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    enrix 18:22 on 24 April 2011 Permalink | Rispondi
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    BUBBOLE E PUPARI

    Ora si difendono dal naufragio dicendo che c’è un “puparo”. Ma è una solenne sciocchezza. Ecco un capitolo integrale del mio libro “Prego, dottore!”, che ho scritto esattamente un anno fa.  Avevo previsto tutto, ma c’è chi ha voluto proseguire lo stesso con la messinscena.
    E non è un misterioso “puparo”, ma gente con un nome ed un cognome.


     

    C’è in giro un po’ di apprensione, un po’ di agitazione, come il timore di un naufragio, a causa delle ultime vicende in cui è incappato Massimo Ciancimino.

    Travaglio scrive due articoli nel giro di poche ore, (ai quali, a breve, noi replicheremo nei modi dovuti), per organizzare il soccorso.

    Antonio Ingroia, sull’Unità, mette le mani avanti: “Abbiamo sempre tenuto un atteggiamento di grande rigore e prudenza, e perciò ritenevamo (e riteniamo) utilizzabili le dichiarazioni di Ciancimino solo nella parte in cui sono frutto di conoscenza personale e confermate da puntuali riscontri obiettivi.”

    Per capire quanto questa affermazione di Ingroia sia vera, oppure non lo sia per niente, non si ha che da leggere che cosa io scrivevo un anno fa, sul mio libro “Prego, dottore!”, e precisamente nel nono capitolo che ora pubblico di seguito, integralmente.

    Chi avrà la pazienza di seguire i fatti attraverso questa lettura, capirà soprattutto che questa storia del “puparo” che avrebbe manovrato Ciancimino non è altro che una solenne sciocchezza inventata da chi oggi cerca disperatamente un modo per mascherare un macroscopico capitombolo. La realtà è che Ciancimino improvvisava, per cui non aveva “dietro” nessun puparo, per non credergli bastava solo un minimo di attenzione, e questa attenzione non si è voluta mettere.

    E quindi se ci sono responsabilità “esterne” a quelle del protagonista, queste sono solo e soltanto imputabili a chi ha voluto credergli e professare il suo verbo ad ogni costo. Altro che pupari.

    E si tenga presente, per chi non lo sapesse, che il mio libro “Prego, dottore!” è agli atti del processo “Mori”, a Palermo, da ormai 7 mesi, per cui il dr. Ingroia, che in quel processo è Pubblico Ministero, non può dire di non averlo avuto a sua piena disposizione.

    Buona lettura.

     

    9.
    LA TATTICA "CAMPO DI PRUNI" DI FRATEL CONIGLIETTO

     

    Questa sarebbe una lettera commerciale? Ma mi faccia il piacere!
    «Egr. dott.»… questa lettera mi puzza di abbruciaticcio, mi sa di linguaggio
    cifrato. Andiamo avanti nella lettura. «Abbiamo ricevuto la v.s.», che vuol
    dire volantini sovversivi, «spedita il 6 c.m.» che significa cannoni e mitragliette.
    Che credono che siamo rimbambiti? Andiamo avanti… «E inoltre crediamo
    di potervi spedire la merce tra il 18 e il 20 aprile p.p.v.v.» Ed è sul p.p.v.v.
    che cade l'asino, che si sono fregati con le loro mani! sa che cosa vuol dire
    p.p.v.v.? Proiettili e V2. E io censuro. Sono un censore autorizzato."
    (Totò, da "I due marescialli")

     
    Forse qualcuno questa storiella se la ricorderà.
    Compare orso e Comare volpe hanno catturato Fratel coniglietto e stanno studiando come farlo fuori. Impiccarlo? Arrostirlo? Bollirlo? Mah.
    Siccome si trovano dinnanzi ad un vasto ed irto campo di pruni, Fratel coniglietto si dimostra terrorizzato, ed esclama: “fate di me ciò che volete, impiccatemi, arrostitemi, ma vi prego, non uccidetemi per dissanguamento gettandomi in quel mostruoso campo di pruni pieno di spine aguzze come coltelli. Vi supplico, non fatelo. Muoio di paura solo all’idea.” Comare volpe scambia un’occhiata maliziosa con il suo Compare orso, indi afferra Fratel coniglietto e lo fa volare nel campo di pruni. A quel punto Fratel coniglietto, dopo aver fatto un po’ di teatro fingendosi agonizzante, si rialza d’improvviso e mentre se la batte tutto trullo, spiega ai suoi aguzzini: “Ora che ci penso, io ci son nato in un campo di pruni, e non mi fanno un baffo. Beh, me n’ero scordato”.
    E quando la volpe prova a protestare, Fratel coniglietto gli rammenta: “Io te l’avevo detto di farmi arrosto, sei tu che hai voluto gettarmi nel campo di pruni. Io t’avevo supplicato di non farlo. Prenditela con te stessa. Addio.
     
    Ed ecco come la storia di Massimo Ciancimino pare offrire non poche similitudini con quella di Fratel Coniglietto nel “campo di pruni”.
     
    Occorre seguire con attenzione che cosa è accaduto nel corso dell’interrogatorio del 30 giugno 2009, alla procura di Palermo, quando i pubblici ministeri mostrano al testimone il pizzino n.1, quello ritrovato nello scatolone della Chateau d’Ax:
     
    DI MATTEO: Allora signor CIANCIMINO, noi abbiamo da mostrarle un documento
    (…) … è stato rinvenuto l’originale, quello che le mostro è una copia, le mostro e le
    esibisco, le esibiamo la copia e vorremmo sapere se lei intanto aveva contezza di
    questo documento, se sa chi lo ha manoscritto, perché è un documento manoscritto
    e più in generale quello che sa in merito al contenuto di questo scritto.
    CIANCIMINO: Sì questo… questa cosa l’avevo già vista, ovviamente credo che sia
    manoscritto da mio padre perché questo stava negli appunti di mio padre, sapevo
    che…
    INGROIA: E lei riconosce la grafia di suo padre?
    CIANCIMINO: Sì mi sembra la sua però poi sa… sì, sì, è quella di mio padre, cioè
    non è che…
    DI MATTEO: Intanto ci riferisca.
     
    E Massimo Ciancimino, a caldo, senza esitare, spiega sostanzialmente di cosa si tratta, in questo modo:
     
    CIANCIMINO:Sì, sì. E praticamente era la volontà espressa di mio padre di avere
    una diretta televisiva, tra l’altro, a proposito, domani [passano invece 7 mesi – nda]
    vi produco altri documenti che possono anche collegarsi a questo, dove mio padre
    più volte chiedeva una diretta per dire la sua verità e per dire la sua versione di tante
    situazioni facente capo soprattutto a quello che era l’origine delle stragi e l’origine
    di altre situazioni; aveva espresso la volontà di poter avere una diretta, insomma
    un’attenzione televisiva tale da poter dire tranquillamente come stavano certe
    cose, perché mio padre su varie, anche in varie missive che posso anche darvi copia,
    non so se le ho qua, aveva sempre lamentato questo, di non essere stato mai
    ascoltato in Commissione Antimafia e tutte le volte che voleva essere ascoltato, mio
    padre, anche per qualsiasi cosa aveva chiesto sempre la diretta con la Sala Stampa
    e questa non gli era stata mai concessa. Difatti trovava sempre strano ed anomalo
    il fatto che un soggetto come lui non è stato mai ascoltato da nessuna commissione
    parlamentare sul fenomeno della mafia, essendo stato l’unico politico di fatto
    condannato per mafia, riconosciuto, non è stato mai ascoltato, si lamentava, diceva
    sempre che non capiva perché non lo volevano fare parlare. Questo mio padre
    doveva consegnarlo ad un tramite che doveva farlo avere a BERLUSCONI per potere
    avere questa attenzione mediatica. Sapevo dell’esistenza di questo documento.
     
    In sintesi, Ciancimino dice che quello era un documento «collegato» (e per forza che era collegato se, come noi sospettiamo, ne era semplicemente un'infedele scopiazzatura) ad un altro documento (vale a dire la lettera n.2) dove don Vito «aveva espresso la volontà di poter avere una diretta, insomma un’attenzione televisiva tale da poter dire tranquillamente come stavano certe cose». E con “certe cose” Ciancimino si riferiva al boicottaggio che aveva ricevuto suo padre ogni volta (ed erano ben sette, a quanto pare, queste “volte”) che egli aveva richiesto di poter deporre in Commissione antimafia. E oggi noi sappiamo che, in tale contesto, egli aveva scritto di essere in grado di dimostrare “l’inettitudine” da parte di qualcuno, vale a dire l’inerzia che è stata opposta alle sue richieste di collaborare con la giustizia deponendo in commissione (ma probabilmente, anche in altre sedi).
     
    Noi quindi riteniamo, fatto incredibile, che qui Massimo Ciancimino, salvo che sulla grafia del pizzino che egli attribuisce falsamente a suo padre, abbia esordito dicendo verosimilmente, semplicemente e pianamente la verità, o comunque qualcosa di molto vicino al vero.
    E questo noi lo affermiamo sulla base di quanto si può leggere, in lingua italiana e non in codice o in sciarada, nella lettera n.2, perché è esattamente quanto ivi è stato scritto da don Vito.
    Ma dopo qualche minuto, in cui si è parlato sostanzialmente d’altro, il dr. Ingroia, come non avesse neppure udito la spiegazione data dal testimone, improvvisamente va alla carica:
     
    INGROIA: Torniamo a questa cosa [il pizzino n° 1 – nda], due cose volevo farle
    notare, esatto, in primo luogo…
    CIANCIMINO: Non l’ho letto ancora…
    INGROIA: … cioè ci sono dei riferimenti ad un evento, ad un triste evento che
    bisogna scongiurare…
    DI MATTEO: In due occasioni, in due passaggi si parla di questo evento…
    INGROIA: … è un triste evento che sembra, che sembra in qualche modo possa
    riguardare l’Onorevole BERLUSCONI e che l’autore della missiva si impegna per
    cercare di scongiurare e che… si impegna a cercare di scongiurare questo evento
    PURCHÉ l’Onorevole BERLUSCONI gli metta a disposizione una rete televisiva,
    direi che è così ovvio, diciamo, il contenuto è abbastanza chiaro.
     
    A noi invece pare che non sia chiaro proprio per niente.
    La frase era questa: “intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco)… perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento, onorevole Berlusconi, vorrà mettere a disposizione una delle sue reti televisive.
     
    Come diavolo ha potuto Ingroia, leggendo in lingua italiana, vedere in questa frase il cosiddetto “contributo”, condizionato alla concessione di una rete televisiva da parte di Berlusconi? E inoltre: dove sta scritto che il triste evento dovrebbe riguardare in qualche modo Berlusconi? Non è assolutamente così. E comunque tanto meno “così ovvio”.
    In lingua italiana, sgrammaticature a parte, c’è solo scritto che l’autore intende apportare il proprio contribuito affinché un certo evento sia scongiurato.
     
    Per quanto riguarda poi la convinzione dell'autore che Berlusconi vorrà mettere a disposizione una sua televisione, la prima cosa che viene in mente, a leggerela lingua italiana (pur stranamente sgrammaticata) è che tale prospettiva fosseriferita al mero intento di informare o divulgare, cioè quello di poter renderepubbliche le circostanze relative al triste evento. Anzi, viene naturale, nelleggere le parole "evento" e "reti televisive", pensare alla divulgazione televisivadi un evento, punto e basta.
     
    Il “purché”, vale a dire la connessione di natura estorsiva fra la "cacciata" dell'evento e la disponibilità di una TV, nel bigliettino non c'è. Non esiste.
    È invece, purtroppo, un'incredibile forzatura di Ingroia. Non di Ciancimino.
    Di Ingroia.
    E con tutto rispetto per il dr. Ingroia, direi che è appena normale che un uomo scaltro come Massimo Ciancimino abbia percepito in quell’affermazione, in quel “purché”, diciamo, una certa aspettativa da parte del magistrato (magari inconscia, certamente) di potersi sentir dire qualcosa che coinvolgesse Berlusconi, forzosamente o meno, in un accordo preteso dalla mafia. Ecco quindi Fratel coniglietto chiedere tempo per pensarci un po' su, per capire se e come assecondare questa nuova ed inattesa versione dei fatti, con tanto di canale TV chiesto "in baratto":
     
    CIANCIMINO: Sì lo so ma mi posso riservare però mezza giornata per rispondere?
    INGROIA: No…

    Ingroia non gli concede tempo. Anzi, gli mette anche un po’ di sale sulla coda
    e di pepe nel sedere:

    INGROIA: … lei non si può riservare, lei si può avvalere della facoltà di non
    rispondere, con tutto, diciamo, quello che… le…
    CIANCIMINO: Le conseguenze del caso.…
    INGROIA: … con le conseguenze del caso, certo, valutazioni che noi possiamo
    fare di un suo atteggiamento del genere ma è nel suo diritto avvalersi della
    facoltà di non rispondere, per carità.
     
    Il magistrato quindi, dopo aver diffidato, e quindi impaurito, il testimone sulle conseguenze della sua eventuale reticenza (l’avesse fatto anche in certe altre occasioni…), subito incalza:
     
    INGROIA: La domanda è: che lei sappia, suo padre
    CIANCIMINO: La so la domanda.
    INGROIA: E io gliela faccio esplicitamente: che lei sappia suo padre questa richiesta
    la faceva a nome proprio o per conto di, di altri?
    CIANCIMINO: Per nome proprio e per conto di altri…
    INGROIA: E questo…
    CIANCIMINO: … del LO VERDE.
    INGROIA: … per conto di PROVENZANO. E questo lei lo sa… Ha fatto un cenno col
    capo affermativo, ma per la registrazione bisogna dire di sì, anche perché le faccio
    notare un’altra cosa che a lei non sarà sfuggito perché è abbastanza intelligente per
    essersene reso conto e forse lo sapeva già, che benché la grafia sembra, io non faccio
    diciamo il perito grafico, ma insomma si nota…
    CIANCIMINO: Lo sa che non… comunque…
    INGROIA: … benché la grafia, vedremo se è di suo padre o non di suo padre, però è
    la grafia di una persona apparentemente diciamo che sa scrivere, il contenuto però,
    il testo, l’italiano…
    CIANCIMINO: Non è di mio padre.
     
    Attenzione bene ai passaggi che abbiamo appena letto.
    Da essi, nonché dalle circostanze oggettive, si possono tenere i seguenti punti fermi:
    1) Ingroia sa, cioè ha capito benissimo, che il pizzino n.1 non è stato scritto da don Vito. Sa che quella non è la sua grafia.
    2) Ingroia non sa, non lo sa ancora e non lo può neppure immaginare, dell’esistenza della “lettera n.2”, e vale a dire non sa dell’esistenza di una nota di don Vito scritta, sostanzialmente, in nome e per conto di Provenzano, essendo di fatto, come dice oggi Ciancimino, un “aggiustamento”, una rielaborazione del pizzino di Provenzano stilata in carcere da don Vito per conto del boss.
     
    Di conseguenza, allo stato delle conoscenze di Ingroia in quel preciso momento dell’interrogatorio, quello doveva essere semplicemente un pizzino scritto da mano sconosciuta, da parte di qualcuno che affermava di intendere operare per scongiurare un triste evento, evento per il quale l’autore era sicuro che Berlusconi avrebbe reso disponibile una sua rete televisiva, pizzino che Ciancimino Junior aveva attribuito erroneamente, o falsamente, a suo padre.
    Nonostante tutto questo egli, prima diffidandolo, indi sottoponendogli una domanda perentoria e pretendendo una risposta perentoria, pare suggestionare il testimone ipotizzando, in pochi secondi, che quel pizzino potesse riguardare “una richiesta”, atta a condizionare Berlusconi ("purchè"), promossa da don Vito “per conto di Provenzano.
     
    E dico “suggestionare”, perché di fatto, egli pone al testimone una domanda che contiene già la risposta, aspettandosi semplicemente una conferma. E la conferma naturalmente arriva, immediatamente, ed è una conferma che Ingroia si aspettava:
     
    INGROIA: “… per conto di PROVENZANO. E questo lei lo sa… Ha fatto un cenno col capo affermativo, ma per la registrazione bisogna dire di sì, ANCHE PERCHÉ le faccio notare un’altra cosa che a lei non sarà sfuggito perché è abbastanza intelligente per essersene reso conto e forse lo sapeva già, che benché la grafia sembra, io non faccio diciamo il perito grafico, ma insomma si nota…“

     
    … si nota che non è la grafia di don Vito. Benissimo. E quindi?
     
    Anche perché” che cosa? In base a quale logica la circostanza che quel pizzino NON risultava scritto da don Vito, sarebbe dimostrativa del fatto che si trattava di una richiesta di don Vito a Berlusconi fatta per conto di Provenzano?
    A Ingroia pare logico e naturale, a noi assolutamente no; anzi, intravediamo qualcosa di assurdo e grottesco, come in una pièce di Jonesco.
    E a questo punto, Massimo Ciancimino chiede pausa. Bevutina, 5 minuti per una pisciatina, 5 minuti di colloquio a tu per tu con il suo avvocato, e al suo ritorno al tavolo dell'interrogatorio, è pronto a dare conferma a quella versione dei fatti un tantino, diciamo, creativa, che riesce così gradita al dr. Ingroia.
     
    DI MATTEO: … Allora signor CIANCIMINO, intanto ci dica definitivamente e
    chiaramente, la grafia del manoscritto che le abbiamo mostrato è quella di
    suo padre?
    CIANCIMINO: No…
    DI MATTEO: No.
    CIANCIMINO: … escludo che sia quella di mio padre.
    DI MATTEO: Ci dica chiaramente anche quello che poc’anzi…
    CIANCIMINO: Non è neanche la mia, ve lo… prima che mi fate la domanda ve
    lo dico se volete…
    DI MATTEO: … ci dica chiaramente se lo sa, quello che già poc’anzi ha accennato
    nell’ultima parte dell’interrogatorio prima della pausa, questo documento
    è stato predisposto…
    CIANCIMINO: Io non so da chi è stato scritto, so che a mio padre è stato
    consegnato dal LO VERDE.
    DI MATTEO: È stato consegnato da suo padre, a suo padre da LO VERDE…
    CIANCIMINO: Esatto.
    DI MATTEO: … alias PROVENZANO?
    CIANCIMINO: Sì, alias Bernardo PROVENZANO e che lo stesso era indirizzato…
    INGROIA: Aspetti, aspetti un attimo… e che lo stesso era indirizzato…?
    CIANCIMINO: All’Onorevole, al dottore Marcello DELL’UTRI e so che
    sicuramente… la situazione che riguardava, qui mi riservo comunque di leggere
    anche le carte, riguardava… so che mio padre aveva chiesto un attimo, si era…
    faceva un po’ da moderatore non da passacarte, voleva un attimo, come al
    solito, cercare di sedare un po’ di animi e cercare di moderare la situazione.
    (…)
    INGROIA: Quindi lei ha detto poc’anzi che suo padre ha fatto da moderatore
    di questa iniziativa perché evidentemente era un’iniziativa dal contenuto
    minaccioso evidentemente.
    CIANCIMINO: Sì.
    INGROIA: Contenuto minaccioso che aveva destinatario ultimo, come si
    evince dalla parte del documento che noi abbiamo, l’Onorevole BERLUSCONI
    e aveva come tramite l’Onorevole DELL’UTRI e quindi…
    CIANCIMINO: Sì, per un cambio di atteggiamento che avevano avuto loro in
    merito a certe situazioni…
     
    Insomma, mi pare che alla fine non si possa negare che sino a qui, più che un rendiconto dei fatti scaturito dalla diretta conoscenza del testimone, a verbale è stata posta una mera serie di passive conferme (esatto…, sì…, sì…, sì…) del testimone ad una catena di passaggi, con i quali i magistrati hanno ipotizzato una ricostruzione piuttosto suggestiva dei fatti.
     
    Ma una volta assecondati i PM anche se un poco a denti stretti, sulla visione generale degli eventi, Ciancimino Junior ha buon gioco a vestire i panni del Fratel coniglietto terrorizzato dal campo di pruni:
    Cercavo di auto-proteggermi”, essendo “preoccupato perché, preoccupato perché
    giustamente preoccupato, giustamente preoccupato…
    Voglio che sia proprio detto che io ho… se dobbiamo parlare di questo argomento io
    ho tanta paura.”
    È un discorso… l’ho scritto, è un discorso che è cento volte più grande di me.”
    Ho paura” e "Ribadisco che ho un terrore folle e vorrei non affrontare più l'argomento…"
     
    E ancora oggi ci ricorda, nel suo libro (Don Vito): “Non avevo proprio voglia …
    di andarmi a cacciare nel tritacarne delle vicende di dell’Utri e Berlusconi[1].
     
    E naturalmente, più lui dice di aver paura ad affrontare argomenti più grandi di lui e quindi di non volerne parlare, più i magistrati pretendono che parli proprio di questi argomenti, e più afferma di aver tardato nel raccontare un fatto inverosimile a causa della fifa, più ai magistrati quel fatto pare verosimile, e sono pronti a perdonargli i cambi di versione, ed i precedenti strafalcioni.
    Ed è per questa ragione, evidentemente, che se oggi gli stessi pubblici ministeri, di fronte ad alcuni paurosi cedimenti del costrutto logico messo su dal testimone dichiarazione dopo dichiarazione, tentano di chiarire le incongruenze o le reticenze (poiché ad esempio, l’aver fatto attendere i magistrati, per 7 mesi, prima di produrre la lettera n.2, è di fatto una forma di reticenza) con lo stesso teste pretendendo da questi precisazioni che egli non può fornire, se non smentendo se stesso, o comunque non vuole fornire, essi si sentono rispondere, nell’aula di un tribunale: “ma vedete… siete voi che per la prima volta mi mostrate
    qualcosa con scritto il nome di Berlusconi… non avevo mai parlato io di questo, non ne volevo parlare… (…)… è stato non un piacevole interrogatorio… è stato abbastanza contradditorio… ribadisco anche la mia riserva che ho espresso anche negli ultimi interrogatori che abbiamo… nel momento in cui dovevo fare questo tipo di affermazioni pubbliche mi sarei riservato di valutarne l’opportunità. Vista la natura degli argomenti trattati.”.
     
    Come dire: in questo ginepraio, in questo campo di pruni, mi ci avete portato voi. Le mie contraddizioni sino ad oggi saranno state anche parecchie, ma a voi è sempre andata bene così. Ora è tardi per le pignolerie.
    E non gli si può dare certo tutti i torti.
    Lui una versione verosimile, probabilmente vera, l'aveva data, e subito.
    Ma qualcuno non ha voluto prenderla neppure in considerazione, ed ha messo mano al timone, virando di bordo verso Berlusconiland. E lui gli è andato appresso.
     
    Se ora qualcosa non funziona, non è mica un problema soltanto suo, no davvero, pare volerci dire il testimone.
    Lui poi, quella verità, l’aveva di nuovo ricordata l’8 febbraio 2010, al processo Mori:
     
    INGROIA: L’ultima frase: “sono convinto che questo evento on. Berlusconi
    vorrà mettere a disposizioni [sic] una delle sue reti televisive.”
    CIANCIMINO: Sì, ho fatto la domanda specifica a mio padre, in quanto
    pensavo di collegare la stessa a quella che era stata sempre avanzata da mio
    padre come richiesta primaria, in quello che doveva essere un’eventuale sua
    audizione all’i… innanzi alla commissione antimafia, in quanto lo stesso mio
    padre, nonostante essendo stato l’unico di fatto politico, almeno allora,
    condannato per mafia, e nonostante lo stesso mio padre, ogni commissione
    antimafia che veniva insediata aveva avanzato direttamente richiesta di essere
    ascoltato, io consideravo che la messa a disposizione della televisione, era
    da collegarsi a questo tipo di situazione
     
    Ma poi ritorna nei ranghi:
     
    … Ebbe mio padre invece a spiegarsi che, appunto, non era collegata al fatto
    che la televisione doveva essere messa a disposizione durante la sua audizione,
    ma era qualcosa di più ampio. Lui aveva usato questa frase, riferibile a quella
    che era stata appunto l’interv…
    INGROIA: Lui chi?
    CIANCIMINO: Il… il… mio padre, aveva usato, anche il Provenzano sotto
    consiglio di mio padre , ha usato quella che era la frase da lui detta anzitempo
    quando aveva comprato la sua rete TV, per riportarla ai nostri giorni.
    Ovviamente si riferiva non più solo a una televisione, ma si riferiva a tutto
    quello che in quel momento il Berlusconi, la sua forza politica, rappresentavano.
    Per cui non era solo limitato all’uso di una televisione. Mio padre riportava
    per far ricordare quelle che erano le sue parole dette all’intervista di… fatta
    a Repubblica. Oggi ovviamente, nel 94, diceva mio padre, nel 94, ovviamente,
    questo contributo doveva essere molto più ampio in quanto lo stesso non
    era più proprietario solo di una televisione privata, bensì di un gruppo editoriale
    ben più ampio, e di una posizione politica di fatto che rappresentava il partito
    di maggioranza. Per cui non era… era un messaggio cifrato, non era diretto
    che mio padre aveva bisogno di una diretta TV… o di chiunque…
     
    Ora, si rifletta bene su questa frase: “io consideravo che la messa a disposizione della televisione, era da collegarsi a questo tipo di situazione.” (e cioè quella di denunciare e dimostrare ai mass-mediache le sue richieste di deporre dinnanzi alla Commissione antimafiae quindi di collaborare erano rimaste per anni lettera morta – nda)
     
    Ma come? Ma non lesse lui stesso ad alta voce, in carcere, la lettera dove Provenzano chiedeva a Berlusconi di utilizzare le televisioni, asuo padre che poi la “rielaborò”?
     
    Sì che la lesse.
    Lo fece dopo averla ritirata da soggetti vicini agli ambienti del Lo Verde, così come l'altra, ed una delle due viaggiava insieme a 500 bigliettoni. Così ci ha raccontato.
     
    Ed in quelle due occasioni, tutte e due, il padre diede al figlio "dei fogli suoi scrittida riconsegnare al Lo verde"[2]. Le rielaborazioni.
    E dunque, quale attinenza possono avere Bernardo Provenzano e la sua estorsione televisiva a Berlusconi, con l’inettitudine delle persone preposte ad accogliere le istanze di Ciancimino, da quando lui aveva richiesto di essere ascoltato in Commissione antimafia?
     
    Come ha stigmatizzato Travaglio, oggi noi "sappiamo anche che cosa voleva la mafia da lui: una televisione". Ma Massimo Ciancimino questo doveva saperlogià allora, quando lesse il pizzino ad alta voce in galera a suo padre che prendevaappunti, e leggendolo "nella sua interezza", con le minacce di morte a PiersilvioBerlusconi, così come sapeva che la lettera che suo padre gli ritornò era solouna "rielaborazione" dove egli "aggiustava" e "perfezionava" i contenuti dellaprecedente, quella dove la mafia voleva una televisione.
     
    COME POTEVA dunque, Ciancimino Junior, aver considerato salvo diversa spiegazione che gli diede poi suo padre – che la richiesta di un canale televisivonella lettera “figlia”, soltanto rielaborata da don Vito, fosse da collegarsi “aquesto tipo di situazione”, vale a dire alle mancate audizioni di don Vito incommissione antimafia in veste di collaboratore, quand’era invece a perfettaconoscenza che la “madre” (nata prima della figlia) era stata scritta daProvenzano e che pertanto, come aveva potuto leggere egli stesso ad alta voce
    nel carcere di Rebibbia e come oggi rileva l'infallibile Travaglio, era lo stesso Provenzano, cioè la mafia, a volere una televisione, anzichè suo padre quale potenziale collaboratore di giustizia?
     
    Questo quesito deve esserselo posto anche il dr. Ingroia, quando domanda:
    Lui chi?
     
