrix

    enrix 09:47 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: bernardo provenzano, , , , , , , ,   

    La trattativa Stato-mafia ha le gambe corte

    Ecco tutte le contraddizioni di Ciancimino jr, il teste superstar che ha dato lustro al processo di Palermo. E i motivi del rancore che spinge i pm antimafia a inseguire un teorema «indimostrabile» pur di «incastrare i carabinieri». Parlano Jannuzzi e Macaluso

    di Chiara Rizzo

    È durato tre giorni lo show di Massimo Ciancimino dall’aula bunker dell’Ucciardone l’1, il 2 e l’8 febbraio. Junior (come ormai lo chiamano) ha parlato al processo contro il generale Mario Mori, accusato di aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano. Il cuore della deposizione sta nella presunta trattativa che i carabinieri (Mori e l’allora capitano Giuseppe De Donno) avrebbero intavolato con lo stesso Provenzano e Vito Ciancimino, il sindaco di Palermo condannato per mafia, per la cattura di superlatitanti (in cambio dell’impunità per il boss Binnu ’u Tratturi). La deposizione fiume di Junior, però, è andata oltre: inforcati gli occhiali nuovi modello Grillini, Ciancimino ha parlato di servizi deviati e grandi architetti, del sequestro Moro, di Ustica. E soprattutto ha descritto Marcello Dell’Utri come referente politico della mafia. Risultato? Telecamere, flash, perfino un libro.
    E fin qui, il circo mediatico. Ma i fatti? Massimo Ciancimino ha raccontato che il padre chiese ai carabinieri le mappe catastali di Palermo e le utenze di luce, acqua e gas. Poi le consegnò a Provenzano, il quale gliele restituì dopo aver cerchiato con un pennarello la zona di Palermo dove si trovava la casa di Riina e annotando alcune utenze. Peccato che nel 1993, davanti a Ingroia e Caselli, papà Ciancimino spiegava di aver chiesto le mappe «perché esaminando questi documenti e facendo riferimento a due lavori sospetti, in quanto suggeritimi a suo tempo da persona vicina ad un boss, fornissi elementi utili per l’individuazione di detto boss».
    Al processo Mori, Junior ha giurato di aver visto coi suoi occhi il padre incontrare Bernardo Provenzano, e che quella del ’93 era una versione di comodo. Eppure lo stesso Junior il 7 aprile 2008 aveva detto ai pm Ingroia e Nino Di Matteo: «Io dentro di me penso che (la trattativa) sia stata fatta col Provenzano», ma «queste sono deduzioni mie». Quanto alle mappe di Palermo consegnate a Provenzano affinché questi indicasse l’abitazione di Riina, Ciancimino oggi dice di essere stato egli stesso il “postino”. Ma nel 2008 raccontava a Ingroia e Di Matteo: «Le mappe (a Palermo) non sono scese sicuro, glielo assicuro, perché mio padre, quando De Donno mi consegnò le mappe, mi disse di nasconderle… Credo che ci fu un incontro dove mio padre nelle mappe indicò al capitano De Donno una zona». E solo dopo le domande dei pm quel 7 aprile Ciancimino spiegava che il padre aveva indicato la zona sulla base di informazioni acquisite da Provenzano: «Mi sembra che lo ha incontrato».
    Cosa è accaduto tra il 2008 e il 2010? C’entra qualcosa il fatto che Massimo, condannato nel marzo 2007 per riciclaggio e tentata estorsione, il 30 dicembre 2009 si sia guadagnato una riduzione della pena in appello (due anni e quattro mesi di reclusione in meno)? E il fatto che da quando ha iniziato a parlare Junior abbia guadagnato una certa visibilità mediatica (oltre che la scorta)?
    Quello delle mappe è un punto debole della deposizione di Junior anche per Lino Jannuzzi, giornalista ed ex senatore di Forza Italia. Jannuzzi ebbe cinque incontri con Vito Ciancimino. E a Tempi assicura: «A me raccontò i fatti per come li sostiene da sempre il generale Mori». E la teoria della trattativa? «Solo fango che non si può provare. Che bisogno c’era di mappe catastali e delle utenze di luce e gas se i carabinieri potevano chiedere direttamente al “collaborante occulto” Provenzano dove si trovava Riina? La verità è che Ciancimino conosceva i proprietari della casa di Riina, ecco perché trafficava con le mappe, cercando di localizzare la zona attraverso le intestazioni di luce e acqua».
    Jannuzzi scava nella memoria: «Nella sua casa romana di via San Sebastianello, Vito Ciancimino mi raccontò che aveva tentato di aiutare i carabinieri ad arrestare Riina, ma non ci riuscì, perché lui stesso fu arrestato. Alluse anche a Luciano Violante, all’epoca presidente della commissione antimafia, a cui chiese più volte un incontro. Secondo lui Violante voleva impedire che Andreotti diventasse presidente della Repubblica, e voleva processarlo. Ecco perché, sempre a suo dire, Violante non lo aveva incontrato». Di queste cose, ribadisce Jannuzzi, «la procura di Palermo è a conoscenza da anni. Ma da anni cerca disperatamente di andare contro i carabinieri. Il motivo di questo rancore? I teoremi della procura. Il generale Mori ha difeso Bruno Contrada dicendo chiaramente che era impossibile fosse colluso con la mafia. E furono i carabinieri a tentare di riportare in Italia dagli Usa Tano Badalamenti, che poteva sbugiardare Tommaso Buscetta al processo Andreotti». E poi fu il capitano dei carabinieri De Donno ad accusare la procura palermitana di aver insabbiato, dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino, l’inchiesta “Mafia e appalti”, ritenuta decisiva dai due giudici.

    Il capro espiatorio
    «Non si può processare Mori per le lunghe latitanze dei boss: come Provenzano, anche Riina è stato latitante a lungo, e questo perché c’era un sistema politico. Mori è un capro espiatorio per processare un sistema», argomenta Emanuele Macaluso, ex senatore Pds e direttore di Le ragioni del socialismo. Per Macaluso bisogna distinguere: «Sulla questione della trattativa, ritengo ci sia stata una fase del contrasto alla mafia in cui si usavano le fonti per arrivare agli arresti. Erano i metodi usati da carabinieri e polizia per colpire la mafia. Secondo me fu un errore. Ma detto ciò, io non vedo collusione, e neanche trattative. Che razza di trattativa ci poteva essere se poi si è arrivati all’arresto di Riina e dello stesso Ciancimino?». Macaluso chiarisce: «Se parliamo della lunga latitanza di Provenzano dobbiamo pensare anche a cos’era la Sicilia della Prima Repubblica. Giuseppe Alessi, in un’intervista sul Corriere della Sera, prima della morte ha ammesso: dovevamo scegliere se tollerare la mafia o rassegnarci al comunismo. E lo stesso Andreotti ha parlato più volte di “convivenza” fino a quando la mafia non ha attaccato lo Stato, alla fine degli anni Settanta. Penso sia stata una precisa scelta politica».
    E sulle accuse di Junior «occorre che i giudici valutino a mente fredda. Sui morti si può dire di tutto, ma fa fede ciò che Vito Ciancimino disse in vita. Purtroppo i magistrati ritengono di non poter sbagliare, perciò si accaniscono contro Mori, già assolto per la mancata perquisizione del covo di Riina». Ma il teorema della trattativa continua.

    Estratto dalla rivista "Tempi"  -  LINK

     
    • anonimo 10:34 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      A proposito della volontà dei carabinieri di far deporre Badalamenti, ho sentito Jannuzzi ad un convegno dire che tra quei carabinieri c’era anche Mauro Obinu, il quale, mi pare, avrebbe addirittura redatto un verbale o comunque un documento nel quale menzionava la risposta datagli da un magistrato, che gli avrebbe detto di lasciar stare Badalamenti perchè se no rovinava il processo ad Andreotti. Il nome del magistrato dovrebbe essere fatto nel libro "Lo sbirro e lo stato". Però, non so fino a che punto è credibile che un magistrato confessi così apertamente ed in via confidenziale ad un carabiniere il suo terrore che Badalamenti smentisca Buscetta.

      Moritz

    • anonimo 10:45 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      Comunque, sarebbe interessante sapere quali furono le esatte indicazioni che Vito Ciancimino diede ai carabinieri. Ricordo infatti che fino a pochi giorni prima della cattura di Riina, essi non sapevano nemmeno chi erano i Sansone, individuati poi con l’aiuto di Balduccio di Maggio. Quindi, quali proprietari di casa conosceva Ciancimino?

      Moritz

  • Avatar di enrix

    enrix 08:29 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , bernardo provenzano, , , ,   

    Tagli, ritagli, e la mitopoietica di Ciancimino Junior 

    Bricolage.


    /* Style Definitions */
    table.MsoNormalTable
    {mso-style-name:”Tabella normale”;
    mso-tstyle-rowband-size:0;
    mso-tstyle-colband-size:0;
    mso-style-noshow:yes;
    mso-style-priority:99;
    mso-style-qformat:yes;
    mso-style-parent:”";
    mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
    mso-para-margin-top:0cm;
    mso-para-margin-right:0cm;
    mso-para-margin-bottom:10.0pt;
    mso-para-margin-left:0cm;
    line-height:115%;
    mso-pagination:widow-orphan;
    font-size:11.0pt;
    font-family:”Calibri”,”sans-serif”;
    mso-ascii-font-family:Calibri;
    mso-ascii-theme-font:minor-latin;
    mso-fareast-font-family:”Times New Roman”;
    mso-fareast-theme-font:minor-fareast;
    mso-hansi-font-family:Calibri;
    mso-hansi-theme-font:minor-latin;}

    Come diceva il grande Paolo Panelli in uno dei suoi simpatici varietà televisivi: cari amici, eccoci giunti al nostro appuntamento col bricolage. Che cos’è il bricolage? Secondo la definizione di un dizionario, “è un’attività manuale che consiste in piccoli lavori che una persona, generalmente non professionista, esegue per proprio conto e propria soddisfazione.

    Claude Lévi-Strauss ha definito il bricolage "un riflesso sul piano pratico dell’attività mitopoietica".

    La mitopoiesi (dal greco μυθοποίησις "creazione del mito") è un genere narrativo nella letteratura moderna e nel cinema dove viene creata una mitologia fantastica dall’autore o dal regista.

    E noi qui abbiamo un appassionato di mitopoietica, che risponde al nome di Massimo Ciancimino, che lo scorso 9 febbraio, in veste di testimone al processo per favoreggiamento a carico del Generale Mario Mori e del Colonnello Obinu, ha prodotto un documento.

    Questo documento: 
    Cliccando sul documento, ve lo potete vedere ad alta risoluzione, mentre sino ad oggi online si sono trovate soltanto striminzite riproduzioni formato francobollo.

    Eppure è importante vederlo bello grosso, e presto capirete  perché.

    Ma prima di procedere col nostro corso di Bricolage, bisognerebbe aprire una premessa per capire bene che cos’è questo documento.

    Secondo quanto ci ha riferito Ciancimino Junior, questo documento sarebbe una lettera di Provenzano destinata a Silvio Berlusconi (notare infatti l’indirizzo in testa, perché ad es. Marco Travaglio ci tiene particolarmente, dal momento che ha affermato lunedì nel suo passaparola che il fatto che la lettera sia stata imboscata alcuni anni in uno scatolone, per lui rappresenta “Un mistero. Come è possibile – si domanda Marco – che una lettera indirizzata all’On. Berlusconi sia ritenuta non utile visto che a Palermo c’è stata un’inchiesta per mafia e riciclaggio a carico di Berlusconi?)

    Dunque come dicevamo, questo documento sarebbe, secondo Ciancimino Junior,  una lettera di Provenzano per Berlusconi, ma nella versione “riscritta” da suo padre Ciancimino Senior. Le ragioni per cui Don Vito l’avrebbe riscritta, la lettera di Provenzano, non sono chiarissime nei racconti del figlio Massimo, che su questo argomento nei precedenti interrogatori cambiava versione da un giorno all’altro e dichiarava espressamente di essere avvinto dal continuo desiderio di “rimangiarsi” ciò che aveva detto in precedenza (sic).

    Sempre Massimo Ciancimino, dice che l’originale della lettera di Provenzano (che però ahimè non riporta la grafia di Provenzano), o comunque un suo “ritaglio”, sarebbe questo:

     

    Questo secondo documento viene esibito per la prima volta dai PM a Ciancimino, nel corso di una sua deposizione, il 30 giugno 2009. E Massimo, appena lo vede, dichiara con  piglio sicuro che quella sarebbe stata la  grafia di suo padre. I PM presenti, Ingroia e Di Matteo, nonostante si veda benissimo, per chiunque avesse visto quella autentica anche una sola volta, che quella scrittura può appartenere a chiunque ma non certo a Vito Ciancimino, e nonostante abbiano sottomano esempi copiosi della scrittura di Don Vito, non contestano la dichiarazione a Ciancimino Jiunior.

    Bisognerà attendere il giorno successivo, alla ripresa dell’interrogatorio, per  udire il nostro testimone pronunciare quanto segue:  "Come avete notato, all’inizio ho addirittura detto che era grafia di mio padre, avendo ovviamente la certezza, che non era assolutamente grafia di mio padre".

    In un tribunale americano, direbbe Travaglio,  a uno che verbalizza una cosa del genere, non verrebbe più consentito di continuare. Ma bisogna capire anche lui, poverino, perché sta parlando di cose di mafia e, come lui ci ricorda sempre, è rosicchiato da una paura del diavolo che lo porta a dire un mucchio di fandonie e fesserie, che però poi per fortuna, in determinate fasi di ravvedimento, lui rettifica.

    A dire la verità a ben leggere i due documenti, risulterebbe il contrario di quanto dice Ciancimino, e vale a dire il secondo documento sembrerebbe soltanto una ricopiatura raffazzonata, lievemente manipolata tanto per dargli quel pizzico di Provenzaniana ignoranza lessicale, estratta a stralci quasi casuali, e perciò  priva di senso logico, della parte manoscritta da Don Vito nel nostro primo documento che invece, pur tronca perché mancante della pagina precedente e di quella successiva, appare assolutamente logica negli enunciati. Lo si vede bene rimarcando in blu le parti riportate sul "pizzino" di "Provenzano", all’interno dell’enunciato esteso estratto dal manoscritto di Vito Ciamcimino:


    /* Style Definitions */
    table.MsoNormalTable
    {mso-style-name:”Tabella normale”;
    mso-tstyle-rowband-size:0;
    mso-tstyle-colband-size:0;
    mso-style-noshow:yes;
    mso-style-priority:99;
    mso-style-qformat:yes;
    mso-style-parent:”";
    mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
    mso-para-margin-top:0cm;
    mso-para-margin-right:0cm;
    mso-para-margin-bottom:10.0pt;
    mso-para-margin-left:0cm;
    line-height:115%;
    mso-pagination:widow-orphan;
    font-size:11.0pt;
    font-family:”Calibri”,”sans-serif”;
    mso-ascii-font-family:Calibri;
    mso-ascii-theme-font:minor-latin;
    mso-fareast-font-family:”Times New Roman”;
    mso-fareast-theme-font:minor-fareast;
    mso-hansi-font-family:Calibri;
    mso-hansi-theme-font:minor-latin;}

    …anni di carcere per questa mia posizione politica intendo dare/portare il mio contributo (che non sarà modesto/di poco) perché questo triste evento non abbia a verificarsi. Sono convinto che se si dovesse verificare questo evento (sia in sede giudiziaria che altrove) l’On. Berlusconi metterà/vorrà mettere  a disposizione una delle sue reti televisive.

    Inoltre, in questi documenti, si parla di “un evento”. Che cosa sarebbe questo evento?

    Secondo Massimo Ciancimino, questo evento sarebbe  un ”Atto intimidatorio”, un  progetto di eliminazione fisica” di un familiare di Berlusconi, se questi non avesse ceduto al ricatto concedendo a Provenzano l’uso di un canale televisivo, non si capisce bene per fare che cosa.

    Ma se leggiamo il documento prodotto in Tribunale, vediamo che “l’evento” di cui scrive Vito Ciancimino, è un evento che dovrebbe avvenire “in sede  giudiziaria”. Non credo quindi che si tratti dell’eliminazione fisica di qualcuno, altrimenti non si capisce perché Ciancimino dovrebbe aver ipotizzato il suo verificarsi “in sede giudiziaria”. Normalmente quando si paventa un evento che dovrebbe verificarsi in sede giudiziaria, si dovrebbe trattare di un’iniziativa più dipendente dai magistrati, che non della mafia.

    Chissà a che cosa si riferiva realmente Vito Ciancimino, quando sosteneva di voler andare in televisione e di “convocare” (la stampa?) nel caso si fosse verificato un certo evento in una sede giudiziaria. Saperlo.

    Noi negli ultimi anni abbiamo assistito a molti eventi importanti in sedi giudiziarie, di cui alcuni, tanto per fare un esempio a caso,  riconducibili tutti al tentativo di incolpare i carabinieri che catturarono Riina, delle cose più infami: non aver voluto perquisire il covo di Riina, non aver voluto catturare Provenzano, e soprattutto, di essere arrivati ad un accordo con “U Tratturi”,  che gli garantiva impunità e libertà di movimento, grazie soprattutto agli uffici del consigliori Vito Ciancimino.

    E’ un vero peccato che Don Vito sia morto nel 2002, e non aver così potuto vedere le sue reazioni ed assistere ai suoi commenti ed alle sue testimonianze, nelle circostanze di tali eventi.

    Ma per fortuna, abbiamo invece il figlio, che reagisce, parla, e commenta.

    E produce documenti.

    Ma torniamo dunque al nostro bricolage.

    Prendete una lente di ingrandimento, un paio di forbici, (oppure una taglierina) e un tubetto di colla vinilica.

    Fatto? Bene. (cit.)

    Ora prendete il documento,  ed osservate bene ingranditi questi due particolari:

     
    particolare n°1

                               

    particolare n°2

     

    Come potete vedere, nel particolare n°1, compaiono tre righette che sembrano proprio la parte di una parola tagliata a metà.  Nel particolare n°2, osservate la lettera “t”: è “tagliata” di brutto in testa da qualche cosa, che incide proprio sulla sua barretta orizzontale.

    Proviamo a vedere se per caso, la lettera “t” e quella mezza parolina, non risultino tagliati dalla stessa sforbiciata.

    Prendiamo inchiostro e penna, e uniamo la base dei tre baffetti del particolare “1” fra di loro, quindi proseguiamo sino al punto terminale sinistro, e poi a quello destro, del trattino orizzontale della “t” che pare tagliato di netto, in modo che la nostra linea  si sovrapponga esattamente all’apparente “taglio”.