    Ed allo stesso modo, in altro momento dell’udienza:
     
    INGROIA: Aspetti un attimo.
    CIANCIMINO: Prego!
    INGROIA: Ma, andiamo per ordine. Chi è l’autore di questa lettera?
    CIANCIMINO: Prego?
    INGROIA: L’autore della lettera chi è?
    CIANCIMINO: L’autore della lettera, mi arriva da ambienti vicini al Lo Verde… ora io
    non so, realmente, chi l’ha scritta.
    INGROIA: No, siccome lei dice: “fu un’idea di mio padre”, volevo capire qual era la
    connessione tra l’autore della lettera e questa stessa considerazione che sta facendo
    lei…
    [1] Dal verbale d'interrogatorio di M.Ciancimino del 01/07/2009 della Procura di Palermo – si veda da pag. 121
     
    Come sarà già arrivato a percepire chi ha saputo seguire il mio sottile ragionamento, la lettera “madre” di Provenzano e le ragioni stesse della sua esistenza così come le ha esposte Massimo Ciancimino, cozzano frontalmente con la logica. E con la sua stessa logica, per giunta, quando considerava che la messa a disposizione della televisione, era da collegarsi a questo tipo di situazione (cioè al desiderio di don Vito di denunciare il rifiuto opposto alla sua volontà di parlare e collaborare).
    Più volte il testimone ha cercato di arrampicarsi sui vetri cercando di convincere noi, ma soprattutto i magistrati, che il pensiero espresso nella lettera n.2, era in realtà il pensiero di Bernardo Provenzano già espresso, pur a seguito dei suggerimenti dati in tempi pregressi dallo stesso don Vito in veste di consigliori, nella lettera n.1, soltanto rielaborato.
    Ma un castello di carte al confronto è cemento armato: è una storia che non regge. Ciò che si vede benissimo, è che il pensiero della lettera di don Vito appartiene solo a don Vito, e a nessun altro. Tanto meno al boss Bernardo Provenzano, con cui i rimpianti e la rabbia di don Vito per l’inettitudine di chi non ha voluto udirlo in veste di collaboratore, non c’entrano evidentemente nulla.
    Ma adesso, che si fa?
    È stato forse Massimo Ciancimino a far sì che Repubblica, il 3 luglio 2009, poche ore dopo le sue dichiarazioni, titolasse: “Cosa Nostra minacciò Berlusconi: Ci metta a disposizione una tv[3]?
    È stato forse lui a far sì che sempre Repubblica, nonostante il verbale della sua testimonianza fosse stato secretato, scrivesse: “Cosa nostra voleva a sua «disposizione» una delle reti televisive di Mediaset. La singolare richiesta emerge da una mezza lettera il cui mittente sarebbe Totò Riina, sequestrata nel 2005 nel garage di Massimo Ciancimino“?[1] (Già, una bella sciocchezza, quella di Riina “mittente”).
    Ed il quotidiano poi continua: “Da indiscrezioni si è comunque appreso che Ciancimino avrebbe riconosciuto la lettera che, attraverso Bernardo Provenzano, sarebbe stata inviata da Totò Riina [! – nda] a Vito Ciancimino. Non è noto se sia stata mai spedita o ricevuta da Silvio Berlusconi che, prima di entrare in politica, avrebbe ricevuto minacce di morte tanto da assumere come «stalliere», su segnalazione di Marcello Dell'Utri, il defunto boss Vittorio Mangano.”
    E figuriamoci se poteva mancare Mangano.
     
    E l’11 luglio 2010, a firma di Alessandra Ziniti, col già citato articolo “Dell'Utri doveva consegnare le lettere della mafia a Berlusconi”, il quotidiano torna alla carica:
     
     
    Dal gran calderone dell'inchiesta sul tesoro di don Vito Ciancimino, a distanza di quattro anni, vengono fuori ben tre lettere che, negli anni a cavallo delle stragi, fra il 91 e il 94, l'allora capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano avrebbe indirizzato a Silvio Berlusconi, alla vigilia e subito dopo la sua discesa in politica. Grandi mediatori della trattativa Vito Ciancimino e Marcello Dell'Utri. Questa almeno la verità di Massimo Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco, da qualche mese diventato collaboratore di giustizia […] «Una cosa cento volte più grande di me», ha fatto mettere a verbale ora Ciancimino jr, ai pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo ai quali ha ribadito che quel "pizzino"
    strappato ritrovato adesso era in realtà una lettera di due pagine.”
     
    E poi c'è nientedimeno che Marco Travaglio, caspita, che ha già preso atto che la mafia voleva una televisione da Berlusconi, e che quindi si domanda "come mai la Procura di Grasso, quando interrogò Ciancimino junior per giorni e giorni, non gli pose neppure una domanda su quella lettera autografa di Riina [sic, bella minchiata - nda] diretta a Berlusconi?[4]"
    Beh, insomma, quando certi soloni hanno già dato fiato a certe trombe, dopo chi glielo va a spiegare ai lettori, nel caso quella di Ciancimino Junior, quella “cosa cento volte più grande” di lui, fosse invece una patacca?
    Chi avrebbe il coraggio, se tutta questa faccenda delle lettere della mafia a Berlusconi fosse una sola stratosferica, di spiegarglielo a Salvatore Borsellino, ora che lui ha scritto sul suo sito web 19 luglio 1992: «Perchè non dovrei sedermi accanto a Massimo Ciancimino?… a me interessa quello che sta dicendo perchè può essere utile per l'accertamento della verità»… «Quando lo dicevo io che mio fratello venne ucciso per la trattativa tra lo Stato e Cosa nostra, mi prendevano tutti per pazzo, adesso finalmente c'è anche un'altra persona che lo dice e che potrebbe arrivare in
    questo in modo alla verità»[5]?
    E a Benny Calasanzio, che utilizzò Ciancimino come supporter della sua campagna elettorale? A Giorgio Bongiovanni, l’ufologo-mafiologo di Antimafia 2000 che ospita un alieno luminoso dentro di sé, e che scrisse: “Le sue [di Ciancimino – nda] dichiarazioni vengono sottovalutate, invece sono importantissime. I magistrati che lo stanno interrogando sono l’eredità di Falcone e Borsellino ma c’è una stampa che sta remando contro questa collaborazione, perché un potere non vuole che Ciancimino parli[6], tutti costoro insomma, ove la lettera a Dell’Utri di Provenzano fosse il parto della fantasia di un bufalaro, chi avrebbe il coraggio
    di metterli al corrente?
    Un bel dilemma.
    Ma il nostro testimone, pare tranquillo: Oh, ragazzi, nel ginepraio, nel campo di pruni, forse la verità scricchiola, ma guardate che mica l'ho voluto io, di entrarci in questa maniera…

     
    [1] Questo dice e scrive oggi. Invece il 9 luglio 2008, durante un interrogatorio, sempre in procura a Palermo, quando Ingroia, a proposito dello "scavalcamento" di don Vito nella trattativa, gli domandò: "Non fece mai ipotesi su chi potesse essere stato a scavalcarlo?", egli rispose con un netto: "Mi disse il nome di DELL'UTRI.". Ciancimino quindi non ha voglia di andarsi a cacciare nel tritacarne delle vicende di Dell'Utri, salvo tranquillamente, in altra occasione, additarlo niente niente come il sostituto di suo padre nella trattativa fra mafia e Stato, un "cavallo vincente", "che poteva essere l'unico che poteva gestire una situazione simile".
     [2] Dal verbale d'interrogatorio di M.Ciancimino del 01/07/2009 della Procura di Palermo
     [3] "Cosa Nostra minacciò Berlusconi: Ci metta a disposizione una tv" di F. Viviano – Repubblica – 3 luglio 2009
    [4] "Amnesy International" di Marco Travaglio – l'Antefatto – 3 luglio 2009
    [5] "Salvatore Borsellino: ''Ciancimino può aiutare per l'accertamento della verità''" ADNKRONOS – 20 maggio 2010
    [6] "I Servizi non sono affatto ”deviati”, servono logiche di potere occulto ed economico''" Antimafia2000 – 30 aprile 2010

     
    • anonimo 22:32 on 24 April 2011 Permalink | Rispondi

      Sempre bravissimo Enrico !
      Segnalo di nuovo ad alcuni amici questo tuo interessantissimo scritto
      Maria

    • anonimo 09:53 on 26 April 2011 Permalink | Rispondi

      Le segnalo un altro articolo di Bordin:

      http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/387687/

      anche se immagino lo sappia già.
      Buona giornata e buona Pasqua in ritardo

      Luigi

    • anonimo 19:00 on 13 October 2011 Permalink | Rispondi

      Ciao

      Scrivo per lamentare l'impossibilità di acquistare il libro "Prego, dottore!"; volendolo aggiungere al carrello mi vengono negate entrambe le combinazioni di acquisto; sono andato direttamente sul sito, effettuando la ricerca per titolo e autore, ma non risulta nulla.

      Come si può rimediare? Grazie
      Riccardo

    • enrix007 11:00 on 22 October 2011 Permalink | Rispondi

      Caro Riccardo, il libro è esaurito ma ne ho ancora qualche copia che volevo conservare. Se mi dai un indirizzo e-mail, ti contatterò.

    • anonimo 00:09 on 24 October 2011 Permalink | Rispondi

      Non sono iscritto e quindi dovrei darti la mail qui pubblicamente.
      Se per te non è un problema ti prego di scrivermi qui
      http://www.hw2sw.com/contact-us/.

      Grazie
      Riccardo

      P.S.: a me va bene anche il pdf :)

  • Avatar di enrix

    enrix 11:31 on 24 April 2011 Permalink | Rispondi
    Tags: antonio ingroia,   

    BOZZE DI PAPELLI?

    pizzino
     
    Il 29 settembre 2009, nel corso di una sua deposizione in procura a Palermo, con verbale già agli atti del processo “Mori”, Massimo Ciancimino parlò di un documento, acquisito dagli inquirenti che glielo mostrarono in quell'occasione chiedendo spiegazioni, dove erano apposte alcune annotazioni scritte di suo proprio pugno.

    Più nel dettaglio, si trattava di un’elencazione "riassuntiva" di 5 dei 12 punti che a dir suo sarrebbero stati presenti nel papello (quello nella foto qui sopra, che all'epoca non era ancora stato consegnato da Junior, e quindi i PM non potevano conoscere): così fu definito in quell’occasione dallo stesso M.Ciancimino e dai Procuratori che la stavano interrogando, e quindi così compare a verbale.
     
    Quindi in quell’interrogatorio gli fu mostrato il documento, e gli fu chiesto di leggere ad alta voce quei 5 punti.
     
    Lui li lesse, ed ora li elenchiamo così come lui li lesse:
    Maxi Processo;
    416 bis
    carcere casa;
    arresto flagranza di reato;
    defiscalizzare benzina
     
    Su questi punti, che, ripeto, erano annotazioni autografe del testimone attualmente detenuto in carcere a Parma, gli fu chiesto dal dott. Ingroia se all’epoca, mentre lui annotava, aveva il papello davanti agli occhi.
     
    Ciancimino junior rispose che non ricordava se aveva annotato a memoria o avendo davanti sé il papello.
     
    Quindi gli fu chiesto perché si fermò riportando 5 soli punti e omettendone altri.
    Lui  rispose che era finito lo spazio sulla carta, e allora gli fu fatto notare che poteva voltare pagina.
     
    Gli fu chiesto perché li aveva annotati proprio su quel documento.
    Lui rispose che non lo sapeva, e aggiunse: “perché ce l’avevo tra le mani, perché dovevo scriverli là, non lo so.”
     
    Gli fu chiesto perché aveva annotato proprio quei 5 punti.
    Lui rispose: “Perché credo che facevano parte di quelli discutibili…”
     
    Ma ciò non è vero, non è vero che facevano tutti parte di quelli discutibili, ed ora vi spiego perché: perché 3 di quei 5 punti, vale a dire: maxi-processo, 416 bis, e arresto flagranza di reato, compaiono anche sul contropapello, e il contropapello è il documento che secondo Massimo Ciancimino è stato compilato da suo padre con le richieste “aggiustate” da mettere in trattativa con lo stato, in quanto quelle del papello, secondo don Vito e sempre per quello che dice il figlio, erano “un cumulo di minchiate”, “irricevibili”, cioè appunto discutibili.
     
    Anzi: “416bis”, compare SOLO sul contropapello, l’elenco delle richieste aggiustate da suo padre, e non sul papello.
     
    Per la precisione, accade questo:

    4 dei 5 punti, sono richieste del papello, di cui 2, soltanto del papello.
    3 dei 5 punti, appaiono sia sul papello che sul contropapello.
    1 dei 5 punti, appare solo sul contropapello (416 bis).
     
    Ora, se è vero che i signori pubblici ministeri hanno deciso di prendere il testimone dal lato giusto, obbligandolo finalmente a farla finita con le bugie e le calunnie, allora dovrebbero pure invitarlo a chiarire il motivo per cui  ha affermato nei loro uffici di aver annotato quei 5 punti “perché facevano parte di quelli discutibili…,” quando invece ciò non è vero perché tre di essi appaiono sul contropapello ed uno di essi solo sul contropapello, che come abbiamo detto non espone i punti discutibili, ma quelli preferiti da suo padre.
     
    Ma soprattutto dovrebbero invitare il testimone a spiegare, nel modo più chiaro possibile, visto che l’ha scritto lui, perché mai giace in procura, vale a dire perché mai esiste,  un appunto da lui manoscritto in epoca ignota dove sono annotati punti mescolati del papello e del contropapello. E’ una bella stranezza.
     
    Non vorremmo mai si trattasse di bozze, canovacci, insomma, prove generali, di papelli e affini.

     
  • Avatar di enrix

    enrix 15:00 on 23 April 2011 Permalink | Rispondi
    Tags: antonio ingroia, frqancesco messineo, , , , ,   

    ECCO I DUE PESI E LE DUE MISURE DELLA PROCURA DI PALERMO 

    UNO PER DE GENNARO, ED UNO PER BERLUSCONI: ECCO I DUE PESI (E LE DUE MISURE) DELLA PROCURA DI PALERMO
     
    cianciallegro

    Mentre scriviamo, Massimo Ciancimino è in galera.
     
    Ce lo hanno mandato i PM di Palermo. 
     
    Per quale ragione?
     
    Piuttosto semplice.
     
    Lo scorso mese di luglio, messo sotto pressione dalla procure per la questione del  fantasma, pardon, del Sig. Franco/Carlo, (Procure scottate dalla vicenda carnascialesca del dirigente della BMW fotografato ai Parioli, che minacciava querele per essere stato indicato come il presunto fantasma) Massimo Ciancimino prese il coraggio a 4 zampe, e consegnò questa cosa ai pubblici ministeri:

    Contemporaneamente, il 18 luglio, l’editore Aliberti annunciava sul suo sito e sul quotidiano “Il Fatto”  la pubblicazione del clamoroso documento sul libro fresco di stampa “I misteri dell’agenda rossa” (di Viviano e Ziniti), con queste parole:
    «In questo manoscritto inedito di Vito Ciancimino viene rivelata per la prima volta l’identità del signor Franco (o ‘Carlo‘, ndr), alias Keller Gross. Il nome di quest’uomo, probabilmente appartenente ai servizi segreti, appare in un lista insieme a personaggi dell’ex Alto Commissariato dell’epoca per la lotta alla mafia».(Il Fatto Quotidiano, 18 luglio 2010).
    Fonte: «I MISTERI DELL’AGENDA ROSSA» (Aliberti editore)
    di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti.
     
    Secondo la testimonianza di Ciancimino junior, quel documento risaliva  ai primi anni ’90:  in esso comparivano 12 nomi di investigatori e politici, come l’ex ministro Franco Restivo, l’ex questore Arnaldo La Barbera, il funzionario del Sisde Bruno Contrada, il generale dell’Arma Delfino e il funzionario dell’Aisi Lorenzo Narracci. Nella lista c’era anche un tale Gross e, accanto, le iniziali “F/C”, che, a dire del figlio dell’ex sindaco, avrebbero indicato i due nomi con cui lo 007 era noto: Franco e Carlo. Una freccia collegava poi Gross a un altro cognome: “De Gennaro”.

    “Quando gli chiesero spiegazioni sul perché, tra i tanti nomi citati in un pizzino del padre, ci fosse anche quello di Gianni De Gennaro, Massimo Ciancimino disse di non averne parlato subito per paura di venire considerato un mitomane. (…)  E’ vero come è vero, però, che ai pubblici ministeri che indagano sulla presunta trattativa fra la Mafia e lo Stato, Ciancimino jr disse di avere visto il padre scrivere di suo pugno quel pizzino. Ed invece la polizia scientifica, a cui si sono rivolti il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Antonino Di Matteo e Paolo Guido, ha accertato che il nome di De Gennaro è stato preso da un altro documento e piazzato, ad arte, sul pizzino. Non uno qualunque, ma scelto da don Vito Ciancimino per denunciare l’esistenza del “Quarto livello”, un’accozzaglia di infedeli servitori dello Stato, così li bollava l’ex sindaco, responsabili di molti dei mali della storia d’Italia.  (da “Livesicilia”

    Ed oggi RIFERISCE  Il Procuratore di Palermo, Francesco  Messineo “La scientifica ha stabilito con certezza assoluta – spiega Messineo – che il nome di De Gennaro é stato estrapolato da un altro documento presentato da Massimo Ciancimino e posto in quel foglio. In questo momento non ci risulta che ci siano altri documenti ‘falsificati’ ma non lo possiamo escludere, visto che la scientifica analizza i fogli che Ciancimino ci ha dato in vari periodi”.
     
    Fra poco lo vedremo, se è vero che non risulta.
     
    Ad ogni modo le descrizioni date dai giornali, per la maggior parte, restano fumose.
     
    Ecco in realtà ciò che è accaduto:

    L’elenco di nomi illustri, lo ha scritto Massimo Ciancimino di suo pugno. Ce lo ha rilevato per primo Marco Travaglio, con nonchalance, in un suo passaparola dello scorso dicembre, di cui io parlai nel mio articolo “la patacca rossa” (vedi QUI ).  Consapevole che uno scritto non riconducibile al padre, sarebbe stato di scarso valore, ha tirato una riga, avrebbe appiccicato col Photoshop una selezione “copia-incolla” del nome “De Gennaro” scritto da suo padre in un altro documento che non c’entrava nulla, avrebbe stampato, e quindi consegnato il tutto ai magistrati.
     
    Il ragionamento che sta alla base di questo falso, è piuttosto ovvio: se don Vito ha tirato una riga di suo pugno ed accostato un nome a quella lista, vuol dire che quella lista quanto meno non era stata scritta al bar durante l’aperitivo, senza che don Vito ne sapesse nulla,  da qualche furbacchione, ma che invece, in qualche modo, era stata “avvallata” dall’ex sindaco di Palermo.
     
    Un deja-vu, nel malloppo di documenti Cianciminiani. E vediamo un po’ perché.
     
    Il “papello”, scritto da mano sconosciuta, non varrebbe nulla, se non ci fosse appiccicato il post-it scritto da don Vito, con la dicitura “consegnato SPONTANEAMENTE al colonnello Mori” (post-it che invece è pesantemente indiziato di appartenere a tutt’altro documento, come vi spiegherò più tardi in un articolo dedicato all’argomento).
     
    La “lettera di don Vito a Berlusconi per chiedere le televisioni”, non potrebbe avere il significato che gli assegna il testimone, se non ci fosse un bigliettino che ne riporta uno stralcio con calligrafia diversa (e con sintassi un po’ più sgrammaticata), casualmente sequestrato dalla procura in uno scatolone depositato nei magazzini di Massimo Ciancimino, e che lo stesso testimone ha avuto buon gioco nel descrivere come lo stralcio di una bozza di lettera scritta “in ambienti vicini a Bernardo Provenzano”, sulla base del quale don Vito avrebbe realizzato la sua “rielaborazione” da spedire al cavaliere.
     
    La fotocopia della lettera dattiloscritta da don Vito e (mai) inviata al governatore della Banca d’Italia Fazio, dove si legge che Paolo Borsellino si sarebbe opposto alla cd. “trattativa”, sarebbe un documento ben povero di importanza se sotto al testo non ci fosse (sempre fotocopiata) la firma autografa di don Vito e la stessa lettera non fosse stata consegnata, anziché da Massimo, questa volta, dalla sig.ra Epifanìa, vedova Ciancimino, che dice di averla trovata in una carpetta.
     
    E il documento “X”, di cui parleremo fra poco, varrebbe ben poco se non spuntasse nello stesso, il nome del Presidente del Consiglio manoscritto da don Vito, sempre grazie al solito metodo.
     
    Insomma, ci siamo capiti. 
     
    Qui, a dare tono al bigliettino, c’era quella scrittina “De Gennaro”, che qualche mese fa Massimo affermava “di avere visto il padre scrivere di suo pugno”, mentre oggi, dalla galera, ci fa sapere attraverso gli stessi PM di non essere a conoscenza di chi sia stata ad appiccicarla sul suo manoscritto, per poi realizzare la fotocopia che lui ha consegnato in procura.
     
    “Ciancimino jr, in lacrime, nega di avere falsificato il documento. La sovrapposizione del nome dell’ex capo della polizia, Gianni De Gennaro, non è opera sua. Si è limitato a consegnare il documento così come lo ha ritrovato fra le tante, troppe carte dello sterminato archivio del padre.”
    (da Livesicilia ) 
     
    Forse sarà opera del sig. Franco, a sua insaputa, mentre lui in cucina gli preparava il caffè.
     
    Ma veniamo al sodo.
     
    Abbiamo visto che il dott. Messineo della procura di Palermo, ha dichiarato: “In questo momento non ci risulta che ci siano altri documenti ‘falsificati’
     
    Ma sarà proprio vero?

    Perchè a me invece risulta che ce ne sia uno agli atti bello grosso, anzi, due. Esattamente identici a quello attualmente contestato.
     
    Soltanto che in quei casi, al posto di “De Gennaro”, c’è “Berlusconi”, e ciò evidentemente causa una certa, pur involontaria, distrazione nei nostri inquirenti.
     
    Per capirlo, bisogna esaminare due documenti.  Lo faremo attraverso le classificazioni date agli stessi dai periti della Polizia Scientifica che li hanno analizzati.
     
    Uno è questo:

    fotomontaggio ciancimino 
    E l’altro è questo:

    DOC 3 compPA
     
    Sono due fotocopie.
     
    La prima, è simile in tutto e per tutto alla fotocopia che è costata la gattabuia al nostro testimone.
     
    C’è un elenchino di scritte inquietanti (persino “Rasini Bank” e “Gladio”) prodotte dalla mano di Massimo Ciancimino, (come l’elenchino di nomi, con tanto di sig. Franco, del documento galeotto) con a fianco alcune altre parole scritte, questa volta, per mano di don Vito, fra cui campeggia in prima fila il nome “Berlusconi” accanto a “Ciancimino”. (come già per il nome “De Gennaro” sul documento galeotto).
     
    Ma, come già per “De Gennaro”,  non sono scritte originali, ma bensì frutto di copia-incolla di sezioni di testo di un altro originale, scritto da Vito Ciancimino, e lì riportate grazie alle forbici o a qualche diavoleria tipo “Photoshop”.
     
    Infatti ci sono persino due di queste frasi scritte, e vale a dire “Berlusconi-Ciancimino”, e “Milano truffa e bancarotta” che compaiono nell’altro collage che ho richiamato, come si vede da questo confronto:
     
    fotomontaggio ciancimino2
    DOCUMENTO “X”

    DOC 3 compPA2
    DOCUMENTO “Y”
     
    Il  documento “Y”, non è un documento qualsiasi. Vediamo come ce lo descrisse, all’epoca, Repubblica, sulla sua PAGINA REGIONALE  del 13 febbraio 2010
     
    Ciancimino, rivelazioni su Moro
    nuovo pizzino con nome Berlusconi
     
    Palermo- Nuove rivelazioni sul rapimento di Aldo Moro e nuovi verbali sugli investimenti mafiosi in Milano 2 con la mediazione eccellente di Roberto Calvi. Il tutto corredato da nuovi verbali di interrogatorio e da due nuovi pizzini in uno dei quali, oltre a quello di Marcello Dell’Utri, compare anche il nome di Berlusconi. "Berlusconi-Ciancimino – Marcello Dell’Utri Milano truffa e bancarotta.  Ciancimino-Alamia – Dell’Utri Alberto".
     Eccolo uno dei nuovi "pizzini" consegnati da Massimo Ciancimino ai pm della Dda di Palermo Antonio Ingroia e Nino Di Matteo e depositati oggi al processo d’appello contro Marcello Dell’Utri…”
     

    Ora, è assolutamente acclarato che in questo inquietante pizzino , il documento “Y”, così come nell’altro altrettanto inquietante, il documento “X”,  il nome “Berlusconi” compare grazie ad un lavoro di collage, di copia-incolla fatto col riporto.
     
    Esattamente come il nome “De Gennaro” che è costato tanto caro alla nostra icòna dell’antimafia.
     
    Invece, come è chiaro, fotomontare il nome “Berlusconi”, non costa nulla, è assolutamente gratis.
     
    Eppure che sia un’estrapolazione in stile Photoshop, non lo dico soltanto io, ma lo hanno detto proprio i periti nella loro relazione, che è a mani dei pubblici ministeri ormai da mesi.
     
    Ecco qua:

    COMPARAZIONE

    E allora: che significa la frase:le coincidenze strutturali/proporzionali dei predetti tracciati grafici, entrambi esaminati in fotocopia, consentono di esprimere un giudizio di riconducibilità degli stessi da un unico originale” ?
     
    Molto semplice. Significa che c’era un originale, dal contesto ovviamente diverso,  e che qualcuno ha trasferito da quello le scritte“Berlusconi-Ciancimino”, e “Milano truffa e bancarotta”, col copia-incolla,  su quei due nuovi documenti ricomposti, fotocopiati, e consegnati da Massimo Ciancimino nei palazzi di Giustizia.
     
    Esattamente come è accaduto con il documento dove era presente la parola “De Gennaro” e con la sua “ricomposizione” considerata una calunnia aggravata.
     
    Invece, evidentemente, il nome “Berlusconi” fa si che non si possa parlare di calunnia, ma solo di lavoretto ben fatto.
     
    E c’è ancora un ultimo fatto,  che rende il quadro ancora più interessante.
     
    Nel documento “x” compare una scritta più completa, diciamo così, meno “ritagliata”, e vale a dire: “Berlusconi-Ciancimino (l’Espresso del 2-1-1989”, rispetto al documento “Y” dove la stessa scritta compare monca della parte (l’Espresso del 2-1-1989”.
     
    Ora, la cosa strana è che la fotocopia meno ritagliata risulta, nella perizia, prodotta con carta recente (2004-2009), mentre quella più ritagliata, è prodotta su carta molto vecchia (1987-1992).
     
    Il che significa che se il documento Y fosse stato realizzato estrapolando il contenuto dal documento X (che sia avvenuto il contrario, è impossibile, in quanto sul documento X il testo, come abbiamo visto,  è più esteso), allora saremmo di nuovo di fronte, come è già accaduto, ad una fotocopia realizzata da non più di 5-6 anni, ma su carta di vent’anni fa.
     
    E tutto questo, mentre al Procuratore di Palermo, non  risultano altri documenti “falsificati”.
     
    enrix

     
    • anonimo 22:47 on 23 April 2011 Permalink | Rispondi

      Se volessero l'avrebbero già smascherato da quel dì, ma il loro teorema rimane quello di "mascariare" Berlusconi e quindi non si fanno perizie sui "pizzini" malamente fotocopiati.
      Ciancimino ha commesso "un terribile errore": talmente si riteneva intoccabile che ha pensato bene di inserire l'amico di Violante e Caselli non ricordando che "chi tocca i fili muore"
      Maria

    • anonimo 12:35 on 15 May 2011 Permalink | Rispondi

      SEMPLICEMENTE   E S E M P L A R E !!

  • Avatar di enrix

    enrix 12:13 on 14 November 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: antonio ingroia, ,   

    Pubblici Ministeri: potere e informazione

     

    CLICCA QUI SOTTO PER VEDERE IL VIDEO:

     

    Pubblici Ministeri: potere e informazione

     
  • Avatar di enrix

    enrix 18:57 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: antonio ingroia, , , , , , , , ,   

    Perché considero inattendibile Massimo Ciancimino 

    Perchè considero inattendibile Massimo Ciancimino

    di Sebastiano Gulisano

    Mi sarebbe piaciuto assistere alle udienze del processo Mori-Obinu, all’inizio di febbraio, per osservare le facce dei protagonisti, scrutarne le espressioni mano a mano che procedeva il racconto del «teste assistito» Massimo Ciancimino sulla trattativa Stato-mafia dopo la strage di Capaci del 23 maggio 1992 e prima della strage di via d’Amelio. Avrei voluto scrutarne gli sguardi, le espressioni, le smorfie, i gesti e, attraverso essi, tentare di interpretare i pensieri di ciascuno di loro. A pensarci bene,  non mi sarebbe nemmeno bastato esserci: mi ci sarebbero volute un bel po’ di telecamere, almeno una per ogni protagonista e una sala di regia da dove osservare. In quell’aula di Tribunale, però, non c’ero, né ho visto filmati di quel dibattimento, di quelle udienze; ho solo ascoltato le registrazioni di Radio Radicale delle tre giornate in cui Ciancimino ha raccontato la sua verità. In precedenza, avevo letto tutti i verbali depositati dai pm agli atti del processo Mori-Obinu, scaricati dalla rete tramite il sito Censurati.it. Sulla vicenda, inoltre, conoscevo la progressione delle dichiarazioni di Giovanni Brusca dal 1996 in poi, le testimonianze degli ex ufficiali del Ros dei carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno al processo di Firenze sulle stragi del 1993, la versione ufficiale di don Vito Ciancimino che sostanzialmente coincide con quella dei carabinieri: la trattativa sarebbe iniziata dopo le stragi siciliane, alla fine di agosto. Senza contare le innumerevoli cronache giornalistiche che, negli anni, hanno trattato l’argomento. Insomma: pensavo di saperne qualcosa e mi ero anche formato qualche idea.
    Dopo le dichiarazioni di Ciancimino jr, specie dopo la sua testimonianza in Tribunale nei giorni 1, 2 e 8 febbraio 2010, non so più nulla. O quasi.

    Nelle ultime settimane ho riletto tutti i verbali del figlio di don Vito e ascoltato più volte attentamente le sue parole al processo Mori-Obinu: l’unica cosa che mi è chiara è che Massimo Ciancimino ha studiato male, talmente male da riuscire a contraddirsi persino sulle vicende di cui è stato protagonista diretto. Figurarsi su ciò che gli avrebbe raccontato il defunto don Vito.
    Complessivamente, il racconto del «testimone assistito» è verosimile. Verosimile non vuol dire vero, ma raccontato in maniera tale che possa sembrarlo. Specie se non si hanno elementi di paragone. Il fatto è che se si mettono a confronto le cose che Ciancimino racconta ai pm in due anni di collaborazione (già in parte contraddittorie, ma in qualche modo giustificabili) con quelle che racconta nell’aula del processo Mori-Obinu la sua attendibilità va a farsi friggere. Non perché dica cose false (non sono in condizione di saperlo), ma perché in più occasioni afferma cose radicalmente diverse rispetto a quelle dichiarate ai pm: nella migliore delle ipotesi, ha problemi di memoria. Problemi seri. So che un Tribunale, in relazione a determinati fatti palermitani degli anni Ottanta, lo ha ritenuto attendibile, ma so anche che quella patente di attendibilità non rende né vero né attendibile tutto ciò che dice Massimo Ciancimino.
    Faccio qualche esempio così risulta chiaro ciò che intendo.

    Dall’interrogatorio del 7 aprile 2008 davanti ai pm palermitani Nino Di Matteo (PM) e Antonio Ingroia (PM1):

    «CIANCIMINO: De Donno (…) L’ho incontrato subito dopo l’omicidio del dottor Giovanni FALCONE in una… sul volo Palermo – Roma. In quell’occasione siamo riusciti, parlando con la hostess, a farci assegnare un posto accanto… (…) …mi ricordo proprio il periodo, è stato una settimana dopo, 10 giorni dopo (la strage di Capaci, ndr). (…) l’incontro con DE DONNO è avvenuto circa 10 – 15 giorni dopo… (…)
    CIANCIMINO: Ci siamo messi accanto e lui mi ha detto: ma secondo lei… inizialmente mi chiese soltanto se…
    P.M.1: Volo Palermo – Roma, giusto?
    CIANCIMINO: Palermo – Roma… se mio padre avesse avuto mai intenzione di farsi una chiacchierata con lui. Il primo contatto tra me e DE DONNO dice: ma secondo me tuo papà mi ricever… sarebbe disposto a ricevere me e casomai qualche altro per farsi una chiacchierata? (…) non mi ricordo ovviamente se mi parlò di collega o superiore. Ho parlato con mio padre di questo, più di una volta… premesso, il dottor DE DONNOmi lasciò un recapito telefonico dove trovarlo ed era un numero di una utenza telefonica mobile.
    P.M.1: Quindi lei riferendo a suo padre…
    CIANCIMINO: Esatto, mio papà disse di chiamarlo, mi disse: vabbè chiamalo e chiedi al Capitano DE DONNO quale dovrebbe essere l’argomento della discussione. Chiamai il Capitano DE DONNO e mi ricordo che in quell’occasione lo incontrai a Palermo, ci incontrammo di fuori della Caserma quella diciamo che purtroppo ho conosciuto pure io, Caserma Carini, quella che c’è qua dietro al Politeama…»

    Al processo Mori-Obinu, l’1 febbraio 2010, l’incontro con De Donno non avviene più a Punta Raisi ma a Fiumicino, il volo è Roma-Palermo e il primo appuntamento con De Donno non è più a Palermo, vicino alla caserma Carini, ma a Roma, ai Parioli.

    Che la cosiddetta trattativa cominci con un incontro più o meno casuale in aeroporto, fine maggio-primi di giugno, è un fatto noto da 15 anni, raccontato dallo stesso De Donno, che lo ha sempre collocato sul Palermo-Roma, come il primo Ciancimino. Da dove salti fuori la seconda versione non è dato sapere: il pm Di Matteo non ha fatto nulla per indurlo a ricordare meglio; la difesa di Mori non glielo ha stranamente contestato.

    Durante l’interrogatorio del 20 novembre del 2009 (condotto da ben 6 pm di Palermo e Caltanissetta) a Ciancimino viene chiesto di spiegare il contenuto di un “pizzino” che lo stesso ha consegnato ai magistrati, una lettera dattiloscritta indirizzata da Provenzano a don Vito, ritirata personalmente da Massimo:

    «P.M.: Carissimo ingegnere, ho ricevuto la notizia che ha ritirato la ricetta dal caro dottore… ascolti bene, non…
    CIANCIMINO: Sì, sì.
    P.M.: credo che è il momento che tutti facciamo uno sforzo, come già ci eravamo parlati al nostro ultimo incontro, il nostro amico è molto pressato, speriamo che la risposta ci arrivi per tempo, se ci fosse il tempo per parlarne noi due insieme. Io so che è buona usanza in lei andare al Cimitero per il compleanno del padre suo, si ricorda, me ne parlò… me ne parlo lei, potremo vederrci con due erre… per rivolgere insieme una preghiera a Dio o come l’altra volta, per comodità sua, da nostro amico OMISSIS. Bisogna saperlo, perché a noi ci vuole tempo per organizzarci».

    Dunque: nel racconto di Massimo Ciancimino il «Carissimo ingegnere» è il padre, la «ricetta» è il papello, il «caro dottore» è Antonino Cinà (che avrebbe consegnato il papello a Massimo il 29 giugno 1992, giorno di S. Pietro – a Roma è festa e lui aveva programmato una gita a Panarea ma ha dovuto rinunciare); «la risposta» che aspettano «per tempo» sarebbe quella delle istituzioni alle richieste contenute nel papello; il «nostro amico» è Totò Riina, «molto pressato» da un soggetto esterno a Cosa Nostra («il grande architetto» lo chiama Ciancimino padre) che vuole continuare la strategia stragista; il «Cimitero» è quello dei Cappuccini, a Palermo; il «compleanno del padre suo» ricorreva il 12 luglio.
    Secondo il racconto che Ciancimino jr fa ai magistrati il 20 novembre – lo sintetizzo perché è lungo una decina di pagine –, il pizzino, in busta chiusa, gli sarebbe stato consegnato da persone vicine a Provenzano «alla fine di giugno del 1992» e da lui portato al padre, senza leggerlo; il contenuto gli sarebbe stato riferito successivamente dallo stesso don Vito. Massimo è certo del periodo perché ricorda che il «padre era venuto a Palermo per incontrare il Lo Verde», alias Provenzano, e che l’incontro «è avvenuto in una giornata di mercoledì (…) di fine giugno 1992».
    Al processo, il 2 febbraio, il ritiro della busta, spostato da «fine giugno» ai «primi di luglio» del ’92, avviene in seguito alla consegna a Provenzano, la mattina dello stesso giorno, di un’altra busta «proveniente da Roma» (da don Vito) di cui prima sostiene di non conoscere il contenuto ma, poco dopo, per spiegare in cosa consistesse lo «sforzo» da fare, cambia idea e dichiara che «mio padre mi dice che nella lettera che aveva mandato a Provenzano lamenta come queste situazioni, queste richieste del Riina erano inattuabili, quindi viene chiesto a mio padre di fare quell’ulteriore sforzo che viene identificato da mio padre, me lo dice lui, in quella specie di contropapello: cercare dei punti di convergenza per andare avanti nella trattativa, in quanto lo stesso mio padre aveva definito non attuabile il tutto».
    Nell’analisi del passaggio successivo la divaricazione con le dichiarazioni rese ai pm di Palermo e Caltanissetta si fa evidente, ché quando c’è da interpretare la speranza «che la risposta ci arrivi per tempo se ci fosse il tempo di parlarne noi due insieme», succede il patatrac:

    Pm Ingroia: «A che risposta si riferisce Provenzano?»
    Ciancimino: «Alla possibilità di avanzare il contropapello di mio padre come condizione su cui continuare questa trattativa».
    Ingroia: «Non ho capito. La risposta di chi a chi. Provenzano di quale risposta parla?»
    Ciancimino: «La risposta di mio padre. Mio padre doveva fornire un tipo di documentazione su cui aprire questa eventuale altra possibilità di trattare con questi soggetti e sollecita un incontro a tal proposito fra i due che poi di fatto avviene».
    Ingroia: «Cioè una risposta che doveva dare suo padre?»
    Ciancimino: «In merito a quella che era la sottoposizione di questo elenco di…»
    Siccome la cosa sembra volgere al peggio, il pm Ingroia, come si dice dalle mie parti,  c’a cala cca cucchiaredda, cioè lo imbocca:
    Ingroia: «Sebbene sia un italiano approssimativo, però la frase dice: “speriamo che la risposta CI arrivi per tempo”, cioè “ci” significa “a noi”, “noi” sono i due interlocutori del colloquio, cioè Provenzano e Ciancimino. Quindi, dalla lettura di questa frase, sembra che ci sia una terza persona, diversa da Provenzano e Ciancimino…»
    Ciancimino: «Sono i carabinieri, ovviamente».
    Ingroia: «Non lo so».
    Ciancimino: «Sono i carabinieri e il signor Franco che devono…»
    Ingroia: «Non lo so… Una persona diversa deve dare una risposta».
    Ciancimino: «…una risposta ad andare avanti in un minimo di trattativa».
    La strategia ha funzionato e, dunque, il pm Ingroia continua: «Questo bigliettino consegnato a suo padre è successivo alla consegna del cosiddetto papello?»
    Ciancimino: «Si. Il papello è stato ritirato, la ricetta…».
    Ingroia: «E quindi, la domanda è… Presidente, richiamo la sua attenzione per evitare che poi mi si dica che faccio domande suggestive, quindi valuterà lei se è tale. La domanda è: la risposta contenuta nel pizzino è la risposta che ci si aspettava dal papello che era stato inoltrato?»
    Ciancimino: «Sì, la risposta in merito se c’erano margini di discussioni in merito al papello, ché Provenzano non aveva accesso diretto coi carabinieri, ché mio padre…»
    Ingroia: «Benissimo. E allora: quando Provenzano dice a Ciancimino “la risposta ci arrivi per tempo”, “per tempo” rispetto a cosa o a quale eventuale evento si riferisce Provenzano in questo pizzino?»
    Ciancimino: «Eventuale…»
    Non lo lascia finire e lo incalza: Ingroia: «C’è un riferimento alla pressione cui era sottoposto Riina?»
    Ciancimino: «Sì, il riferimento è chiaro. Mi dice mio padre “Ci arrivi per tempo” perché Riina aveva indicato uno spazio temporale entro il quale si doveva rispondere o sì o no a quelle che erano le sue richieste avanzate in quel documento perché sennò sarebbe dovuto andare avanti in quello che era il suo piano iniziale, di proseguire con le stragi».
    Potrebbe fermarsi qui, Ingroia, ché la situazione l’ha recuperata brillantemente, ma non gli basta, vuole chiudere il cerchio e rendere plausibili le prime strampalate risposte di Ciancimino.
    Ingroia: «E questo perché – lo ha già detto nella prima parte dell’esame condotto dal collega – Provenzano era andato da Riina per cercare di convincerlo a frenare, ad abbassare le richieste, no?»
    Ciancimino: «Sì. Analizzare una controproposta che avrebbe avanzato mio padre, che di fatto non si distaccava molto da quelle che erano le sue 12 richieste ma le rendeva presentabili a quelli che dovevano essere i possibili interlocutori».

    Un capolavoro, quello di Ingroia: riesce a recuperare una situazione disperata inserendo nell’ultima domanda un elemento di cui non ho trovato traccia nella prima parte dell’esame condotto dal pm Di Matteo (spero che altri la trovino e mi smentiscano): se non sono diventato sordo selettivo, Ciancimino non aveva mai detto (nemmeno negli interrogatori depositati dai ai pubblici ministeri di Palermo e Caltanissetta) che dopo la consegna del papello «Provenzano era andato da Riina per cercare di convincerlo a frenare, ad abbassare le richieste». Ritengo che quello del pm sia un errore riconducibile all’estenuante lunghezza e alla complessità degli interrogatori. Solo in due occasioni, le risposte di Ciancimino alle domande dei pm si erano vagamente avvicinate a quella affermazione: nell’interrogatorio del 19 ottobre 2009, il figlio di don Vito aveva riferito che, dopo avere ricevuto il papello, il padre aveva insistito con Provenzano e con il signor Franco per cercare una mediazione e Provenzano gli aveva risposto che «se si fosse presentato qualcosa di attuabile lui si sarebbe adoperato» per convincere Riina ad accettare; mentre il successivo 20 novembre, commentando il pizzino della “ricetta”, al pm che gli chiedeva se sapesse se Provenzano avesse già parlato del papello con suo padre e con Riina, Ciancimino aveva risposto: «Con tutti e due, io credo che mio padre… cioè io credo… mio padre mi dice che è Provenzanoche deve convincere Riina a discutere e a capire… perché mio padre non parla con Riina».
    Nemmeno stavolta la difesa del generale Mori si avvede dell’errore. Anche per loro, vale la stessa attenuante di Ingroia. D’altronde, non se ne sono accorti nemmeno i giudici.
    È decisamente più facile starsene seduto davanti a un computer e scovare questi dettagli avendo quasi due mesi a disposizione, con verbali da leggere e rileggere fino allo sfinimento e file mp3 da ascoltare e riascoltare a piacimento.
    Al di là di chi se n’è accorto e chi no, a prescindere dal possibile errore commesso da Ingroia, risulta evidente come Ciancimino non ricordi assolutamente l’originaria interpretazione da lui data di quel pizzino. E siccome ciò che sa glielo ha detto suo padre, in assenza di don Vito e di qualsivoglia elemento di riscontro, non possiamo sapere ciò che il padre gli ha detto.
    Visto che ci siamo, voglio precisare che dell’inversione della rotta aerea e del cambio di città del primo incontro fra Massimo Ciancimino e De Donno mi sono accorto al primo ascolto, ché la mia memoria non è ancora da buttare. È plausibile che i giudici non abbiano rilevato la discrepanza, ché non sono tenuti a conoscere tutti i verbali di Ciancimino; è sorprendente che non se ne siano accorti Mori e i suoi legali; ritengo che il pm De Matteo, che conduceva l’esame, se ne sia accorto e abbia sorvolato.

    I due episodi narrati non intendono sindacare la buona fede di Massimo Ciancimino e la genuinità della sua collaborazione con la giustizia, ma – lo ribadisco – rilevano come la sua memoria sia un colabrodo e, dunque, la sua attendibilità prossima allo zero.

    C’è da precisare come in due anni di interrogatori – quantomeno in quelli pubblici – Ciancimino non avesse mai riferito ai magistrati che «Riina aveva indicato uno spazio temporale entro il quale si doveva rispondere o sì o no a quelle che erano le sue richieste». Ma, di fronte a tale novità, non gli viene chiesto a quanto ammontasse tale «spazio temporale», sebbene i tempi, le date in questa vicenda siano importanti tanto quanto i contenuti (a prescindere dalle numerose contraddizioni) della narrazione.  Un particolare, questo dello «spazio temporale» tutt’altro che secondario: l’assunto di tutta questa storia è che la trattativa avrebbe convinto Totò Riina che «lo stragismo paga» e, di conseguenza, avrebbe accelerato l’attuazione della strage di via D’Amelio. In tale contesto, dunque, sapere se lo «spazio temporale» si fosse o meno esaurito ci consentirebbe di sapere se l’assunto è reale oppure se la strage di via D’Amelio è avvenuta dopo la fine dello «spazio temporale» e, quindi, la trattativa non avrebbe accelerato un bel niente ma, al contrario, avrebbe attenuato le «pressioni» esterne procrastinando l’attuazione della strage. Di conseguenza, la trattativa non potrebbe rientrare manco di striscio fra i possibili moventi dell’eliminazione del procuratore Paolo Borsellino.

    Una ulteriore precisazione: il signor Franco, detto anche signor Carlo, secondo il racconto di Massimo Ciancimino sarebbe un personaggio delle istituzioni, legato ad ambienti dei servizi segreti, tuttora non identificato. Di lui sappiamo che è in relazione con don Vito fin dal tempo in cui il ministro dell’Interno era Restivo (1968-1972) e che nella trattativa è consigliere dell’ex sindaco fin dal primissimo momento. Anzi: don Vito accetta di incontrare i carabinieri solo dopo che Provenzano e il signor Franco gli hanno consigliato di farlo. È il signor Franco, secondo Ciancimino jr, a rivelare a don Vito che dietro i carabinieri c’erano «il ministro Rognoni e il ministro Mancino».

    Vediamole, dunque, queste date, così come emergono dalle dichiarazioni dibattimentali.

    Il 27-29 giugno del 1992 Massimo riceve la busta contenente il papello dal dottor Cinà, a Palermo, «e la porto subito a mio padre a Roma». Dopo la consegna, il padre lo esorta a telefonare a De Donno per fissare un appuntamento con lui e Mori e, dopo, di fare lo stesso col signor Franco. Inoltre, il padre «informa subito Provenzano» delle richieste «inaccettabili e impresentabili» fattegli recapitare da Riina «e viene invitato a cercare punti di mediazione», a elaborare una proposta «credibile e presentabile». Non è chiaro quando avvengano gli incontri coi carabinieri e col signor Franco, né cosa intenda Ciancimino quando dice che suo padre informa «subito» Provenzano. Non facciamo ipotesi e facciamo finta che lui, in precedenza, su questa punto non abbia detto nulla (ché in realtà ha cambiato versione svariate volte) e, dunque, nulla sappiamo.
    Tra la fine di giugno e i primi di luglio Massimo è di nuovo a Palermo per consegnare una busta con un messaggio del padre a Provenzano e, nel pomeriggio dello stesso giorno, ritira da emissari del boss latitante una busta contenente il pizzino in cui si parla della «ricetta». Di tale collocazione temporale Ciancimino, nell’interrogatorio del 20 novembre 2009, si dichiara certo perché ricorda che il «padre era venuto a Palermo per incontrare il Lo Verde», alias Provenzano, e che l’incontro «è avvenuto in una giornata di mercoledì di fine giugno 1992». Il 30 giugno era martedì, dunque il padre e Provenzano si sarebbero visti il 24 giugno (ultimo mercoledì del mese) o il primo luglio. Se l’incontro fosse avvenuto il primo luglio non avrebbe senso che contestualmente i due usassero Massimo come postino per scambiarsi pizzini in cui si parla di «ricetta» – ne avrebbero discusso di persona –, collochiamo perciò l’appuntamento alla data del 24 giugno. Ma non è importante, ché nel processo tale dettaglio non è entrato.
    L’altra data certa è quella del 12 luglio, compleanno del defunto padre di don Vito e occasione (vedi pizzino) per incontrare Provenzano e parlare di papelli e contropapelli. Sempre il 12 luglio, inoltre, don Vito incontra nella sua casa dell’Addaura il signor Franco e gli mostra il papello (o gli viene restituito, avendoglielo egli dato in precedenza). Alla fine dell’incontro, don Vito conserva il foglio nella tasca della giacca e commenta che Riina è «il solito testa di minchia» e che le sue richieste sono «inaccettabili e irricevibili». Massimo ha assistito alla scena e ha sentito con le proprie orecchie il padre pronunciare quelle parole, quindi non c’è da dubitare che ciò sia avvenuto.
    Non sappiamo quanto tempo abbia concesso Riina, ma sappiamo che due settimane dopo la consegna del papello Vito Ciancimino incontra, nel corso della stessa giornata, Provenzano e il signor Franco: col primo parla del contropapello; col secondo del papello e s’inalbera per il contenuto. Sappiamo anche che, stando all’interpretazione dibattimentale del testo del pizzino, ai «primi di luglio» Provenzano e don Vito erano in attesa della «risposta» dei carabinieri e del signor Franco. Non è chiaro come mai, se all’inizio del mese aspettavano la risposta dell’uomo dei Servizi, il 12 luglio li troviamo a Mondello ancora col papello in mano. Anche perché – altra cosa che sappiamo – Provenzano aveva cortesemente pregato don Vito di fare un piccolo sforzo e di elaborare un «contropapello» che «non si distaccava molto dalle richieste di Riina, ma le rendeva accettabili». Dunque, alla data del 12 luglio abbiamo don Vito che parla ancora di papello col signor Franco e di contropapello con Provenzano; non sappiamo se è arrivata la risposta dei carabinieri e dei loro politici di riferimento. Intanto Riina aspetta una qualche risposta, mentre «il grande architetto» continua a esercitare pressioni su di lui, «riempiendogli la testa di minchiate» per fargli continuare la strategia stragista.
    Per inciso: che il papello sia stato consegnato ai carabinieri lo sappiamo anche dal fatto che agli atti del processo, fra i documenti depositati, provenienti dall’archivio dell’ex sindaco e consegnati dal figlio ai magistrati di Palermo, c’è una fotocopia delle 12 richieste di Riina in cui c’è scritto – dalla mano di don Vito, ha giurato Massimo – che è stato «consegnato spontaneamente al colonnello dei carabinieri Mario Mori del Ros». La scritta è stata vergata su un post-it e incollato al papello, ma siccome agli atti del dibattimento c’è una fotocopia bisogna specificarlo.

    Domande.
    Se Vito Ciancimino considerava le 12 richieste contenute nel papello «irricevibili e impresentabili» e si è dato così tanto da fare per convincere Provenzano e il signor Franco a dargli il tempo di elaborare un «contropapello», perché ha consegnato a Mori il foglio ricevuto da Riina tramite Cinà?
    Lo ha forse fatto all’insaputa di Provenzano e del signor Franco?
    Se a Mori è stato consegnato il papello con le proposte «irricevibili e impresentabili», a cosa serviva il «contropapello» di don Vito che «non si distaccava molto dalle richieste di Riina, ma le rendeva accettabili»?
    Non sarebbe stato più sensato attendere la definizione delle richieste da includere nel «contropapello» e consegnare quest’ultimo ai carabinieri?
    È mai possibile che né Ciancimino, né il signor Franco, né Provenzano abbiano pensato a tale eventualità?
    E se qualcuno di loro ci ha pensato, lo ha esternato agli altri?
    E se lo ha fatto, come mai la proposta è stata bocciata?

    In chiusura, diamo una sbirciata alle presunte proposte «accettabili» (anch’esse agli atti del processo): fra l’altro, don Vito aveva sostituito l’assurda pretesa di revocare il 41 bis (il carcere duro per i mafiosi) con la più sensata richiesta di abolire il 416 bis (il reato di associazione mafiosa); mentre al posto dell’improponibile soppressione della tassa sui carburanti, in modo che i siciliani potessero spendere quanto quelli della Val d’Aosta, era stato introdotta la più ragionevole pretesa di abolizione del monopolio di Stato sui tabacchi, per le felicità di tutte le organizzazioni criminali – Cosa Nostra inclusa – che da circa mezzo secolo prosperavano sul traffico illegale di tabacchi possibile grazie all’esistenza del monopolio.
    Ignoro cosa pensassero il signor Franco e il ragionier Lo Verde (alias Provenzano) di cotanto geniale «contropapello», ma non dispero che prima o poi possa saltare fuori qualche pizzino a colmare la mia lacuna.

    estratto dal blog "Il vizio della memoria":
    http://ilviziodellamemoria.splinder.com/post/22453125/Perch%C3%A9+considero+inattendibil

     
    • anonimo 13:57 on 6 April 2010 Permalink | Rispondi

      Perche' assomiglia a Bugs Bunny?Maury

    • Sympatros 22:55 on 10 April 2010 Permalink | Rispondi

      E' da tempo che non seguo il Segugio, come vanno le cose… i vari scoop hanno inciso nelle tormentate vicende…. intervista Borsellino…. processo dell'Utri… processo Mori? Hanno avuto il meritato successo? Sono state prese in considerazione dalla difesa di Mori e Dell'Utri? Certo se non l'hanno fatto sono dei veri tonti… ma come si può..come si può…. una difesa geniale servita su un piatto d'argento? Insomma come stanno le cose, ragguagliatemi!Una lettura di Segugio al mese e non al giorno leva il medico di torno!Ciao, Enrix, hai finito di scoopare?

    • anonimo 15:10 on 11 April 2010 Permalink | Rispondi

      Oltre a un'intervista di Facci a Ciuro oggi in prima pagina su Libero, segnalo un servizio del Giornale nelle pagine interne sull'articolo di Paradisi di Liberoreporter dello scorso bimestre.Cordialita'Luigi

    • anonimo 09:43 on 12 April 2010 Permalink | Rispondi

    • anonimo 02:16 on 11 May 2010 Permalink | Rispondi

      Egr. Enrix,mi perdoni il mezzo OT, ma volevo segnalarti il passaparola di oggi, a mio modesto parere è imperdibile.Ormai ha troppo da fare (promozione=vendere) e prende per oro colato le mirabolanti inchieste di Bolzoni, sì quello delle 3 cassaforti :D SalutiRenzo C

    • anonimo 15:43 on 20 May 2010 Permalink | Rispondi

      non postate più news??

    • anonimo 21:46 on 18 June 2010 Permalink | Rispondi

      complimenti!!!! non ti fermare. so che hai ragione perche'vivo il contesto in"prossimita'" . avrai successo perche' ti muovi con logica ed onesta'.ad maiora!!!   Drago

    • enrix007 00:28 on 19 June 2010 Permalink | Rispondi

      Grazie, Drago.