     Proseguiamo diritti con la nostra linea sia a destra che a sinistra del nostro breve segmento: il risultato è una linea retta dritta dritta perché i 5 punti individuati in precedenza si trovano, giustappunto, esattamente ad insistere sulla stessa retta. Retta che, tra l’altro, va a tagliare anche un minuscolo pezzettino della “d” della preposizione “di” che si trova davanti alla parola “carcere”.

    Eccolo qui, il risultato:


    E ombreggiando la parte superiore alla linea, si capisce ancora meglio:


    Eh, si. Parrebbe proprio che l’indirizzo di Silvio Berlusconi sia stato ritagliato da qualche parte e appiccicato con la colla sulla testa del documento, per poi farne una fotocopia che lo faccia sembrare un tutt’uno.

    Così pare.

    Arrivederci alla prossima puntata della nostra rubrica di Bricolage, e un abbraccio dal Segugio.


     
    • anonimo 03:42 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

       ciao.
      Non riesco a leggere cosa dice "l’indirizzo"… al presidente del consiglio…silvio berlusconi…e quali sono le altre parole?

      2) ma…possibile un ritaglio così sgarbato? manco io alle elementari!

      3) di quando sarebbe, secondo Ciancy, questa presunta lettera di Provenzano? Quando sarebbe stata scritta, secondo lui?

      Grazie

      Marco Ottanelli

    • enrix007 03:53 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      "Al presidente del consiglio dei ministri, On. Silvio Berlusconi."

      Cianci il 30 giugno dell’anno scorso, nelle deposizioni dinnanzi ai PM, data con determinazione lo scritto al 1992. Il giorno dopo rettifica, e dice che aveva datato così per paura, e dice che lo scritto doveva essere un po’ posteriore, quando suo padre era in carcere. (ma che c’è da aver paura nello spostarlo di qualche mese?)
      Poi al processo Mori il 9 febbraio scorso, lo data definitivamente 1994.

      naturalmente è una cazzata, perchè Vito Ciancimino nella sua lettera parla degli "anni di carcere" trascorsi per la sua posizione politica, e lui in galera c’è andato alla fine del 92. Quindi….

    • enrix007 03:55 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      PS: cliccando sulle foto con il bordo, si ottiene l’ingrandimento.

    • anonimo 10:46 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Certo Il Massimo è quello che è, ma c’è un limitesotto il quale uno deve essere considerato minorato e inidoneo alla testimonianza.

      Come ha fatto il Massimo a dichiarare in prima e seconda battuta che la lettera era del 92 o poco dopo, se è indirizzata al presidente del consiglio Berlusconi, diventato tale il 10 maggio 94?

      Va beh, se uno di materia grigia ne ha poca, in fondo non è colpa sua. Ma i PM, diplomati e poi  laureati e poi vincitori di concorso, non dico debbano avere 150 di QI, ma almeno qualcosa non troppo sotto la media,  diciamo un QI >80 dovrebbero averlo.

      Questo assurdo errore cronologico avrebbe dovuto immediatamente squalificare il teste.

      E chiaro che poi in terza battuta viene fuori che la lettera era del 1994, mi meraviglio solo che il Cianci non abbia dichairato che doveva essere stata scritta tra il 10 maggio ed il 22 dicembre del 94 !!!!!

      Anton Egger

    • Bvirtual 10:49 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enri, pezzo davvero molto appassionante, e quindi gli originali, dove sarebbero??

    • enrix007 10:51 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Anton,
      è evidente che il manoscritto n°1, porta una data molto più vicina al terzo millennio di quanto non sostenga Ciancimino, e che il n°2 invece provenga da un ricalco fatto decisamente nel terzo millennio.
      Solo, come dici tu, un minorato mentale può pensarla a rovescio.

      Ma più che altro a questo punto, io se fossi un PM che sa fare il suo lavoro e soprattutto in buona fede, emetterei un provvedimento di fermo del Ciancimino per occultamento di prove, qualora lui non cacciasse fuori almeno la pagina prima e la pagina dopo del manoscritto, per farci capire realmente che cosa intendeva dire suo padre.

      E originali, senza collage.

    • enrix007 10:53 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ciao Grazia, è un piacere averti qui. Vale la risposta che ho dato Anton.

      Un magistrato serio e vero, glieli farebbe cacciar fuori.

    • anonimo 11:32 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

       lo scandalo della mancanza di originali comprovati mi fa rabbrividire un po’.

      Però sulla datazione di questo pastrocchio Ciancimino potrebbe cavarsela: suo padre è stato in prigione DAL 1992, quindi ‘sto foglio POTREBBE essere stato scritto nel 1994. Se Massimino lo afferma solo in 3a istanza, bhe, c’è seriamente la mancanza di contestazione da parte di tutti, difronte a simili balletti.

      Marco

    • enrix007 11:39 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Marco, se Ciancimino avesse scritto quella roba in carcere, le autorità dovrebbero averne una copia, comprese le pagine precedenti e quelle successive.

      Siccomne poi gli anni di carcere di cui parla sono anni di carcere subiti "a causa della SUA posizione politica", sono anni di carcere suoi, non di qualcun altro.

    • anonimo 12:26 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, se capisco bene la lettera "orginale" è una fotocopia e non potrebbe essere altrimenti, visto che l’originale manoscritta dovrebbe essere stata inviata al Berlusconi (ammesso e non concesso).

      Siccome Travaglio dice che è stata imboscata in fondo a scatoloni, fa intendere  che  tale lettera fosse in mano alla magistratura da anni ( a meno che non fossero scatoloni tenuti da Massimo) e quella esibita dal Massimo il 9 febbraio non è una novità (cos’è la fotocopia della fotocopia?)  La mia domanda è :
      quando risulta depositata agli atti tale lettera?

      Credo comunque che non sia troppo difficile risalire alla data approssimativa della fotocopia "originale" in quanto la tecnologia di produzione dei toner cambia abbastanza rapidamente. Un’analisi chimica dell’"inchiostro" , penso in particolare ad una spettrografia, consentirebbe l’individuazione di tutti i componenti chimici dell’inchiostro e di conseguenza  l’individuazione del produttore e degli anni in cui il prodotto era in produzione e vendita.
      Siccome ciancimino data la lettera alla prima legislatura di Berlusconi (in terza battuta almeno), se risultasse che tale inchiostro è stato prodotto posteriormente al dicembre 94, si tratterebbe di falso certificato.

      Anton Egger

    • enrix007 13:22 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ci tengo però a chiarire una cosa. Quando io in questo articolo cito la frase di Travaglio che parla di un documento recante l’indirizzo di Berlusconi, sepolto negli scatoloni dalla perquisizione del 2005, in realtà faccio il classico babbeo che fa il verso ad un paccaro.
      Perchè in realtà, Travaglio, non sta parlando del documento esibito al 9 febbraio da Ciancimino, quello del collage, ma bensì sta parlando del documento n°2, quello frammentario scritto non so da chi che ho riportato qui sopra, mostrato in procura a Ciancimino Junior il 30 giugno 2009,  e che come si può vedere non porta nessun indirizzo. E’ una delle tante frottole e fesserie che racconta Travaglio in quel passaparola, e di cui, come ho detto, scriverò a breve.

      Per quanto riguarda invece il n°1. è assolutamente ovvio che non si tratta proprio per niente di una lettera indirizzata a Berlusconi, o a Dell’Utri, ma di una memoria di Don Vito relativa a vicende che a mio giudizio non riguardano Berlusconi nel modo più assoluto.
      Don Vito prospetta un suo intervento in TV, e si auspica che Berlusconi glielo conceda (anzi, ne è certo) per parlare di un evento che lui teme possa avvenire in sedi giudiziarie, e che secondo me non riguarda Berlusconi. proprio per niente.

    • anonimo 13:39 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrico, hai letto le nuove rivelazioni spassose sul caso Moro? Ma poi il covo non era in via Montalcini?

      Ciao e complimenti, Alessandro

    • anonimo 13:44 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ok, chiarito il fatto.
      Quello che dici sulla lettera 1 è verosimile e compatibile con l’insistenza con cui il Vito chiese, ripetutamente, la diretta televisiva per una sua audizione in commissione antimafia nel 92, vedi il libro "Le mafie" scritto da Vito stesso.
      Tra l’altro in "sede giudiziaria o altrove" , l’altrove potrebbe riferisi proprio alla commissione antimafia.

      Inoltre era sua abitudine scrivere lettere al presidente della commissione antimafia e per conoscenza ad alte cariche istituzionali quali  il presidente della repubblica e il presidente del consiglio dei ministrri. Nel suo libro riporta parecchie di queste lettere.

      Anton Egger

    • anonimo 15:17 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      PER ENRIX

      Stavo leggendo un vecchio articolo di giornale di luglio 2009 dove penso si parlava dello stesso pizzino., questo il passo saliente:

      Massimo Ciancimino non ricorda con precisione la data in cui avvenne la consegna. Ma sottolinea, invece, che il messaggio era completo, cioè non era tagliato nella prima parte così com’è stato trovato dai carabinieri durante una perquisizione. Il foglio di carta, infatti, è strappato a metà e in questo modo i pm lo hanno mostrato a Ciancimino.

      In pratica se il foglio è lo stesso i Carabinieri hanno l’originale che non proverebbe nulla, visto che manca una parte,  l’intestazione con il nome di Berlusconi. E dal cilindro Ciancimino Junior due giorni fa ha portato l’ottima fotocopia frutta del BRICOLAGE da te spiegato, ho capito bene?

      http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/cronaca/ciancimino-berlusconi/ciancimino-berlusconi/ciancimino-berlusconi.html

      Gianluca

    • anonimo 16:28 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Una riflessione: se il documento è una fotocopia, non può essere la fotocopia di una lettera spedita e di cui quindi non c’è originale , in quanto spedito.

      Dovrebbe essere la fotocopia di una minuta, che a questo punto dovrebbe essere reperibile.

      Certo è che non ci vedo alcunchè di compromettente, neanche in questo tagli e ritaglio.
      Tutti possiamo scrivere a chiunque e dire ciò che deisderiamo, vogliamo, speriamo.

      Angelis

    • anonimo 17:44 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Angelis, Ciancimino fotocopiava tutti i suoi documenti, così dicono, quindi la lettera sarebbe stata fotocopiata prima della spedizione.

      Avete visto quest’altro "pizzino"?
      Anche qui ci sono segni strani, e una bella riga orizzontale sopra all’ultima riga.

      palermo.repubblica.it/multimedia/home/23025344

      bart_simpson

    • anonimo 19:07 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Stavolta enrix mi sento proprio coinvolto.
      Sto leggendo il verbale del 30-06-09 e quello del giorno successivo che riguardano la genesi del tuo documento N.2, il cosìdetto mezzo foglio A4.

      E’  tutto così pazzesco e così diverso da come uno se l’aspetta. Sto Massimo che dà continuamente versioni diverse, a distanza di un giorno ma anche di pochi minuti e cade continuamente in contraddizione.
      Ma la vergogna è nel ruolo di Ingroia e Di Matteo !!!! Suggeriscono in più punti al Cianci come superare le sue contraddizioni!!

      Su questo avrò molto da dire.

      Anton Egger

    • anonimo 20:10 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Qualche chiarimento sugli originali.

      Il Massimo Ciancimino (Max, per brevità), nelle deposizioni del 30-6-09 e del 1-7-09  ribadisce + volte che di tutte le lettere spedite dal padre,  furono conservati gli originali e spedite le fotocopie, che lui stesso (Max) eseguiva. Per quanto strano, una logica c’è e la spiega lui stesso:  suo padre temeva che dagli originali si potessero rilevare le impronte digitali.
      Dichiara, sempre il Max che, oltre agli originali, conservavano anche una fotocopia. Questo particolare è importante perchè il documento N.2 di enrix, ritrovato  tra il materiale sequestrato al Max nel 2005, è l’originale manoscritto (non si fà da chi, ma attribuito da Max a Provenzano) ma è parziale nel senso che è solo mezza parte del  foglio A4. Però, sempre secondo Max, da qualche parte  dovrebbe avere la fotocopia dell’intero foglio.

      Anton

    • anonimo 10:23 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      In tema con la mitopoietica: Segugio sei un mito nello smascherare i cazzari!!

      cesare

    • anonimo 14:27 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      volevo scrivere "attivita’ mitopoietica" tengo a precisarlo prima che qualche saputello di nostra conoscenza (magari un certo imbecille di Napoli…) arrivi e dica che si puo’ usare solo come aggettivo e il sostantivo e’ mitopoiesi! Da questi soggetti che si attaccano ai dettagli per confondere le acque e insabbiare la verita’ bisogna guardarsi…. :D
      cesare

    • enrix007 17:49 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      So a chi ti riferisci.
      E’ la reincarnazione di un un antico furbacchione.

      « In questa tomba tenebrosa e scura
      giace un villan di sì difforme aspetto
      che più d’orso che d’uomo avea figura,
      ma di tant’alto e nobile intelletto
      che stupir fece il mondo e la natura.
      Mentr’egli visse fu Bertoldo detto;
      fu grato al re, morì con aspri duoli
      per non poter mangiar rape e fagioli. »

      (Epitaffio di Bertoldo)

    • anonimo 20:18 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      Mi sembra utile riepilogare le dichiarazioni di Max (Massimo Ciancimino) sul documento N. 2 riportato da enrix. Lo faccio in alcuni post successivi.
      Numero 1

      Dalla  deposizione del 30-06-09.

      Il pm Di Matteo fa’ vedere a Max fotocopia dell’originale, (quest’ultimo trovato e sequestrato a casa di Max nel 2005) del documento e gli legge le parole scritte:
      Posizione politica. Intendo portare il mio contributo che non sarà di poco perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento, Onorevole BERLUSCONI, vorrà mettere a disposizione una delle sue rete televisive”
       
      Al che Di Matteo chiede a Max se conosceva tale documento.

      Max risponde che l’aveva già visto e crede che sia manoscritto da suo padre.

      Ingroia gli chiede se riconosce la grafia di suo padre.

      Max risponde prima che gli sembra di si e poi ribadisce che "si, si è quella di mio padre"

      Subito dopo Max dà una spiegazione del contenuto:

      " E praticamente era la volontà espressa di mio  padre di avere una diretta televisiva, tra l’altro, a  proposito, domani vi produco altri documenti che possono anche collegarsi a questo, dove mio padre più  volte chiedeva una diretta per dire la sua verità e per  dire la sua versione di tante situazioni facente capo  soprattutto a quello che era l’origine delle stragi e
       l’origine di altre situazioni; aveva espresso la volontà di  poter avere una diretta, insomma un’attenzione  televisiva tale da poter dire tranquillamente come  stavano certe cose, perché mio padre su varie, anche in  varie missive che posso anche darvi copia, non so se le  ho qua, aveva sempre lamentato questo, di non essere  stato mai ascoltato in Commissione Antimafia e tutte le  volte che voleva essere ascoltato, mio padre, anche per qualsiasi cosa aveva chiesto sempre la diretta con la  Sala Stampa e questa non gli era stata mai concessa

      Questo mio padre doveva consegnarlo ad un tramite che doveva farlo avere a BERLUSCONI per potere avere questa attenzione mediatica. Sapevo dell’esistenza di questo documento "

      Ingroia chiede a Max quando ha saputo del documento.
      Max risponde nel 2000, 1999-2000.
      Nei passaggi successivi si capisce che non solo Max ne è venuto a sapere in quel periodo, ma che il documento stesso risale a quel periodo.

      Dopo alcuni passaggi poco chiari (in cui Max chiama in causa Dell’Utri e Provenzano) 
      Di Matteo gli chiede "Ma lei questo documento, al di là dell’argomento, questo documento lo conosceva?"
      Max risponde "Sì, l’avevo visto, sì".
      Sembra che il PM metta in dubbio la conoscenza del documento da parte del Max, visto che aveva già dichiarato di conoscerlo. Ma la chicca viene adesso ( pagina 13, righe 16-28)
      Ingroia: …cioè ci sono dei riferimenti [ nel documento ndr] ad un evento, ad un triste evento che bisogna scongiurare…”
       
      DiMatteo: In due occasioni, in due passaggi si parla di questo evento…”
       
      Ingroia:…è un triste evento che sembra, che sembra in qualche modo possa riguardare l’Onorevole BERLUSCONI e che l’autore della missiva si impegna per cercare di
      scongiurare e che… si impegna a cercare di scongiurare questo evento purché l’Onorevole BERLUSCONI gli metta a disposizione una rete televisiva, direi che è così ovvio, diciamo, il contenuto è abbastanza chiaro.”
       
      Qui, il teste sembra Ingroia e non Max. Sembra cioè che Ingroia sappia esattamente il significato delle parole contenute nel documento e che stia tentando di spiegargliele a Max. Come faccia Ingroia a sapere che il triste evento riguardi Berlusconi mi è inspiegabile. Io, che evidentemente sono tonto, leggendo il “pizzino” non ci arrivo.

      Continua …

      Anton

    • anonimo 21:51 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      Numero 2

      Di fronte a tanta “ovvietà” il teste Max è in imbarazzo e chiede mezza giornata di tempo per chiarirsi le idee, ma il pm non gliela concede e si va avanti.
       
      Ingroia chiede che lei sappia suo padre questa richiesta la faceva a nome proprio o per
      conto di, di altri?”
       
      Max risponde che lo fa a nome suo e di altri ed in particolare del Provenzano.
       
      A questo punto Ingroia dice
      “… le faccio notare un’altra cosa che a lei non sarà sfuggito perché è
      abbastanza intelligente [!!!! ndr] per essersene reso conto e forse lo sapeva già, che benché la grafia sembra, io non faccio diciamo il perito grafico, ma insomma si nota
      benché la grafia, vedremo se è di suo padre o non di suo padre, però è la grafia di una persona apparentemente diciamo che sa scrivere, il contenuto però, il testo, l’italiano…”
       
      Max non aspetta nemmeno la domanda e dichiara
      Non è di mio padre
       
      Dopo alcuni passaggi ribadisce
      Comunque non è grafia di mio padre”
       
      E Ingroia:
      Non è grafia di suo padre quindi rettifica la sua precedente dichiarazione, è giusto? Eh vabbè, lei mica fa il perito grafico [ !!! ndr]”
       
      Dopodichè viene fatta una pausa di 5 minuti in cui max va in bagno e conferisce privatamente con il suo l’avvocato . Al ritorno Max ribadisce che la scrittura non è di suo padre. Successivamente ammette che il messaggio proveniva dal Provenzano e era diretto a Dell’Utri e Berlusconi. I pm gli chiedono se il messaggio doveva essere ricollocato temporalmente (cioè se Max voleva rettificare la data dell 1999-2000 in cui era stato scritto) e Max risponde di si, ma che non ricorda esattamente. Dichiara però che ricorda benissimo che in origine aveva nascosto il messaggio, per volere di suo padre, nella retrocopertina di un volume della Treccani conservato nella loro casa di Roma.
      Al che il PM chiede quando suo padre aveva risieduto a Roma e Max risponde tra il 1989 ed 1992 e poi di nuovo, dopo la scarcerazione tra il 1999 ed il 2002. Ingroia notando che si tratta di un lasso temporale molto vasto chiede a Max a quale dei due periodi risale il messaggio, ma Max non ricorda e dice di voler controllare a casa tra le sue carte e risponderà l’indomani.
       