  • Avatar di enrix

    enrix 16:14 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi
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    NUOVO CINEMA CIANCIMINO 

    Nuovo cinema Ciancimino

    Non solo la fantomatica trattativa tra Stato e mafia, il figlio di don Vito dice la sua anche su Ustica, Gladio e caso Moro. Ecco il diario del nuovo vate d’Italia

    di Chiara Rizzo

    Il titolo è prosopopeico: Nel nome del padre. Il sottotitolo non da meno: “Sono ventitrè gli interrogatori di Massimo Ciancimino, il figlio di don Vito. E una valanga i pizzini che riscrivono la storia dei misteri d’Italia, da Gladio alle stragi del ’92, sino ai politici di oggi. Citati con nome e cognome. Eccoli”. Massimo Ciancimino detto Junior, il figlio del sindaco mafioso di Palermo Vito, il testimone chiave al processo di Palermo contro il generale Mario Mori per la mancata cattura del boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, oggi è diventato il vate dei misteri d’Italia. Non bastavano la riduzione della condanna per riciclaggio e la ribalta televisiva.
    Nel nome del padre è già alla seconda edizione. La prima, tremila copie, è andata esaurita in una sola settimana. Il libro è pubblicato dall’editrice siciliana Novantacento, che edita anche un mensile di cronaca che ha tra i suoi collaboratori fissi il sostituto procuratore Antonio Ingroia, titolare dell’accusa al processo Mori. Il coordinatore editoriale della rivista Claudio Reale spiega a Tempi che la pubblicazione dei verbali di Ciancimino è stata possibile perché gli atti non sono stati segretati. Purtroppo per Junior, verrebbe da aggiungere. Più che una raccolta di verbali, è un divertissement da spiaggia, non fosse che le deposizioni di Junior infiammano da mesi la pletora di cronisti giustizieri e infangano il lavoro di due ufficiali che hanno combattuto la mafia rischiando la vita.
    Secondo Massimo Ciancimino, infatti, il padre don Vito fu contattato nel 1992 da Mori e dall’allora capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno per intavolare una trattativa con Totò Riina e indurlo alla resa. Ma papà Ciancimino sarebbe stato protagonista anche di una seconda trattativa, con i carabinieri da una parte e Provenzano dall’altra, finalizzata alla cattura di Riina, in cambio dell’immunità a Provenzano. Le parole di Massimo smentiscono lo stesso don Vito, che ha sempre raccontato di aver tentato una collaborazione con Mori e De Donno per arrivare alla cattura di Riina, sì, ma di non esservi riuscito. Non vi fu, secondo don Vito, alcuna trattativa: si era tentato di far arrendere Riina, ma le richieste presentate da questi non vennero mai prese in considerazione da Mori che voleva la resa immediata o la cattura; inoltre successivi tentativi di don Vito di collaborare alla cattura di Riina si bloccarono col suo arresto. Poi arriva Massimo e riscrive la storia con i fuochi d’artificio. Il 6 giugno 2008, Massimo rivela ai pubblici ministeri Ingroia, Di Matteo e Gozzo il vero motivo per cui sarebbe finita la latitanza record (43 anni) di Bernardo Provenzano. Racconta che il boss, ricercato dalle polizie di mezzo mondo, visitava regolarmente don Vito, mentre questi era agli arresti domiciliari nella sua casa romana nei pressi di piazza di Spagna a Roma. I pm palermitani per poco non cadono dalle sedie: «Ah, lei lo ha visto… lei disse a suo padre “ma come questo super latitante viene a casa di uno agli arresti domiciliari”?». Risponde Massimo: «Secondo mio padre doveva essere un accordo a monte che garantiva il tutto, perché mio padre mi disse: “Non ti scordare che nel momento in cui vorrà, si consegnerà lui”». Junior si sente incoraggiato e prosegue: «Mio padre mi disse poi una frase che era importante: “Perché un uomo quando non riesce ad andare al bagno… non ha più senso niente”. Era quello che capitava a mio padre, perché non era autonomo. Mio padre, come Provenzano, aveva avuto problemi di prostata e avevano parlato di queste cose, che la vita quando non hai questo tipo di autonomia…». Dunque Binnu, la primula rossa di Cosa Nostra, non finì in galera per la bravura delle forze dell’ordine. No, fu solo questione di pipì.
    La scena madre di Junior, invece, ha al centro il fantomatico papello. Ai pm Massimo lo indica come la prova regina della trattativa Stato-mafia, ma per mesi rinvia la consegna, sostenendo che si trova in un caveau all’estero. Stremati dal tira e molla durato più di un anno, il 23 gennaio 2009 i pm Di Matteo e Ingroia, alla presenza del procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, mettono Junior alle strette. Ingroia: «Noi riteniamo che lei oggi debba indicarci quanto meno il paese, la banca, dove si trova questa cassetta di sicurezza, noi attiveremo tutte le rogatorie…». Nell’austero ufficio della procura accade l’imprevedibile: “Ciancimino singhiozza” riporta il brogliaccio dell’interrogatorio. L’avvocato di Junior, stralunato, interviene: «Perché piangi?». Ingroia incalza: «Se c’è necessità di fare una selezione di documenti privati che non hanno rilievo investigativo, avrà la possibilità di non consegnare queste cose però noi la preghiamo, la invitiamo caldamente, oggi di concludere l’interrogatorio dandoci queste indicazioni…». L’avvocato di Ciancimino: «Scusa ma perché piangi?». E Junior, tra le lacrime: «No, non ve lo indico». Ingroia: «Non ce lo indica…». Junior riprende: «Vi avevo chiesto un minimo di segnali da dire: ne vale la pena…». Passerano altri nove mesi prima che in procura vedano il famoso papello. Veniamo infine alla benedetta trattativa, cuore pulsante delle dichiarazioni di Junior. Massimo ne parla fin dal 7 aprile 2008. Però le versioni che riporta, con il tempo, si arricchiscono di nuovi particolari. All’inizio si limita ad anticipare le date degli incontri tra il padre e i carabinieri al giugno del 1992. Assicura che don Vito si fida di loro. Sostiene che il padre tenta di collaborare con i carabinieri per fare catturare Riina e contatta Provenzano per scoprire dove si nasconda. «Sembra fantapolitica» dice Junior ai pm il 7 aprile 2008. Parole sante. Nelle puntate successive degli interrogatori la vicenda si complica.

    «Un nome l’aveva, mi creda»
    Nel racconto appare anche un misterioso agente dei servizi segreti, che per anni sarebbe stato in contatto con don Vito e che nella trattativa avrebbe detto al sindaco che dietro i carabinieri c’erano due politici, gli allora ministri Nicola Mancino e Virginio Rognoni: «Non lo so se si chiamava Carlo, Franco… un nome l’aveva, mi creda» dice Junior. Davanti al racconto i dubbi non mancano. Ad esempio: dal negoziato Provenzano avrebbe guadagnato l’incolumità, ma cosa ci guadagnava don Vito? Arrestato, rimasto in carcere fino al 1999 e ai domiciliari fino alla morte, Ciancimino senior ha sempre sostenuto la versione di Mori. «Era una versione di comodo» dice Junior, e cerca di tappare le falle della ricostruzione con suggestioni di peso: «Mio padre pensava di essere stato scavalcato nella trattativa. Da Dell’Utri». Insomma. Alla fine nella ricostruzione di Massimo ci sono almeno tre trattative. Una tra i carabinieri, don Vito e Riina. Un’altra tra i carabinieri, il signor Franco, Rognoni e Mancino, don Vito e Provenzano. Un’ultima tra Dell’Utri e Provenzano e non si sa più chi altro. Dopo tutto questo, la domanda sorge spontanea anche nei pm. Chiede Ingroia il 12 dicembre 2008: «Ma allora, se c’era bisogno delle garanzie del signor Franco, che bisogno c’era di fare la trattativa tramite Mori e De Donno, perché suo padre non la faceva direttamente col signor Franco?». Junior ci pensa su: «Perché il signor Franco non l’aveva mai proposto a mio padre… non si è mai fatto portatore dell’arresto di Provenzano e Riina… Lui per mio padre era un trait d’union…». Ma con chi e perché ancora non si è capito. Arrivederci alla prossima puntata di questa tragicommedia.

    Estratto dalla rivista "Tempi"  -  LINK

     
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    enrix 12:54 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi
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    Ecco perchè Travaglio fa quello che si incazza 

    Ecco perchè Travaglio fa quello che si incazza e se ne va, quando in diretta TV gli si tira in ballo Ciuro.


    travaglio incazzato

    Dopo la rissa avvenuta due settimane fa nello studio di Annozero con i giornalisti Porro e Belpietro, Marco Travaglio è agitatissimo, e sta riversando fiumi d’inchiostro in merito alle sue frequentazioni sicule del 2002-2003. E questo inchiostro lo sta impiegando soprattutto per richiamare l’attenzione sulle sue spese di soggiorno nell’hotel e nel residence consigliatigli dal suo amico Pippo Ciuro, nonostante nessuno, né Giuseppe D’Avanzo né altri, abbia mai scritto di credere che Travaglio si sia fatto pagare la vacanza dal mafioso Michele Aiello, e tanto meno che possa averlo fatto cosciente dei veri ruoli del boss della sanità sicula e del suo informatore Pippo Ciuro. Lo stesso Filippo Facci, acerrimo antagonista di Travaglio, ebbe a scrivere: “Io sinceramente penso che D’Avanzo abbia rilanciato un’immensa cazzata: Travaglio secondo me non sospettava minimamente che Pippo Ciuro fosse una talpa, se non una talpa a disposizione di giornalisti tipo lui. Ho conosciuto Travaglio quanto basta per escludere ogni ambiguità a riguardo.”

    Quindi, ad affermare che Aiello ha pagato la vacanza a Travaglio, è stato solo e soltanto Aiello stesso, un uomo condannato per mafia senza tanti sconti.
    Un abituale delinquente dal colletto bianco.

    Perciò  noi, in mancanza di altri riscontri, non gli crediamo e non gli abbiamo mai creduto.

    Mica noi siamo come Travaglio, che prende come oro colato, riportandola, come fosse il verbo, nei suoi articoli, la parola del portapizzini (per sua stessa ammissione) di Provenzano, Massimo Ciancimino, quando ad es. racconta ai PM di Palermo di avere reso disponibili, durante una perquisizione del febbraio 2005, le chiavi della sua cassaforte  e che i carabinieri non le avrebbero utilizzate.

    Ciancimino Junior  infatti (si veda anche il nostro precedente articolo “Quando Fracchia cita Fantozzi”), nel corso di un interrogatorio dinnanzi ai PM Ingroia, Di Matteo e Scarpinato,  ha raccontato che, in merito ad una perquisizione effettuata dai carabinieri nel febbraio 2005 nel suo appartamento di Palermo, ove sarebbe stata presente una cassaforte a muro, (perquisizione avvenuta mentre egli si trovava a Parigi), gli era stato detto che la cassaforte, i carabinieri, “non l’avevano vista”.

    Poi ha rettificato: il suo impiegato Vittorio, presente alla perquisizione, ha detto che la cassaforte “ l’hanno vista” e che lui gli ha pure detto dov’erano le chiavi, perché Ciancimino al telefono gli aveva detto di dargliele, se le volevano, ma la cassaforte non è stata aperta lo stesso.

    Poi ha rettificato: al telefono non era con Vittorio, ma con suo fratello. Ed era stato suo fratello a chiamarlo per avvisarlo della perquisizione (e vedremo poi se Travaglio riporterà la stessa cosa).

    Poi ha rettificato: della cassaforte non ha parlato con suo fratello, ma con il maresciallo dei carabinieri che conduceva la perquisizione, a cui ha chiesto “se hanno bisogno di chiavi di cassaforte e robe varie”.

    Poi ha rettificato: non è sicuro di averne parlato  col maresciallo, della cassaforte, (col maresciallo aveva invece parlato delle chiavi dell’appartamento di Roma), ma è sicuro di averne parlato con Vittorio, il suo impiegato, e di avergli detto che se i carabinieri volevano le chiavi, queste stavano sotto una camicia.

    Poi, ai PM che gli chiedevano di confermare, viste le varie versioni scaturite nel corso della deposizione, se della cassaforte con Vittorio avesse parlato o meno, col suo telefonino da Parigi, mentre la perquisizione era in corso, Ciancimino ha risposto che Vittorio attualmente lavora a Capri su una barca. (e chissenefrega).

    Poi, incalzato, chiarisce: dice che la perquisizione è stata gestita da suo fratello, che era presente. Il quale afferma che i carabinieri “non gli hanno chiesto di casseforti, niente”. Né è sicuro che suo fratello gli abbia detto che i carabinieri avessero visto una cassaforte.

    Poi, essendo comprensibile, per un magistrato, perdere ad un certo punto la pazienza, dopo un eloquente “omissis”, Ciancimino Junior  ha rettificato nuovamente:  della cassaforte ne ha parlato con Vittorio al telefonino, ma soltanto “all’esito della perquisizione”, cioè quando i carabinieri se n’erano già andati, e col suo impiegato ha rilevato soltanto che i carabinieri erano stati “gentili” e “signorili” a non occuparsi della cassaforte. Ma niente offerta di chiavi custodite sotto una camicia, dunque.

    Da questo minuetto di versioni a catena, l’una in contrasto  con l’altra, l’enigmista Marcus Rebus Travaglius, riesce a distillare una versione concentrata, da vendere, naturalmente come verità acclarata, ai suoi fedeli lettori:  un collaboratore di Ciancimino che assiste alla perquisizione, chiama Massimo Ciancimino che in quel momento  era all’estero “ci sono i Carabinieri che perquisiscono” Ciancimino gli dice: se vogliono accedere alla cassaforte gli diamo le istruzioni necessarie per aprirla, neanche a dirglielo questi reagiscono, “non aprite quella cassaforte”, questo è il titolo del film.”

    E nota bene che Travaglio, dalle variopinte dichiarazioni di Ciancimino, riesce a desumere questa certezza,  nonostante non vi siano agli atti riscontri oggettivi, a conferma delle parole di Ciancimino, neppure a riprova del fatto che una cassaforte fosse effettivamente presente, nei muri di quell’appartamento, nel febbraio 2005.

    Ma noi non siamo come lui, noi no. A noi non basta la parola di gente come Aiello o Ciancimino per credere e riportare fatti quanto meno improbabili, senza, perlomeno, invocare il beneficio d’inventario.

    E pertanto abbiamo sempre scritto, così come tutti coloro che hanno commentato quei fatti, Giuseppe D’Avanzo e Filippo Facci compresi, che era del tutto improbabile che Aiello avesse davvero pagato la vacanza a Travaglio, così come riteniamo ancora più improbabile che i carabinieri durante una perquisizione abbiano potuto rigettare la proposta di controllare l’interno di una cassaforte.

    Ciònonostante, Travaglio  ha sempre affermato il contrario, sostenendo che esistono fior di detrattori convinti della sua malafede: “diversi topi di fogna berlusconiani, su giornali, siti internet, blog e in dichiarazioni pubbliche alle agenzie di stampa, hanno continuato per un anno a insinuare o ad affermare che io mi sia fatto pagare le ferie da altri, addirittura da “mafiosi” e che, dunque, io non possa avere le prove di aver pagato.

    Dopodichè, seguono fotocopie di assegni, estratti conto, ecc…ecc…

    Seguono e riseguono, perché il 22 febbraio scorso Travaglio ha ripubblicato sul suo blog tutta la collezione.

    Ma si tratta di una gigantesca “excusatio non petita”, come già ebbe a scrivere Filippo Facci in un suo articolo di qualche mese fa: “Il punto è che Travaglio ha fatto di tutto, di lì in poi, per veicolare la discussione su questa faccenda del pagamento della vacanza – industriandosi su assegni e matrici e cazzate da magistrato che non è, e vorrebbe essere – anziché concentrarsi sul dato pacifico che riguarda le frequentazioni sue e di Ingroia.

    E, come si vede bene, continua a fare di tutto ancora oggi.

    Ma la verità, la vera ragione per cui non si può discutere di Pippo Ciuro con Travaglio, né in televisione, né da alcuna altra parte, senza provocare la censura isterica del giornalista torinese, e quindi i suoi svicolamenti sulla storia del pagamento delle vacanze, è ben altra.

    Marco Travaglio infatti, è oggi uno dei tanti narratori della Ciancimiade, anzi , fra tutti quanti si trova proprio in prima linea, essendo, come è noto, una specie di portavoce del procuratore Ingroia.

    E fra i versetti travaglieschi della Ciancimiade, ci sono ad esempio questi:

    ““…la trattativa che i Carabinieri cominciano nel 1992, dopo la strage di Capaci, secondo Ciancimino è poi proseguita con l’arresto di suo padre e poi con l’arresto di Riina, Provenzano ha continuato a trattare con altri soggetti che non erano più soltanto i Carabinieri. Carabinieri che peraltro secondo l’accusa, quelli del Ros, quelli di cui stiamo parlando, CONTINUARONO A GARANTIRGLI MASSIMA LIBERTÀ DI MOVIMENTO: Provenzano andava, veniva, si spostava, andava a Palermo, a Roma e la certezza che nessuno l’avrebbe mai acchiappato,…

    Ed ecco dove sta la rogna. La rogna sta nel fatto che proprio la vicenda di Pippo Ciuro e delle talpe in procura,  smentisce  tale tesi di Ciancimino e Travaglio, e lo fa svergognando lo stesso Travaglio.

    Già, perché Ciuro, Riolo e Cuffaro, sono stati arrestati e condannati  per avere informato il prestanome di Provenzano Ing. Aiello, e quindi per interposta persona lo stesso Provenzano, proprio delle attività d’indagine che il ROS stava portando avanti per arrivare ad acciuffare il boss latitante. E ad incastrarli con le intercettazioni, è stato proprio il ROS.

    Per la verità c’era sì un uomo del ROS che aiutava, complice di Ciuro,  il clan di Provenzano con le sue soffiate, il maresciallo Riolo. Ma il suo agire non ha nulla a che fare con alcuna trattativa fra stato e mafia: era semplicemente un traditore prezzolato, ed è stato smascherato e consegnato alla giustizia, insieme a Ciuro e a Cuffaro,  dagli uomini del suo stesso reparto: il ROS.

    I dettagli sono noti (ma non certamente grazie a Travaglio, ma bensì grazie al Documentario “Doppio Gioco” trasmesso da RAITRE e di cui QUI ho realizzato la trascrizione integrale); vediamoli brevemente.

    Nella primavera del 2001 gli uomini del ROS piazzano microspie e telecamere nella casa del Dott. Guttadauro, aiuto-primario all’ospedale civico, nonché reggente della famiglia mafiosa di Brancaccio.

    Guttadauro è il cognato di Matteo Messina Denaro (attuale n°1 di Cosa Nostra, latitante), nonché l’intermediario che si occupa, per conto di Bernardo Provenzano, delle vendite di immobili di famiglia: ”Mi fanno sapere – scrisse Guttadauro a Provenzano in un pizzino rinvenuto nel covo del padrino l’11 aprile del 2006 – che servono le chiavi per potere far sì che un probabile acquirente possa visitarla…”.

    Sorvegliare Guttadauro con le cimici, può dunque essere una mossa importante per arrivare sia a Denaro che a Provenzano.

    Ma, alla fine del mese di giugno, il boss Guttadauro bonifica l’appartamento, e scopre la microspia dei ROS.

    Fra coloro che hanno messo in allarme il mafioso, ci sono senz’altro Mimmo Miceli, pupillo dell’Udc del leader indiscusso Totò Cuffaro, destinato a diventare assessore alla Sanità della giunta comunale di Diego Cammarata, e Salvatore Aragona, alle spalle una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, un presente da imprenditore con la passione della politica, intercettato dalle cimici nell’appartamento di Guttadauro: “«La Procura sta intercettando, la Procura sta indagando». E cita  la sua fonte: «Totò».

    Per tali atti di favoreggiamento, scatteranno le manette, e Aragona inizierà a collaborare, coinvolgendo Cuffaro.

    All’inizio del 2003, il ROS segue un’altra pista, riuscendo ad inserire le cimici sulle automobili del mafioso Nicolò Eucaliptus e dei suoi famigliari. Per gli ufficiali del ROS “Nicolò Eucaliptus è uno degli uomini che hanno fatto la storia di Cosa Nostra”, ed è un indagato importante perché è di Bagheria, territorio di Provenzano: “Stiamo lavorando a Bagheria perché siamo convinti di trovare non solo uno degli astratti contesti di alleanza di cui gode Bernardo Provenzano, ma riteniamo probabile di poterci  fisicamente imbattere  in lui, nascosto qui, protetto dalla forza mafiosa che la famiglia mafiosa di Bagheria esercita sul proprio territorio naturale.” (Capitano G. Sozzo).

    Ed infatti il 20 gennaio 2003, i ROS captano Nicolò Eucaliptus mentre racconta dei precedenti soggiorni dello “zio” a Bagheria, ma soprattutto preannuncia al figlio importanti novità.

    Nella conversazione intercettata si sente l’Eucaliptus che comunica al figlio Salvatore che gli era stato chiesto di “tenere”, quindi di curare la latitanza di Bernardo Provenzano.

    Nicolò Eucaliptus: …mi domandava se c’è un appartamento libero.

    Il boss dunque si stava avvicinando a Bagheria. Siamo alle soglie del 2003. A quelli del ROS quindi non restava che aspettarlo.

    Il  31 gennaio 2003, però, succede qualcosa di inaspettato.

    Il boss di Bagheria si reca in visita presso gli uffici dell’ ingegnere Michele Aiello, magnate della sanità privata siciliana, e ripete le visite molte volte nei giorni successivi, sino all’11 febbraio. Da quella ultima visita, gli Eucaliptus, padre e figlio, cessano di parlare dentro la Opel  intercettata.

    Qualche tempo dopo, la Opel viene addirittura bonificata, e la microspia, rimossa.

    Dei contatti fra gli Eucaliptus e Michele Aiello i carabinieri si resero conto in quanto essi stavano già sorvegliando da qualche tempo anche l’ingegnere.  Infatti, in quei mesi, i carabinieri del Nucleo Operativo di Palermo indagavano sulle informazioni fornite dal pentito di mafia Nino Giuffrè, il quale aveva rivelato ai magistrati della Procura che  Michele Aiello, era un prestanome del capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano, la primula rossa ricercata dal 1963.

    Ma Aiello è protetto da un gruppo di traditori dello stato, che lo tengono informato di tutto quanto si muove, in procura, nella sua direzione.

    Infatti è l’11 di giugno del 2003, quando il ROS intercetta una telefonata rivelatrice fra l’Ing. Aiello e Pippo Ciuro, un Maresciallo della Finanza in servizio, in quel periodo, alla DIA di Palermo, uomo in cui la magistratura, ed Ingroia in particolare, aveva sempre riposto la massima fiducia.

    MICHELE AIELLO: Pronto?

    PIPPO CIURO:  Sono a Roma…30 secondi…l’hai ricevuto il fax ieri?

    MICHELE AIELLO: Si l’ho ricevuto, e domani mattina aspetto conferma se c’è.

    PIPPO CIURO:  eh…

    MICHELE AIELLO: Poi domani o dopodomani ci vado

    PIPPO CIURO:  Vabbè? Tutto a posto?

    MICHELE AIELLO: Tutto benissimo.

    PIPPO CIURO:  dicevo…sono a Roma. C’è uno che parla male di te. Quindi ora…

    MICHELE AIELLO: Ho capito.

    PIPPO CIURO:  eh…ora gliele do sul muso..eh eh…

    MICHELE AIELLO: Ho capito.

    PIPPO CIURO:  ma dico…con tanto da fare che avete a Bagheria… ma poi…solo Bagheria qui conoscono, in tutta la Sicilia? ..Senti. Ti dice niente, tale “Picciotto”?

    Picciotto, guarda caso, è il nome di un testimone che ha preannunciato importanti rivelazioni sui soldi della mafia di Bagheria.

    PIPPO CIURO:  …..no…che dice che questo sa alcune cose di lì.

    MICHELE AIELLO: Mi fa piacere.

    PIPPO CIURO:  …cose…no, no…scherzavo con te…no, non era per te.

    MICHELE AIELLO: Addirittura. Ho capito…

    PIPPO CIURO:  Vabbè…poi  ti  faccio sapere. Ciao, grazie…

    MICHELE AIELLO: Ciao.


    E’ un fatto di straordinaria gravità. A tale proposito, il Col. Sottili del ROS avrà a dichiarare:
    Se c’è una fuga di notizie da parte degli organi investigativi, è chiaro che è inutile che noi continuiamo a lavorare, alla ricerca di Provenzano, alla ricerca di pericolosi latitanti, perché non arriveremo mai a nulla.”

    Di lì in poi il ROS svolgerà una raffinata attività investigativa, che porterà ad individuare una rete telefonica segreta utilizzata dai mafiosi, e che si concluderà con l’arresto di Aiello e delle sue talpe nell’ottobre del 2003, e con le loro successive condanne, insieme con quella del politico Totò Cuffaro, anch’egli incastrato dalle stesse indagini.

    Ordunque, chi conosce questi fatti e ne prende atto, non può che rimanere perplesso, molto perplesso, quando oggi legge un giornalista mentre sottoscrive le dichiarazioni di Ciancimino, quando questi afferma che i Carabinieri del ROS in quel periodo erano impegnati a garantire la massima libertà di movimento a Provenzano. E le perplessità si incrudiscono se si pensa che lo stesso giornalista in quello stesso periodo trascorreva giorni felici, in costume da bagno, con una  talpa vera, e non inventata, del clan provenzaniano.

    E certo il quadro non migliora, se si pensa che Travaglio nei suoi libri e nei suoi articoli, laddove è durissimo nei confronti dei carabinieri del ROS, è stato invece piuttosto tenero con il Sig. Ciuro:

    «I due marescialli (Ciuro e Riolo, ndr) sono talpine. Manca la talpona»

    «Ciuro si limitò a qualche intrusione nel computer della Procura e a qualche millanteria per farsi bello con il ricco imprenditore. Il grosso lo fece Totò»

    «…LE ACCUSE NON STANNO IN PIEDI. Infatti il maresciallo Giuseppe Ciuro, arrestato nel 2003 per concorso esterno e tenuto in galera per due anni, è stato poi assolto da quell’accusa e condannato per favoreggiamento (REATO CHE NON GIUSTIFICA QUELLA LUNGA DETENZIONE). »

    Ma non solo.

    Le responsabilità di Ciuro, a Travaglio, servirono persino, tanto per cambiare, per prendersela con il procuratore generale Grasso:   «Assodato il ruolo di talpe di Ciuro e Riolo, perché gli inquirenti li hanno lasciati circolare indisturbati per mesi negli uffici della Procura?». E poi: «Perché non si sono informati subito i pm più vicini a Ciuro per limitare i danni che le sue soffiate potevano arrecare alle loro indagini?».

    Al che, il procuratore Pietro Grasso scriverà al Corriere della Sera accusando Travaglio e Lodato (coautore del libro “Gli intoccabili”) di fare «disinformazione scientificamente organizzata».  E la replica di Travaglio sarà naturalmente, molto dura: “Se il dottor Grasso ha qualcosa da smentire, lo faccia. Se si ritiene diffamato, ci quereli, così avremo la possibilità di difenderci dalle sue generiche quanto oltraggiose affermazioni. Come lui ben sa, non ci mancano i testimoni pronti a confermare quanto abbiamo scritto  … Testimoni che potrebbero pure raccontare la curiosa gestione del caso Cuffaro, «salvato» (contro il parere di quasi tutta la Dda) dall’ accusa più grave di concorso esterno, accusa per la quale suoi presunti complici sospettati di comportamenti infinitamente più lievi sono stati arrestati, tenuti in galera per un anno e mezzo e alla fine (già in un caso) assolti. Testimoni che potrebbero raccontare che fine abbia fatto il «metro Falcone», tutto basato sullo scambio costante delle informazioni fra i membri del pool antimafia, nei sei anni del procuratore Grasso, continuamente contestato da numerosi pm della Dda tagliati fuori da qualunque notizia sulle indagini di mafia-politica e costretti ad apprenderle dai giornali o dai libri

    Peccato che oggi quel Travaglio, la cui barca oramai fa acqua da tutte le parti,  sia stato smentito in pieno da un importante giornalista, che si chiama Marco Travaglio: “Seppi poi da Ingroia che lui era al corrente delle indagini su Ciuro fin da prima dell’estate, (e vale a dire immediatamente, perché Ciuro fu scoperto l’11 giugno 2003 – ndr)  ma che – d’intesa con il procuratore capo, Piero Grasso – aveva dovuto continuare a comportarsi con lui come se nulla fosse, per non destare sospetti.” (da: “L’armadio degli scheletri” di Marco Travaglio – 22/02/2010).

    Quindi Grasso aveva tutte le ragioni, quando parlava di disinformazione di Travaglio, mentre il Travaglio, quando tuonava contro la carenza d’informativa usata con Ingroia, scriveva cazzate.

    Ed è Travaglio stesso a darcene conferma con una rivelazione che egli oggi prova ad utilizzare quale dimostrazione della sua buona fede nei rapporti vacanzieri del ferragosto trascorso con Ciuro ed Ingroia, sicuro che il suo pubblico disattento non si accorgerà che proprio tale rivelazione è allo stesso tempo la prova di una sua storica cappella.

    Ma la circostanza, se può sfuggire ai suoi ciechi ammiratori, non sfugge certo al Segugio.

    Ecco quindi, in conclusione, perché Travaglio, quando si prova a farlo parlare di Pippo Ciuro, vera talpa in procura sempre pronta ad informare gli uomini di Provenzano delle attività condotte dai “cugini di campagna” (gergo usato da Ciuro con Aiello per indicare i carabinieri) a loro danno, si inalbera, diventa isterico, e rifiuta, comprensibilmente timoroso del polverone che tale argomento può sollevare sulle “rivelazioni” di Massimo Ciancimino se rapportate con le effettive attività del ROS, (in realtà tutt’altro che compiacenti verso Provenzano ed il suo clan),  il contradditorio in pubblico, salvo poi, nella tranquillità dei suoi articoli e delle sue lettere aperte, svicolare dal tema principale a quello delle contabili bancarie relative ai suoi soggiorni siculi nonché, soprattutto,  a quello delle sue “non-condanne” per diffamazione.

    Su quest’ultimo tema, poi, Travaglio le spara grosse:

    Al momento sono spiacente di deludere i miei detrattori, ma in 25 anni di carriera giornalistica, durante i quali ho scritto una trentina di libri e dai 15 ai 20 mila articoli, tenendo dalle 1500 alle 2000 conferenze e incontri di vario genere in giro per l’Italia, partecipando a circa 150 trasmissioni televisive (soprattutto in quella TV di Stato dove, a dir suo, “non entri se non hai il guinzaglio” – ndr)  e radiofoniche, diffondendo decine di filmati via internet, non ho mai subìto alcuna condanna (per diffamazione – ndr) definitiva.

    Questa cosa non corrisponderebbe al vero, perché in una causa civile Travaglio è già stato considerato diffamatore e condannato in giudizio di terzo grado, quindi definitivo, a risarcire il danno al diffamato.

    Ma Travaglio, relativamente a questo fatto, si improvvisa contorsionista: “Tutt’altro discorso meritano le cause civili per risarcimento dei danni, che portano a un processo del tutto diverso da quello penale: nessuna indagine per accertare i fatti, solo la fredda quantificazione del danno, morale e/o patrimoniale e/o biologico. Paradossalmente, si può danneggiare qualcuno ed essere condannati a risarcirlo anche se si è scritta la verità sul suo conto, ma non lo si è fatto con la necessaria “continenza” espressiva. “

    Naturalmente si tratta di una stratosferica sciocchezza. Ove non fosse dapprima acclarato in modo incontrovertibile che è stato scritto il falso diffamando qualcuno, il procedimento civile per diffamazione non avrebbe neppure storia, e non si arriverebbe a quantificare nessun danno.

    Le sentenze di  “soccombenza” (tanto per usare un termine che Travaglio gradisce più di “condanna”) di Marco Travaglio in vari gradi di giudizio in cui si è trovato impegolato il giornalista torinese, chiariscono in modo cristallino, nei testi delle sentenze, come dove quando e perché Travaglio avrebbe scritto cose false.

    Così, ad esempio, nella causa civile che lo ha visto contrapposto a Mediaset e a Confalonieri, il Giudice rileva quanto segue: “deve osservarsi che le condotte (illecite) attribuite dal Travaglio a Mediaset sono specifiche e ben individuate, sicchè il riferimento a tali eventi potrebbe ritenersi lecito soltanto se rispondente al requisito della “VERITA”’, (giacchè per questa parte di articolo deve ritenersi che si faccia “cronaca” e non “critica”, essendosi limitato il giornalista ad elencare una serie di reati e/o di condotte illecite). (…) Poiché il giornalista ha elencato le “nefandezze” di MEDIASET in termini di “certezza”, – senza cioè specificare che si trattava di ipotesi di accusa non (ancora) accertate, – ovvero che erano riferite a terze persone-, tali notizie devono ritenersi non conformi al principio della “verità”, e pertanto devono ritenersi sussistenti gli estremi del reato di diffamazione.”

    Questo dice il Giudice nella causa civile.

    Come ho detto, ormai la barca di Travaglio fa acqua da tutte le parti.

     
    • anonimo 14:12 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi

      Grande!
      Erano giorni che l’aspettavo.
      Ora me lo leggo tutto.
      Le faccio dei complimenti preventivi (o susseguenti).

      Luigi

    • anonimo 18:40 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi

      Io, facendo eco a Luigi, ti faccio i "complimenti susseguenti" (da quando si incominciano a contare i giorni per la prescrizione del "reato di complimento", da adesso o da quando ho iniziato a leggere questo tuo articolo o da quando ho saputo dell’esistenza del medesimo?)
      Scherzi a parte, magnifica anche questa contraddizione rilevata! Se continua a far acqua cosi’, mi sa che la barca Travaglio affondera’ tra poco, la cosa tragicomica e’ che la falla l’ha fatta con le sue stesse mani!
      cesare

    • anonimo 00:26 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

       Questa è letteratura, ma anche Sciascia faceva lo stesso mentre di occupava di politica.
      Ho comprato in questi giorni un volumetto: "Un Onorevole Siciliano". Si tratta della trascrizione delle interpellanze parlamentari di Sciascia.
      Non divento una Enrixina per principio, perché ci sono i Travaglini. 
      Simona

    • anonimo 03:06 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

      Grande Enrix tutto molto interessante, lavoro ben fatto e pieno di fatti INCONTROVERTIBILI E CHIARI. Volevo dare un personale contributo spiegando altro fatto che secondo me inalbera Travaglio quando sente nominare Ciuro.

      Vorrei far notare altro principio che Travaglio tiene sempre con tutte le sue vittime, accusate di immoralità ma che incredibilmente dimentica INCOERENTEMENTE di avere per se stesso.

      Sono numerosi i casi in cui Travaglio, se non sbaglio, cita politci siciliani accusandoli di frequentazioni mafiose, accuse che rivolge anche quando è chiaro che al momento delle frequentazioni non si era a conoscenza della rilevanza mafiosa dei soggetti frequentati.

      Stessa identica cosa che è capitata a lui con Ciuro, era assolutamente chiaro che nessuno poteva accusare Travaglio per frequentazioni di persona che mai si sarebbe immaginato essere collusa con la mafia, ma lo stesso si è divertito spesso a fare questo giochino con altri che tenevano gli stessi suoi comportamenti, FREQUENTANDO GENTE COLLUSA CON LA MAFIA SENZA SAPERLO.

      Gianluca

    • anonimo 17:18 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

      Gentile Enrix
      la ringrazio per aver riassunto l’intricata girandola di versioni di Ciancimino.
      Mi ero perso la prima volta.
      Interessante il suo racconto sul motivo del perche’ Travaglio si incazza a parlare di Ciuro.
      Lei pensa pero’ che non c’entri niente il fatto che l’Odore dei soldi, recentemente ristampato perche’ a Travaglio l’editori riuniti non aveva dato un soldo (v. intervista a Sabelli Fioretti) e’ per meta’ fatto con le inchieste di Ciuro?
      Ho notato che nello stralcio della nuova introduzione riportato su voglioscendere non lo si nomina mai….
      Forse il suo interesse e’ piu’ di portafoglio che di onorabilita’.
      Pare anche che il Fatto Quotidiano non navighi in buone acque finanziariamente….

      Luigi

    • enrix007 20:23 on 2 March 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Luigi e cari tutti.
      Quel Raggruppamento Operativo Speciale dei carabinieri che in un certo periodo secondo Cianci junior, e quindi anche secondo Travaglio, avrebbe dovuto “GARANTIRE LA MASSIMA LIBERTA’ DI MOVIMENTO” a Provenzano in base alla fandonia di un patto stato-mafia inventato per i babbei, in realtà, in quello stesso periodo e coordinato da alcuni procuratori onesti, braccava Provenzano piazzando le cimici sulle auto e negli appartamenti dei suoi angeli custodi, intercettando, e consegnando ai magistrati le intercettazioni senza filtri, indi smascherava la rete di protezioni del clan in procura e nel palazzo della regione (quella vera, non quella inventata da Ciancimino) e portava in galera un prestanome di Provenzano che assicurava alle casse del padrino milioni di euro di profitti a danno dei cittadini, tanto per garantirei meglio al boss la libertà di movimento. Poi nella rete mafiosa c’era una mela marcia del loro raggruppamento: beccato ed arrestato. Poi c’era un politico, un pezzo da 90. Beccato e condannato anche lui. Poi c’era un amico di Travaglio, che con lui condivideva barbecues e tuffi in piscina: beccato ed arrestato anche lui. Detto ciò, io ritengo che tutto questo sia la ragione precipua per cui Travaglio non vuole parlare di quelle vicende.
      E’ un’opinione mia, ma che poggia su una logica molto solida.

      Poi c’è ovviamente il concorso di altre ragioni. Si, ce ne sono anche altre.

    • Sympatros 14:16 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Però questo non lo potete proprio dire…   cosa? Non potrete mai dire che Travaglio ha fatto l'autista a Ciuro…. portandolo ai vari incontri o summit….. attendendolo poi al bar insieme al giovane Ciancimino ed ad altri autisti di cui non ricordo il nome!

    • enrix007 14:55 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Perchè non posso dirlo, Sympatros? Se ho un inportante PM che mi mette sotto la sua protezione, e nessuno che mi smentisca, posso dirlo benissimo.

    • Sympatros 15:09 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Auaaaauah…… che ridere!!

    • Sympatros 15:10 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Ma gli altri autisti quali erano? Non mi ricordo il nome!!

    • Sympatros 15:29 on 4 March 2010 Permalink | Rispondi

      Naturalmente non sto ridendo per te, Enrix, ma per la battuta di Ciancimino junior…. non tutti gli autisti diventano persone importanti!

      Ti saluto e tolgo il disturbo…. qua siete persone serie!!

    • anonimo 03:49 on 6 March 2010 Permalink | Rispondi

      “Tale espressione, infatti, è specificamente riferita all’oggetto (di pubblico interesse)
      dell’articolo, non è “gratuita” bensi necessaria per rappresentare l’opinione critica del
      giomalista e non sconfina nella contumelia essendo contenuta nei limiti della accesa
      dialettica propria dell’argomento trattato.”(sent.,10)

      a dirla tutta

    • enrix007 10:15 on 6 March 2010 Permalink | Rispondi

      "A dirla tutta", una cosa che non c'entra un cazzo.

      Fra i vari periodi dell'articolo contestati da Confalonieri, alcuni sono stati ritenuti diffamatori (perchè secondo il magistrato Travaglio ha scritto falsità su di lui), alcuni ingiuriosi (la parte di Confalonieri che si guarda allo specchio), altri (e nella fattispecie il terzo periodo) nè l'uno nè l'altro, ma contenuti nei limiti dell'accesa dialettica.

      Ovviamente qui stiamo parlando dei periodi e delle motivazioni per cui è stato condannato, non di ciò per cui non lo è stato.

      Il tuo commento è invece riferito a ciò per cui non lo è stato, ma la prossima volta magari corredalo anche dei risultati del superenalotto, tanto per soddisfare meglio le tue pulsioni a scrivere cose inutili, se queste ti provocano l'insonnia.

    • anonimo 20:48 on 7 March 2010 Permalink | Rispondi

      Ma com'e' che il povero Sympatont capisce tutto al contrario? Ci vuole ben tanta pazienza, caro Enrix….

    • anonimo 15:00 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      >>>Ovviamente qui stiamo parlando dei periodi e delle motivazioni per cui è stato condannato, non di ciò per cui non lo è stato.Appunto.Scusa quanto era la richiesta iniziale? Quanto ha dovuto sborsare?Poveracci

    • anonimo 15:02 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      >>Ovviamente qui stiamo parlando dei periodi e delle motivazioni per cui è stato condannato, non di ciò per cui non lo è stato.Appunto.Scusa quanto era la richiesta iniziale? Quanto ha dovuto sborsare?Poveracci.

    • enrix007 19:31 on 27 March 2010 Permalink | Rispondi

      "Appunto."Appunto, tu non hai capito un cazzo."Quanto ha dovuto sborsare?"Chi? L'ultimo cliente di tua sorella?"Poveracci."Esatto, come quelli che ridono dello scemo del villaggio (e quello sei tu).

    • almostblue58 14:15 on 28 March 2010 Permalink | Rispondi

      Mi si permetta di spezzare una lancia a favore di Travaglio, realivamente a ciò che scrive Gianluca:"Sono numerosi i casi in cui Travaglio, se non sbaglio, cita politci siciliani accusandoli di frequentazioni mafiose, accuse che rivolge anche quando è chiaro che al momento delle frequentazioni non si era a conoscenza della rilevanza mafiosa dei soggetti frequentati. Stessa identica cosa che è capitata a lui con Ciuro".A differenza di Ciuro, cioè di un investigatore in servizio presso la procura di Palermo, e, dunque, insospettabile, un capomafia o un qualsivoglia mafioso traggono il proprio prestigio dal fatto che, sul territorio, tutti sanno chi siano. Altrimenti non potrebbero esercitare il proprio potere su persone che tale potere non gli riconoscerebbero. Un capomafia non diventa tale quando lo acchiappano, anzi: quando lo acchiappano forse smette di esserlo.Queste cose le ho gia scritte quasi tre anni fa, dopo le polemiche sulle accuse di Travaglio a Schifani (http://almost58.splinder.com/post/17104522/C%27%C3%A8+chi+preferisce+Marco+Bava) e mi ero sentito in dovere di scriverle poiché qualche giorno prima scrivevo che mi ero rotto le palle del trio Grillo-Travaglio-Di Pietro, ché avevano trasformato la questione morale in questione giudiziaria (http://almost58.splinder.com/post/17080389/Sinistra+mia%2C+non+ti+conosco.+).Però un conto è non poterne più di certi metodi, altro è tacere di fronte a simili grossolane fesserie, ché non sono meno gravi del suddetto metodo, specie se propalate in malafede come nel caso che mi spinse a scriverne quasi tre anni fa.Quanto alla differenza fra penale e civile nei casi di diffamazione (a prescindere dal caso specifico), Travaglio non ha del tutto torto: il metro di valutazione è diverso e qualsiasi giurista anche non particolarmente brillante potrebbe confermarlo. E non è un caso se negli ultimi venti anni i potenti, che prima ricorrevano al penale (eccetto Andreotti, che si lasciava scivolare tutto addosso), sono poi passati al civile: prima c'era il senso e il rispetto dei ruoli, in questo Paese, a un certo punto è saltato e i potenti hanno scelto deliberatamente il civile per intimidire e tentare di imbavagliare i giornalisti (categoria di cui faccio parte).

    • anonimo 16:13 on 30 March 2010 Permalink | Rispondi

      Gentile sig. Enrixnel blog di Caruso (ormai defunto, temo) stiamo invocando a gran voce il suo nome.Se vuole fare un sorriso si legga i commenti piu' recenti.Luigi

    • anonimo 18:10 on 30 March 2010 Permalink | Rispondi

      non e' defunto, Luigi…

    • anonimo 12:17 on 11 April 2010 Permalink | Rispondi

      Per almostIn linea di massima hai detto una cosa correttissima. E' naturale che per le ragioni da te specificate è più probabile che una frequentazione sul loco di mafioso mai inquisito sia possibile saperlo rispetto ad un servitore dello stato.Anche se ….. anche se ritengo che tutti sanno che in in sicilia queste istituzione così integerrime non esistono, spifferi, spifferini, gente al soldo della mafia nonche servitrice dello stato, ci sono state e ci saranno sempre.Quindi sono assolutamente d'accordo con te Almostblue era più facile che Schifani sapesse di Travaglio (anzi diciamolo per certo che Schifani sapeva), lo stesso però non ha nessun diritto di infangare un cittadino Italiano (anche avesse ragione) facendo quel che ha fatto, si dice che se si sputa spesso a volte torna indietro. Personalmente volevo concentrare l'attenzione non sul singolo fatto, ma sui metodi di  Travaglio ed in questo caso, Ciuro, è successo il patatrac, facendo capire a T. che bisogna fare attenzione ad esagerare a dare patenti di mafiosi ai frequentatori degli stessi.Travaglio è un personaggio che ancora devo inquadrare e la cosa che mi fa più rabbia e che secondo il mio modestissimo parere prendere cantonate o non essere precisi come purtroppo capita a lui, porta solo assist ai geni del male.Per attaccare lo schifo serve un informazione perfetta, corretta,  e come costruire un castello, già saranno in pochi a volerlo fare perchè il potere politico ed economico disincentiva la costruzione,  chi decide di farlo deve fare un lavoro perfetto sapendo dei numerosi attacchi che subirà,Travaglio sembra essere un volenteroso costruttore ma poi lavora facendo mura fatiscenti e che possono crollare al primo attacco. In poche parole sembra essere utile all'inizio però poi il suo lavoro negli addetti ai lavori ha falle in tutte le parti.E la cosa mi fa incazzare non poco.Gianluca

    • almostblue58 16:27 on 12 April 2010 Permalink | Rispondi

      x Gianlucapenso che il limite di chi fa informazione quotidiana stia proprio nella quotidianità stessa e nella fretta che la quotidianità richiede.altro discorso sono i libri: documenti e memoria; la memoria a volte gioca brutti scherzi e ti ritrovi a scrivere inesattezze, ne bastano un paio e se quacuno si mette a battere sui quei tasti il resto del lavoro, inappuntabile, diventa secondario.negli anni, ho trovato errori grossolani in tanti libri, ma non tutti gli autori sono sovraesposti come Travaglio e, dunque, certe grossolanerie passano inosservate. qualche mese fa ne ho trovato uno, a rischio di un paio di querele, nell'ultimo libro di un amico abbastanza noto. Nessuno ne ha scritto e il libro ha ricevuto recensioni lusinghiere. Non so se l'abbiano letto le persone tirate in ballo a casaccio, ché in quel caso gli incassi non gli basterebbero a pagare i danni.secondo me Travaglio è un buon giornalista, l'opinionista mi piace meno, il guru ancora meno (e i travaglini mi inquietano); se non fosse esistito l'avrebbero inventato. e forse l'hanno inventato davvero, ché se non gli avessero dato addosso come hanno fatto per "L'odore dei soldi", sarebbe uno dei tanti buoni giornalisti italiani che ogni tanto scrivono un libro utile. Invece è diventato parafulmini e macchina sfornalibri in quantità industriale (con le inevitabili inesattezze). è entrato un po' troppo nella parte, secondo me. ma non è facile fare un passo indietro, in certe situazioni, specie quando queste situazioni ti fanno essere popolare e ti fanno guadagnare un pacco di soldi.ciao,Sebastiano

  • Avatar di enrix

    enrix 08:29 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi
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    Tagli, ritagli, e la mitopoietica di Ciancimino Junior 

    Bricolage.


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    Come diceva il grande Paolo Panelli in uno dei suoi simpatici varietà televisivi: cari amici, eccoci giunti al nostro appuntamento col bricolage. Che cos’è il bricolage? Secondo la definizione di un dizionario, “è un’attività manuale che consiste in piccoli lavori che una persona, generalmente non professionista, esegue per proprio conto e propria soddisfazione.

    Claude Lévi-Strauss ha definito il bricolage "un riflesso sul piano pratico dell’attività mitopoietica".

    La mitopoiesi (dal greco μυθοποίησις "creazione del mito") è un genere narrativo nella letteratura moderna e nel cinema dove viene creata una mitologia fantastica dall’autore o dal regista.

    E noi qui abbiamo un appassionato di mitopoietica, che risponde al nome di Massimo Ciancimino, che lo scorso 9 febbraio, in veste di testimone al processo per favoreggiamento a carico del Generale Mario Mori e del Colonnello Obinu, ha prodotto un documento.

    Questo documento: 
    Cliccando sul documento, ve lo potete vedere ad alta risoluzione, mentre sino ad oggi online si sono trovate soltanto striminzite riproduzioni formato francobollo.

    Eppure è importante vederlo bello grosso, e presto capirete  perché.

    Ma prima di procedere col nostro corso di Bricolage, bisognerebbe aprire una premessa per capire bene che cos’è questo documento.

    Secondo quanto ci ha riferito Ciancimino Junior, questo documento sarebbe una lettera di Provenzano destinata a Silvio Berlusconi (notare infatti l’indirizzo in testa, perché ad es. Marco Travaglio ci tiene particolarmente, dal momento che ha affermato lunedì nel suo passaparola che il fatto che la lettera sia stata imboscata alcuni anni in uno scatolone, per lui rappresenta “Un mistero. Come è possibile – si domanda Marco – che una lettera indirizzata all’On. Berlusconi sia ritenuta non utile visto che a Palermo c’è stata un’inchiesta per mafia e riciclaggio a carico di Berlusconi?)

    Dunque come dicevamo, questo documento sarebbe, secondo Ciancimino Junior,  una lettera di Provenzano per Berlusconi, ma nella versione “riscritta” da suo padre Ciancimino Senior. Le ragioni per cui Don Vito l’avrebbe riscritta, la lettera di Provenzano, non sono chiarissime nei racconti del figlio Massimo, che su questo argomento nei precedenti interrogatori cambiava versione da un giorno all’altro e dichiarava espressamente di essere avvinto dal continuo desiderio di “rimangiarsi” ciò che aveva detto in precedenza (sic).

    Sempre Massimo Ciancimino, dice che l’originale della lettera di Provenzano (che però ahimè non riporta la grafia di Provenzano), o comunque un suo “ritaglio”, sarebbe questo:

     

    Questo secondo documento viene esibito per la prima volta dai PM a Ciancimino, nel corso di una sua deposizione, il 30 giugno 2009. E Massimo, appena lo vede, dichiara con  piglio sicuro che quella sarebbe stata la  grafia di suo padre. I PM presenti, Ingroia e Di Matteo, nonostante si veda benissimo, per chiunque avesse visto quella autentica anche una sola volta, che quella scrittura può appartenere a chiunque ma non certo a Vito Ciancimino, e nonostante abbiano sottomano esempi copiosi della scrittura di Don Vito, non contestano la dichiarazione a Ciancimino Jiunior.

    Bisognerà attendere il giorno successivo, alla ripresa dell’interrogatorio, per  udire il nostro testimone pronunciare quanto segue:  "Come avete notato, all’inizio ho addirittura detto che era grafia di mio padre, avendo ovviamente la certezza, che non era assolutamente grafia di mio padre".

    In un tribunale americano, direbbe Travaglio,  a uno che verbalizza una cosa del genere, non verrebbe più consentito di continuare. Ma bisogna capire anche lui, poverino, perché sta parlando di cose di mafia e, come lui ci ricorda sempre, è rosicchiato da una paura del diavolo che lo porta a dire un mucchio di fandonie e fesserie, che però poi per fortuna, in determinate fasi di ravvedimento, lui rettifica.

    A dire la verità a ben leggere i due documenti, risulterebbe il contrario di quanto dice Ciancimino, e vale a dire il secondo documento sembrerebbe soltanto una ricopiatura raffazzonata, lievemente manipolata tanto per dargli quel pizzico di Provenzaniana ignoranza lessicale, estratta a stralci quasi casuali, e perciò  priva di senso logico, della parte manoscritta da Don Vito nel nostro primo documento che invece, pur tronca perché mancante della pagina precedente e di quella successiva, appare assolutamente logica negli enunciati. Lo si vede bene rimarcando in blu le parti riportate sul "pizzino" di "Provenzano", all’interno dell’enunciato esteso estratto dal manoscritto di Vito Ciamcimino:


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    …anni di carcere per questa mia posizione politica intendo dare/portare il mio contributo (che non sarà modesto/di poco) perché questo triste evento non abbia a verificarsi. Sono convinto che se si dovesse verificare questo evento (sia in sede giudiziaria che altrove) l’On. Berlusconi metterà/vorrà mettere  a disposizione una delle sue reti televisive.

    Inoltre, in questi documenti, si parla di “un evento”. Che cosa sarebbe questo evento?

    Secondo Massimo Ciancimino, questo evento sarebbe  un ”Atto intimidatorio”, un  progetto di eliminazione fisica” di un familiare di Berlusconi, se questi non avesse ceduto al ricatto concedendo a Provenzano l’uso di un canale televisivo, non si capisce bene per fare che cosa.

    Ma se leggiamo il documento prodotto in Tribunale, vediamo che “l’evento” di cui scrive Vito Ciancimino, è un evento che dovrebbe avvenire “in sede  giudiziaria”. Non credo quindi che si tratti dell’eliminazione fisica di qualcuno, altrimenti non si capisce perché Ciancimino dovrebbe aver ipotizzato il suo verificarsi “in sede giudiziaria”. Normalmente quando si paventa un evento che dovrebbe verificarsi in sede giudiziaria, si dovrebbe trattare di un’iniziativa più dipendente dai magistrati, che non della mafia.

    Chissà a che cosa si riferiva realmente Vito Ciancimino, quando sosteneva di voler andare in televisione e di “convocare” (la stampa?) nel caso si fosse verificato un certo evento in una sede giudiziaria. Saperlo.

    Noi negli ultimi anni abbiamo assistito a molti eventi importanti in sedi giudiziarie, di cui alcuni, tanto per fare un esempio a caso,  riconducibili tutti al tentativo di incolpare i carabinieri che catturarono Riina, delle cose più infami: non aver voluto perquisire il covo di Riina, non aver voluto catturare Provenzano, e soprattutto, di essere arrivati ad un accordo con “U Tratturi”,  che gli garantiva impunità e libertà di movimento, grazie soprattutto agli uffici del consigliori Vito Ciancimino.

    E’ un vero peccato che Don Vito sia morto nel 2002, e non aver così potuto vedere le sue reazioni ed assistere ai suoi commenti ed alle sue testimonianze, nelle circostanze di tali eventi.

    Ma per fortuna, abbiamo invece il figlio, che reagisce, parla, e commenta.

    E produce documenti.

    Ma torniamo dunque al nostro bricolage.

    Prendete una lente di ingrandimento, un paio di forbici, (oppure una taglierina) e un tubetto di colla vinilica.

    Fatto? Bene. (cit.)

    Ora prendete il documento,  ed osservate bene ingranditi questi due particolari:

     
    particolare n°1

                               

    particolare n°2

     

    Come potete vedere, nel particolare n°1, compaiono tre righette che sembrano proprio la parte di una parola tagliata a metà.  Nel particolare n°2, osservate la lettera “t”: è “tagliata” di brutto in testa da qualche cosa, che incide proprio sulla sua barretta orizzontale.

    Proviamo a vedere se per caso, la lettera “t” e quella mezza parolina, non risultino tagliati dalla stessa sforbiciata.

    Prendiamo inchiostro e penna, e uniamo la base dei tre baffetti del particolare “1” fra di loro, quindi proseguiamo sino al punto terminale sinistro, e poi a quello destro, del trattino orizzontale della “t” che pare tagliato di netto, in modo che la nostra linea  si sovrapponga esattamente all’apparente “taglio”.

     Proseguiamo diritti con la nostra linea sia a destra che a sinistra del nostro breve segmento: il risultato è una linea retta dritta dritta perché i 5 punti individuati in precedenza si trovano, giustappunto, esattamente ad insistere sulla stessa retta. Retta che, tra l’altro, va a tagliare anche un minuscolo pezzettino della “d” della preposizione “di” che si trova davanti alla parola “carcere”.

    Eccolo qui, il risultato:


    E ombreggiando la parte superiore alla linea, si capisce ancora meglio:


    Eh, si. Parrebbe proprio che l’indirizzo di Silvio Berlusconi sia stato ritagliato da qualche parte e appiccicato con la colla sulla testa del documento, per poi farne una fotocopia che lo faccia sembrare un tutt’uno.

    Così pare.

    Arrivederci alla prossima puntata della nostra rubrica di Bricolage, e un abbraccio dal Segugio.


     
    • anonimo 03:42 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

       ciao.
      Non riesco a leggere cosa dice "l’indirizzo"… al presidente del consiglio…silvio berlusconi…e quali sono le altre parole?

      2) ma…possibile un ritaglio così sgarbato? manco io alle elementari!

      3) di quando sarebbe, secondo Ciancy, questa presunta lettera di Provenzano? Quando sarebbe stata scritta, secondo lui?

      Grazie

      Marco Ottanelli

    • enrix007 03:53 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      "Al presidente del consiglio dei ministri, On. Silvio Berlusconi."

      Cianci il 30 giugno dell’anno scorso, nelle deposizioni dinnanzi ai PM, data con determinazione lo scritto al 1992. Il giorno dopo rettifica, e dice che aveva datato così per paura, e dice che lo scritto doveva essere un po’ posteriore, quando suo padre era in carcere. (ma che c’è da aver paura nello spostarlo di qualche mese?)
      Poi al processo Mori il 9 febbraio scorso, lo data definitivamente 1994.

      naturalmente è una cazzata, perchè Vito Ciancimino nella sua lettera parla degli "anni di carcere" trascorsi per la sua posizione politica, e lui in galera c’è andato alla fine del 92. Quindi….

    • enrix007 03:55 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      PS: cliccando sulle foto con il bordo, si ottiene l’ingrandimento.

    • anonimo 10:46 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Certo Il Massimo è quello che è, ma c’è un limitesotto il quale uno deve essere considerato minorato e inidoneo alla testimonianza.