       
      In effetti nella deposizione del giorno successivo 1/7/2009, dopo aver evidentemente consultato le sue carte, Max dichiara:
       
      Questo documento fa parte del periodo diciamo prima dell’arresto del 23 dicembre del ’92. Ho cercato ieri di spostarlo, cioè ho cercato di dargli meno importanza possibile perché ribadisco che mi fa un po’…”

      Ecco che viene fuori la seconda versione della data, nella prima era 1999-2000 e adesso diventa 1992. Successivamente dichiara che è antecedente le stragi e quindi antecedente il maggio 1992 (almeno se per stragi intende quelle di Falcone e Borsellino).
      Viene anche fuori che era stato lui stesso (Max) a ritirare il documento direttamente dal Provenzano vicino a Palermo e a portarlo a Roma a suo padre (che suo padre aveva il divieto di soggiorno a Palermo).
       
      Ingroia chiede
      Ma lei è certo che quella lettera è questa che le abbiamo esibito ieri pomeriggio, la possiamo esibire nuovamente…
       
      Max risponde :
      Sì, allora, voglio dire che in merito a questa situazione c’è stata più di una missiva, perché c’è stata pure qualcosa poco… c’è stata un’altra missiva che io non sono stato in grado di dare a mio padre
       
      A questo punto Max ha messo altra carne sul fuoco ed i PM vogliono accertarsi se sta ancora parlando della lettera del giorno precedente.
       
      Di Matteo chiede:
      Eh, ci arriviamo dopo, seguiamo l’ordine cronologico
      se no ci perdiamo. Allora, lei porta questa lettera a suo
      padre, le ho detto, suo padre la apre davanti a lei e lei
      è certo che è questa?”
       
      Max:
      Sì, deve essere questa, sì”
       
      Quindi Max ha appena confermato che si tratta della lettera del giorno prima.
       
      I passi successivi sono interessanti (dell’Utri diventa Onorevole nel 1996 e senatore nel 2001) e li riporto integralmente
       
      Ingroia: E lei ricorda a chi era indirizzata quella lettera?”
       
      Max: Al dottore DELL’UTRI.
       
      Ingroia: “Al Senatore Marcello DELL’UTRI…”
      Max: “Non era Senatore…”
      Ingroia: “…ora Senatore”
      Max: “ …no, non lo so neanche cosa era…”
      Ingroia: “…ora Senatore diciamo, al dottore Marcello DELL’UTRI.”
      Max: “Esatto”
       

       
      Adesso casca davvero l’asino e dopo che Max ha confermato ben due volte che stà parlando della lettera di cui al giorno prima,
       
      Ingroia chiede:
      Però scusi, noi stiamo parlando sempre di questa lettera? Noi parliamo di una lettera dove i riferimenti sono a: un triste evento e una esposizione politica per
      il quale porterà il suo contributo chi scrive la lettera… peraltro BERLUSCONI viene già indicato come Onorevole. La rileggiamo, questa metà, questa metà foglio dice: posizione politica, intanto portare il mio contributo che non sarà di poco perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento, Onorevole BERLUSCONI vorrà mettere a disposizione una sua rete televisiva”
       
      A Ingroia non era evidentemente sfuggito il banale dettaglio che nel maggio 92 o prima, Berlusconi non era ancora Onorevole (lo sarebbe diventato nel 94) e quindi lo fa “teneramente” e “candidamente” presente a Max (come nei film americani?) E Max, che già aveva spianato la strada dicendo che c’erano + lettere risponde, molto candidamente
       
      Max:
      Questa è la seconda”
       
      Ecco, dopo aver rtipetutamente confermato che si trattava della lettera del giorno precedente, che gliel’aveva data il Provenzano prima di maggio 92, che l’aveva messa nella copertina della Treccani a Roma, che aveva fatto due fotocopie della stessa, viene fuori, grazie alla domanda-suggerimento di Ingroia, che si era sbagliato. Ingroia a questo punto ne chiede l’arresto per falsa testimonianza? NO.
       
      Ingroia:
      Dica, dica, questa è la seconda, cioè, spieghi, vediamo
      se riesce a mettere meglio a fuoco i suoi ricordi, ci
      sono due lettere lei ha detto, lei ora, appena ora ha
      detto: forse allora questa è la seconda”
       
      Max:Più di una ce n’è né, più di una, più di due…”
       
      Ingroia:Lei quante ne ha viste? Lei è andato, uno a San Vito Lo Capo da LIPARI e l’ha portata a suo padre, che era indirizzata al dottore DELL’UTRI, giusto?”
       
      Max: Posso fare una pausa perché io devo capire pure cioè a
      cosa vado incontro”
       
      Ingroia:E faccia la pausa. E allora, su richiesta dell’interrogato
      alle 15:15 si sospende per 5 minuti
       
      Pausa provvidenziale, visto cos’aveva rischiato.

      Continua …

      Anton

    • anonimo 22:12 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      Numero 3.

      Nel proseguo della deposizione Max dice che in "realtà" quella lettera è la terza, consegnata a suo padre quando già era in prigione.
      Dice anche che non l’ha detto prima perchè ne temeva le conseguenze giudiziarie, in quanto portare una lettera in prigione è un reato.
      E questa motivazione mi sembra davvero assurda:  aveva già ammesso di aver fatto da tramnite tra Provenzano e suo padre, reato piuttosto grave mi pare, e ha paura di essere incriminato per aver consegnato un messaggio sottobanco a suo padre in prigione???

      Boh. Adesso non vi tedio più.

      Anton Egger

    • enrix007 03:18 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      Non stai tediando nessuno.

      Assolutamente grazie per l’intervento.

      Poi va detto che tutta questa testimonianza di Ciancimino, rovinerebbe totalmente in un cumulo di macerie, se fosse vero quello che sembra: e cioè che non sia stato Don Vito a costruire il suo testo su quelle 5 righe, lavorando ad intarsio, ma che sia stata l’anonima manina a ricopiare il testo originale di Don Vito, modificandolo qua e là allo scopo di farlo sembrare sgrammaticato.

    • anonimo 14:34 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      Nel Giornale di Feltri di oggi (domenica 14) viene riportata l’immagine da lei creata con le prove della contraffazione.
      Viene citata pero’ solo la Serafini e censurati.it

      Luigi

    • enrix007 15:17 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ottimo.

      Questo blog e censurati.it è come fossero una cosa sola.

    • enrix007 15:51 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

    • anonimo 16:02 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      l’importante è che su censurati viene riportato un pezzo che non è tutto, è tagliato, e si parla dell’articolo intero riportando il tutto qui, su segugio. Ma pensa tu se una comunista come me deve essere citata sul giornale di Feltri :)

      vabbè…  prendo atto e andiamo avanti
      (enrix, tieniti pronto, che la settimana prox avrò altre info di primo pelo per i motivi che sai eheheh)

    • anonimo 16:04 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      p.s. ho dimenticato di firmarmi, il post precedente era mio

      antonella serafini

    • kasko 17:37 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      caro Enrix007, in tutta sincerita’, quello che stai facendo e’ semplicemente grandioso. Ti ringrazio per la boccata d’ossigeno. Ed ın tutta umilta’, tı ho dedıcato un post nel mıo blog cialtrone.
      Stessa stima anche per la dottoressa Serafini. E’ la prima volta che sono d’accordo con una comunista. No, anzi, e’ la seconda volta (ma qui sto divagando…)

      con stima.
      K

    • anonimo 21:56 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      a proposito enrix, ti avevo chiesto se per caso eri passato dalla smipar anche tu.

    • anonimo 21:56 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      dimenticavo,
      Anton egger

    • anonimo 02:38 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si è rifatto vivo Nicola Biondo con un libro insieme al noto Sigrifido Ranucci.
      Nell’intervista dice:
      « Il racconto di Massimo Ciancimino ci permette ancora di più di scendere nei particolari e i personaggi sono sempre gli stessi, in questo caso il generale Mori che nel 1992 incontra Vito Ciancimino, i contorni di questi incontri sono ancora sfuggenti per molti, sono chiarissimi per le sentenze, quella è stata una trattativa, l’obiettivo era di catturare alcuni capi latitanti e lasciarne altri fuori, come Bernardo Provenzano per esempio, quella mafia invisibile, affaristica che ripone nel fodero l’arma delle stragi, per portare avanti una vera e propria pax mafiosa, quindi la mancata cattura di Provenzano che raccontiamo attraverso questo racconto inedito dell’infiltrato Luigi Ilardo, non è altro che un tassello del patto tra Stato e mafia, noi ti lasciamo libero, tu non fai più le stragi, noi ti consentiamo di fare affari, anzi li facciamo insieme!»
       
      http://www.youtube.com/watch?v=n1q4dybM6fk
      Ma di quali sentenze parla?
      Poi dice che Ilardo ha incontrato Mario Mori, e che gli omicidi di Mattarella, La Torre ecc. non erano nell’interesse di Cosa Nostra e sono stati invece eseguiti da poliziotti dal volto di mostro, non da mafiosi.
      Moritz
       

    • enrix007 03:19 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      Qualche giorno fa su facebook un docente universitario di storia mi ha consigliato questo libro di Biondo, sostenendo che si tratta di una rendicontazione ordinata che espone i fatti nudi e crudi "senza condimenti".

      In realtà pur essendo pieno di citazioni, il libro non ha una nota che sia una; ha solo una pagina finale di rimandi agli atti di numerosi processi e una bibliografia generale. E’ insomma un libro di (pseudo) saggistica che di fatto è di tipo "narrativo" (ossia è un romanzo) nella logica argomentativa.

    • anonimo 09:42 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Enrix, mai fidarsi dei docenti di storia!
      Pochi mesi fà, in televisione, ho sentito i commenti di un famoso storico, a proposito dei libri di Pansa. L’ho sentito con le mie orecchie affermare che

      "esiste una storia  con contenuto morale e pertanto degna di essere raccontata, ed un’altra, amorale che non val la pena di raccontare, in quanto non insegna niente di buono"
      Pansa, naturalmente, raccontava quella amorale.

      (PS  il virgolettato è mio  ed è una  sintesi di ciò che ha detto, non la trascrizione letterale)

      Anton Egger

    • almostblue58 14:05 on 16 February 2010 Permalink | Rispondi

      complimenti per il bricolage: delizioso e illuminante!
      Sebastiano Gulisano

    • enrix007 14:24 on 16 February 2010 Permalink | Rispondi

      Grazie Sebastiano,
      e scusa per i toni un po’ burberi che ti ho usato in precedenza.

      Son burbero, ma il cuore c’è, garantito.
      :-)

    • almostblue58 02:19 on 17 February 2010 Permalink | Rispondi

      non è che io sia meno burbero ;)
      e, comunque, avevi le tue buone ragioni.
      ciao,
      Sebastiano

    • anonimo 01:50 on 25 February 2010 Permalink | Rispondi

      Bravissimo.
      Avvisa i magistrati del "pacco".

      Una curiosità, visto che hai citato Travaglio: per anni è circolato un video (taroccato) della c.d. "ultima intervista di Borsellino", trasmessa anni fa anche da Santoro in tv.

      Manipolando l’audio dell’intervista si misero in bocca a Borsellino (ormai morto e che quindi non poteva smentire)  frasi mai dette su Dell’Utri.

      I taroccatori? Mai individuati.

      Ma, guarda tu il caso, qualche settimana fa è saltata fuori – rigorosamente in vendita per lucrarci – l’intervista originale su dvd, non taroccata.

      Chi ce l’aveva?

      Ma ovviamente Travaglio…

      Markus

    • anonimo 09:25 on 25 February 2010 Permalink | Rispondi

      La cosiddetta ultima intervista è stata vivisezionata da Enrix su questo sito, ci sono state discussioni interessanti anche sul sito di Travaglio e su quello di Guzzanti.
      Le conclusioni, se non piglio errori:
      1) nella versione integrale mancano un paio di domande che erano presenti nella trascrizione de L’espresso, quindi la definizione di "intervista integrale" non è corretta.
      2) nella versione taroccata una domanda è diversa rispetto alla "versione integrale", e la modifica non può essere frutto di un taglia e cuci, ma è necessario l’intervento vocale di Zagdoun, che quindi avrebbe partecipato al taroccamento.
      3) le motivazioni che spinsero i francesi a intervistare Borsellino, così come le riferisce Travaglio, non sono corrette.

      Ah, l’originale non ce l’aveva Travaglio, il Fatto Quotidiano ha pubblicato una "versione integrale" consegnata da Zagdoun.

      bart_simpson

    • iljester 11:43 on 27 February 2010 Permalink | Rispondi

       Caro Segugio,
      che dirti? Un articolo – il tuo – davvero fenomenale e arguto! Mi è piaciuto parecchio per la precisione con la quale hai smontato l’invenzione del papello di Ciancimino.
      Mi piacerebbe scambiare con te il link dei nostri reciproci blog. Il mio è http://www.iljester.it/
      Fammi sapere!

    • enrix007 03:38 on 28 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro jester, molto volentieri; Link aggiunto.

    • iljester 22:35 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi

       Fatto anche io! ;)

  • Avatar di enrix

    enrix 15:14 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , , bernardo provenzano, , , , , , ,   

    Rimarchevole "botta e risposta" fra Antonella Serafini, il sottoscritto, e Massimo Ciancimino su BlogSicilia.
    Intervengono anche Gioacchino Basile ed Angelo Jannone.

    CIANCIMINO E LEPROTTO BISESTILE

    LA DISCUSSIONE SI PUO’ LEGGERE QUI.

    Ora però i miei messaggi non passano più. Chissà perchè.

    Update, alle 22: ora i messaggi passano regolarmente.

     
    • WG 18:35 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      In che senso i messaggi non passano più? Non c’è nessuna censura.

      Walter Giannò, coordinatoredi BlogSicilia.

    • enrix007 19:02 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ho postato due messaggi, a commento di quanto scritto dal sig. Vultaggio, e dopo avere dato "invio" non sono passati.

      Ho pensato, prima di scrivervi per capire, che essendo domenica pomeriggio aveste messo l’opzione "moderazione"  per passare i messaggi al vostro rientro, al fine di mantenere una legittima sorveglianza.
      In altri blog succede.
      Può però anche essere possibile che il vostro server abbia preso come SPAM i miei messaggi, sospendendoli in automatico.
      Se può controllare, ciò dovrebbe essere avvenuto nel primo pomeriggio.

      Prendo atto altresì che non si tratta senz’altro di censura, e vi ringrazio.

    • Sympatros 21:13 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      In un post precedente, io esprimevo la mia opinione sul misterioso signor Franco/Carlo:

      …..Io sono arrivato alla conclusione che non può essere un personaggio di fantasia…. secondo me è dotato dell’attributo dell’esistenza… ma come mai, almeno da quel che ho letto, i magistrati non stringono il testimone di più su questo aspetto per riuscire ad identificare il personaggio, che per molti aspetti è il deus ex machina di tante cose? Che i magistrati sappiano già chi sia? E ci aspetta il botto finale?

      Enrix, prendendosi gioco della mia ingenuità, rispondeva:

      """"Franco?
      Se non fosse già defunto, ipotizzerei trattarsi di Franco Franchi
      .""

      Ora se rispondesse al vero questo link

      http://palermo.repubblica.it/dettaglio/trovata-sim-di-ciancimino-con-numero-di-agente/1688856

      Sembra che il personaggio misterioso esista veramente e le telefonate e la sim di cui parlava il giovane Ciancimino non sono tutte balle!

    • enrix007 22:01 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Se la SIM trovata ad agosto dell’anno scorso fosse stata quella di cui parla Massimo Ciancimino, e avesse contenuto il numero del Sig. Franco, noi oggi dovremmo saperlo, non trovi, Sympatros? C’è qualche notizia di questo genere che sino ad oggi ci sia stata tenuta nascosta? Non servivano analisi al microscopio. Bastava attivare la SIM in un telefonino, e Ciancimino in pochi secondi manovrando la rubrica, avrebbe detto: eccolo qui.
      Con tutte le volte che dice di aver conversato con lui al telefonino, dovrebbe essere un’operazione facile per Ciancimino Junior.

      Invece una settimana fa, in un articolo di Anna Petrozzi e Lorenzo Baldo pubblicato sull’aggiornatissimo sito Antimafia2000, la SIM fantasma con il numero del caro Franco, viene data ancora per "mai rinvenuta".

      http://www.antimafiaduemila.com/content/view/24628/78/

      Eh…saperla, la verità, caro Sympatros.

    • Sympatros 22:37 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Eppure, a costo di apparire ingenuo, leggendo i verbali, da  un certo momento in poi, ho avuto la sensazione che gli inquirenti non stringessero adeguatamente il teste per capire se esistesse veramente il misterioso Carlo e quale fosse la sua identità.

      E mi chiedevo e continuo a chiedermi: … forse che i magistrati sappiano già chi sia? E tra l’altro mi sembra che negli ultimi interrogatori i magistrati non chiedano più conto della sim e, quando parlano del signor Carlo, lo danno come una presenza scontata e pacifica. Impressioni.. solo impressioni.

    • enrix007 23:35 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ehi, impressionato, hai forse trovato anche solo un punto, uno solamente, dove gli interroganti non danno per scontatamente vero quanto detto da Ciancimino junior, ma lo fanno cadere in contraddizione come farei io con lui per metterne alla prova la sincerità?

    • Sympatros 08:33 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Uelà, assicurato, c’è una cosa che mi chiedo, che non mi tormenta, ma m’incuriosisce: come fai ad essere così sicuro che gli inquirenti siano complici del giovane Ciancimino e gli lascino dire tutto ciò che vuole, non mettendone in evidenza le contraddizioni? Ma son proprio tonti ‘sti magistrati, che se ne faranno di un testimone che racconta balle, se poi verrà sottoposto ad un controinterrogatorio da parte della difesa, che sarà agguerrita e stringente almeno quanto te? Che se ne faranno? Sono autolesionisti? Gli piacciono le figure barbine?
      Sì, l’atmosfera degli interrogatori è permissiva, si tratta sempre di un teste che collabora, ma ci sono i momenti in cui lo costringono al chiarimento, più di una volta Ciancimino s’interrompe, per consultarsi con gli avvocati e in qualche occasione arriva pure a piangere. Pianto del coccodrillo? I punti vista,,,, i punti di vista, a cui noi umani siamo condannati!! Io vedo dei normali magistrati che cercano di fare il loro mestiere, sforzandosi di farlo con professionalità…. e tu invece ci vedi altro. E che ci vuoi fa’ … che ci vuoi fa’, c’est la vie!!

    • enrix007 08:47 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Allora se vedi tanta professionalità nel fatto che danno come presenza scontata quella del Sig. Franco, vuol dire che ritieni che sappiano già chi è.
      Speriamo che sia così.

      Perchè dare per scontata quella presenza negli interrogatori senza ancor  aver scoperto traccia vivente di quella persona, non è molto professionale, anzi, si rischia di aiutare il teste a costruire le favole, se questo fosse un bugiardo anzichè un collaboratore genuino..

    • Sympatros 08:51 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sì, sono propenso a crederlo…..

    • enrix007 09:40 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      E’ la fede che sorregge l’uomo.

    • anonimo 10:53 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, toglimi una curiosità.
      Ieri rispondendo al sig. Piazzini, chiedendogli lumi su cosa intendeva per "stato", tra le tante hai citato "I comandi della Folgore".
      Sarà mica che sei passato per la Smipar anche tu?

      Anton

    • anonimo 11:07 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ancora una cosa Enrix.

      Ingroia per ben due volte chiese l’archiviazione nel primo processo contro Mori e De Caprio e il GIP non la concesse.
      Lo stesso Ingroia dichiarò che sarebbe stato ridicolo se sui avesse dovuto sostenere un’accusa in cui non credeva.
      Certo, quando poi fu costretto a sostenerte l’accusa fece dichiarazioni in senso opposto, ma questo è formalmente comprensibile. Era tanto convinto che alla fine chiese lui stesso l’assoluzione.

      Cosa è cambiato in questo nuovo processo? I capi di imputazione sono diversi? Secondo tè adesso Ingroia ha cambiato idea, si è convinto cioè che il Ros è colpevole, oppure stà semplicemente recitando un ruolo impostogli?

      Anton

    • anonimo 15:31 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Grandissimo il coniglio.
      Complimenti!

      Luigi

    • grilloz 21:58 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      ed ecco la famosa lettera:
      http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?p=1&pm=&IDmsezione=9&IDalbum=24023&tipo=FOTOGALLERY#mpos
      (che io, fossi stato Ciancimino, avrei battuto a macchina)
      sarà originale come il papello?

    • grilloz 22:32 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      e un’altra domanda sorge spontanea:
      ma se Provenzano comunicava direttamente con dell’Utri (che, secondo le parole dello junior aveva sostituito il padre nella famosa trattativa) che bisogno aveva di usare Ciancimino come tramite per recapitare una lettera a Berlusconi?

    • enrix007 23:43 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ti correggo Grilloz: che bisogno aveva di darla a Lipari, perchè la desse a Junior, perchè la desse a Senior, perchè la desse a "Franco", perchè la desse a Dell’Utri, perchè la desse a Berlusconi.
      E non un messaggio di auguri, ma una lettera messa in una busta aperta (non incollata), indirizzata proprio a dell’Utri (con tanto di destinatario in testa) e contenente un tentativo di estorsione con minacce aggravate: o ci dai uno spazio in TV, o ti accoppiamo il figlio. Così, tanto per.

      Ed ora, tanto per, giustappunto, restare in argomento, riprendo a vedere il secondo tempo del film di Mr Bean che ho interrotto poco fa.

    • Sympatros 10:04 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, preso d sacro furore contro la mafia, la menzogna, la denigrazione dei benemeriti servitori dello stato, non utlizza soltanto le parole, le ricerche e i ragionamenti, ma va oltre… l’attacco a Ciancimino junior è totale… con tutte le armi.. con la grafica, coniglio, foto di una persona insignificante… utilizza persino il giudizio che il Ciancimino senior ha nei confronti del figlio… un buono a nulla.
      Forse lo zelo, anche se dettato da buoni intenti, va oltre il segno. Gli aspetti parodici e ironici nei confronti di Ciancimino, nei confronti della sua figura e della sua icona fisico-morale, finiscono per dare un punto a favore al Ciancimino.

      Un’attenuante er Massimino ce l’ha, ma vi immaginate cosa abbia significato per lui la presenza di un genitore, di un padre prepotente, invasivo, mafioso, che lo teneva legato ad un catena, che gli permetteva di girare per casa, ma non di uscire di casa? Vi immaginate avere a che fare con un padre che vedeva in lui una sorta di figlio degenere che non aveva né le fisique du role né la tempra del mafioso? Massimo Ciancimino, secondo me, ha più di un’attenuante…. attenuante certo che non giustifica eventuali reati da lui commessi.

      Enrix, mettere alla berlina lo junior, riportando i giudizi negativi che il padre aveva nei suoi confronti e parodiarne l’aspetto fisico, la vedo come un punto a favore di CIancimino ed un tuo autogloal!

    • Sympatros 10:05 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      L’autonomia della magistratura

      Se la magistratura fosse politicamente schierata a sinistra e politicizzata contro Berlusconi, avrebbe senz’altro fatto a meno ed evitato di raccogliere le testimonianze di Spatuzza e di Ciancimino junior…. se non ci sono riscontri reali a ciò che questi testimoni vanno dicendo… finiscono col fare il gioco di Berlusconi stesso e quindi non farebbero gli interessi dell’ipotetica parte politica per cui tifano.

      La magistratura si sta dimostrando sostanzialmente autonoma…. non possono non acquisire testimonianze del genere… sta alla magistratura giudicante e anche all’opinione pubblica stabilire cosa farne di testimonianze di questo tipo. Se alla maggioranza degli italiani va bene avere un Presidente del Consiglio su cui si dicono queste cose e su cui gravano questi sospetti….. la maggioranza, anche se potenzialmente rimbambita, in democrazia, ha comunque ragione.

    • enrix007 10:20 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sympatros, quello non è un coniglio comune: è il leprotto bisestile di Alice nel paese delle meraviglie. Un personaggio con ben note e ben precise caratteristiche comportamentali che ho voluto richiamare non solo per similitudine grafica.

      Affermazioni del tipo "Come avete notato, all’inizio ho addirittura detto che era grafia di mio padre, avendo ovviamente la certezza, che non era assolutamente grafia di mio padre", paiono tratte direttamente dal libro di Carrol, e pertanto legittimano la mia scelta.

      Inoltre si, io immagino cosa voglia dire avere a che fare con quel genitore, ma immagino anche, allo stesso tempo, cosa voglia dire avere a che fare con un patrimonio di 60 milioni di euro lasciati dallo stesso genitore, che chiunque a questo mondo farebbe carte false (è un modo di dire, naturalmente) per recuperare.

      Interessante poi il ragionamento che hai fatto sulla magistratura.

      Applicasti lo stesso ragionamento con Tarantino e la commissione Telekom quando dava corda ad Igor Marini, Sympatros?

    • Sympatros 10:33 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Aspettiamo, Enrix, aspettiamo…. e vediamo se anche il Massimo.. come l’Igor accompagnerà in Svizzera i magistrati alla ricerca di riscontri e poi darò il mio giudizio.

    • Sympatros 10:39 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ma poi, Enrix, Tarantino era in veste di Presidente di una commisione parlamentare, roba politica, in Parlamento c’è il potere legislativo e non giudiziario. i politici non sono tenuti all’osservanza dell’atarassia e autonomia di giudizio come i magistrati…. anche se svolgevano un’inchiesta, sempre nel parlamento siamo, sempre politici sono!

    • enrix007 11:01 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      A parte il fatto che il PM rappresenta in diritto "parte", non sottoposta a vincoli di imparzialità, e quindi con l’atarassia non c’entra nulla, TU nel messaggio precedente ti sei lanciato a delineareun profilo logico che considerava l’eventualità di una magistratura "politicamente schierata".

      Quindi il confronto che ho fatto era legittimato da te stesso.

      Quindi cerca di non fare bailamme lanciando la pietra e nascondendo la mano, con messaggi tipo il 21, perchè sai che questo tipo di comportamento mi rende nervoso e c’ho il cancellino facile.

      Infine se tu vuoi aspettare aspetta pure. Forse non ti stai rendendo conto che lo Junior non fa in tempo a sventolare un foglio di carta che dopo un minuto è già pubblicato dai giornali (quindi scansionato prima che lo tirasse fuori in tribunale).
      E secondo te io dovrei aspettare il giudizio di una corte per esprimere un parere su un documento pubblicato da un giornale?

      Guarda che qui non siamo a Mosca nel 1967, ma in Italia nel 2010.

    • Sympatros 14:51 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Bailamme.. quale bailamme? Tarantino non sono stato io a tirarlo in ballo.

      """non sottoposta a vincoli di imparzialità"""

      I PM sono una parte e rappresentano una parte, ma dentro il processo. Per quanto riguarda la politica sono tenuti ad apparire ed essere imparziali.

    • anonimo 16:13 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Scusate per la piccolezza: Trantino, non Tarantino.

    • enrix007 20:17 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      si, vero, Trantino.

    • anonimo 13:11 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Probabilmente l’ha gia’ letto per farsi quattro risate, ma le segnalo comunque l’ultimo sproloquio di Marco Travaglio dalla sua tribuna in rete:

      http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/2010/02/08/la_diretta_con_marco_travaglio.html

      A presto e complimenti come sempre

      Luigi

    • enrix007 14:15 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si l’ho sentito e l’ho letto. Con questo entra nel guinness alla voce "giornalista cazzaro". Riesce a concentrare una dozzina di bugie, di falsità, in una decina di righe, meno di 5 min. di monologo.
      A me non ha fatto ridere, ha dato la nausea.

    • anonimo 19:14 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si può sapere quali sono queste dodici balle dell’ultimo Passaparola?

      Moritz

    • enrix007 02:08 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si, si può sapere, ma fra un paio di giorni. Questa sera, facciamo bricolage.

  • Avatar di enrix

    enrix 02:06 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , , bernardo provenzano, , ,   

    Ancora una domandina a Marco Travaglio

    massimo_ciancimino_n

    Quest’oggi Marco travaglio nel suo "passaparola" è intervenuto sull’ultima testimonianza di Massimo Ciancimino nel corrente processo a carico del generale Mori.

    Il sottoscritto, sul suo blog voglioscendere a QUESTO INDIRIZZO gli ha posto una nuova, specifica, domandina sull’argomento, che ora vado a ricopiare.

    Ci auguriamo che risponda e chiarisca l’arcano.


    Domandina per Marco Travaglio, che sicuramente è preparato e saprà soddisfare la mia sete di sapere: se è vero ciò che ha affermato lo Junior, e cioè che nel 2002 Provenzano godeva di una sorta di immunità a seguito dell’accordo contratto con il ROS dei carabinieri, COME MAI, sempre nel 2002, stando a quanto si vede nella
    docu-fiction di RAITRE "Doppio gioco", per segnalare le "cimici" infilate PROPRIO DAL ROS, con lo scopo di rintracciare il boss, nell’auto dei mafiosi custodi della latitanza di Provenzano, gli Eucaliptus di Bagheria, COME MAI DICEVO, si doveva disturbare a fare la talpa proprio quel Pippo Ciuro che lei dovrebbe conoscere bene e che lavorava negli uffici della Procura di Ingroia, fatto per cui si è beccato quasi 5 anni di carcere col rito abbreviato?
    In buona sostanza: il ROS doveva garantire l’immunità territoriale al boss, e nello stesso tempo gli dava la caccia infilando cimici nelle auto ai mafiosi del suo clan, che però venivano avvisati dai collaboratori di Ingroia nonchè dagli amici potenti, come Cuffaro (incastrato anche lui dal ROS nella stessa inchiesta), e facevano le bonifiche.
    La domanda che pongo è: come possiamo noi scacciare dalla nostra testa, alla luce di questi fatti, l’esecranda idea che il nostro Junior stia cacciando semplicemente un mucchio di balle?
    E se vogliamo essere fini, altra domanda: come si concilia quanto affermato dal magistrato Sabella, altra persona che lei dovrebbe conoscere bene, e cioè che il ROS non sia affidabile per indagini di mafia in Sicilia, con il fatto che è stato lo stesso ROS ad incastrare Totò Cuffaro? Faceva parte anche questo dell’accordo con Provenzano?

    Grazie se mi vorrà rispondere.

     
    • enrix007 21:59 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Non so a quale passggio ti riferisci, probabilmente a quello in cui lo Junior narra che i carabinieri avevano affittato un appartamento al terzo piano di fronte al palazzo dove LUI, lo junior, abitava a Palermo, per controllarlo.

      Beh, mi obblighi ad anticipare una delle chicche dei prossimi articoli.

      L’appartamento di cui Junior parla, il suo, si trova al settimo piano.

      Una persona in contatto con me la scorsa settimana è andata a verificare in loco, per sicurezza, e mi ha già confermato quello che era prevedibile: dal terzo piano, se cerchi di guardare l’appartamento di junior al settimo del palazzo do fronte, non vedi un cazzo.

      Quindi, bugia.

      La casa di Ciancimino a Roma, invece, in Via San sebastianello, si trovava sulla punta di un terrapieno alto circa 15 metri, prospicente sulla strada, situazione molto rara in Roma. Si può vedere in google map, digitando Via san Sebastianello n°9 – Roma. Davanti alla casa,  (una costruzione bassa, terrazzata e verandata), con il pianterreno ad una quota di circa -15 mt rispetto alla casa Ciancimino, c’è una chiesa con annesso palazzotto della curia.
      Ma se anche i carabinieri avessero voluto mischiarsi ai preti o alle suore, di lì avrebbero visto ben poco.
      Quella casa avrebbe potuto essere visitata in incognito, se solo avesse voluto, non solo dall’Ing. Lo Verde, ma anche da Gheddafi in persona.

    • enrix007 22:01 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      In ogni caso, tutte ipotesi per assurdo.
      Io non credo a tutte queste visite di Provenzano.
      Non è verosimile.

    • Sympatros 22:33 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      """Una persona in contatto con me la scorsa settimana è andata a verificare in loco, per sicurezza, e mi ha già confermato quello che era prevedibile: dal terzo piano, se cerchi di guardare l’appartamento di junior al settimo del palazzo do fronte, non vedi un cazzo."""

      E metti che a loro interessasse guardare in basso e non in alto…. al portone e non ai balconi?

    • anonimo 23:31 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      marco travaglio, unitamente ai suoi degni compari, si sta arrampicando sugli specchi per far finta di credere che Ciancimino è "la bocca della verità" mentre un qualsiasi normo-dotato, pure lui, capisce che le cose che Ciancimino sta dicendo non stanno nè in cielo nè in terra, inventate di sana pianta per dare il giusto effimero godimento ai soliti noti
      Maria

    • anonimo 11:45 on 3 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sympatros …e metti che berlusconi sia un alieno e ciancimino j. sia il nuovo messia e suo padre ciancimino s. dio,…ci hanno messo alla prova sino ad ora ma nel giorno del giudizio delegheranno di pietro per la scelta di  quali sono i buoni e cattivi…

    • anonimo 20:11 on 3 February 2010 Permalink | Rispondi

      Interessante il fatto che pur di cercare di andare contro Travaglio si usano parole di Ciancimino che Travaglio non ha neanche commentato. E per di più la si confrontano con una docu-fiction. Io direi che sarebbe il caso di verificare prima sui verbali se la docu-fiction racconta il vero o inventa quella parte. Poi si trattarebbe di sapere per conto di chi veniva tenuto sotto controllo Ciancimino e per conto di chi. In quanto detenuto agli arresti domiciliari, difficile che veniva tenuto sotto controllo dalla Procura che gli aveva dato gli arresti domiciliari. Infine si tratterebbe di sapere chi ha dato l’immunità territoriale a Provenzano e in che termini.
      Una volta avuta la risposta a tutti questi interrogativi e ad un altro centinaio di interrogativi che qui è troppo lungo elencare, si può valutare se la tua domanda ha senso o no.
      Allo stato è una domanda che dichiara: "Io odio Marco Travaglio". Fosse rivolta a me, ammesso che qualcuno me la facesse leggere, non risponderei neanche

    • enrix007 23:33 on 3 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Anonimo, interessante il fatto che pur di evitare gli argomenti posti nella mia domanda, tu divaghi con ben 11 righe di cazzate.

      Travaglio ha esordito nel suo passaparola, così: "dico subito che Massimo Ciancimino sta facendo delle dichiarazioni estremamente importanti a Palermo, al processo per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995: sta descrivendo Provenzano come un intoccabile, come un uomo protetto da una parte deviata dei Carabinieri, con i quali aveva fatto un accordo addirittura prima della strage di Capaci", al che io gli ho posto la domandina: …ma se è vero ciò che dice il cianci, e cioè che il ROS proteggeva Provenzano, allora come mai…ecc..ecc.."
      Trovi che sia una domanda illegittima? Tu trovi che sia "dar contro ad ogni costo a Travaglio"?  Vedi una carenza di logica?
      Secondo te era forse meglio se io, a Marco Travaglio che focalizzava l’attenzione sulle dichiarazioni del Cianci sulle protezioni del ROS a Provenzano, invece che fare una domanda sui dubbi che sollevano queste dichiarazioni, domandavo invece la ricetta del fritto misto alla piemontese, visto che è di Torino?
      Ma prima di rispondere a queste domande, rispondi a questa: tu ritieni che io abbia del tempo da perdere con gli idioti pari tuo?
      Tu pensi veramente che io abbia del tempo per stare a domandarmi in compagnia di un anonimo imbecille per conto di chi sarebbe stata disposta una sorveglianza del Ciancimino, la cui esistenza sarebbe provata solo dalla parola di uno con quella faccia, il quale dice a sua volta di averlo saputo da Provenzano e da un certo sig. Franco cui lui avrebbe telefonato un mucchio di volte avendone i numeri sulla sua SIM, ma che purtroppo oggi non si può rintracciare perchè non c’è più traccia della SIM così come delle telefonate effettuate?
      E ancora: tu pensi veramente che io sia tenuto a non disintegrare con il tasto delete, i commenti di un mentecatto che viene qui a domandarsi chi avrebbe dato l’immunità a Territoriale a Provenzano, proprio esattamente sotto un mio post che descrive fatti che dimostrano che questa immunità non c’era per niente, come se io parlassi solo per i muri che mi circondano?

      No caro, questo non è il mercatino degli idioti, niente merce avariata.

      Tu dici che hai ancora cento domande di quel tenore, cioè cretine come quelle, nel tuo sacco.
      Se ti azzardi a porne anche una solanto che non abbia un briciolo di senso logico, e che puzzi anche solo da lontano di apodittico, ti cancellerò senza pietà. Naturalmente.

    • enrix007 23:49 on 3 February 2010 Permalink | Rispondi

      @ Sympa

      No, SYmpa, non era un discorso "di chi entrava e di chi usciva" dal palazzo.
      Sarebbe stata un’attività di sorveglianza di Ciancimino visiva ("tapparelle"), e acustica (microfoni direzionali).
      Lo spiega lo junior da pagina 31 in poi del verbale 9.11.20.