      Come ha fatto il Massimo a dichiarare in prima e seconda battuta che la lettera era del 92 o poco dopo, se è indirizzata al presidente del consiglio Berlusconi, diventato tale il 10 maggio 94?

      Va beh, se uno di materia grigia ne ha poca, in fondo non è colpa sua. Ma i PM, diplomati e poi  laureati e poi vincitori di concorso, non dico debbano avere 150 di QI, ma almeno qualcosa non troppo sotto la media,  diciamo un QI >80 dovrebbero averlo.

      Questo assurdo errore cronologico avrebbe dovuto immediatamente squalificare il teste.

      E chiaro che poi in terza battuta viene fuori che la lettera era del 1994, mi meraviglio solo che il Cianci non abbia dichairato che doveva essere stata scritta tra il 10 maggio ed il 22 dicembre del 94 !!!!!

      Anton Egger

    • Bvirtual 10:49 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enri, pezzo davvero molto appassionante, e quindi gli originali, dove sarebbero??

    • enrix007 10:51 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Anton,
      è evidente che il manoscritto n°1, porta una data molto più vicina al terzo millennio di quanto non sostenga Ciancimino, e che il n°2 invece provenga da un ricalco fatto decisamente nel terzo millennio.
      Solo, come dici tu, un minorato mentale può pensarla a rovescio.

      Ma più che altro a questo punto, io se fossi un PM che sa fare il suo lavoro e soprattutto in buona fede, emetterei un provvedimento di fermo del Ciancimino per occultamento di prove, qualora lui non cacciasse fuori almeno la pagina prima e la pagina dopo del manoscritto, per farci capire realmente che cosa intendeva dire suo padre.

      E originali, senza collage.

    • enrix007 10:53 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ciao Grazia, è un piacere averti qui. Vale la risposta che ho dato Anton.

      Un magistrato serio e vero, glieli farebbe cacciar fuori.

    • anonimo 11:32 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

       lo scandalo della mancanza di originali comprovati mi fa rabbrividire un po’.

      Però sulla datazione di questo pastrocchio Ciancimino potrebbe cavarsela: suo padre è stato in prigione DAL 1992, quindi ‘sto foglio POTREBBE essere stato scritto nel 1994. Se Massimino lo afferma solo in 3a istanza, bhe, c’è seriamente la mancanza di contestazione da parte di tutti, difronte a simili balletti.

      Marco

    • enrix007 11:39 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Marco, se Ciancimino avesse scritto quella roba in carcere, le autorità dovrebbero averne una copia, comprese le pagine precedenti e quelle successive.

      Siccomne poi gli anni di carcere di cui parla sono anni di carcere subiti "a causa della SUA posizione politica", sono anni di carcere suoi, non di qualcun altro.

    • anonimo 12:26 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, se capisco bene la lettera "orginale" è una fotocopia e non potrebbe essere altrimenti, visto che l’originale manoscritta dovrebbe essere stata inviata al Berlusconi (ammesso e non concesso).

      Siccome Travaglio dice che è stata imboscata in fondo a scatoloni, fa intendere  che  tale lettera fosse in mano alla magistratura da anni ( a meno che non fossero scatoloni tenuti da Massimo) e quella esibita dal Massimo il 9 febbraio non è una novità (cos’è la fotocopia della fotocopia?)  La mia domanda è :
      quando risulta depositata agli atti tale lettera?

      Credo comunque che non sia troppo difficile risalire alla data approssimativa della fotocopia "originale" in quanto la tecnologia di produzione dei toner cambia abbastanza rapidamente. Un’analisi chimica dell’"inchiostro" , penso in particolare ad una spettrografia, consentirebbe l’individuazione di tutti i componenti chimici dell’inchiostro e di conseguenza  l’individuazione del produttore e degli anni in cui il prodotto era in produzione e vendita.
      Siccome ciancimino data la lettera alla prima legislatura di Berlusconi (in terza battuta almeno), se risultasse che tale inchiostro è stato prodotto posteriormente al dicembre 94, si tratterebbe di falso certificato.

      Anton Egger

    • enrix007 13:22 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ci tengo però a chiarire una cosa. Quando io in questo articolo cito la frase di Travaglio che parla di un documento recante l’indirizzo di Berlusconi, sepolto negli scatoloni dalla perquisizione del 2005, in realtà faccio il classico babbeo che fa il verso ad un paccaro.
      Perchè in realtà, Travaglio, non sta parlando del documento esibito al 9 febbraio da Ciancimino, quello del collage, ma bensì sta parlando del documento n°2, quello frammentario scritto non so da chi che ho riportato qui sopra, mostrato in procura a Ciancimino Junior il 30 giugno 2009,  e che come si può vedere non porta nessun indirizzo. E’ una delle tante frottole e fesserie che racconta Travaglio in quel passaparola, e di cui, come ho detto, scriverò a breve.

      Per quanto riguarda invece il n°1. è assolutamente ovvio che non si tratta proprio per niente di una lettera indirizzata a Berlusconi, o a Dell’Utri, ma di una memoria di Don Vito relativa a vicende che a mio giudizio non riguardano Berlusconi nel modo più assoluto.
      Don Vito prospetta un suo intervento in TV, e si auspica che Berlusconi glielo conceda (anzi, ne è certo) per parlare di un evento che lui teme possa avvenire in sedi giudiziarie, e che secondo me non riguarda Berlusconi. proprio per niente.

    • anonimo 13:39 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrico, hai letto le nuove rivelazioni spassose sul caso Moro? Ma poi il covo non era in via Montalcini?

      Ciao e complimenti, Alessandro

    • anonimo 13:44 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ok, chiarito il fatto.
      Quello che dici sulla lettera 1 è verosimile e compatibile con l’insistenza con cui il Vito chiese, ripetutamente, la diretta televisiva per una sua audizione in commissione antimafia nel 92, vedi il libro "Le mafie" scritto da Vito stesso.
      Tra l’altro in "sede giudiziaria o altrove" , l’altrove potrebbe riferisi proprio alla commissione antimafia.

      Inoltre era sua abitudine scrivere lettere al presidente della commissione antimafia e per conoscenza ad alte cariche istituzionali quali  il presidente della repubblica e il presidente del consiglio dei ministrri. Nel suo libro riporta parecchie di queste lettere.

      Anton Egger

    • anonimo 15:17 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      PER ENRIX

      Stavo leggendo un vecchio articolo di giornale di luglio 2009 dove penso si parlava dello stesso pizzino., questo il passo saliente:

      Massimo Ciancimino non ricorda con precisione la data in cui avvenne la consegna. Ma sottolinea, invece, che il messaggio era completo, cioè non era tagliato nella prima parte così com’è stato trovato dai carabinieri durante una perquisizione. Il foglio di carta, infatti, è strappato a metà e in questo modo i pm lo hanno mostrato a Ciancimino.

      In pratica se il foglio è lo stesso i Carabinieri hanno l’originale che non proverebbe nulla, visto che manca una parte,  l’intestazione con il nome di Berlusconi. E dal cilindro Ciancimino Junior due giorni fa ha portato l’ottima fotocopia frutta del BRICOLAGE da te spiegato, ho capito bene?

      http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/cronaca/ciancimino-berlusconi/ciancimino-berlusconi/ciancimino-berlusconi.html

      Gianluca

    • anonimo 16:28 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Una riflessione: se il documento è una fotocopia, non può essere la fotocopia di una lettera spedita e di cui quindi non c’è originale , in quanto spedito.

      Dovrebbe essere la fotocopia di una minuta, che a questo punto dovrebbe essere reperibile.

      Certo è che non ci vedo alcunchè di compromettente, neanche in questo tagli e ritaglio.
      Tutti possiamo scrivere a chiunque e dire ciò che deisderiamo, vogliamo, speriamo.

      Angelis

    • anonimo 17:44 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Angelis, Ciancimino fotocopiava tutti i suoi documenti, così dicono, quindi la lettera sarebbe stata fotocopiata prima della spedizione.

      Avete visto quest’altro "pizzino"?
      Anche qui ci sono segni strani, e una bella riga orizzontale sopra all’ultima riga.

      palermo.repubblica.it/multimedia/home/23025344

      bart_simpson

    • anonimo 19:07 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Stavolta enrix mi sento proprio coinvolto.
      Sto leggendo il verbale del 30-06-09 e quello del giorno successivo che riguardano la genesi del tuo documento N.2, il cosìdetto mezzo foglio A4.

      E’  tutto così pazzesco e così diverso da come uno se l’aspetta. Sto Massimo che dà continuamente versioni diverse, a distanza di un giorno ma anche di pochi minuti e cade continuamente in contraddizione.
      Ma la vergogna è nel ruolo di Ingroia e Di Matteo !!!! Suggeriscono in più punti al Cianci come superare le sue contraddizioni!!

      Su questo avrò molto da dire.

      Anton Egger

    • anonimo 20:10 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Qualche chiarimento sugli originali.

      Il Massimo Ciancimino (Max, per brevità), nelle deposizioni del 30-6-09 e del 1-7-09  ribadisce + volte che di tutte le lettere spedite dal padre,  furono conservati gli originali e spedite le fotocopie, che lui stesso (Max) eseguiva. Per quanto strano, una logica c’è e la spiega lui stesso:  suo padre temeva che dagli originali si potessero rilevare le impronte digitali.
      Dichiara, sempre il Max che, oltre agli originali, conservavano anche una fotocopia. Questo particolare è importante perchè il documento N.2 di enrix, ritrovato  tra il materiale sequestrato al Max nel 2005, è l’originale manoscritto (non si fà da chi, ma attribuito da Max a Provenzano) ma è parziale nel senso che è solo mezza parte del  foglio A4. Però, sempre secondo Max, da qualche parte  dovrebbe avere la fotocopia dell’intero foglio.

      Anton

    • anonimo 10:23 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      In tema con la mitopoietica: Segugio sei un mito nello smascherare i cazzari!!

      cesare

    • anonimo 14:27 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      volevo scrivere "attivita’ mitopoietica" tengo a precisarlo prima che qualche saputello di nostra conoscenza (magari un certo imbecille di Napoli…) arrivi e dica che si puo’ usare solo come aggettivo e il sostantivo e’ mitopoiesi! Da questi soggetti che si attaccano ai dettagli per confondere le acque e insabbiare la verita’ bisogna guardarsi…. :D
      cesare

    • enrix007 17:49 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      So a chi ti riferisci.
      E’ la reincarnazione di un un antico furbacchione.

      « In questa tomba tenebrosa e scura
      giace un villan di sì difforme aspetto
      che più d’orso che d’uomo avea figura,
      ma di tant’alto e nobile intelletto
      che stupir fece il mondo e la natura.
      Mentr’egli visse fu Bertoldo detto;
      fu grato al re, morì con aspri duoli
      per non poter mangiar rape e fagioli. »

      (Epitaffio di Bertoldo)

    • anonimo 20:18 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      Mi sembra utile riepilogare le dichiarazioni di Max (Massimo Ciancimino) sul documento N. 2 riportato da enrix. Lo faccio in alcuni post successivi.
      Numero 1

      Dalla  deposizione del 30-06-09.

      Il pm Di Matteo fa’ vedere a Max fotocopia dell’originale, (quest’ultimo trovato e sequestrato a casa di Max nel 2005) del documento e gli legge le parole scritte:
      Posizione politica. Intendo portare il mio contributo che non sarà di poco perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento, Onorevole BERLUSCONI, vorrà mettere a disposizione una delle sue rete televisive”
       
      Al che Di Matteo chiede a Max se conosceva tale documento.

      Max risponde che l’aveva già visto e crede che sia manoscritto da suo padre.

      Ingroia gli chiede se riconosce la grafia di suo padre.

      Max risponde prima che gli sembra di si e poi ribadisce che "si, si è quella di mio padre"

      Subito dopo Max dà una spiegazione del contenuto:

      " E praticamente era la volontà espressa di mio  padre di avere una diretta televisiva, tra l’altro, a  proposito, domani vi produco altri documenti che possono anche collegarsi a questo, dove mio padre più  volte chiedeva una diretta per dire la sua verità e per  dire la sua versione di tante situazioni facente capo  soprattutto a quello che era l’origine delle stragi e
       l’origine di altre situazioni; aveva espresso la volontà di  poter avere una diretta, insomma un’attenzione  televisiva tale da poter dire tranquillamente come  stavano certe cose, perché mio padre su varie, anche in  varie missive che posso anche darvi copia, non so se le  ho qua, aveva sempre lamentato questo, di non essere  stato mai ascoltato in Commissione Antimafia e tutte le  volte che voleva essere ascoltato, mio padre, anche per qualsiasi cosa aveva chiesto sempre la diretta con la  Sala Stampa e questa non gli era stata mai concessa

      Questo mio padre doveva consegnarlo ad un tramite che doveva farlo avere a BERLUSCONI per potere avere questa attenzione mediatica. Sapevo dell’esistenza di questo documento "

      Ingroia chiede a Max quando ha saputo del documento.
      Max risponde nel 2000, 1999-2000.
      Nei passaggi successivi si capisce che non solo Max ne è venuto a sapere in quel periodo, ma che il documento stesso risale a quel periodo.

      Dopo alcuni passaggi poco chiari (in cui Max chiama in causa Dell’Utri e Provenzano) 
      Di Matteo gli chiede "Ma lei questo documento, al di là dell’argomento, questo documento lo conosceva?"
      Max risponde "Sì, l’avevo visto, sì".
      Sembra che il PM metta in dubbio la conoscenza del documento da parte del Max, visto che aveva già dichiarato di conoscerlo. Ma la chicca viene adesso ( pagina 13, righe 16-28)
      Ingroia: …cioè ci sono dei riferimenti [ nel documento ndr] ad un evento, ad un triste evento che bisogna scongiurare…”
       
      DiMatteo: In due occasioni, in due passaggi si parla di questo evento…”
       
      Ingroia:…è un triste evento che sembra, che sembra in qualche modo possa riguardare l’Onorevole BERLUSCONI e che l’autore della missiva si impegna per cercare di
      scongiurare e che… si impegna a cercare di scongiurare questo evento purché l’Onorevole BERLUSCONI gli metta a disposizione una rete televisiva, direi che è così ovvio, diciamo, il contenuto è abbastanza chiaro.”
       
      Qui, il teste sembra Ingroia e non Max. Sembra cioè che Ingroia sappia esattamente il significato delle parole contenute nel documento e che stia tentando di spiegargliele a Max. Come faccia Ingroia a sapere che il triste evento riguardi Berlusconi mi è inspiegabile. Io, che evidentemente sono tonto, leggendo il “pizzino” non ci arrivo.

      Continua …

      Anton

    • anonimo 21:51 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      Numero 2

      Di fronte a tanta “ovvietà” il teste Max è in imbarazzo e chiede mezza giornata di tempo per chiarirsi le idee, ma il pm non gliela concede e si va avanti.
       
      Ingroia chiede che lei sappia suo padre questa richiesta la faceva a nome proprio o per
      conto di, di altri?”
       
      Max risponde che lo fa a nome suo e di altri ed in particolare del Provenzano.
       
      A questo punto Ingroia dice
      “… le faccio notare un’altra cosa che a lei non sarà sfuggito perché è
      abbastanza intelligente [!!!! ndr] per essersene reso conto e forse lo sapeva già, che benché la grafia sembra, io non faccio diciamo il perito grafico, ma insomma si nota
      benché la grafia, vedremo se è di suo padre o non di suo padre, però è la grafia di una persona apparentemente diciamo che sa scrivere, il contenuto però, il testo, l’italiano…”
       
      Max non aspetta nemmeno la domanda e dichiara
      Non è di mio padre
       
      Dopo alcuni passaggi ribadisce
      Comunque non è grafia di mio padre”
       
      E Ingroia:
      Non è grafia di suo padre quindi rettifica la sua precedente dichiarazione, è giusto? Eh vabbè, lei mica fa il perito grafico [ !!! ndr]”
       
      Dopodichè viene fatta una pausa di 5 minuti in cui max va in bagno e conferisce privatamente con il suo l’avvocato . Al ritorno Max ribadisce che la scrittura non è di suo padre. Successivamente ammette che il messaggio proveniva dal Provenzano e era diretto a Dell’Utri e Berlusconi. I pm gli chiedono se il messaggio doveva essere ricollocato temporalmente (cioè se Max voleva rettificare la data dell 1999-2000 in cui era stato scritto) e Max risponde di si, ma che non ricorda esattamente. Dichiara però che ricorda benissimo che in origine aveva nascosto il messaggio, per volere di suo padre, nella retrocopertina di un volume della Treccani conservato nella loro casa di Roma.
      Al che il PM chiede quando suo padre aveva risieduto a Roma e Max risponde tra il 1989 ed 1992 e poi di nuovo, dopo la scarcerazione tra il 1999 ed il 2002. Ingroia notando che si tratta di un lasso temporale molto vasto chiede a Max a quale dei due periodi risale il messaggio, ma Max non ricorda e dice di voler controllare a casa tra le sue carte e risponderà l’indomani.
       
       
      In effetti nella deposizione del giorno successivo 1/7/2009, dopo aver evidentemente consultato le sue carte, Max dichiara:
       
      Questo documento fa parte del periodo diciamo prima dell’arresto del 23 dicembre del ’92. Ho cercato ieri di spostarlo, cioè ho cercato di dargli meno importanza possibile perché ribadisco che mi fa un po’…”

      Ecco che viene fuori la seconda versione della data, nella prima era 1999-2000 e adesso diventa 1992. Successivamente dichiara che è antecedente le stragi e quindi antecedente il maggio 1992 (almeno se per stragi intende quelle di Falcone e Borsellino).
      Viene anche fuori che era stato lui stesso (Max) a ritirare il documento direttamente dal Provenzano vicino a Palermo e a portarlo a Roma a suo padre (che suo padre aveva il divieto di soggiorno a Palermo).
       
      Ingroia chiede
      Ma lei è certo che quella lettera è questa che le abbiamo esibito ieri pomeriggio, la possiamo esibire nuovamente…
       
      Max risponde :
      Sì, allora, voglio dire che in merito a questa situazione c’è stata più di una missiva, perché c’è stata pure qualcosa poco… c’è stata un’altra missiva che io non sono stato in grado di dare a mio padre
       
      A questo punto Max ha messo altra carne sul fuoco ed i PM vogliono accertarsi se sta ancora parlando della lettera del giorno precedente.
       
      Di Matteo chiede:
      Eh, ci arriviamo dopo, seguiamo l’ordine cronologico
      se no ci perdiamo. Allora, lei porta questa lettera a suo
      padre, le ho detto, suo padre la apre davanti a lei e lei
      è certo che è questa?”
       
      Max:
      Sì, deve essere questa, sì”
       
      Quindi Max ha appena confermato che si tratta della lettera del giorno prima.
       
      I passi successivi sono interessanti (dell’Utri diventa Onorevole nel 1996 e senatore nel 2001) e li riporto integralmente
       
      Ingroia: E lei ricorda a chi era indirizzata quella lettera?”
       
      Max: Al dottore DELL’UTRI.
       
      Ingroia: “Al Senatore Marcello DELL’UTRI…”
      Max: “Non era Senatore…”
      Ingroia: “…ora Senatore”
      Max: “ …no, non lo so neanche cosa era…”
      Ingroia: “…ora Senatore diciamo, al dottore Marcello DELL’UTRI.”
      Max: “Esatto”
       

       
      Adesso casca davvero l’asino e dopo che Max ha confermato ben due volte che stà parlando della lettera di cui al giorno prima,
       
      Ingroia chiede:
      Però scusi, noi stiamo parlando sempre di questa lettera? Noi parliamo di una lettera dove i riferimenti sono a: un triste evento e una esposizione politica per
      il quale porterà il suo contributo chi scrive la lettera… peraltro BERLUSCONI viene già indicato come Onorevole. La rileggiamo, questa metà, questa metà foglio dice: posizione politica, intanto portare il mio contributo che non sarà di poco perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento, Onorevole BERLUSCONI vorrà mettere a disposizione una sua rete televisiva”
       
      A Ingroia non era evidentemente sfuggito il banale dettaglio che nel maggio 92 o prima, Berlusconi non era ancora Onorevole (lo sarebbe diventato nel 94) e quindi lo fa “teneramente” e “candidamente” presente a Max (come nei film americani?) E Max, che già aveva spianato la strada dicendo che c’erano + lettere risponde, molto candidamente
       
      Max:
      Questa è la seconda”
       
      Ecco, dopo aver rtipetutamente confermato che si trattava della lettera del giorno precedente, che gliel’aveva data il Provenzano prima di maggio 92, che l’aveva messa nella copertina della Treccani a Roma, che aveva fatto due fotocopie della stessa, viene fuori, grazie alla domanda-suggerimento di Ingroia, che si era sbagliato. Ingroia a questo punto ne chiede l’arresto per falsa testimonianza? NO.
       
      Ingroia:
      Dica, dica, questa è la seconda, cioè, spieghi, vediamo
      se riesce a mettere meglio a fuoco i suoi ricordi, ci
      sono due lettere lei ha detto, lei ora, appena ora ha
      detto: forse allora questa è la seconda”
       
      Max:Più di una ce n’è né, più di una, più di due…”
       
      Ingroia:Lei quante ne ha viste? Lei è andato, uno a San Vito Lo Capo da LIPARI e l’ha portata a suo padre, che era indirizzata al dottore DELL’UTRI, giusto?”
       
      Max: Posso fare una pausa perché io devo capire pure cioè a
      cosa vado incontro”
       
      Ingroia:E faccia la pausa. E allora, su richiesta dell’interrogato
      alle 15:15 si sospende per 5 minuti
       
      Pausa provvidenziale, visto cos’aveva rischiato.

      Continua …

      Anton

    • anonimo 22:12 on 13 February 2010 Permalink | Rispondi

      Numero 3.

      Nel proseguo della deposizione Max dice che in "realtà" quella lettera è la terza, consegnata a suo padre quando già era in prigione.
      Dice anche che non l’ha detto prima perchè ne temeva le conseguenze giudiziarie, in quanto portare una lettera in prigione è un reato.
      E questa motivazione mi sembra davvero assurda:  aveva già ammesso di aver fatto da tramnite tra Provenzano e suo padre, reato piuttosto grave mi pare, e ha paura di essere incriminato per aver consegnato un messaggio sottobanco a suo padre in prigione???

      Boh. Adesso non vi tedio più.

      Anton Egger

    • enrix007 03:18 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      Non stai tediando nessuno.

      Assolutamente grazie per l’intervento.

      Poi va detto che tutta questa testimonianza di Ciancimino, rovinerebbe totalmente in un cumulo di macerie, se fosse vero quello che sembra: e cioè che non sia stato Don Vito a costruire il suo testo su quelle 5 righe, lavorando ad intarsio, ma che sia stata l’anonima manina a ricopiare il testo originale di Don Vito, modificandolo qua e là allo scopo di farlo sembrare sgrammaticato.

    • anonimo 14:34 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      Nel Giornale di Feltri di oggi (domenica 14) viene riportata l’immagine da lei creata con le prove della contraffazione.
      Viene citata pero’ solo la Serafini e censurati.it

      Luigi

    • enrix007 15:17 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ottimo.

      Questo blog e censurati.it è come fossero una cosa sola.

    • enrix007 15:51 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

    • anonimo 16:02 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      l’importante è che su censurati viene riportato un pezzo che non è tutto, è tagliato, e si parla dell’articolo intero riportando il tutto qui, su segugio. Ma pensa tu se una comunista come me deve essere citata sul giornale di Feltri :)

      vabbè…  prendo atto e andiamo avanti
      (enrix, tieniti pronto, che la settimana prox avrò altre info di primo pelo per i motivi che sai eheheh)

    • anonimo 16:04 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      p.s. ho dimenticato di firmarmi, il post precedente era mio

      antonella serafini

    • kasko 17:37 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      caro Enrix007, in tutta sincerita’, quello che stai facendo e’ semplicemente grandioso. Ti ringrazio per la boccata d’ossigeno. Ed ın tutta umilta’, tı ho dedıcato un post nel mıo blog cialtrone.
      Stessa stima anche per la dottoressa Serafini. E’ la prima volta che sono d’accordo con una comunista. No, anzi, e’ la seconda volta (ma qui sto divagando…)

      con stima.
      K

    • anonimo 21:56 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      a proposito enrix, ti avevo chiesto se per caso eri passato dalla smipar anche tu.

    • anonimo 21:56 on 14 February 2010 Permalink | Rispondi

      dimenticavo,
      Anton egger

    • anonimo 02:38 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si è rifatto vivo Nicola Biondo con un libro insieme al noto Sigrifido Ranucci.
      Nell’intervista dice:
      « Il racconto di Massimo Ciancimino ci permette ancora di più di scendere nei particolari e i personaggi sono sempre gli stessi, in questo caso il generale Mori che nel 1992 incontra Vito Ciancimino, i contorni di questi incontri sono ancora sfuggenti per molti, sono chiarissimi per le sentenze, quella è stata una trattativa, l’obiettivo era di catturare alcuni capi latitanti e lasciarne altri fuori, come Bernardo Provenzano per esempio, quella mafia invisibile, affaristica che ripone nel fodero l’arma delle stragi, per portare avanti una vera e propria pax mafiosa, quindi la mancata cattura di Provenzano che raccontiamo attraverso questo racconto inedito dell’infiltrato Luigi Ilardo, non è altro che un tassello del patto tra Stato e mafia, noi ti lasciamo libero, tu non fai più le stragi, noi ti consentiamo di fare affari, anzi li facciamo insieme!»
       
      http://www.youtube.com/watch?v=n1q4dybM6fk
      Ma di quali sentenze parla?
      Poi dice che Ilardo ha incontrato Mario Mori, e che gli omicidi di Mattarella, La Torre ecc. non erano nell’interesse di Cosa Nostra e sono stati invece eseguiti da poliziotti dal volto di mostro, non da mafiosi.
      Moritz
       

    • enrix007 03:19 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      Qualche giorno fa su facebook un docente universitario di storia mi ha consigliato questo libro di Biondo, sostenendo che si tratta di una rendicontazione ordinata che espone i fatti nudi e crudi "senza condimenti".

      In realtà pur essendo pieno di citazioni, il libro non ha una nota che sia una; ha solo una pagina finale di rimandi agli atti di numerosi processi e una bibliografia generale. E’ insomma un libro di (pseudo) saggistica che di fatto è di tipo "narrativo" (ossia è un romanzo) nella logica argomentativa.

    • anonimo 09:42 on 15 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Enrix, mai fidarsi dei docenti di storia!
      Pochi mesi fà, in televisione, ho sentito i commenti di un famoso storico, a proposito dei libri di Pansa. L’ho sentito con le mie orecchie affermare che

      "esiste una storia  con contenuto morale e pertanto degna di essere raccontata, ed un’altra, amorale che non val la pena di raccontare, in quanto non insegna niente di buono"
      Pansa, naturalmente, raccontava quella amorale.

      (PS  il virgolettato è mio  ed è una  sintesi di ciò che ha detto, non la trascrizione letterale)

      Anton Egger

    • almostblue58 14:05 on 16 February 2010 Permalink | Rispondi

      complimenti per il bricolage: delizioso e illuminante!
      Sebastiano Gulisano

    • enrix007 14:24 on 16 February 2010 Permalink | Rispondi

      Grazie Sebastiano,
      e scusa per i toni un po’ burberi che ti ho usato in precedenza.

      Son burbero, ma il cuore c’è, garantito.
      :-)

    • almostblue58 02:19 on 17 February 2010 Permalink | Rispondi

      non è che io sia meno burbero ;)
      e, comunque, avevi le tue buone ragioni.
      ciao,
      Sebastiano

    • anonimo 01:50 on 25 February 2010 Permalink | Rispondi

      Bravissimo.
      Avvisa i magistrati del "pacco".

      Una curiosità, visto che hai citato Travaglio: per anni è circolato un video (taroccato) della c.d. "ultima intervista di Borsellino", trasmessa anni fa anche da Santoro in tv.

      Manipolando l’audio dell’intervista si misero in bocca a Borsellino (ormai morto e che quindi non poteva smentire)  frasi mai dette su Dell’Utri.

      I taroccatori? Mai individuati.

      Ma, guarda tu il caso, qualche settimana fa è saltata fuori – rigorosamente in vendita per lucrarci – l’intervista originale su dvd, non taroccata.

      Chi ce l’aveva?

      Ma ovviamente Travaglio…

      Markus

    • anonimo 09:25 on 25 February 2010 Permalink | Rispondi

      La cosiddetta ultima intervista è stata vivisezionata da Enrix su questo sito, ci sono state discussioni interessanti anche sul sito di Travaglio e su quello di Guzzanti.
      Le conclusioni, se non piglio errori:
      1) nella versione integrale mancano un paio di domande che erano presenti nella trascrizione de L’espresso, quindi la definizione di "intervista integrale" non è corretta.
      2) nella versione taroccata una domanda è diversa rispetto alla "versione integrale", e la modifica non può essere frutto di un taglia e cuci, ma è necessario l’intervento vocale di Zagdoun, che quindi avrebbe partecipato al taroccamento.
      3) le motivazioni che spinsero i francesi a intervistare Borsellino, così come le riferisce Travaglio, non sono corrette.

      Ah, l’originale non ce l’aveva Travaglio, il Fatto Quotidiano ha pubblicato una "versione integrale" consegnata da Zagdoun.

      bart_simpson

    • iljester 11:43 on 27 February 2010 Permalink | Rispondi

       Caro Segugio,
      che dirti? Un articolo – il tuo – davvero fenomenale e arguto! Mi è piaciuto parecchio per la precisione con la quale hai smontato l’invenzione del papello di Ciancimino.
      Mi piacerebbe scambiare con te il link dei nostri reciproci blog. Il mio è http://www.iljester.it/
      Fammi sapere!

    • enrix007 03:38 on 28 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro jester, molto volentieri; Link aggiunto.

    • iljester 22:35 on 1 March 2010 Permalink | Rispondi

       Fatto anche io! ;)

  • Avatar di enrix

    enrix 15:14 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , antonio ingroia, , , , , , , ,   

    Rimarchevole "botta e risposta" fra Antonella Serafini, il sottoscritto, e Massimo Ciancimino su BlogSicilia.
    Intervengono anche Gioacchino Basile ed Angelo Jannone.

    CIANCIMINO E LEPROTTO BISESTILE

    LA DISCUSSIONE SI PUO’ LEGGERE QUI.

    Ora però i miei messaggi non passano più. Chissà perchè.

    Update, alle 22: ora i messaggi passano regolarmente.

     
    • WG 18:35 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      In che senso i messaggi non passano più? Non c’è nessuna censura.

      Walter Giannò, coordinatoredi BlogSicilia.

    • enrix007 19:02 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ho postato due messaggi, a commento di quanto scritto dal sig. Vultaggio, e dopo avere dato "invio" non sono passati.

      Ho pensato, prima di scrivervi per capire, che essendo domenica pomeriggio aveste messo l’opzione "moderazione"  per passare i messaggi al vostro rientro, al fine di mantenere una legittima sorveglianza.
      In altri blog succede.
      Può però anche essere possibile che il vostro server abbia preso come SPAM i miei messaggi, sospendendoli in automatico.
      Se può controllare, ciò dovrebbe essere avvenuto nel primo pomeriggio.

      Prendo atto altresì che non si tratta senz’altro di censura, e vi ringrazio.

    • Sympatros 21:13 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      In un post precedente, io esprimevo la mia opinione sul misterioso signor Franco/Carlo:

      …..Io sono arrivato alla conclusione che non può essere un personaggio di fantasia…. secondo me è dotato dell’attributo dell’esistenza… ma come mai, almeno da quel che ho letto, i magistrati non stringono il testimone di più su questo aspetto per riuscire ad identificare il personaggio, che per molti aspetti è il deus ex machina di tante cose? Che i magistrati sappiano già chi sia? E ci aspetta il botto finale?

      Enrix, prendendosi gioco della mia ingenuità, rispondeva:

      """"Franco?
      Se non fosse già defunto, ipotizzerei trattarsi di Franco Franchi
      .""

      Ora se rispondesse al vero questo link

      http://palermo.repubblica.it/dettaglio/trovata-sim-di-ciancimino-con-numero-di-agente/1688856

      Sembra che il personaggio misterioso esista veramente e le telefonate e la sim di cui parlava il giovane Ciancimino non sono tutte balle!

    • enrix007 22:01 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Se la SIM trovata ad agosto dell’anno scorso fosse stata quella di cui parla Massimo Ciancimino, e avesse contenuto il numero del Sig. Franco, noi oggi dovremmo saperlo, non trovi, Sympatros? C’è qualche notizia di questo genere che sino ad oggi ci sia stata tenuta nascosta? Non servivano analisi al microscopio. Bastava attivare la SIM in un telefonino, e Ciancimino in pochi secondi manovrando la rubrica, avrebbe detto: eccolo qui.
      Con tutte le volte che dice di aver conversato con lui al telefonino, dovrebbe essere un’operazione facile per Ciancimino Junior.

      Invece una settimana fa, in un articolo di Anna Petrozzi e Lorenzo Baldo pubblicato sull’aggiornatissimo sito Antimafia2000, la SIM fantasma con il numero del caro Franco, viene data ancora per "mai rinvenuta".

      http://www.antimafiaduemila.com/content/view/24628/78/

      Eh…saperla, la verità, caro Sympatros.

    • Sympatros 22:37 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Eppure, a costo di apparire ingenuo, leggendo i verbali, da  un certo momento in poi, ho avuto la sensazione che gli inquirenti non stringessero adeguatamente il teste per capire se esistesse veramente il misterioso Carlo e quale fosse la sua identità.

      E mi chiedevo e continuo a chiedermi: … forse che i magistrati sappiano già chi sia? E tra l’altro mi sembra che negli ultimi interrogatori i magistrati non chiedano più conto della sim e, quando parlano del signor Carlo, lo danno come una presenza scontata e pacifica. Impressioni.. solo impressioni.

    • enrix007 23:35 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ehi, impressionato, hai forse trovato anche solo un punto, uno solamente, dove gli interroganti non danno per scontatamente vero quanto detto da Ciancimino junior, ma lo fanno cadere in contraddizione come farei io con lui per metterne alla prova la sincerità?

    • Sympatros 08:33 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Uelà, assicurato, c’è una cosa che mi chiedo, che non mi tormenta, ma m’incuriosisce: come fai ad essere così sicuro che gli inquirenti siano complici del giovane Ciancimino e gli lascino dire tutto ciò che vuole, non mettendone in evidenza le contraddizioni? Ma son proprio tonti ‘sti magistrati, che se ne faranno di un testimone che racconta balle, se poi verrà sottoposto ad un controinterrogatorio da parte della difesa, che sarà agguerrita e stringente almeno quanto te? Che se ne faranno? Sono autolesionisti? Gli piacciono le figure barbine?
      Sì, l’atmosfera degli interrogatori è permissiva, si tratta sempre di un teste che collabora, ma ci sono i momenti in cui lo costringono al chiarimento, più di una volta Ciancimino s’interrompe, per consultarsi con gli avvocati e in qualche occasione arriva pure a piangere. Pianto del coccodrillo? I punti vista,,,, i punti di vista, a cui noi umani siamo condannati!! Io vedo dei normali magistrati che cercano di fare il loro mestiere, sforzandosi di farlo con professionalità…. e tu invece ci vedi altro. E che ci vuoi fa’ … che ci vuoi fa’, c’est la vie!!

    • enrix007 08:47 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Allora se vedi tanta professionalità nel fatto che danno come presenza scontata quella del Sig. Franco, vuol dire che ritieni che sappiano già chi è.
      Speriamo che sia così.

      Perchè dare per scontata quella presenza negli interrogatori senza ancor  aver scoperto traccia vivente di quella persona, non è molto professionale, anzi, si rischia di aiutare il teste a costruire le favole, se questo fosse un bugiardo anzichè un collaboratore genuino..

    • Sympatros 08:51 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sì, sono propenso a crederlo…..

    • enrix007 09:40 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      E’ la fede che sorregge l’uomo.

    • anonimo 10:53 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, toglimi una curiosità.
      Ieri rispondendo al sig. Piazzini, chiedendogli lumi su cosa intendeva per "stato", tra le tante hai citato "I comandi della Folgore".
      Sarà mica che sei passato per la Smipar anche tu?

      Anton

    • anonimo 11:07 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ancora una cosa Enrix.

      Ingroia per ben due volte chiese l’archiviazione nel primo processo contro Mori e De Caprio e il GIP non la concesse.
      Lo stesso Ingroia dichiarò che sarebbe stato ridicolo se sui avesse dovuto sostenere un’accusa in cui non credeva.
      Certo, quando poi fu costretto a sostenerte l’accusa fece dichiarazioni in senso opposto, ma questo è formalmente comprensibile. Era tanto convinto che alla fine chiese lui stesso l’assoluzione.

      Cosa è cambiato in questo nuovo processo? I capi di imputazione sono diversi? Secondo tè adesso Ingroia ha cambiato idea, si è convinto cioè che il Ros è colpevole, oppure stà semplicemente recitando un ruolo impostogli?

      Anton

    • anonimo 15:31 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Grandissimo il coniglio.
      Complimenti!

      Luigi

    • grilloz 21:58 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      ed ecco la famosa lettera:
      http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?p=1&pm=&IDmsezione=9&IDalbum=24023&tipo=FOTOGALLERY#mpos
      (che io, fossi stato Ciancimino, avrei battuto a macchina)
      sarà originale come il papello?

    • grilloz 22:32 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      e un’altra domanda sorge spontanea:
      ma se Provenzano comunicava direttamente con dell’Utri (che, secondo le parole dello junior aveva sostituito il padre nella famosa trattativa) che bisogno aveva di usare Ciancimino come tramite per recapitare una lettera a Berlusconi?

    • enrix007 23:43 on 8 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ti correggo Grilloz: che bisogno aveva di darla a Lipari, perchè la desse a Junior, perchè la desse a Senior, perchè la desse a "Franco", perchè la desse a Dell’Utri, perchè la desse a Berlusconi.
      E non un messaggio di auguri, ma una lettera messa in una busta aperta (non incollata), indirizzata proprio a dell’Utri (con tanto di destinatario in testa) e contenente un tentativo di estorsione con minacce aggravate: o ci dai uno spazio in TV, o ti accoppiamo il figlio. Così, tanto per.

      Ed ora, tanto per, giustappunto, restare in argomento, riprendo a vedere il secondo tempo del film di Mr Bean che ho interrotto poco fa.

    • Sympatros 10:04 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, preso d sacro furore contro la mafia, la menzogna, la denigrazione dei benemeriti servitori dello stato, non utlizza soltanto le parole, le ricerche e i ragionamenti, ma va oltre… l’attacco a Ciancimino junior è totale… con tutte le armi.. con la grafica, coniglio, foto di una persona insignificante… utilizza persino il giudizio che il Ciancimino senior ha nei confronti del figlio… un buono a nulla.
      Forse lo zelo, anche se dettato da buoni intenti, va oltre il segno. Gli aspetti parodici e ironici nei confronti di Ciancimino, nei confronti della sua figura e della sua icona fisico-morale, finiscono per dare un punto a favore al Ciancimino.

      Un’attenuante er Massimino ce l’ha, ma vi immaginate cosa abbia significato per lui la presenza di un genitore, di un padre prepotente, invasivo, mafioso, che lo teneva legato ad un catena, che gli permetteva di girare per casa, ma non di uscire di casa? Vi immaginate avere a che fare con un padre che vedeva in lui una sorta di figlio degenere che non aveva né le fisique du role né la tempra del mafioso? Massimo Ciancimino, secondo me, ha più di un’attenuante…. attenuante certo che non giustifica eventuali reati da lui commessi.

      Enrix, mettere alla berlina lo junior, riportando i giudizi negativi che il padre aveva nei suoi confronti e parodiarne l’aspetto fisico, la vedo come un punto a favore di CIancimino ed un tuo autogloal!

    • Sympatros 10:05 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      L’autonomia della magistratura

      Se la magistratura fosse politicamente schierata a sinistra e politicizzata contro Berlusconi, avrebbe senz’altro fatto a meno ed evitato di raccogliere le testimonianze di Spatuzza e di Ciancimino junior…. se non ci sono riscontri reali a ciò che questi testimoni vanno dicendo… finiscono col fare il gioco di Berlusconi stesso e quindi non farebbero gli interessi dell’ipotetica parte politica per cui tifano.

      La magistratura si sta dimostrando sostanzialmente autonoma…. non possono non acquisire testimonianze del genere… sta alla magistratura giudicante e anche all’opinione pubblica stabilire cosa farne di testimonianze di questo tipo. Se alla maggioranza degli italiani va bene avere un Presidente del Consiglio su cui si dicono queste cose e su cui gravano questi sospetti….. la maggioranza, anche se potenzialmente rimbambita, in democrazia, ha comunque ragione.

    • enrix007 10:20 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sympatros, quello non è un coniglio comune: è il leprotto bisestile di Alice nel paese delle meraviglie. Un personaggio con ben note e ben precise caratteristiche comportamentali che ho voluto richiamare non solo per similitudine grafica.

      Affermazioni del tipo "Come avete notato, all’inizio ho addirittura detto che era grafia di mio padre, avendo ovviamente la certezza, che non era assolutamente grafia di mio padre", paiono tratte direttamente dal libro di Carrol, e pertanto legittimano la mia scelta.

      Inoltre si, io immagino cosa voglia dire avere a che fare con quel genitore, ma immagino anche, allo stesso tempo, cosa voglia dire avere a che fare con un patrimonio di 60 milioni di euro lasciati dallo stesso genitore, che chiunque a questo mondo farebbe carte false (è un modo di dire, naturalmente) per recuperare.

      Interessante poi il ragionamento che hai fatto sulla magistratura.

      Applicasti lo stesso ragionamento con Tarantino e la commissione Telekom quando dava corda ad Igor Marini, Sympatros?

    • Sympatros 10:33 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Aspettiamo, Enrix, aspettiamo…. e vediamo se anche il Massimo.. come l’Igor accompagnerà in Svizzera i magistrati alla ricerca di riscontri e poi darò il mio giudizio.

    • Sympatros 10:39 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ma poi, Enrix, Tarantino era in veste di Presidente di una commisione parlamentare, roba politica, in Parlamento c’è il potere legislativo e non giudiziario. i politici non sono tenuti all’osservanza dell’atarassia e autonomia di giudizio come i magistrati…. anche se svolgevano un’inchiesta, sempre nel parlamento siamo, sempre politici sono!

    • enrix007 11:01 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      A parte il fatto che il PM rappresenta in diritto "parte", non sottoposta a vincoli di imparzialità, e quindi con l’atarassia non c’entra nulla, TU nel messaggio precedente ti sei lanciato a delineareun profilo logico che considerava l’eventualità di una magistratura "politicamente schierata".

      Quindi il confronto che ho fatto era legittimato da te stesso.

      Quindi cerca di non fare bailamme lanciando la pietra e nascondendo la mano, con messaggi tipo il 21, perchè sai che questo tipo di comportamento mi rende nervoso e c’ho il cancellino facile.

      Infine se tu vuoi aspettare aspetta pure. Forse non ti stai rendendo conto che lo Junior non fa in tempo a sventolare un foglio di carta che dopo un minuto è già pubblicato dai giornali (quindi scansionato prima che lo tirasse fuori in tribunale).
      E secondo te io dovrei aspettare il giudizio di una corte per esprimere un parere su un documento pubblicato da un giornale?

      Guarda che qui non siamo a Mosca nel 1967, ma in Italia nel 2010.

    • Sympatros 14:51 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Bailamme.. quale bailamme? Tarantino non sono stato io a tirarlo in ballo.

      """non sottoposta a vincoli di imparzialità"""

      I PM sono una parte e rappresentano una parte, ma dentro il processo. Per quanto riguarda la politica sono tenuti ad apparire ed essere imparziali.

    • anonimo 16:13 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      Scusate per la piccolezza: Trantino, non Tarantino.

    • enrix007 20:17 on 10 February 2010 Permalink | Rispondi

      si, vero, Trantino.

    • anonimo 13:11 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Probabilmente l’ha gia’ letto per farsi quattro risate, ma le segnalo comunque l’ultimo sproloquio di Marco Travaglio dalla sua tribuna in rete:

      http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/2010/02/08/la_diretta_con_marco_travaglio.html

      A presto e complimenti come sempre

      Luigi

    • enrix007 14:15 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si l’ho sentito e l’ho letto. Con questo entra nel guinness alla voce "giornalista cazzaro". Riesce a concentrare una dozzina di bugie, di falsità, in una decina di righe, meno di 5 min. di monologo.
      A me non ha fatto ridere, ha dato la nausea.

    • anonimo 19:14 on 11 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si può sapere quali sono queste dodici balle dell’ultimo Passaparola?

      Moritz

    • enrix007 02:08 on 12 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si, si può sapere, ma fra un paio di giorni. Questa sera, facciamo bricolage.

  • Avatar di enrix

    enrix 02:06 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi
    Tags: , antonio ingroia, , , ,   

    Ancora una domandina a Marco Travaglio

    massimo_ciancimino_n

    Quest’oggi Marco travaglio nel suo "passaparola" è intervenuto sull’ultima testimonianza di Massimo Ciancimino nel corrente processo a carico del generale Mori.

    Il sottoscritto, sul suo blog voglioscendere a QUESTO INDIRIZZO gli ha posto una nuova, specifica, domandina sull’argomento, che ora vado a ricopiare.

    Ci auguriamo che risponda e chiarisca l’arcano.


    Domandina per Marco Travaglio, che sicuramente è preparato e saprà soddisfare la mia sete di sapere: se è vero ciò che ha affermato lo Junior, e cioè che nel 2002 Provenzano godeva di una sorta di immunità a seguito dell’accordo contratto con il ROS dei carabinieri, COME MAI, sempre nel 2002, stando a quanto si vede nella
    docu-fiction di RAITRE "Doppio gioco", per segnalare le "cimici" infilate PROPRIO DAL ROS, con lo scopo di rintracciare il boss, nell’auto dei mafiosi custodi della latitanza di Provenzano, gli Eucaliptus di Bagheria, COME MAI DICEVO, si doveva disturbare a fare la talpa proprio quel Pippo Ciuro che lei dovrebbe conoscere bene e che lavorava negli uffici della Procura di Ingroia, fatto per cui si è beccato quasi 5 anni di carcere col rito abbreviato?
    In buona sostanza: il ROS doveva garantire l’immunità territoriale al boss, e nello stesso tempo gli dava la caccia infilando cimici nelle auto ai mafiosi del suo clan, che però venivano avvisati dai collaboratori di Ingroia nonchè dagli amici potenti, come Cuffaro (incastrato anche lui dal ROS nella stessa inchiesta), e facevano le bonifiche.
    La domanda che pongo è: come possiamo noi scacciare dalla nostra testa, alla luce di questi fatti, l’esecranda idea che il nostro Junior stia cacciando semplicemente un mucchio di balle?
    E se vogliamo essere fini, altra domanda: come si concilia quanto affermato dal magistrato Sabella, altra persona che lei dovrebbe conoscere bene, e cioè che il ROS non sia affidabile per indagini di mafia in Sicilia, con il fatto che è stato lo stesso ROS ad incastrare Totò Cuffaro? Faceva parte anche questo dell’accordo con Provenzano?

    Grazie se mi vorrà rispondere.

     
    • enrix007 21:59 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Non so a quale passggio ti riferisci, probabilmente a quello in cui lo Junior narra che i carabinieri avevano affittato un appartamento al terzo piano di fronte al palazzo dove LUI, lo junior, abitava a Palermo, per controllarlo.

      Beh, mi obblighi ad anticipare una delle chicche dei prossimi articoli.

      L’appartamento di cui Junior parla, il suo, si trova al settimo piano.

      Una persona in contatto con me la scorsa settimana è andata a verificare in loco, per sicurezza, e mi ha già confermato quello che era prevedibile: dal terzo piano, se cerchi di guardare l’appartamento di junior al settimo del palazzo do fronte, non vedi un cazzo.

      Quindi, bugia.

      La casa di Ciancimino a Roma, invece, in Via San sebastianello, si trovava sulla punta di un terrapieno alto circa 15 metri, prospicente sulla strada, situazione molto rara in Roma. Si può vedere in google map, digitando Via san Sebastianello n°9 – Roma. Davanti alla casa,  (una costruzione bassa, terrazzata e verandata), con il pianterreno ad una quota di circa -15 mt rispetto alla casa Ciancimino, c’è una chiesa con annesso palazzotto della curia.
      Ma se anche i carabinieri avessero voluto mischiarsi ai preti o alle suore, di lì avrebbero visto ben poco.
      Quella casa avrebbe potuto essere visitata in incognito, se solo avesse voluto, non solo dall’Ing. Lo Verde, ma anche da Gheddafi in persona.

    • enrix007 22:01 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      In ogni caso, tutte ipotesi per assurdo.
      Io non credo a tutte queste visite di Provenzano.
      Non è verosimile.

    • Sympatros 22:33 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      """Una persona in contatto con me la scorsa settimana è andata a verificare in loco, per sicurezza, e mi ha già confermato quello che era prevedibile: dal terzo piano, se cerchi di guardare l’appartamento di junior al settimo del palazzo do fronte, non vedi un cazzo."""

      E metti che a loro interessasse guardare in basso e non in alto…. al portone e non ai balconi?

    • anonimo 23:31 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      marco travaglio, unitamente ai suoi degni compari, si sta arrampicando sugli specchi per far finta di credere che Ciancimino è "la bocca della verità" mentre un qualsiasi normo-dotato, pure lui, capisce che le cose che Ciancimino sta dicendo non stanno nè in cielo nè in terra, inventate di sana pianta per dare il giusto effimero godimento ai soliti noti
      Maria

    • anonimo 11:45 on 3 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sympatros …e metti che berlusconi sia un alieno e ciancimino j. sia il nuovo messia e suo padre ciancimino s. dio,…ci hanno messo alla prova sino ad ora ma nel giorno del giudizio delegheranno di pietro per la scelta di  quali sono i buoni e cattivi…

    • anonimo 20:11 on 3 February 2010 Permalink | Rispondi

      Interessante il fatto che pur di cercare di andare contro Travaglio si usano parole di Ciancimino che Travaglio non ha neanche commentato. E per di più la si confrontano con una docu-fiction. Io direi che sarebbe il caso di verificare prima sui verbali se la docu-fiction racconta il vero o inventa quella parte. Poi si trattarebbe di sapere per conto di chi veniva tenuto sotto controllo Ciancimino e per conto di chi. In quanto detenuto agli arresti domiciliari, difficile che veniva tenuto sotto controllo dalla Procura che gli aveva dato gli arresti domiciliari. Infine si tratterebbe di sapere chi ha dato l’immunità territoriale a Provenzano e in che termini.
      Una volta avuta la risposta a tutti questi interrogativi e ad un altro centinaio di interrogativi che qui è troppo lungo elencare, si può valutare se la tua domanda ha senso o no.
      Allo stato è una domanda che dichiara: "Io odio Marco Travaglio". Fosse rivolta a me, ammesso che qualcuno me la facesse leggere, non risponderei neanche

    • enrix007 23:33 on 3 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Anonimo, interessante il fatto che pur di evitare gli argomenti posti nella mia domanda, tu divaghi con ben 11 righe di cazzate.

      Travaglio ha esordito nel suo passaparola, così: "dico subito che Massimo Ciancimino sta facendo delle dichiarazioni estremamente importanti a Palermo, al processo per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995: sta descrivendo Provenzano come un intoccabile, come un uomo protetto da una parte deviata dei Carabinieri, con i quali aveva fatto un accordo addirittura prima della strage di Capaci", al che io gli ho posto la domandina: …ma se è vero ciò che dice il cianci, e cioè che il ROS proteggeva Provenzano, allora come mai…ecc..ecc.."
      Trovi che sia una domanda illegittima? Tu trovi che sia "dar contro ad ogni costo a Travaglio"?  Vedi una carenza di logica?
      Secondo te era forse meglio se io, a Marco Travaglio che focalizzava l’attenzione sulle dichiarazioni del Cianci sulle protezioni del ROS a Provenzano, invece che fare una domanda sui dubbi che sollevano queste dichiarazioni, domandavo invece la ricetta del fritto misto alla piemontese, visto che è di Torino?
      Ma prima di rispondere a queste domande, rispondi a questa: tu ritieni che io abbia del tempo da perdere con gli idioti pari tuo?
      Tu pensi veramente che io abbia del tempo per stare a domandarmi in compagnia di un anonimo imbecille per conto di chi sarebbe stata disposta una sorveglianza del Ciancimino, la cui esistenza sarebbe provata solo dalla parola di uno con quella faccia, il quale dice a sua volta di averlo saputo da Provenzano e da un certo sig. Franco cui lui avrebbe telefonato un mucchio di volte avendone i numeri sulla sua SIM, ma che purtroppo oggi non si può rintracciare perchè non c’è più traccia della SIM così come delle telefonate effettuate?
      E ancora: tu pensi veramente che io sia tenuto a non disintegrare con il tasto delete, i commenti di un mentecatto che viene qui a domandarsi chi avrebbe dato l’immunità a Territoriale a Provenzano, proprio esattamente sotto un mio post che descrive fatti che dimostrano che questa immunità non c’era per niente, come se io parlassi solo per i muri che mi circondano?

      No caro, questo non è il mercatino degli idioti, niente merce avariata.

      Tu dici che hai ancora cento domande di quel tenore, cioè cretine come quelle, nel tuo sacco.
      Se ti azzardi a porne anche una solanto che non abbia un briciolo di senso logico, e che puzzi anche solo da lontano di apodittico, ti cancellerò senza pietà. Naturalmente.

    • enrix007 23:49 on 3 February 2010 Permalink | Rispondi

      @ Sympa

      No, SYmpa, non era un discorso "di chi entrava e di chi usciva" dal palazzo.
      Sarebbe stata un’attività di sorveglianza di Ciancimino visiva ("tapparelle"), e acustica (microfoni direzionali).
      Lo spiega lo junior da pagina 31 in poi del verbale 9.11.20.

      Ma dal terzo piano, il settimo di fronte, nè lo vedi, nè lo senti coi microfoni direzionali. Troppo angolato. La persona che ha fatto il giretto, è esperta.

      Notare poi che il cianci dice persino di non sapere da quale appartamento di quale palazzo, sapeva solo del terzo piano. L’informatissimo sig. franco, sapeva e raccontava ogni dettaglio delle sofisticate apparecchiature usate dai carabinieri deviati inq uell’appartamento, e si è raccomandato di tenere chiuse le tapparelle anche se dal terzo piano di fronte non si vedeva un cazzo fossero state anche aperte, ma ha omesso di precisare dietro a quali finestre si nascondessero precisamente i carabinieri spioni.

    • Sympatros 09:55 on 4 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, non ho capito perché devi essere sempre ultra decisionista, ti è peculiare escludere in maniera netta e decisa le ipotesi degli altri. L’una cosa non per forza esclude l’altra. La vicinanza ( palazzo di fronte) serviva per l’acustica e le diavolerie elettroniche…. se poi funzionassero o meno bisogna vedere. Il terzo piano serviva per il portone…. una volta che tu sai chi è entrato…. e poi ascolti con i mezzi elettronici, non c’è alcun bisogno di spiare dalle tapparelle. Non costringermi a fare il segugio pure a me. 

      Se dal terzo piano poi non si vedeva nemmeno il portone, vuol dire che i carabinieri l’appartamento l’avevano affittato non per Ciancimino, ma per andare a puttane!

    • Sympatros 10:25 on 4 February 2010 Permalink | Rispondi

      Enrix, visto che ci hai perso o dedicato tanto tempo al rompicapo Ciancimino, dimmi una cosa… che idea ti sei fatto dell’onnipresente Franco o Carlo che sia? Misterioso, personaggio di rispetto, colui che sa e che è necessario e non si può fare a meno di informare di ogni passo della trattativa o altro. Io sono arrivato alla conclusione che non può essere un personaggio di fantasia…. secondo me è dotato dell’attributo dell’esistenza… ma come mai, almeno da quel che ho letto, i magistrati non stringono il testimone di più su questo aspetto per riuscire ad identificare il personaggio, che per molti aspetti è il deus ex machina di tante cose? Che i magistrati sappiano già chi sia? E ci aspetta il botto finale?

      D’altronde, il giovane Ciancimino, nonostante la naturale e caratteriale tendenza alle divagazioni, quando sa di rischiare qualcosa diventa più cauto.. s’interrompe e chiede consiglio ai suoi avvocati, anche se al punto dove è arrivato, c’è poco da rattoppare. Chi è Franco? Questo è il problema.