      Ma dal terzo piano, il settimo di fronte, nè lo vedi, nè lo senti coi microfoni direzionali. Troppo angolato. La persona che ha fatto il giretto, è esperta.

      Notare poi che il cianci dice persino di non sapere da quale appartamento di quale palazzo, sapeva solo del terzo piano. L’informatissimo sig. franco, sapeva e raccontava ogni dettaglio delle sofisticate apparecchiature usate dai carabinieri deviati inq uell’appartamento, e si è raccomandato di tenere chiuse le tapparelle anche se dal terzo piano di fronte non si vedeva un cazzo fossero state anche aperte, ma ha omesso di precisare dietro a quali finestre si nascondessero precisamente i carabinieri spioni.

    • Sympatros 09:55 on 4 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, non ho capito perché devi essere sempre ultra decisionista, ti è peculiare escludere in maniera netta e decisa le ipotesi degli altri. L’una cosa non per forza esclude l’altra. La vicinanza ( palazzo di fronte) serviva per l’acustica e le diavolerie elettroniche…. se poi funzionassero o meno bisogna vedere. Il terzo piano serviva per il portone…. una volta che tu sai chi è entrato…. e poi ascolti con i mezzi elettronici, non c’è alcun bisogno di spiare dalle tapparelle. Non costringermi a fare il segugio pure a me. 

      Se dal terzo piano poi non si vedeva nemmeno il portone, vuol dire che i carabinieri l’appartamento l’avevano affittato non per Ciancimino, ma per andare a puttane!

    • Sympatros 10:25 on 4 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, visto che ci hai perso o dedicato tanto tempo al rompicapo Ciancimino, dimmi una cosa… che idea ti sei fatto dell’onnipresente Franco o Carlo che sia? Misterioso, personaggio di rispetto, colui che sa e che è necessario e non si può fare a meno di informare di ogni passo della trattativa o altro. Io sono arrivato alla conclusione che non può essere un personaggio di fantasia…. secondo me è dotato dell’attributo dell’esistenza… ma come mai, almeno da quel che ho letto, i magistrati non stringono il testimone di più su questo aspetto per riuscire ad identificare il personaggio, che per molti aspetti è il deus ex machina di tante cose? Che i magistrati sappiano già chi sia? E ci aspetta il botto finale?

      D’altronde, il giovane Ciancimino, nonostante la naturale e caratteriale tendenza alle divagazioni, quando sa di rischiare qualcosa diventa più cauto.. s’interrompe e chiede consiglio ai suoi avvocati, anche se al punto dove è arrivato, c’è poco da rattoppare. Chi è Franco? Questo è il problema.

    • enrix007 11:52 on 4 February 2010 Permalink | Rispondi

      E’ Cianci che dichiara quello, che gli han detto di tener giù le tapparelle, non io.

      Franco?
      Se non fosse già defunto, ipotizzerei trattarsi di Franco Franchi.

    • anonimo 11:05 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      http://www.davidegiacalone.it/giustizia/pentiti-e-pezze/
      Spatuzza ha già dato bella mostra di sé. Ora è il turno di Massimo Ciancimino che, al di là di ogni altra considerazione, sta cercando di descrivere il padre Vito come un totale demente, che porta nella tomba i segreti, pagando il prezzo del silenzio, ma prima li confida al figlio inaffidabile, in modo che possa raccontarli a tutti. Delle due l’una: o non ci sono più i mafiosi di una volta, o qui c’è una giustizia che si lascia menare per il naso, salvo chiedere prestazioni a gettone ad un figlio di delinquente che è delinquente egli stesso, il quale cerca di salvare l’unica cosa che sa contare, i soldi. In ogni caso, mi sta anche bene, pure uno Spatuzza o un Ciancimino possono essere utili. Però, che diamine, purché ci sia una prova, un riscontro, qualche cosa che non ci costringa tutti a credere sulla parola a dei disonorati.

      bart_simpson

    • anonimo 15:19 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Bart sono d’accordo con te. Questo processo ritengo sarà più mediatico che altro. I riscontri non si troveranno e buonanotte ai suonatori, di reale non resterà nulla.

      Ma nella testa degli Italiani cosa resterà? Articoli di giornali, scenari immaginari che  nella ripetitività diventeranno per i più distratti (la maggior parte degli Italiani) fatti reali, e da questa finta verità si costruiranno la loro realtà, che purtroppo non esiste.

      La Commissione Mitrokhin, l’intervista di Borsellino, l’arresto di Riina con Mori ed Ultimo inquisiti e prosciolti,  sono solo tre semplici esempi per dimostrarti cosa succede,  quando passano per verità notizie assolutamente NON VERE.

      Questo caso non mi sembra discostarsi dagli altri, vedremo.

      Gianluca

    • enrix007 19:43 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Questa vicenda si differenzia da tutte le altre, spicca, per un particolare: Mori non è un politico come Berlusconi, o un giornalista schierato come Renato Farina. E’ il comandante del ROS che ha catturato Totò Riina.

      La tifoseria pro-Ciancimino, copiosissima e variegatissima, che parte da certi magistrati e dai loro parenti, passa attraverso certi giornalisti dalla parlata rancida, e si dirama fra i cittadini di ogni ceto e razza (sympatros è uno di quelli), se stesse prendendo una cantonata, questa volta non sarebbe legittimata in qualche modo da un gioco delle parti, dalle regole dell’antagonismo politico, dal diritto alle idee.

      No, questa volta la cantonata farebbe il gioco della mafia, in azione contro i servitori dello stato che hanno saputo profondamente danneggiarla.

      Una condanna di Mori fondata su elementi che non siano più che certi e fondati, provocherebbe un danno incalcolabile allo stato, alle sue strutture operative che combattono la mafia.

      I carabinieri sono tutti col loro generale, non dimentichiamolo, sino a prove contrarie certe come macigni.

      Dell’opinione che possono avere di questo personaggio e delle sue esternazioni, non c’è bisogno che dica nulla.

    • anonimo 20:08 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      @ gianluca e @ enrix

      "La Commissione Mitrokhin, l’intervista di Borsellino, l’arresto di Riina con Mori ed Ultimo inquisiti e prosciolti,  sono solo tre semplici esempi per dimostrarti cosa succede,  quando passano per verità notizie assolutamente NON VERE."

      ci sono aspetti controversi o no su come si arrivò al covo di Riina?
      Vedasi l’articolo della voce delle voci che ho postato in "nel nome dell’antimafia". Nessun commento su quell’articolo? Ultimo ha avuto un lapsus, o si è semplicemente confuso?

      "Una condanna di Mori fondata su elementi che non siano più che certi e fondati, provocherebbe un danno incalcolabile allo stato, alle sue strutture operative che combattono la mafia."

      Non si può dire la stessa cosa di Bruno Contrada? Anche lui aveva l’appoggio dei suoi colleghi tutti, incluso Mario Mori, che testimoniò a favore di Contrada in tribunale e fu minacciato da Ingroia di essere incriminato per falsa testimonianza.

      Moritz

    • anonimo 20:52 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Scusa Moritz, questa è la sentenza dove è spiegato per filo e per segno tutto, riguardo come si arrivò a prendere Riina, al suo covo, alla presunta perquisizione ecc. ecc. di controverso noto solo che quello che viene spiegato ai poveri cittadini che non leggono le sentenze è falso, oppure si gioca sul sottile filo di alcune parole E SI FANNO CAPIRE COSE DIVERSE NON VERE.

      http://www.testealfa.altervista.org/sentenza.pdf

      Qualsiasi stranezza lei ravvedesse (e sua piena libertà interpretare dei fatti) ciò non ha portato dei giudici a sostenere che siano state commesse delle illegalità, IN QUANTO IL FATTO NON COSTITUISCE REATO.

      Poi ritengo che qualsiasi persona che si legga la sentenza capirà che è assolutamente palese che Mori ed Ultimo abbiano fatto al meglio il loro lavoro.

      Gianluca

    • anonimo 21:14 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Tutta questa faccenda, comunque vada a finire è sconcertante.

      Delle due l’una

      1) O è marcio l’intero gruppo che fù il ROS palermitano( Mori, De Caprio, Di Donno  e, immagino molti sottoposti)

      2) O è marcia mezza  procura di Palermo e se non è marcia è costituita da incompetenti totali.

      A prescindere dalle mie opinioni e simpatie, che sono a favore del ros , in ogni caso sarà un disastro istituzionale.

      Considerato lo "spessore" del Ciancimino e delle sue rivelazioni è molto probabile che Mori ne esca per la seconda volta pulito (a proposito, non era Ingroia che aveva proposto più volte l’archiviazione nella vicenda di Ultimo ?)
      Se così sarà, come ne uscirà il magistrato "punta di diamanate"  Ingroia?
      Che credibiltà potrà avere in futuro? Quale collaborazione potrà avere  dalle forze dell’ordine nelle future indagini?

      Anton Egger

    • anonimo 21:26 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      C’è ancora una questione che non riesco a togliermi dalla testa.
      Se fosse vero che i ROS avevano stretto un accordo con Provenzano attraverso Vito Ciancimino, per quale motivo Mori avrebbe dovuto favorire una sua audizione  presso la comissione antimafia contattando il presidente Violante?  Mi verrebbe da pensare che se tale trattativa fosse stata in corso, sarebbe stato meglio che nessuno ne venisse a sapere, tanto meno un personaggio come Violante.

      Mahh!!!

    • anonimo 21:27 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Dimenticavo di ri-firmarmi

      Anton Egger

    • anonimo 21:37 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Mi sembra interessante quello che disse Mori alla commissione antimafia.

      Però, fino a quando la mafia resterà una
      struttura organica, vi è un settore al quale non rinuncerà
      mai, cioè quello degli appalti; essi, infatti, non implicano
      solo un guadagno ma il dominio del territorio, e il mafioso
      non può consentire che nella sua zona operi una ditta senza
      che egli abbia ottenuto in cambio la "mazzetta", perché se
      così fosse si prenderebbe la cosiddetta tagliata di faccia e
      dimostrerebbe di aver perso il controllo del territorio.
      Quindi, la mafia segue gli appalti con continuità. Me ne
      sono interessato quando mi sono trovato a Palermo ed ho
      prodotto un rapporto. Il mio comandante sottolineava
      giustamente che non sempre la verità investigativa corrisponde
      ad una verità giudiziaria, perché molte volte noi, come
      investigatori, non siamo in grado di dimostrare ciò che
      razionalmente abbiamo in mente, certi che sia vero. Un conto è
      la nostra verità, un conto è ciò che riusciamo a dimostrare al
      magistrato.
      Certo, i risultati mi hanno deluso, ma poiché sono
      caparbio continuerò a produrre altri rapporti, sicuro di
      conseguire maggior successo.

      Sicuro di conseguire maggior opposizione.
      bart_simpson

    • Sympatros 22:23 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      """"……(sympatros è uno di quelli), se stesse prendendo una cantonata, questa volta non sarebbe legittimata in qualche modo da un gioco delle parti, dalle regole dell’antagonismo politico, dal diritto alle idee…..""""

      Enrix la butta sul tragico ….l’ha messa a tinte fosche e drammatiche e spinge fortemente noi poveri tapini verso il complesso di colpa , noi che osiamo non pensarla come lui e abbiamo l’ardire di mettere nel conto che qualcosa di vero ci potrebbe essere nel "raccontantor di balle" Ciancimino. Per Enrix un’infausta sentenza porterebbe ad una sorta di angoscia istituzionale e manderebbe in crisi d’identità la Benemerita Arma dei Carabinieri. Io più prosaicamente penso che, cmq vadano le cose, si potrebbe andare verso il grigio e non per forza verso il fosco. Morto un papa se ne fa un altro. E poi non è la prima volta e non avviene solo nei filmi americani che il poliziotto, o per eccessivo zelo o per altri innominabili motivi, rasenti l’illegalità e qualche volta ci vada proprio a finire dentro. Morto un papa se ne fa un altro.

      E metti che la cantonata la stessi prendendo tu?…..

    • Sympatros 23:04 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Io penso che in questa vicenda sia plausibile… dico plausibile e non altro, che di altro non ci sono prove, … sia plausibile  che si siano incontrate delle forze, strutturalmente in contrasto tra loro, che convergevano però, per motivi differenti, su un obiettivo comune. L’obiettivo comune era far finire le stragi e possibilmente togliersi di mezzo lo stragista Riina.

      1 Lo Verde-Provenzano- stratega della mafia non appariscente e riservata, in opposizione alla strategia rozza, eclatante e stragista di Riina ed in competizione per la leadership con lo stesso Riina

      2 Ciancimino, livello politico della mafia, educato al compromesso, al dialogo e agli affari. Epidermicamente ostile a Riina e alle stragi… quando ci sono le bombe non c’è spazio per al politica.. anche se mafiosa. Riina toglieva spazio alla sua vocazione e ai suoi affari.

      3 Le istituzioni e le forze dell’ordine.. pressate dall’opinione pubblica, dovevano trovare un modo per far finire le stragi e… il fine giustifica i mezzi.

      Così penso ed il pensiero è libero!

    • anonimo 13:25 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Leggendo la sentenza di assoluzione di Mori e De Caprio nel processo conclusosi nel 2006, vengo a sapere che il "Covo" di Riina in via Bernini 54, fu "bruciato" il giorno dopo l’arresto di Riina, ovvero il 16/01/93, a causa dell’uscita su giornali e televisioni locali della sua ubicazione.
      Riporto qui lo stralcio degli atti in merito.

      Anton Egger

      Dalla sentenza di assoluzione nel processo Mori-Ultimo del 2006,  pagg. 49-50:
      ———–
      Sempre quel 16.1.93 diversi giornalisti tra cui Alessandra Ziniti ed Attilio
      Bolzoni – come da loro deposto in dibattimento all’udienza dell’ 11.7.05 -
      ricevettero da parte dell’allora magg. Roberto Ripollino una telefonata con
      la quale quest’ultimo gli rivelò che il luogo in cui Salvatore Riina aveva
      trascorso la sua latitanza era situato in Via Bernina, senza però specificarne il
      numero civico.
      Si recarono, quindi, immediatamente sui posto, ove furono raggiunti anche
      da altri giornalisti e, troupes televisive, tutti alla ricerca del cd. “covo”.
      Quella sera stessa la Ziniti mandò in onda, sulla televisione locale per la
      quale lavorava, un servizio nel quale mostrava le riprese di via Bernini e tra
      queste anche quella relativa al complesso situato ai nn. 52/54, aggiungendo
      che in base ad “indiscrezioni” che le erano pervenute quella era la zona ove
      il Riina aveva abitato.
      Lo stesso 16.1.93 apparve sulla stampa la notizia che “un siciliano di nome
      Baldassarre" stava collaborando con i carabinieri ed aveva da to da l
      Piemonte, ove si era trasferito, un input fondamentale alla individuazione
      del Riina (cfr. lancio Ansa acquisito all’udienza del 9.1.06).
      Posto dinnanzi a queste risultanze di fatto, il magg. Roberto Ripollino –
      escusso all’udienza del 21 novembre 2005 ha dichiarato che all’epoca dei
      fatti era addetto all’ufficio Operazioni Addestramento informazioni e
      Ordinamento (OAIO) del comando Regione Carabinieri Sicilia, il quale
      aveva competenze meramente gestionali, a livello regionale, in merito ai
      fenomeni criminali ed alle operazioni condotte sul territorio, con compiti
      infornativi all’interno del comando.
      A seguito dell’arresto del Riina, ricevette dal comando l’incarico di gestire i
      rappor t i con i giorna l i s t i acc redi ta t i (diver se dec ine ) che cont a t tò
      telefonicamente in occasione della prima conferenza stampa e dì tutte
      quelle che ne seguirono.
      Interrogato specificatamente in merito alle telefonate effettuate il 16
      gennaio, il teste ha precisato di avere solo un ricordo generale di continui
      contatti con i giornalisti, ma di non ricordare la circostanza contestata ne di
      ave r forni to l ‘ indica z ione su vi a Be rnini come pos s ibi l e s i to di
      localizzazione del "covo" del Riina. e difatti non conosceva tale via, in
      quanto gli era stato detto solo che il Riina era stato catturato in prossimità
      del motel Agip.
      Se pure avesse dato tale indicazione – ha dichiarato in sede di indagini
      preliminari e confermato in dibattimento – non potrebbe che averlo fatto in
      esecuzione di specifiche disposizioni impartitegli dal suo superiore col.
      Domenico Cagnazzo il quale, tuttavia, ha negato, in dibattimento, di avergli
      mai dato ordine in tal senso, aggiungendo che non era certamente
      interesse di nessuno `bruciare" il sito di via Bernini.
      Il gen. Cancellieri ha, sul punto, dichiarato di non essere mai stato a
      conoscenza di tale fuga di notizie, che avrebbe appreso solo nel corso della
      sua deposizione nel presente dibattimento.
      L’imputato De Caprio ha, invece, dichiarato di avere visto in televisione,
      quello stesso 16.1.93, un servizio che mostrava il cancello del complesso di
      via Bernini, apprendendo così che la notizia era in qualche modo filtrata, e di
      avere commentato la cosa con il proprio collaboratore mar.llo Santo
      Caldareri, dicendogli che il sito era stato "bruciato"; circostanza che ha
      trovato conferma nella deposizione resa dallo stesso Caldareri.

      —————————————————————-

    • anonimo 14:01 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ora, essendo accertato che procura, ros e nuclei teritoriali dopo l’arresto avevano concordato, su suggerimento di Ultimo e di Mori, che il "covo" non dovesse essere perquisito immediatamente per non  essere bruciato,  immagino che implicitamente o esplicitamente avessero concordato di mantenere riservata l’ubicazione dello stesso.

      Invece che succede? Il giorno dopo, l’ubicazione viene a conoscenza della stampa che diffonde la notizia, rendendo così del tutto inutile qualsiasi perquisizione successiva.  Certo, la Ziniti e Bolzoni fanno bene il loro mestiere, anche se, facendolo, favoriscono i mafiosi. Tra l’altro, sempre il 16, esce un’ansa che individua in “un siciliano di nome
      Baldassarre", trasferitosi in Piemonte (Di Maggio), l’autore delle rivelazioni che portarono all’arresto del Riina.

      Ma, se i giornalisti fanno il loro mestiere, quei membri delle istituzioni che gli forniscono le informazioni, fanno esattamente l’opposto: tradiscono il loro mestiere.

      Interrogati, Ziniti e Bolzoni riferiscono che fu il magg. dei carabinieri, Roberto Ripollino a comunicargli il 16, l’ubicazione del covo (solo la via, senza il civico, ma via Bernini non è l’Aurelia). Il maggiore, interrogato, risponde che era lui che, assolvendo il suo compito istituzionale, comunicava le notizie ai giornalisti, ma non ricorda con precisione quali notizie fornì e aggiunge  che, comunque, il nome della via non lo conosceva neppure lui all’epoca (N.D.R. e di conseguenza nega di averlo fornito)
      Come al solito delle due l’una, o mentono Bolzoni e Ziniti, o fu proprio Ripollino a fornire loro l’ubicazione.

      Tutto questo mi serve per dire che:
      ci sono  almeno due persone, i giornalisti Bolzoni e Ziniti, che  sanno esattamente di chi fù la colpa (o parte di essa) del fallimento delle operazioni successive all’arresto del Riina.

      Se lo sanno (che sia Ripollino o altri che non hanno voluto comunicare) perchè se la prendono con il Ros o solo con il Ros? In fondo tutti (Magistrati, Nucleo operativo e Ros)  avevano avallato l’idea che fosse utile rimandare la perquisizione, e, se tale perquisizione non ebbe più ragion d’essere, la colpa fu anche loro (di Bolzoni & co), ma soprattutto di chi fece la "soffiata".

      A proposito, qualcuno sà chi fece la soffiata all’ANSA su Di Maggio?

    • anonimo 14:02 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Dimenticavo, come al solito, di firmarmi
      Anton Egger

    • enrix007 14:30 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Anton, non commento perchè nei prossimi giorni pubblicheremo dei documenti ESCLUSIVI su questi argomenti, FRA CUI UN MEMORIALE DI SERGIO DE CAPRIO,  ed un memoriale di MORI.

      Forse già da domani. Così commenteremo coi documenti in mano.

      Comunque è come hai appema scritto.

      Tra l’altro, chi ha memoria di quei giorni, ricordando i continui servizi televisisvi dalle piazzole adiacenti a Via Bernini, è perfettamente consapevole che tutta questa storia dell’interrotta sorveglianza e della mancata comunicazione ai magistrati, è semplicemente ridicola.

      L’unico e solo responsabile dei danni alle operazioni di sorveglianza, è colui che ha passato l’informazione del sito ai giornalisti.

      Chissà perchè invece di prendersela con lui però, i magistrati, se la son presa con Ultimo e Mori. Già, chissà.

      Forse Sympatros ha una spiegazione logica.

    • enrix007 14:34 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sympatros, tu stai parlando dell’obbiettivo comune del "far finire le stragi" quando Ciancimino adesso parla di inizio della trattativa ancora prima della strage di Capaci (ad ogni interrogatorio la arretra sempre di più nel tempo), quindi prima ancora che le stragi iniziassero.
      Ma anche dopo quella di Capaci e prima di quella di Via D’Amelio, un po’ difficile parlare di "strategia stragista" per il solo attentato a Falcone. Tutti erano unanimi nel definirlo meramente un attentato volto ad eliminare il magistrato. nessuna "strategia stragista".

      Sympatros, ho la nausea.
      Trascini qui una barca che fa acqua da tutte le parti.

    • anonimo 16:45 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Se il covo era "bruciato", vuol dire che non era più utile ai fini investigativi.
      Perchè allora non hanno avvertito la procura sùbito per vedere comunque se trovavano qualcosa?
      Tanto era "bruciato".

      Moritz

    • anonimo 17:50 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      La tua domanda se leggi la sentenza ha una risposta. Per prima cosa Ultimo e Mori avevano compreso di avere piena autonomia ed un minimo d’indipendenza, quindi non ritenevano di dover informare, per seconda cosa ritenevano bruciato il covo nell’immediatezza ma sapendo che i Sansone avevano quel complesso ritengo che volevano cmq avere un piccolissimo vantaggio e la mancata perquisizione poteva anche far pensare che effettivamente la sortita dei media non era avallata da reali indagini su quel complesso.

      Infatti l’ulteriore anomalia è la stronzata della perquisizione i primi di febbraio. Quando la procura dice di aver assolutamente capito, perchè dichiarato da Mori in maniera inequivocabile, che il Covo era senza punti d’osservazione, si decise l’immediata ricerca (perchè ancora non si sapeva quale era la villetta all’interno del complesso) della villetta ed immediata perquisizione. A che serviva? Me lo spiega lei Moritz?

      A cosa serviva perquisire un posto dopo più di due settimane? Ultimo ritengo che era in attesa di far raffreddare la zona per poi riprendere a lavorarci, e certo non era colpa sua o di Mori se qualcuno della territoriale a spifferato ai giornalisti che in quel complesso si trovava il covo, o sbaglio?

      Allora ragioniamo un attimo. Anche se era molto probabile che la zona fosse bruciata del tutto, aspettare e non perquisire nulla un minimo spiraglio ,o lasciava aperto, chissà dopo un paio di mesi poteva essere che si convincevano che realmente NON FOSSE SOTTO CONTROLLO, ed in futuro si sarebbe potuto riutilizzare, il perquisirlo i primi di febbraio invece cosa ha portato?

      Nulla a bruciarsi definitvamente al 100% un posto che poteva forse essere riutilizzato. Comunque la mancata perquisizione e mesi che passavano avrebbero ritenuto credibile che il posto non era osservato e sotto controllo. I mafiosi sono uomini e non super psicologi e l’ottima intuizione di Ultmo a qualcosa (forse) poteva ancora portare.

      Moritz l’anomalia VERA se leggi tutta la sentenza e che vengono accusati di essere in associazione con la Mafia Mori ed Ultimo. Secondo te leggendo tutti i fatti, di tutta questa vicenda è grave il comportamento di Ultimo oppure è grave che qualcuno dia news ai giornalisti senza essere MAI  scoperto, visto che gli unici che potevano darla la news hanno negato? (Ripollino e company)

      Se proprio in questo avvenimento si deve trovare un anomalia che faccia mettere il dubbio che persona delle istituzioni hanno aiutato la Mafia, ergo sono complici, quale avvenimento o fatto secondo te è sospetto?

      I fatti sono molto chiari. Caselli dice una cosa e viene anche smentito, poi fa retromarcia dicendo di essersi confuso, territoriale e autorità giudizizaria fanno indagini senza avvisare i ROS, ma cosa che secondo me E’ LA PIU’ IMPORTANTE, nessuno tra autorità giudiziaria, territoriale, Caselli o altri chiede o si raffronta con il ROS sull’argomento covo. Nessuno fa domanda e come queste arrivano si viene a scoprire la strategia dei ROS che nelle riunioni post arresto Riina sembrava chiara, con Ultimo che si era opposto alla perquisizione imminiente, chiedendo di far raffredare la zona.

      Ma poi possibile che io che sono un cretino qualsiasi senza nessuna esperienza investigativa, riesco a percepire CHE LA PERQUISIZIONE IMMEDIATA non avrebbe dato nessun risultato significativo e le dichiarazioni di Provenzano che la Magistratura vuol portare a prova che erano felici di questi ritardi lasciano il tempo che trovano, anzi alla lunga poteva convincerli che il covo poteva essere ancora utilizzato.

      Se c’era qualsiasi cosa compromettente secondo voi dopo che Riina è stato arrestato, nessuno a sottratto gli ipotetici documenti dalla villetta? Un latitante di quel calibro secondo voi non ha nessuno che lo aiuta nella latitanza anche sul luogo ed immediatamente non avrà bonificato tutto?

      Ma di cosa stiamo a parlà? Sul covo solo fumo, tutte cose insignificanti, l’unica cosa serie CHE NON HA AVUTO NESSUN SEGUITO e che qualcuno ha spifferato alla stampa news che NON DOVEVANO MAI ESSERE SPIFFERATE.

      Questo è l’unico fatto di rilievo di tutta questa storia. Per il resto vedo solo gelosie tra corpi ed apparati diversi, capisco come mai la Mafia vince contro lo stato, visto che ognuno pensa al suo cortiletto,  vedo cose strane come la spifferata ai giornalisti, mi accorgo che chi  ha il merito dell’arresto del LATITANTE PIU’ PERICOLOSO  poi viene addirittura accusato!!!

      Se poi la spifferata e’ causata da gelosie (sarebbe meglio) e non da altre ragioni, IL FATTO doveva essere COME MINIMO l’unica cosa da appurare, E COSI’ NON E’ STATO.

      Questa è l’Italia. Si indaga, si massacrano delle persone, si fa un gran polverone su cose ridicole e l’unica cosa IMPORTANTE viene lasciata cadere e va nel dimenticatoi.

      Gianluca

    • Sympatros 18:36 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Trattativa anche prima delle stragi?

      E’ certo, se il Ciancimino senior rappresentava il trait d’union fra mafia e politica, la  sua vita era una perenne trattativa…. d’altronde il misterioso signor Franco, stando a quel che dice il figlio Massimo, era in pianta stabile in casa Ciancimino.

      La convergenza sull’obiettivo comune, in sinergia obbligata, diventa necessaria e stringente di fronte alla strategia militarista e bombarola di Riina.

      Hai la nausea?…. Vedi che non è la mia barca, senz’altro piena di buchi, non sono mica un inquirente io e nemmeno un segugio…. ma la colpa della nausea è da addebitare forse alla tua barca troppo veloce e un po’ fantasiosa e ti fa venire il mal di mare.

      Buona domenica a tutti!

    • anonimo 20:07 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sto ascoltando l’integrale del processo da radioradicale, per ora non mi risulta che Ciancimino abbia parlato di trattative prima della strage di capaci, ha solo detto che conosceva gia’ il De Donno prima di Capaci, ma a livello di scambiare due parole. E’ solo nella settimana successiva alla strage che c’e’ l’incontro casuale (?) sull’aereo, e il De Donno gli parla esplicitamente di “aprire un canale” con i vertici di cosa nostra per fermare le stragi.

      Quanto al fatto che l’attentato a Falcone non sia abbastanza per parlare di attivita’ stragista.. metti in conto che arrivava due mesi dopo l’omicidio Lima che gia’ era stato un discreto shock. Poi andrebbe ricordato a chi non c’era che l’attentato a Falcone ebbe un impatto enorme sull’opinione pubblica, che oggi e’ difficile valutare guardando i documentari. Per le modalita’ eclatanti, era la prima volta che usavano il tritolo, almeno a questo livello, e perche’ aveva dato una sorta di prova di “onnipotenza” di cosa nostra, la sensazione che potessero raggiungere chiunque. Inoltre non va escluso che Mori o qualcuno a lui connesso avesse accesso a ulteriori informazioni sugli attentati che al momento si stavano preparando.

      Ultimo particolare, Ciancimino dice espressamente che alcune delle note da lui prodotte sono di suo pugno, e le distingue da quelle scritte da suo padre, spiegando che all’epoca stava prendendo appunti per scrivere un libro.

    • anonimo 20:27 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ancora una cosa.
      Ma su Ripollino, visto che un "autorevole"  giornalista come Bolzoni dice essere il suo informatore sull’ubicazione del covo, è stata aperta un’inchiesta? E’ stato sospeso dal servizio? Mandato a caccia di Talebani in Afghanistan?

      Anton Egger

    • enrix007 12:52 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      "Sto ascoltando l’integrale del processo da radioradicale, per ora non mi risulta che Ciancimino abbia parlato di trattative prima della strage di capaci, ha solo detto che conosceva gia’ il De Donno prima di Capaci, ma a livello di scambiare due parole."

      L’ha detto Travaglio, fa parte del gioco: una mezza cosa passa per la bocca di un giornalista-guru, e diventa una cosa creduta, cotta e mangiata.

      "E’ solo nella settimana successiva alla strage che c’e’ l’incontro casuale (?) sull’aereo, e il De Donno gli parla esplicitamente di "aprire un canale" con i vertici di cosa nostra per fermare le stragi."

      Bello quel punto interrogativo. Come dire, che per parlare con Ciancimino Junior De Donno aveva bisogno di far finta di incontrarsi con lui  casualmente, e quale miglior posto di un mezzo di trasporto che per consentirti l’operazione nel frattempo si sposta di 500 km.
      Ce ne fu anche uno, di viaggio in aereo, che casualmente vide fra i passeggeri Violante e Brusca. Ce lo metti anche lì il punto interrogativo?

      Di strage ce n’era soltanto una, ed era finalizzata ad eliminare Falcone, non a fare terrorismo. I carabinieri lo sapevano benissimo, e quindi non aveva alcun senso intavolare trattative di sorta, a meno che si trattasse di abboccamenti con i mafiosi per ottenere spunti per  le proprie indagini, così come avvenne con Vito Ciancimino.

      "Quanto al fatto che l’attentato a Falcone non sia abbastanza per parlare di attivita’ stragista.. metti in conto che arrivava due mesi dopo l’omicidio Lima che gia’ era stato un discreto shock. "

      L’omicidio Lima era una strage?  Aveva le connotazioni di un’iniziativa di tipo terroristico nei confronti dello stato tanto da indurre i carabinieri a trattare? E certo, un uomo di stato probo, onesto e moralmente irreprensibile qual era Lima, saranno stati tutti preoccupati, bisognava trattare.

      "Poi andrebbe ricordato a chi non c’era che l’attentato a Falcone ebbe un impatto enorme sull’opinione pubblica, che oggi e’ difficile valutare guardando i documentari."

      Ah beh, questo è un elemento forte.  Normalmente un attentato contro un giudice (la mafia ne ha ammazzati tanti, e anche col tritolo, caro) non ha mai fatto ne caldo nè freddo. Ma quello a Falcone aveva tripla dose di tritolo, quindi bisognava subito scendere a trattativa, con una mafia con le santabarbare così grasse.
      Comunque io c’ero, caro, e come sempre quando la mafia ammazza un magistrato, mi sono semplicemente domandato su cosa stesse indagando, che è ciò che fa un inquirente sano di mente quando vuole scoprire il movente dell’omicidio di un magistrato. Lo stesso per Borsellino.
      Che si dovesse trattare con la mafia, nel paese civile e nello stato non lo pensava neppure l’ultimo netturbino, figurati i carabinieri di un reparto operativo, il Crimor, gente da trincea.

      "Per le modalita’ eclatanti, era la prima volta che usavano il tritolo,"

      Non è vero, caro. Ti dice niente, ad es., il nome di Chinnici?

      "almeno a questo livello, e perche’ aveva dato una sorta di prova di "onnipotenza" di cosa nostra, la sensazione che potessero raggiungere chiunque."

      Sensazione che cosa nostra ha sempre dato, perchè da sempre uccide gli uomini dello stato che non riesce a piegare in altro modo. Per questo Falcone e Borsellino sono eroi.
      Certo non mette il tritolo sotto le auto di chi archivia le inchieste che per la stessa mafia sono scomode, come Scarpinato e Giammanco. Lì puoi stare tranquillo.

      "Inoltre non va escluso che Mori o qualcuno a lui connesso avesse accesso a ulteriori informazioni sugli attentati che al momento si stavano preparando. "

      Certo, magari sapevano qualcosa anche dell’attentato in preparazione alle Twin Tower. E invece di parlarne coi magistrati e studiare come prevenirli, si sono messi a trattare con Ciancimino per convincere Riina a desistere. Ciò che c’è di bello nelle arrampicate degli anonimi mosconi che girano su questo blog, è la verosimiglianza delle loro ipotesi.

      "Ultimo particolare, Ciancimino dice espressamente che alcune delle note da lui prodotte sono di suo pugno, e le distingue da quelle scritte da suo padre, spiegando che all’epoca stava prendendo appunti per scrivere un libro."

      Non capisco cosa vorrebbe dimostrare questa tua ultima inquietante scoperta.
      Magari spiegati meglio.

       

       
       
       

    • anonimo 13:26 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Complimenti Enrix hai evidenziato in modo splendido tutte le contraddizioni di chi si sforza a far passare tesi che non hanno ne capo ne coda.

      Il problema è questo in Italia si va sempre per etichette. Se simili cantonate vengono prese da Magistratura che ha una sua collocazione ben precisa PER FORZA DI COSA QUELLE TEORIE DEVONO ESSERE VERE. A costo di essere illogici, di portare avanti tesi ridicole, ma tant’è questo accade.

      Processi istituiti che per ora hanno dimostrato solo buchi nell’acqua, tutto ricordiamolo sempre con i soldi degli Italiani, altri processi che vanno avanti, opinione pubblica concentrata SULLE STRONZATE E NON SUI FATTI VERI, a chi giova tutto questo?

      Certamente alla mafia.

      Una sola speranza, voglio credere che tutto ciò accada per incompetenza, giochi politici, guerre tra schieramenti, MA SE CONSAPEVOLMENTE AVVENISSE PER FAVORIRE LA MAFIA beh …… non ci sarebbero parole.

      Gianluca

    • enrix007 15:46 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Gianluca, questa vicenda è esplosa quando il ROS di de Donno presentò in Tribunale a Palermo il fascicolo d’indagine preliminare "Mafia e appalti".
      Lì si aprirono le fazioni. Da un lato Falcone e Borsellino, coi carabinieri che svolserò le attività d’indagine.
      Dall’altro i magistrati che quell’inchiesta hanno archiviato, la loro fazione, Orlando, ed una folta schiera di rappresentanti della stampa.
      La situazione poi si è incrudita quando alcuni PM di Palermo cercarono di scaricare sui carabinieri, e soprattutto sul defunto maresciallo Lombardo,  la responsabilità di una fuga di informazioni verso la mafia su quel dossier, ed il Capitano de Nonno si precipitò senza esitare al Tribunale di Calanissetta per esporre accuse contro la Procura di Palermo in relazione a quei fatti.
      Pochi sanno che alla fine fu accertato che il punto di partenza di quella fuga di notizie, era stata proprio la procura di palermo, e non le stanze della benemerita.
      Ma da quel giorno le ritorsioni da parte di chi evidentemente non dimentica e non perdona, non si fecero attendere, e partì una lunga serie di iniziative contro i carabinieri (c’è anche Canale, non dimentichiamo) che ancora oggi continua nei modi che tutti vediamo.

      Sic et simpliciter.

    • anonimo 02:25 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Non dimentichi Giorgio Riolo?

      Moritz

    • enrix007 02:36 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si. Giorgio Riolo era un carabiniere, ed il fatto che lavorasse in proprio, anzi in coppia con Ciuro, e che sia stato smascherato in diretta, grazie alla sua stessa abituale moneta, le intercettazioni, proprio dai colleghi del ROS, dimostra semplicemente che quelli del ROS nelle indagini non hanno guardato in faccia nessuno.

    • Sympatros 08:49 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Se rispondesse al vero che Provenzano-Loverde andava a casa di Ciancimino persino quando questi era agli arresti domiciliari, non penso sia azzardato dedurre che una qualche protezione, totale o parziale che sia, da parte, non per forza di tutti i Ros, ma da qualche settore di essi, ci sia stata. Provenzano girava libero, ma non penso senza cautele… se aveva a che fare con gli ipotetici protettori dei Ros.. andava "tranquillo"…. Mettiamo, sempre per ragionamento ipotetico, che la casa di Ciancimino fosse controllata da persone "amiche", in questo caso andava tranquillo. La casa, pero’, era sotto controllo o erano degli arresti domiciliari all’acque di rose?

      Naturalmente il mio ragionamento si posa sull’iniziale "se" e i "se" sono sempre "se" fino quando non diventano certi e spariscono.

    • enrix007 10:43 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sympatros, piedi per terra.
      Non esiste una custodia domiciliare col piantonamento.
      Se necessitasse, sarebbe convertita nel carcere.
      La custodia domiciliare è sottoposta di norma ad un’ispezione quotidiana, normalmente mattutina, da parte di carabinieri della territoriale competente, un evento che dura 5 minuti, il tempo di verificare la presenza del fermato e poi non si ripete per 24 ore. Qualche volta, in casi straordinari, l’ispezione viene duplicata a sorpresa nel pomeriggio o nelle ore serali, ma solo una volta ogni tanto, e per casi eccezionali.
      Ma niente di più.
      Se vuoi conferire con un fermato nel domicilio, non hai che da attendere di vedere, dall’esterno della casa, i carabinieri andarsene dopo l’ispezione e la via è libera, questo è noto.
      Non c’è bisogno di avere la scorta del ROS  a garantirti l’impunità.

      E comunque leggiti i verbali delle deposizioni precedenti di Ciancimino.

      Ancora una volta, lo junior, ha cambiato versione in corso d’opera.

    • enrix007 10:45 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      In ogni caso la tua osservazione non ha alcuna pertinenza con la mia domanda, quella che ho posto a Travaglio.

    • Sympatros 15:54 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Quindi, in altri periodi, le forze dell’ordine arrivano, sempre a detta di Ciancimino giovane, ad affittare un appartamento di fronte all’abitazione dello stesso palazzo in cui abitavano i Ciancimino, per controllare e vedere anche chi entrava e chi usciva.
      E, invece, nel periodo degli arresti domiciliari, il controllo si esauriva in un burocratica visitina al giorno, che non impensieriva Lo Verde-Provenzano  che andava cmq a trovarlo? Mi sembra strano… ma tutto è possibile a questo mondo.

  • Avatar di enrix

    enrix 10:21 on 27 January 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , bernardo provenzano, , , carlo alberto dalla chiesa, fabio repici, , , , , sonia alfano,   

    Nel nome dell'antimafia 

    Nel nome dell’antimafia.

    di Angelo Jannone

    Non smetto mai di stupirmi di fronte ai sillogismi perversi che tempestano il web. Già, il bello del web. Ognuno può dire la sua. E così si può conoscere l’Italia e capire il perché di alcune componenti politiche. Sono solo l’espressione di quello che c’è. E possiamo ben dire "abbiamo l’Italia che ci meritiamo".
    Dopo le stragi siciliane dei giudici Falcone e Borsellino, la Sicilia è stata pervasa da un furente moto sociale. La società civile esasperata dal superamento della soglia di tolleranza, ha reagito in maniera coraggiosa contro la mafia.
    E molti hanno trovato nel moto dell’Antimafia un loro spazio, un loro ruolo, hanno potuto giustificare la propria esistenza, finalmente.
    Quando sono tornato a Palermo dopo qualche anno, nel dicembre 2000, in occasione della Convenzione ONU sul Crimine Transnazionale, ho visto una città diversa, caratterizzato da uno strano folclorismo: il folclorismo dell’Antimafia.
    Feste, convegni, seminari, organizzati a latere della Convenzione, da miriadi di sigle ed associazioni sorte in nome della lotta alla mafia.
    Eppoi gli uffici semivuoti della Procura, perchè in questa grande orgia dell’antimafia i magistrati erano variamente impegnati nel prendere la parola in questo o in quell’altro convegno. Insomma un antimafia a tavolino.
    E negli interventi, alzavano la voce, si dimenavano, contro la mafia, contro le collusioni politiche, contro i servizi deviati, insomma l’importante era avere un nemico. E poi tutti mangiavano e bevevano, con camerieri che servivano da mangiare e da bere.
    E poi anche gran mangiate di pesce a Mondello.
    Si passava da un convegno all’altro, come a fine anno si passa da una festa all’altra.
    E frattanto i delegati di tutto il mondo, passeggiavano e visitavano Palermo.
    All’epoca io comandavo il Reparto Analisi del ROS Centrale ed avevo suscitato la delusione di alcuni CosaNostracentrici, in quanto segnalavo, ancora inascoltato, le nuove minacce, quelle delle mafie multietniche.
    Da quegli anni, sono oramai 10, una serie di personaggi ben collegati tra di loro, cavalcando la scia della lotta alla Mafia, hanno girato l’Italia, come fenomeni da baraccone, facendo la lista dei buoni e dei cattivi, secondo logiche molto discutibili ma che hanno dalla loro il dono empatico della suggestività, facendo leva sul desiderio giacobino mai sopito di una piccola fetta del popolo italiano.
    Ma veniamo a ciò che mi ha sorpreso questa volta. Un convegno, l’ennesimo, organizzato dall’europarlamentare di pietrista, Sonia Alfano, a Palermo, dal titolo suggestivo ed evocativo L’alba di una nuova Resistenza svoltosi il 12 dicembre 2009. L’Avvocato Fabio Repici è intervenuto come relatore.
    E come la resistenza partigiana, in nome dell’Antifascismo ha saccheggiato, violentato, depredato, coperta dalla storia, qui il rischio sempre immanente, a volte già reale è che chi confonde il contrasto alla Mafia o alle mafie, con una nuova resistenza, in nome dell’Antimafia violenti le coscienze altrui, depredandone la reputazione ed alterando la storia.
    E ciò che fa, tra gli altri, l’avvocato REPICI, che pur esordisce reclamando la disinformazione diffusa e definendosi ironicamente difensore di pericolosi incensurati, mentre non si preoccupa affatto di diffamarne altri di incensurati.
    Mori, De Donno, Obinu, Subranni, entrano tutti nel suo mirino, con una concatenazione artefatta di eventi, fatta, con il tipico stile del “guarda caso” o “chissa perché”.
    Allora Le mutuo un po’ il linguaggio, avvocato REPICI per dire “guarda caso” al Convegno vi era tra i relatori anche Peter Gomez, giornalista de “IL FATTO”.
    Di lui avevo cercato oltre che di Travaglio, all’indomani dell’uscita di un anticipazione del libro di Genchi.
    Avevo spiegato chi fossi e perché chiamavo. Niente. Non mi è stato concesso di parlare con nessuno.
    Eppure qualche giorno dopo Gomez firmava un articolo con il quale citava passaggi di una mia dichiarazione ai Pubblici Ministeri (non utilizzabile), senza avvertire il bisogno, che un giornalista scrupoloso dovrebbe avvertire, di sentire prima il diretto interessato. Si preoccupava invece di difendere il suo vecchio capo all’Espresso, nonché mio vecchio capo in Telecom Brasile, Paolo Dal Pino.
    E parliamo di disinformazione o di carente informazione?
    E con queste premesse che REPICI si esprime in termini inqualificabili nei confronti del ROS, paragonato al UAARR della seconda Repubblica, corpo deviato, dopo aver definito il primo coinvolto in qualche modo nella strage di Piazza Fontana. “L’ UAARR nella seconda Repubblica si chiamava ROS, Raggruppamento Operativo Speciale, il corpo deviato della seconda Repubblica. Il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri, fondato nel 1990, alla cui guida, fin dall’inizio, ci fu il generale Subranni.E quindi il difensore di “pericolosi incensurati”, attacca non solo altri pericolosi incensurati, ma addirittura i loro figli “Il Generale Subranni non è un nome della preistoria di questo paese, perché, è vero che è in pensione, però, vedete, quel ministro della Repubblica Angelino Alfano, oggi tante volte ricordato, ha una portavoce. Parla con la voce di tale Danila Subranni che del generale Subranni è la figlia.”
    Che brutto guaio questo! E che grave peccato!
    Ovviamente non poteva mancare la solita trattativa con lo Stato per ricordare che il Generale Subranni era comandante del ROS dell’epoca.
    E tra i relatori al Convegno anche il senatore Beppe Lumia, che addirittura del caso ne ha fatto oggetto di un interpellanza parlamentare.
    E poi via, raffiche di sproloqui, di sintesi ad effetto, sul Generale Ganzer, non poteva mancare anche lui.
    Certo, ha ragione quando afferma che nessun politico mai ha pensato di rimuoverlo dal Comando del ROS, così come nessun politico avrebbe mai pensato di rimuovere il prefetto De Gennaro dal suo delicatissimo incarico nonostante indagato a Genova per fatti del G8.
    Ma questo dovrebbe far riflettere su quanta credibilità abbiano certe indagini della magistratura infarcite spesso delle stesse impostazioni da Nuova Resistenza.
    Ma il REPICI supera ogni attesa quando afferma, ormai nella sbornia convegnistica:
    Altro personaggio – qui rasentiamo il cabaret – che ha contraddistinto il ROS nella seconda Repubblica, è un personaggio che avrebbe un nome e un cognome, che però, come nei fumetti, si fa chiamare per pseudonimo. Ora, ci sono stati esimi esempi di ufficiali nobili ed integerrimi nella storia dell’arma dei carabinieri: Carlo Alberto Dalla Chiesa, il Capitano D’Aleo, il Capitano Basile. Ma voi ve lo immaginereste uno di questi personaggi che si fosse fatto chiamare con uno pseudonimo? Gli avrebbero riso in faccia. Non lo fecero. C’è invece un personaggio, che in teoria all’anagrafe si chiama Sergio De Caprio, che però è conosciuto con lo pseudonimo di Capitano Ultimo perché si sente evidentemente un personaggio dei fumetti. E’ un altro dei responsabili della mancata perquisizione al covo di Riina ed è uno dei personaggi – è un poveretto da come si propone – sui quali è però più difficile parlare, perché appena si cerca di mettere il dito sulle gravissime pecche di quell’ufficiale, ci sono personaggi, anche dell’antimafia ufficiale, che subito saltano in piedi e gridano allo scandalo. Perdonatemi, ma, con i personaggi da fumetti, investigazioni serie non se ne fanno e la storia del ROS è la prova di questo.
    Apprendiamo così che vi è anche un Antimafia Ufficiale contrapposta all’Antimafia Ufficiosa, quella della Resistenza .
    Quella che qui con il REPICI fa proprio un bel regalo a Cosa Nostra.
    Ricordo che l’allora capitano Ultimo- è conclamato processualmente – è stato condannato a morte proprio da Bernardo Provenzano, all’indomani dell’arresto di RIINA, ritenuto responsabile di aver umiliato “u curtu” posandolo e facendolo fotografare sotto la foto del Gen. Dalla Chiesa.
    E per qualche hanno, De Caprio, ha girato non in comode auto blindate, ma nel retro di un furgone come bestie, per sfuggire alle attenzioni di Cosa Nostra. Ed il generale Subranni, Mori e Obinu “tutti favoreggiatori di Provenzano” , secondo REPICI, ne era a ben conoscenza.
    Ricordo anche al REPICI che gli pseudonimi come li chiama lui, sono stati introdotti nella struttura anticrimine dell’Arma proprio dal Generale Dalla Chiesa, e non sono una scelta individuale, ma obbligatori, per ragioni di sicurezza. (Se non lo comprende glielo spiego in altra occasione)
    Ed è vergognoso che il REPICI si spinga a definire “porcate” le vicende del ROS, “ A proposito delle porcate del ROS, io vi segnalo questo che voi ancora non avete mai letto. Nell’anno 1993 Benedetto Santapaola era latitante a Terme Vigliatore. Era intercettato dal ROS con intercettazioni ambientali, i militari del ROS lo ascoltavano, veniva fatto anche il nome di Benedetto Santapaola, sapevano dov’era, avevano il nome, il cognome, l’indirizzo e nessuno è andato a prenderlo. Ancora nessuno è stato messo sotto processo per quella gravissima condotta.”
    REPICI non sa che su quell’episodio vi fu ampio chiarimento. Vi furono incidenti stradali durante il tentativo di catturare Santapaola.
    Cose che accadono quando si lavora.
    Ma veniamo alla conclusione di REPICI “Non è un caso, per altro, che i supporter di quegli ufficiali del ROS, di questi tempi, sono gli stessi supporter di Bruno Contrada, o gli stessi supporter dei servizi deviati.
    Ebbene si, caro REPICI. Ha ragione, non è un caso. Perché in realtà sono le persone come Lei che stanno spaccando in due l’Italia. Da una parte chi difende persone che hanno una storia di vero servizio per lo Stato e per la gente, con tutti gli umani errori di chi lavora sul serio, sacrificando la famiglia, rischiando la vita, saltando le notti, le domeniche e le feste e masticando polvere. Dall’altra chi, per fini politici legati al vecchio, atavico vizio di non accettare il metodo democratico, ma di pensare a rivoluzioni e resistenza, non esita ad immolare all’altare di una pseudo giustizia i primi, purché ciò sia utile a sostenere suggestivi teoremi, IN NOME DELL’ANTIMAFIA.
    *******

    * Su Facebook il fan’s club di Angelo Jannone a questo link:
    http://www.facebook.com/inbox/?tid=1191572478558#/pages/Angelo-Jannone/228461479037?ref=ts

     
    • poliscor 11:53 on 27 January 2010 Permalink | Rispondi

      Grazie, enrix.

    • Sympatros 17:03 on 27 January 2010 Permalink | Rispondi

      E la mafia sta a guardare…. divertita però…. ed è un bel divertimento godersi lo spettacolo, lo spettacolo gratuito dei detrattori critici, ironici e sdegnati dell’Antimafia…. l’antimafia modaiola…. fra i due litiganti il terzo gode… ma secondo voi dove si può nascondere e mimetizzare la mafia, nell’antimafia, nei detrattori dell’antimafia o in tutte e due?

      Sympatros

    • anonimo 17:49 on 27 January 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Sympa se dire la verità significa essere detrattori dell’antimafia .. cosi’ sia. Accusare,  chi dopo aver scartabellato ogni carta, spiega i reali fatti come sembrano essere andati (seguendo quanto dicono i documenti ufficiali), di essere complice della Mafia, lo reputo gravissimo, anches eposto solo come presunto interrogativo.

      Si spera che nel tempo i Travaglio, i Barbaceto, i Gomez, tutti i magistrati che si stanno occupando di questi fatti, facciano giustizia e ci spieghino il perchè di tutte queste contraddizioni.

      Io, penso anche i vari Enrix, e tanti altri saremmo felicissimi, visto che qui la battaglia non è contro nessuno in particolare, si tratta esclusivamente DI FAR TRIONFARE LA VERITA’ DOVUNQUE QUESTA CI PORTI.

      Non ho mai capito se ci sei o ci fai, fatto sta che quando la verità sembra andare verso una direzione ECCO USCIRE SYMPRA/ERUZ , a volte mi sembri in buona fede altre e meglio che non lo scrivo ….. cmq è poco importante capire cosa sei e cosa vuoi, semplicemente è curioso che spunti sempre fuori in queste situazioni.

      Gianluca

    • anonimo 18:16 on 27 January 2010 Permalink | Rispondi

      Complimenti per il blog.
      Sosteniamo con serietà di giudizio e con tenacia, la vacuità di certi giustizialisti dell’ultima ora.
      Angelo Jannone

    • Sympatros 18:50 on 27 January 2010 Permalink | Rispondi

      E’ veramente comico, direbbe il Baffino perdente di D’Alema, Gianluca mi vedeva come fumo nell’occhio nel sito di Guzzanti e si è pure adoperato, anche con dispendio di energia, a che io venissi espulso… adesso mi insegue negli altri siti e vuol dialogare con me.. è comica caro Gianluca, mi sei pure simpatico, ma ti ho detto che tu spesso non decodifichi molto bene i miei post. Non fa niente va. Non mi metterò a discutere con te su questo blog…. dove i documenti la fanno da padrone ed io non ho voglia di affaticarmi a leggere tanti a tali documenti… legiucchio qualcosa e poi faccio delle riflessioni… questo è il senso dei miei interventi, non altro.

      Salutami il Senatore, che ringrazio per avermi fatto passare, nel suo blog, momenti interessanti, seri e sicuramente divertenti.

      Sympatros

    • anonimo 21:15 on 27 January 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Sympra io non inseguo nessuno. Ti ho più volte spiegato che mi sembrava corretto mandare via chi non rispettava le regole, e tu le trasgredivi sistematicamente. Guzzanti non ci sentiva da quell’orecchio ed ha aspettato che lo esasperassi per mandarti via. Da liberale qual’è non voleva censurare, ma avendo fatto un regolamento che tu puntualmente violavi lo hai costretto.

      E’ tutto più semplice di quel che sembra, bastava che da parte tua ci fosse un comportamento consono e stavi ancora in Rivoluzione Italiana. Riguardo quello che hai scritto ora ti chiedo solo una cosa, chiamiamolo consiglio, se vuoi scrivere e commentare non leggiucchiare qualcosa e poi rifletti, leggi tutto quello che Enrix ti mette a disosizione e poi dicci tutto quello che vuoi.

      Poi naturalmente fai come preferisci ma di certo è antipatico dialogare e confrontarsi con chi AMMETTE CHE SI INFORMA SOLO PARZIALMENTE.

      Gianluca

      P.S. Giuro a volte non riesco proprio a comprenderti.

    • enrix007 00:34 on 28 January 2010 Permalink | Rispondi

      Momento, prego.

      No Sympatros, niente giochino delle tre carte o suoi succedanei coi bicchierini o coi campanellini.
      Qui non ci sono due litiganti, e la mafia che gode e sta a guardare, perchè il terzo è tutt’uno con uno dei due litiganti.
      C’è un’alleanza di cervelli che muove accuse infamanti contro i carabinieri che arrestarono Riina, che li vuole vedere puniti, sostenendo che furono alleati con Provenzano.
      Allora qui la mafia non è fuori che guarda, Sympatros, chiaro?
      E’ parte attiva,non facciamo i furbi,
      Delle due, una: o ha mosso il ROS, o muove i suoi detrattori. La mafia.
      Non è che tribunali, pentiti , giornalisti, parenti stretti si son mossi tutti insieme perchè è scoppiata tipo una moda delle figurine.
      Per questo io vado a caccia della menzogna. Basta snidare quella, e la verità prende forma per contrasto e chiaroscuro.
      Io quando faccio a pugni con un manoscritto apocrifo, dall’altra parte il mio antagonista non è un semplice appassionato di enigmi e cruciverba, o un falsario per hobby. Mi sono spiegato Sympatros?

      Ora, Sympatros…perchè io ti sto per bannare esattamente come ha fatto Guzzanti?
      Non perchè hai scritto il messaggio n°2, ma perchè ho come una vaga sensazione che tu lo abbia scritto nella perfetta lucida consapevolezza che le cose stanno come le ho scritte io qui sopra, e che tu abbia invece voluto fare il trucchetto dei tre bicchierini pensando che questo blog sia come il tavolino nel vicolo a fianco di Roma Termini.
      Nossignore. Qui non è la stazione, è casa mia, come ti ho già detto.

      Niente cortine fumogene. Niente giochino delle tre carte.

      Chi oggi colpisce il ROS e chi ieri e/o l’altro ieri è stato colpito dal ROS, è una carta sola. Intendiamoci bene, non sto parlando della maggioranza sprovveduta, quei poveracci che scendono in piazza a manifestare contro la mafia convinti che chi ha arrestato il capo dei capi lo abbia fatto in virtù di un accordo con altri mafiosi, ma dei burattinai, sto parlando.

      Comunque prendila come un’ammonizione seria, nel caso si ripeta, ecc..ecc.

    • Sympatros 08:51 on 28 January 2010 Permalink | Rispondi

      Io non reputo dei "poveracci" coloro che manifestano contro la mafia e poi non ho capito, secondo quale logica, la mafia non si possa nascondere in tutte e due o in nessuno dei due.

      "<i> Il terzo è tutt’uno con uno dei due litiganti</i>"

      Tu stai snidando la mafia nella cosiddetta antimafia e.. ne sei sicuro.

      Ti lascio alle tue sicurezze. Io resto con i miei dubbi e siccome  non è piacevole stare con la mannaia dell’ammonizione sul collo, lascerò tranquillo il tuo blog. Ciao Enrix.

    • anonimo 01:07 on 1 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Sympatros,
      scusa se mi inserisco in questo vostro scambio  di pareri.
      I punti di vista sono tutti leggittimi, purchè non offensivi. Capisco che anche la definizione di ciò che possa essere "offensivo" è cosa non agevole, come può sembrare.
      Ma certamente qui in discussione non è in generele il leggittimo quanto lodevole dissenso contro la Mafia, ma il senso della verità. E qui permettimi di essere d’accordo con Enrix che, aldilà dei toni a volte forti, sta svolgendo il compito egregio di far vedere l’altra faccia dei fatti ed in maniera documentata.
      Non si può fare dell’Antimafia, con le stesse metodologie con cui si esprime l’"agire mafioso". Ossia con un "vincolo associativo" fatto di magistrati, giornalisti ed intellettuali, pronti a distruggere o ad oscurare chi non la pensa allo stesso modo, tanto da indurre al silenzio voci fuori coro, per l"’intimidazione" che deriva dal timore di essere additati come amico degli amici, solo perchè si ha  un approccio diverso ai fatti.
      O solo perchè passare sul tuo cadavere è utile per sostenere delle teorie che alla fine portano ad un nemico politico. 
      Questo è il punto vero. Mori e Obinu, tanto per fare degli esempi, hanno scelto, con la loro cultura istituzionale, di tacere mediaticamente e di difendersi nel processo. Allora le armi sono impari. perchè il processo mediatico nei loro confronti è già stato consumato, da un uomo da spettacolo come Ciancimino Massimo, ad esempio, e non solo.
      Riflettiamo su questo.
      Angelo Jannone
      p.s. ma che significa "bannare"

    • anonimo 02:18 on 1 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Angelo non la conosco ma le dico subito che approvo i suoi ragionamenti riguardo l’antimafia all’Italiana.

      Approfitto della sua presenza su questo blog per chiederle alcune cose. Ho scoperto per la prima volta il suo nome accentrando l’attenzione su di lei pochi giorni fa leggendo il libro di Montolli "Il caso Genchi". Si parla di lei e del fatto che l’ha vista protagonista, l’inchiesta su Telecom Brasile

      Nel libro a pagina 328 trovo scritto che quanto riportato su Wikipedia non è affatto vero. Lei non è vittima di un complotto  ed i fatti non sono come spiegati su Wiki e come lei li descrive nel suo blog. Montolli spiega che lei ha evitato la galera proprio per aver confessato le proprie responsabilità.

      Il gip di Milano Giuseppe Gennari scrive che non la mandava in galera per la sua collaborazione, collaborazione che la portava a cambiare versione ed alla fine a dichiarare "Ho ceduto invece alla proposta di attacchi informatici perchè pensavo di rendermi in qualche modo utile, vista la mia situazione. Mi rivolsi a GHIONI chiedendogli se poteva mettermi in contatto con qualche Kacker per fare un lavoro di questo genere." (Tutto scritto nell’ordinanza di applicazione di misura cautelare e personale del gip del tribunale civile e penale di MIlano Giuseppe Gennari, del 25 ottobre 2007).

      Affermazioni che su Wikipedia sarebbero riportate al contario. Ho controllato ed effettivamente è così.

      Visto che è il diretto interessato riguardo questo specifico fatto, come sono andate veramente le cose? Le sarò grato se potrà dare un contributo alla verità.

      Gianluca

    • enrix007 16:11 on 1 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ringrazio Angelo Jannone per il suo ottimo intervento.

      Nota tecnica: "bannare" significa inserire un filtro, in questo caso dello splinder , che impedisca ad un determinato PC, identificato dall’IP e dai coockies, di accedere ai commenti. 

    • anonimo 21:05 on 1 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Enrix,
      non ti saranno certo sfuggite la dichiarazioni odierne di Massimino:

      http://www.repubblica.it/cronaca/2010/02/01/news/ciancimino_depone-2151180

      e la replica di Ghedini:

      http://www.apcom.net/newspolitica/20100201_184059_532fa2e_81838.html

      Nei giorni scorsi, mi stavo giusto chiedendo quando sarebbe arrivato un riferimento ai soldi di Berlusconi ed eccomi accontentato.
      Un  dichiarante così, "informato" a 360 gradi su tutti i misteri d’Italia  non si era ancora visto.

      anton

    • anonimo 17:01 on 3 February 2010 Permalink | Rispondi

      […]Le ultime rivelazioni di Ciancimino stanno facendo tremare i vetri dei Palazzi: quando Toto’ Riina fu “venduto” allo Stato da ‘o binnu, la condizione era che il covo di via Bernini non fosse perquisito. Perche’ quel “salvacondotto” che aveva garantito la latitanza di Toto’ ‘u curtu doveva passare direttamente nelle mani di Provenzano. Cosa c’era in quel famoso archivio che – dice Massimo Ciancimino – se venisse alla luce ora potrebbe far saltare il Paese? E dove e’ ora?
      Le domande si rincorrono. Ma l’unica, vera risposta sul punto l’aveva data involontariamente proprio il carabiniere che quel covo lo lascio’ incustodito: lui, il Capitano Ultimo Sergio De Caprio, agli ordini del generale Mori.

      I MORI E GLI ULTIMI
      Torna cosi’ in primo piano quanto la Voce aveva rivelato in esclusiva per la prima volta a maggio del 2005. E’ il 20 febbraio 2003. Dinanzi al giudice Gaetano Brusa, chiamato a pronunciarsi sulle presunte diffamazioni a De Caprio contenute nel libro di Attilio Bolzoni e Saverio Lodato “C’era una volta la mafia”, lo stesso Capitano Ultimo spiega le ragioni del suo risentimento: «leggendo il libro viene presentata in maniera sistematica la presenza di accordi illeciti tra Carabinieri e grandissimi personaggi mafiosi come Bernardo Provenzano, che e’ ancora latitante; attraverso questi accordi si sarebbe sviluppata tutta una serie di dinamiche che avrebbero consentito l’arresto di Riina, che ho operato io personalmente (…) si dice chiaramente che non e’ stato voluto perquisire il covo di Riina perche’ c’era un fantoma… un archivio, viene introdotta la presenza di un archivio di Riina, che e’ un fatto gravissimo perche’ a me non risulta da nessuna parte, l’esistenza di questo archivio e praticamente la … il patto e’: Riina e’ stato preso per strada perche’ in cambio gli hanno dato la possibilita’ di nascondere questo archivio, che l’avrebbe preso Provenzano per poter ricattare 3000 perso… ah, grosse personalita’». Ma «nel libro di Bolzoni – confermo’ alla Voce Caterina Malavenda, difensore dei due giornalisti – non si parlava di dossier e non si precisava alcun numero». Dalla viva voce del Capitano Ultimo, insomma, oggi sappiamo che quei nomi erano tremila. E che Massimo Ciancimino, almeno su quel punto, sta dicendo la verita’.
      Dopo essersi scagliato con violente invettive contro i giornalisti della Voce, “rei” di aver rivelato quel suo “lapsus”, quella “excusatio non petita”, oggi Ultimo torna in campo. Lo ha fatto alla grande, organizzando un’imponente manifestazione a Palermo per celebrare la Crimor, l’unita’ militare combattente del Ros cui aveva dato vita dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio e che fu disciolta nel ‘97 in seguito alle accuse di favoreggiamento della mafia a carico di De Caprio e Mori (dalle quali furono poi entrambi assolti in primo grado). C’erano proprio tutti: il suo vice Arciere, che fu trasferito alla “Territoriale” di Pinerolo (nel 2008 finito agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso in estorsione per la vicenda del tesoro rubato dalla Palazzina di Caccia di Stupinigi), e poi Aspide, Barbaro, Nello, Omar, Vichingo e tutti gli altri. In carne e ossa mancava solo lui, Ultimo, collegato in videoconferenza “per motivi di sicurezza”. Il tuto condito dall’ugola d’oro di Gigi D’Alessio, «condannato il 2 aprile 2008 in primo grado – ricorda polemica la Associazione familiari vittime della mafia – a nove mesi di reclusione per il reato di lesioni aggravate dall’esercizio arbitrario delle proprie ragioni (pena sospesa)».[…]
       

       

      Moritz
      http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=259

  • Avatar di enrix

    enrix 18:30 on 25 January 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , bernardo provenzano, , , , , , , , , ,   

    Note ed appunti sui verbali di M. Ciancimino – 1 

    Note ed appunti sui verbali di Massimo Ciancimino

    teatrino2 Par. 1

    A pag. 95 del primo verbale, in data 7 aprile 2008, Massimo Ciancimino racconta di come suo padre, avute delle “piantine“, delle mappe, dal Capitano de Donno, le restituì dopo circa una settimana con le annotazioni relative alla presunta ubicazione del covo di Riina.

    CIANCIMINO: Questo me lo raccontò in carcere dopo alla fine, dice: non è difficile catturare RIINA, dopo che gli dico la pianta di dovè, gli segno la zona

    INGROIA: E allora suo padre come lo sapeva?

    CIANCIMINO: Mio padre me le diede io DE DONNO le diede a mio padre le piantine, io le diedi DE DONNO le diede a me, io le diedi a mio padre e mio padre le diede a me e io le diedi a DE DONNO.

    Quindi Vito Ciancimino affidò  nelle fidate mani del figlio “spaccone” (vedi pag. 103 del verbale) le mappe con le annotazioni per individuare il covo di Salvatore Riina (niente niente), perché le passasse a De Donno.

    INGROIA: E cerano annotazioni?

    CIANCIMINO: Sì, annotazioni, sì.

    INGROIA: Quindi allora

    A questo punto Ciancimino gioca d’anticipo sulla domanda che Ingroia sta per riformulare per la seconda volta, fornendo sin da subito una netta risposta: egli invita Ingroia a non domandargli come suo padre potesse essere a conoscenza dell’ubicazione del covo, poiché afferma di non saperlo.

    CIANCIMINO: Non mi chieda se come lo sapeva mio padre non lo so.

    Quindi Massimo Ciancimino, non lo sa, come suo padre aveva potuto indicare la localizzazione del covo sulle piantine. Pertanto chiede di non domandarglielo.

    Ma il magistrato incalza, e qualche secondo dopo domanda:

    INGROIA: io le domando se quello che suo padre indicò era frutto di conoscenza di suo padre o era frutto di  unacquisizione di informazione che suo padre fece

    CIANCIMINO: Di acquisizione di informazioni.

    Quindi lo junior invece lo sapeva, come suo padre aveva potuto indicare la localizzazione del covo sulle piantine: da informazioni acquisite. E non solo, spiega anche come fa a saperlo.

    INGROIA: con altri?

    CIANCIMINO: Di acquisizione di informazioni perché mio padre si è preso 24 ore di tempo.

     

    A questo punto, una volta spiegato e motivato di come suo padre aveva acquisito l’informazione da altri, cosa che dapprima Junior pensava di non sapere,  non resta che da chiarire da chi l’aveva acquisita, e perciò si da il via al ragionamento.

    INGROIA: Se lei sforzandosi riesce a individuare chi può avere incontrato suo padre

    CIANCIMINO: No.

    INGROIA: e potere avergli chiesto informazioni.

    E a questo punto, spunta il nome di Provenzano. Non ancora una certezza, ma solo un nome che lui “pensa dentro di sé”:

    CIANCIMINO: No, io dico che la seconda, la seconda fase proprio è stata fatta cioè non ha voluto escludere, è stata fatta per questo io dentro di me penso che sia stata fatta col, col diciamo col PROVENZANO, perché è stata fatta molto diretta, siccome so, mi ha sempre raccontato e come ho visto, neanche questo soggetto era uno che cera cioè era molto diretto lincontro, telefono, arrivo, non arrivo come ho detto a PANORAMA, questo telefonava: sto venendo cioè se telefonava questo mio padre doveva essere svegliato

    Allora i magistrati insistono perché ricordi meglio:

    DI MATTEO: lei a PANORAMA, credo di non sbagliare nel ricordo

    CIANCIMINO: Prego.

    DI MATTEO: anche se non ce lho qua larticolo, mi pare che affermò pure, comunque le faccio la domanda, che comunque in quel periodo del 92 suo padre ebbe modo di incontrare il PROVENZANO, o no? Cioè le ora sta dicendo: i contatti sono stati molto diretti

    CIANCIMINO: Sì, guardi

    DI MATTEO: Io, io chiedo, ma nel 92

    CIANCIMINO: Sì, sì

    DI MATTEO: o nel periodo

    CIANCIMINO: non so

    DI MATTEO: precedentemente alle stragi, successivamente, a cavallo

    CIANCIMINO: Sa cosè dottore, che non mi veniva più facile ricordare una faccia nuova come quel soggetto, una faccia nuova come il CINA che non uno che mi vedevo dai tempi di quando avevo 7 anni a casa, (Provenzano ndr) cioè

    DI MATTEO: Sì, però signor CIANCIMINO

    CIANCIMINO: Sì, capisco benissimo

    DI MATTEO: poi ovviamente quello è un periodo che anche nella sua memoria sarà rimasto più focalizzato rispetto a quando

     Ed ecco quindi che lo junior, stimolato,  comincia a focalizzare.

    CIANCIMINO: Mi sembra che lha incontrato      

    DI MATTEO: E questo come

    CIANCIMINO: o che abbia detto che aveva intenzione di vederlo, cioè mi sembra di aver capito questo però sa, non riesco a (inc.) glielo potrei man mano

    Quindi ci siamo quasi.  Partiti da una cosa da non chiedergli perché a lui ignota, si è dunque arrivati ad un probabile (…mi sembra…) incontro con Provenzano, od alla probabile intenzione di incontrarlo.

    Ma per il magistrato tanto basta per dar le cose come cotte e mangiate, perché alla domanda successiva procede dando per scontati gli incontri fra Vito Ciancimino e Provenzano:

    DI MATTEO: E anche fino a quando, fino a quando sono hanno avuto luogo questi incontri di suo padre con PROVENZANO?

    E a questo punto, quale interrogato si sentirebbe di contraddire quel PM?

    Abbiamo quindi assistito, in diretta, a come Provenzano sta diventando  un possibile suggeritore dell’ubicazione del covo di Riina  nella lucida deposizione di Massimo Ciancimino, uno dai ricordi e dalle idee chiare. Alla prossima puntata.    (1 – continua)

     
    • anonimo 12:51 on 26 January 2010 Permalink | Rispondi

      Siamo in buone mani……
      Maury

    • anonimo 14:27 on 26 January 2010 Permalink | Rispondi

      Se non ci fossero i verbali scritti pubblici, non crederei ad una riga … PURA FOLLIA.

    • anonimo 21:04 on 28 January 2010 Permalink | Rispondi

      In seguito alle rivelazioni di Massimo Ciancimino sulla presunta consegna di Riina alle forze dell’ordine da parte di Provenzano, ho trovato questo virgolettato, tratto da Repubblica del  5 novembre 2009, attribuito a De Caprio.


      In serata arriva la dura risposta del colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, il famoso "Capitano Ultimo" che, nel 1993 condusse le indagini che portarono alla cattura di Riina:
      "Ciancimino è uno dei tanti servi di Riina. Infatti è chiaramente falso che il boss sia stato arrestato in seguito alle dichiarazioni di Bernardo Provenzano. Ma la cosa più grave – aggiunge ‘Ultimo’ – è che ci sia qualcuno all’interno delle istituzioni che legittima questo servo di Riina. Questo significa evidentemente che i servi di Riina sono anche all’interno delle Istituzioni e certamente non sono il generale Mori e il capitano De Donno: forse sono gli stessi che hanno isolato e delegittimato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino".

      Anton Egger

    • anonimo 20:50 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Posso sapere dove hai preso i verbali? Grazie…

    • anonimo 21:28 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      trovati grazie, comunque nell’archivio che hai sul tuo sito questo file non c’e', l’ho recuperato da censurati.it

    • anonimo 03:39 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sempre su Censurati.it c’è riportata la replica di Ultimo alle dichiarzioni di novembre 2009 di Ciancimino Junior ad Annozero, Ultimo oltre a ripetere per l’ennesima volta le tante cose specificate nella SENTENZA, CHE ASSOLVE DEFINITIVAMENTE (la procura non ha fatto nessun ricorso in appello) LUI E MORI  PERCHE’ IL FATTO NON COSTITUISCE REATO, racconta alcune info che reputo interessantissime e che fanno capire meglio a tutti i fatti riguardo la mancata perquisizione del covo (ancora da trovare, visto che sapevano che stava in quella zona tra le villette di quel complesso).

      http://www.censurati.it/?q=node/3910

      Gianluca

    • MicheleElle 20:35 on 21 February 2010 Permalink | Rispondi

      Forse per i PM queste deposizioni sono ormai un inutile perdita di tempo. Ci sono le interviste ai giornali (Panorama, in questo caso)..quindi, perchè chiedergli le stesse cose?! Ormai i processi li fa la stampa.
      Lo sa bene Marco Travaglino, il più famoso GhostWriter delle Procure.

c
compose new post
j
next post/next comment
k
previous post/previous comment
r
reply
e
edit
o
show/hide comments
t
go to top
l
go to login
h
show/hide help
esc
cancel