    • enrix007 11:52 on 4 February 2010 Permalink | Rispondi

      E’ Cianci che dichiara quello, che gli han detto di tener giù le tapparelle, non io.

      Franco?
      Se non fosse già defunto, ipotizzerei trattarsi di Franco Franchi.

    • anonimo 11:05 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      http://www.davidegiacalone.it/giustizia/pentiti-e-pezze/
      Spatuzza ha già dato bella mostra di sé. Ora è il turno di Massimo Ciancimino che, al di là di ogni altra considerazione, sta cercando di descrivere il padre Vito come un totale demente, che porta nella tomba i segreti, pagando il prezzo del silenzio, ma prima li confida al figlio inaffidabile, in modo che possa raccontarli a tutti. Delle due l’una: o non ci sono più i mafiosi di una volta, o qui c’è una giustizia che si lascia menare per il naso, salvo chiedere prestazioni a gettone ad un figlio di delinquente che è delinquente egli stesso, il quale cerca di salvare l’unica cosa che sa contare, i soldi. In ogni caso, mi sta anche bene, pure uno Spatuzza o un Ciancimino possono essere utili. Però, che diamine, purché ci sia una prova, un riscontro, qualche cosa che non ci costringa tutti a credere sulla parola a dei disonorati.

      bart_simpson

    • anonimo 15:19 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Bart sono d’accordo con te. Questo processo ritengo sarà più mediatico che altro. I riscontri non si troveranno e buonanotte ai suonatori, di reale non resterà nulla.

      Ma nella testa degli Italiani cosa resterà? Articoli di giornali, scenari immaginari che  nella ripetitività diventeranno per i più distratti (la maggior parte degli Italiani) fatti reali, e da questa finta verità si costruiranno la loro realtà, che purtroppo non esiste.

      La Commissione Mitrokhin, l’intervista di Borsellino, l’arresto di Riina con Mori ed Ultimo inquisiti e prosciolti,  sono solo tre semplici esempi per dimostrarti cosa succede,  quando passano per verità notizie assolutamente NON VERE.

      Questo caso non mi sembra discostarsi dagli altri, vedremo.

      Gianluca

    • enrix007 19:43 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Questa vicenda si differenzia da tutte le altre, spicca, per un particolare: Mori non è un politico come Berlusconi, o un giornalista schierato come Renato Farina. E’ il comandante del ROS che ha catturato Totò Riina.

      La tifoseria pro-Ciancimino, copiosissima e variegatissima, che parte da certi magistrati e dai loro parenti, passa attraverso certi giornalisti dalla parlata rancida, e si dirama fra i cittadini di ogni ceto e razza (sympatros è uno di quelli), se stesse prendendo una cantonata, questa volta non sarebbe legittimata in qualche modo da un gioco delle parti, dalle regole dell’antagonismo politico, dal diritto alle idee.

      No, questa volta la cantonata farebbe il gioco della mafia, in azione contro i servitori dello stato che hanno saputo profondamente danneggiarla.

      Una condanna di Mori fondata su elementi che non siano più che certi e fondati, provocherebbe un danno incalcolabile allo stato, alle sue strutture operative che combattono la mafia.

      I carabinieri sono tutti col loro generale, non dimentichiamolo, sino a prove contrarie certe come macigni.

      Dell’opinione che possono avere di questo personaggio e delle sue esternazioni, non c’è bisogno che dica nulla.

    • anonimo 20:08 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      @ gianluca e @ enrix

      "La Commissione Mitrokhin, l’intervista di Borsellino, l’arresto di Riina con Mori ed Ultimo inquisiti e prosciolti,  sono solo tre semplici esempi per dimostrarti cosa succede,  quando passano per verità notizie assolutamente NON VERE."

      ci sono aspetti controversi o no su come si arrivò al covo di Riina?
      Vedasi l’articolo della voce delle voci che ho postato in "nel nome dell’antimafia". Nessun commento su quell’articolo? Ultimo ha avuto un lapsus, o si è semplicemente confuso?

      "Una condanna di Mori fondata su elementi che non siano più che certi e fondati, provocherebbe un danno incalcolabile allo stato, alle sue strutture operative che combattono la mafia."

      Non si può dire la stessa cosa di Bruno Contrada? Anche lui aveva l’appoggio dei suoi colleghi tutti, incluso Mario Mori, che testimoniò a favore di Contrada in tribunale e fu minacciato da Ingroia di essere incriminato per falsa testimonianza.

      Moritz

    • anonimo 20:52 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Scusa Moritz, questa è la sentenza dove è spiegato per filo e per segno tutto, riguardo come si arrivò a prendere Riina, al suo covo, alla presunta perquisizione ecc. ecc. di controverso noto solo che quello che viene spiegato ai poveri cittadini che non leggono le sentenze è falso, oppure si gioca sul sottile filo di alcune parole E SI FANNO CAPIRE COSE DIVERSE NON VERE.

      http://www.testealfa.altervista.org/sentenza.pdf

      Qualsiasi stranezza lei ravvedesse (e sua piena libertà interpretare dei fatti) ciò non ha portato dei giudici a sostenere che siano state commesse delle illegalità, IN QUANTO IL FATTO NON COSTITUISCE REATO.

      Poi ritengo che qualsiasi persona che si legga la sentenza capirà che è assolutamente palese che Mori ed Ultimo abbiano fatto al meglio il loro lavoro.

      Gianluca

    • anonimo 21:14 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Tutta questa faccenda, comunque vada a finire è sconcertante.

      Delle due l’una

      1) O è marcio l’intero gruppo che fù il ROS palermitano( Mori, De Caprio, Di Donno  e, immagino molti sottoposti)

      2) O è marcia mezza  procura di Palermo e se non è marcia è costituita da incompetenti totali.

      A prescindere dalle mie opinioni e simpatie, che sono a favore del ros , in ogni caso sarà un disastro istituzionale.

      Considerato lo "spessore" del Ciancimino e delle sue rivelazioni è molto probabile che Mori ne esca per la seconda volta pulito (a proposito, non era Ingroia che aveva proposto più volte l’archiviazione nella vicenda di Ultimo ?)
      Se così sarà, come ne uscirà il magistrato "punta di diamanate"  Ingroia?
      Che credibiltà potrà avere in futuro? Quale collaborazione potrà avere  dalle forze dell’ordine nelle future indagini?

      Anton Egger

    • anonimo 21:26 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      C’è ancora una questione che non riesco a togliermi dalla testa.
      Se fosse vero che i ROS avevano stretto un accordo con Provenzano attraverso Vito Ciancimino, per quale motivo Mori avrebbe dovuto favorire una sua audizione  presso la comissione antimafia contattando il presidente Violante?  Mi verrebbe da pensare che se tale trattativa fosse stata in corso, sarebbe stato meglio che nessuno ne venisse a sapere, tanto meno un personaggio come Violante.

      Mahh!!!

    • anonimo 21:27 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Dimenticavo di ri-firmarmi

      Anton Egger

    • anonimo 21:37 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Mi sembra interessante quello che disse Mori alla commissione antimafia.

      Però, fino a quando la mafia resterà una
      struttura organica, vi è un settore al quale non rinuncerà
      mai, cioè quello degli appalti; essi, infatti, non implicano
      solo un guadagno ma il dominio del territorio, e il mafioso
      non può consentire che nella sua zona operi una ditta senza
      che egli abbia ottenuto in cambio la "mazzetta", perché se
      così fosse si prenderebbe la cosiddetta tagliata di faccia e
      dimostrerebbe di aver perso il controllo del territorio.
      Quindi, la mafia segue gli appalti con continuità. Me ne
      sono interessato quando mi sono trovato a Palermo ed ho
      prodotto un rapporto. Il mio comandante sottolineava
      giustamente che non sempre la verità investigativa corrisponde
      ad una verità giudiziaria, perché molte volte noi, come
      investigatori, non siamo in grado di dimostrare ciò che
      razionalmente abbiamo in mente, certi che sia vero. Un conto è
      la nostra verità, un conto è ciò che riusciamo a dimostrare al
      magistrato.
      Certo, i risultati mi hanno deluso, ma poiché sono
      caparbio continuerò a produrre altri rapporti, sicuro di
      conseguire maggior successo.

      Sicuro di conseguire maggior opposizione.
      bart_simpson

    • Sympatros 22:23 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      """"……(sympatros è uno di quelli), se stesse prendendo una cantonata, questa volta non sarebbe legittimata in qualche modo da un gioco delle parti, dalle regole dell’antagonismo politico, dal diritto alle idee…..""""

      Enrix la butta sul tragico ….l’ha messa a tinte fosche e drammatiche e spinge fortemente noi poveri tapini verso il complesso di colpa , noi che osiamo non pensarla come lui e abbiamo l’ardire di mettere nel conto che qualcosa di vero ci potrebbe essere nel "raccontantor di balle" Ciancimino. Per Enrix un’infausta sentenza porterebbe ad una sorta di angoscia istituzionale e manderebbe in crisi d’identità la Benemerita Arma dei Carabinieri. Io più prosaicamente penso che, cmq vadano le cose, si potrebbe andare verso il grigio e non per forza verso il fosco. Morto un papa se ne fa un altro. E poi non è la prima volta e non avviene solo nei filmi americani che il poliziotto, o per eccessivo zelo o per altri innominabili motivi, rasenti l’illegalità e qualche volta ci vada proprio a finire dentro. Morto un papa se ne fa un altro.

      E metti che la cantonata la stessi prendendo tu?…..

    • Sympatros 23:04 on 5 February 2010 Permalink | Rispondi

      Io penso che in questa vicenda sia plausibile… dico plausibile e non altro, che di altro non ci sono prove, … sia plausibile  che si siano incontrate delle forze, strutturalmente in contrasto tra loro, che convergevano però, per motivi differenti, su un obiettivo comune. L’obiettivo comune era far finire le stragi e possibilmente togliersi di mezzo lo stragista Riina.

      1 Lo Verde-Provenzano- stratega della mafia non appariscente e riservata, in opposizione alla strategia rozza, eclatante e stragista di Riina ed in competizione per la leadership con lo stesso Riina

      2 Ciancimino, livello politico della mafia, educato al compromesso, al dialogo e agli affari. Epidermicamente ostile a Riina e alle stragi… quando ci sono le bombe non c’è spazio per al politica.. anche se mafiosa. Riina toglieva spazio alla sua vocazione e ai suoi affari.

      3 Le istituzioni e le forze dell’ordine.. pressate dall’opinione pubblica, dovevano trovare un modo per far finire le stragi e… il fine giustifica i mezzi.

      Così penso ed il pensiero è libero!

    • anonimo 13:25 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Leggendo la sentenza di assoluzione di Mori e De Caprio nel processo conclusosi nel 2006, vengo a sapere che il "Covo" di Riina in via Bernini 54, fu "bruciato" il giorno dopo l’arresto di Riina, ovvero il 16/01/93, a causa dell’uscita su giornali e televisioni locali della sua ubicazione.
      Riporto qui lo stralcio degli atti in merito.

      Anton Egger

      Dalla sentenza di assoluzione nel processo Mori-Ultimo del 2006,  pagg. 49-50:
      ———–
      Sempre quel 16.1.93 diversi giornalisti tra cui Alessandra Ziniti ed Attilio
      Bolzoni – come da loro deposto in dibattimento all’udienza dell’ 11.7.05 -
      ricevettero da parte dell’allora magg. Roberto Ripollino una telefonata con
      la quale quest’ultimo gli rivelò che il luogo in cui Salvatore Riina aveva
      trascorso la sua latitanza era situato in Via Bernina, senza però specificarne il
      numero civico.
      Si recarono, quindi, immediatamente sui posto, ove furono raggiunti anche
      da altri giornalisti e, troupes televisive, tutti alla ricerca del cd. “covo”.
      Quella sera stessa la Ziniti mandò in onda, sulla televisione locale per la
      quale lavorava, un servizio nel quale mostrava le riprese di via Bernini e tra
      queste anche quella relativa al complesso situato ai nn. 52/54, aggiungendo
      che in base ad “indiscrezioni” che le erano pervenute quella era la zona ove
      il Riina aveva abitato.
      Lo stesso 16.1.93 apparve sulla stampa la notizia che “un siciliano di nome
      Baldassarre" stava collaborando con i carabinieri ed aveva da to da l
      Piemonte, ove si era trasferito, un input fondamentale alla individuazione
      del Riina (cfr. lancio Ansa acquisito all’udienza del 9.1.06).
      Posto dinnanzi a queste risultanze di fatto, il magg. Roberto Ripollino –
      escusso all’udienza del 21 novembre 2005 ha dichiarato che all’epoca dei
      fatti era addetto all’ufficio Operazioni Addestramento informazioni e
      Ordinamento (OAIO) del comando Regione Carabinieri Sicilia, il quale
      aveva competenze meramente gestionali, a livello regionale, in merito ai
      fenomeni criminali ed alle operazioni condotte sul territorio, con compiti
      infornativi all’interno del comando.
      A seguito dell’arresto del Riina, ricevette dal comando l’incarico di gestire i
      rappor t i con i giorna l i s t i acc redi ta t i (diver se dec ine ) che cont a t tò
      telefonicamente in occasione della prima conferenza stampa e dì tutte
      quelle che ne seguirono.
      Interrogato specificatamente in merito alle telefonate effettuate il 16
      gennaio, il teste ha precisato di avere solo un ricordo generale di continui
      contatti con i giornalisti, ma di non ricordare la circostanza contestata ne di
      ave r forni to l ‘ indica z ione su vi a Be rnini come pos s ibi l e s i to di
      localizzazione del "covo" del Riina. e difatti non conosceva tale via, in
      quanto gli era stato detto solo che il Riina era stato catturato in prossimità
      del motel Agip.
      Se pure avesse dato tale indicazione – ha dichiarato in sede di indagini
      preliminari e confermato in dibattimento – non potrebbe che averlo fatto in
      esecuzione di specifiche disposizioni impartitegli dal suo superiore col.
      Domenico Cagnazzo il quale, tuttavia, ha negato, in dibattimento, di avergli
      mai dato ordine in tal senso, aggiungendo che non era certamente
      interesse di nessuno `bruciare" il sito di via Bernini.
      Il gen. Cancellieri ha, sul punto, dichiarato di non essere mai stato a
      conoscenza di tale fuga di notizie, che avrebbe appreso solo nel corso della
      sua deposizione nel presente dibattimento.
      L’imputato De Caprio ha, invece, dichiarato di avere visto in televisione,
      quello stesso 16.1.93, un servizio che mostrava il cancello del complesso di
      via Bernini, apprendendo così che la notizia era in qualche modo filtrata, e di
      avere commentato la cosa con il proprio collaboratore mar.llo Santo
      Caldareri, dicendogli che il sito era stato "bruciato"; circostanza che ha
      trovato conferma nella deposizione resa dallo stesso Caldareri.

      —————————————————————-

    • anonimo 14:01 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ora, essendo accertato che procura, ros e nuclei teritoriali dopo l’arresto avevano concordato, su suggerimento di Ultimo e di Mori, che il "covo" non dovesse essere perquisito immediatamente per non  essere bruciato,  immagino che implicitamente o esplicitamente avessero concordato di mantenere riservata l’ubicazione dello stesso.

      Invece che succede? Il giorno dopo, l’ubicazione viene a conoscenza della stampa che diffonde la notizia, rendendo così del tutto inutile qualsiasi perquisizione successiva.  Certo, la Ziniti e Bolzoni fanno bene il loro mestiere, anche se, facendolo, favoriscono i mafiosi. Tra l’altro, sempre il 16, esce un’ansa che individua in “un siciliano di nome
      Baldassarre", trasferitosi in Piemonte (Di Maggio), l’autore delle rivelazioni che portarono all’arresto del Riina.

      Ma, se i giornalisti fanno il loro mestiere, quei membri delle istituzioni che gli forniscono le informazioni, fanno esattamente l’opposto: tradiscono il loro mestiere.

      Interrogati, Ziniti e Bolzoni riferiscono che fu il magg. dei carabinieri, Roberto Ripollino a comunicargli il 16, l’ubicazione del covo (solo la via, senza il civico, ma via Bernini non è l’Aurelia). Il maggiore, interrogato, risponde che era lui che, assolvendo il suo compito istituzionale, comunicava le notizie ai giornalisti, ma non ricorda con precisione quali notizie fornì e aggiunge  che, comunque, il nome della via non lo conosceva neppure lui all’epoca (N.D.R. e di conseguenza nega di averlo fornito)
      Come al solito delle due l’una, o mentono Bolzoni e Ziniti, o fu proprio Ripollino a fornire loro l’ubicazione.

      Tutto questo mi serve per dire che:
      ci sono  almeno due persone, i giornalisti Bolzoni e Ziniti, che  sanno esattamente di chi fù la colpa (o parte di essa) del fallimento delle operazioni successive all’arresto del Riina.

      Se lo sanno (che sia Ripollino o altri che non hanno voluto comunicare) perchè se la prendono con il Ros o solo con il Ros? In fondo tutti (Magistrati, Nucleo operativo e Ros)  avevano avallato l’idea che fosse utile rimandare la perquisizione, e, se tale perquisizione non ebbe più ragion d’essere, la colpa fu anche loro (di Bolzoni & co), ma soprattutto di chi fece la "soffiata".

      A proposito, qualcuno sà chi fece la soffiata all’ANSA su Di Maggio?

    • anonimo 14:02 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Dimenticavo, come al solito, di firmarmi
      Anton Egger

    • enrix007 14:30 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Caro Anton, non commento perchè nei prossimi giorni pubblicheremo dei documenti ESCLUSIVI su questi argomenti, FRA CUI UN MEMORIALE DI SERGIO DE CAPRIO,  ed un memoriale di MORI.

      Forse già da domani. Così commenteremo coi documenti in mano.

      Comunque è come hai appema scritto.

      Tra l’altro, chi ha memoria di quei giorni, ricordando i continui servizi televisisvi dalle piazzole adiacenti a Via Bernini, è perfettamente consapevole che tutta questa storia dell’interrotta sorveglianza e della mancata comunicazione ai magistrati, è semplicemente ridicola.

      L’unico e solo responsabile dei danni alle operazioni di sorveglianza, è colui che ha passato l’informazione del sito ai giornalisti.

      Chissà perchè invece di prendersela con lui però, i magistrati, se la son presa con Ultimo e Mori. Già, chissà.

      Forse Sympatros ha una spiegazione logica.

    • enrix007 14:34 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sympatros, tu stai parlando dell’obbiettivo comune del "far finire le stragi" quando Ciancimino adesso parla di inizio della trattativa ancora prima della strage di Capaci (ad ogni interrogatorio la arretra sempre di più nel tempo), quindi prima ancora che le stragi iniziassero.
      Ma anche dopo quella di Capaci e prima di quella di Via D’Amelio, un po’ difficile parlare di "strategia stragista" per il solo attentato a Falcone. Tutti erano unanimi nel definirlo meramente un attentato volto ad eliminare il magistrato. nessuna "strategia stragista".

      Sympatros, ho la nausea.
      Trascini qui una barca che fa acqua da tutte le parti.

    • anonimo 16:45 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Se il covo era "bruciato", vuol dire che non era più utile ai fini investigativi.
      Perchè allora non hanno avvertito la procura sùbito per vedere comunque se trovavano qualcosa?
      Tanto era "bruciato".

      Moritz

    • anonimo 17:50 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      La tua domanda se leggi la sentenza ha una risposta. Per prima cosa Ultimo e Mori avevano compreso di avere piena autonomia ed un minimo d’indipendenza, quindi non ritenevano di dover informare, per seconda cosa ritenevano bruciato il covo nell’immediatezza ma sapendo che i Sansone avevano quel complesso ritengo che volevano cmq avere un piccolissimo vantaggio e la mancata perquisizione poteva anche far pensare che effettivamente la sortita dei media non era avallata da reali indagini su quel complesso.

      Infatti l’ulteriore anomalia è la stronzata della perquisizione i primi di febbraio. Quando la procura dice di aver assolutamente capito, perchè dichiarato da Mori in maniera inequivocabile, che il Covo era senza punti d’osservazione, si decise l’immediata ricerca (perchè ancora non si sapeva quale era la villetta all’interno del complesso) della villetta ed immediata perquisizione. A che serviva? Me lo spiega lei Moritz?

      A cosa serviva perquisire un posto dopo più di due settimane? Ultimo ritengo che era in attesa di far raffreddare la zona per poi riprendere a lavorarci, e certo non era colpa sua o di Mori se qualcuno della territoriale a spifferato ai giornalisti che in quel complesso si trovava il covo, o sbaglio?

      Allora ragioniamo un attimo. Anche se era molto probabile che la zona fosse bruciata del tutto, aspettare e non perquisire nulla un minimo spiraglio ,o lasciava aperto, chissà dopo un paio di mesi poteva essere che si convincevano che realmente NON FOSSE SOTTO CONTROLLO, ed in futuro si sarebbe potuto riutilizzare, il perquisirlo i primi di febbraio invece cosa ha portato?

      Nulla a bruciarsi definitvamente al 100% un posto che poteva forse essere riutilizzato. Comunque la mancata perquisizione e mesi che passavano avrebbero ritenuto credibile che il posto non era osservato e sotto controllo. I mafiosi sono uomini e non super psicologi e l’ottima intuizione di Ultmo a qualcosa (forse) poteva ancora portare.

      Moritz l’anomalia VERA se leggi tutta la sentenza e che vengono accusati di essere in associazione con la Mafia Mori ed Ultimo. Secondo te leggendo tutti i fatti, di tutta questa vicenda è grave il comportamento di Ultimo oppure è grave che qualcuno dia news ai giornalisti senza essere MAI  scoperto, visto che gli unici che potevano darla la news hanno negato? (Ripollino e company)

      Se proprio in questo avvenimento si deve trovare un anomalia che faccia mettere il dubbio che persona delle istituzioni hanno aiutato la Mafia, ergo sono complici, quale avvenimento o fatto secondo te è sospetto?

      I fatti sono molto chiari. Caselli dice una cosa e viene anche smentito, poi fa retromarcia dicendo di essersi confuso, territoriale e autorità giudizizaria fanno indagini senza avvisare i ROS, ma cosa che secondo me E’ LA PIU’ IMPORTANTE, nessuno tra autorità giudiziaria, territoriale, Caselli o altri chiede o si raffronta con il ROS sull’argomento covo. Nessuno fa domanda e come queste arrivano si viene a scoprire la strategia dei ROS che nelle riunioni post arresto Riina sembrava chiara, con Ultimo che si era opposto alla perquisizione imminiente, chiedendo di far raffredare la zona.

      Ma poi possibile che io che sono un cretino qualsiasi senza nessuna esperienza investigativa, riesco a percepire CHE LA PERQUISIZIONE IMMEDIATA non avrebbe dato nessun risultato significativo e le dichiarazioni di Provenzano che la Magistratura vuol portare a prova che erano felici di questi ritardi lasciano il tempo che trovano, anzi alla lunga poteva convincerli che il covo poteva essere ancora utilizzato.

      Se c’era qualsiasi cosa compromettente secondo voi dopo che Riina è stato arrestato, nessuno a sottratto gli ipotetici documenti dalla villetta? Un latitante di quel calibro secondo voi non ha nessuno che lo aiuta nella latitanza anche sul luogo ed immediatamente non avrà bonificato tutto?

      Ma di cosa stiamo a parlà? Sul covo solo fumo, tutte cose insignificanti, l’unica cosa serie CHE NON HA AVUTO NESSUN SEGUITO e che qualcuno ha spifferato alla stampa news che NON DOVEVANO MAI ESSERE SPIFFERATE.

      Questo è l’unico fatto di rilievo di tutta questa storia. Per il resto vedo solo gelosie tra corpi ed apparati diversi, capisco come mai la Mafia vince contro lo stato, visto che ognuno pensa al suo cortiletto,  vedo cose strane come la spifferata ai giornalisti, mi accorgo che chi  ha il merito dell’arresto del LATITANTE PIU’ PERICOLOSO  poi viene addirittura accusato!!!

      Se poi la spifferata e’ causata da gelosie (sarebbe meglio) e non da altre ragioni, IL FATTO doveva essere COME MINIMO l’unica cosa da appurare, E COSI’ NON E’ STATO.

      Questa è l’Italia. Si indaga, si massacrano delle persone, si fa un gran polverone su cose ridicole e l’unica cosa IMPORTANTE viene lasciata cadere e va nel dimenticatoi.

      Gianluca

    • Sympatros 18:36 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Trattativa anche prima delle stragi?

      E’ certo, se il Ciancimino senior rappresentava il trait d’union fra mafia e politica, la  sua vita era una perenne trattativa…. d’altronde il misterioso signor Franco, stando a quel che dice il figlio Massimo, era in pianta stabile in casa Ciancimino.

      La convergenza sull’obiettivo comune, in sinergia obbligata, diventa necessaria e stringente di fronte alla strategia militarista e bombarola di Riina.

      Hai la nausea?…. Vedi che non è la mia barca, senz’altro piena di buchi, non sono mica un inquirente io e nemmeno un segugio…. ma la colpa della nausea è da addebitare forse alla tua barca troppo veloce e un po’ fantasiosa e ti fa venire il mal di mare.

      Buona domenica a tutti!

    • anonimo 20:07 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sto ascoltando l’integrale del processo da radioradicale, per ora non mi risulta che Ciancimino abbia parlato di trattative prima della strage di capaci, ha solo detto che conosceva gia’ il De Donno prima di Capaci, ma a livello di scambiare due parole. E’ solo nella settimana successiva alla strage che c’e’ l’incontro casuale (?) sull’aereo, e il De Donno gli parla esplicitamente di “aprire un canale” con i vertici di cosa nostra per fermare le stragi.

      Quanto al fatto che l’attentato a Falcone non sia abbastanza per parlare di attivita’ stragista.. metti in conto che arrivava due mesi dopo l’omicidio Lima che gia’ era stato un discreto shock. Poi andrebbe ricordato a chi non c’era che l’attentato a Falcone ebbe un impatto enorme sull’opinione pubblica, che oggi e’ difficile valutare guardando i documentari. Per le modalita’ eclatanti, era la prima volta che usavano il tritolo, almeno a questo livello, e perche’ aveva dato una sorta di prova di “onnipotenza” di cosa nostra, la sensazione che potessero raggiungere chiunque. Inoltre non va escluso che Mori o qualcuno a lui connesso avesse accesso a ulteriori informazioni sugli attentati che al momento si stavano preparando.

      Ultimo particolare, Ciancimino dice espressamente che alcune delle note da lui prodotte sono di suo pugno, e le distingue da quelle scritte da suo padre, spiegando che all’epoca stava prendendo appunti per scrivere un libro.

    • anonimo 20:27 on 6 February 2010 Permalink | Rispondi

      Ancora una cosa.
      Ma su Ripollino, visto che un "autorevole"  giornalista come Bolzoni dice essere il suo informatore sull’ubicazione del covo, è stata aperta un’inchiesta? E’ stato sospeso dal servizio? Mandato a caccia di Talebani in Afghanistan?

      Anton Egger

    • enrix007 12:52 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      "Sto ascoltando l’integrale del processo da radioradicale, per ora non mi risulta che Ciancimino abbia parlato di trattative prima della strage di capaci, ha solo detto che conosceva gia’ il De Donno prima di Capaci, ma a livello di scambiare due parole."

      L’ha detto Travaglio, fa parte del gioco: una mezza cosa passa per la bocca di un giornalista-guru, e diventa una cosa creduta, cotta e mangiata.

      "E’ solo nella settimana successiva alla strage che c’e’ l’incontro casuale (?) sull’aereo, e il De Donno gli parla esplicitamente di "aprire un canale" con i vertici di cosa nostra per fermare le stragi."

      Bello quel punto interrogativo. Come dire, che per parlare con Ciancimino Junior De Donno aveva bisogno di far finta di incontrarsi con lui  casualmente, e quale miglior posto di un mezzo di trasporto che per consentirti l’operazione nel frattempo si sposta di 500 km.
      Ce ne fu anche uno, di viaggio in aereo, che casualmente vide fra i passeggeri Violante e Brusca. Ce lo metti anche lì il punto interrogativo?

      Di strage ce n’era soltanto una, ed era finalizzata ad eliminare Falcone, non a fare terrorismo. I carabinieri lo sapevano benissimo, e quindi non aveva alcun senso intavolare trattative di sorta, a meno che si trattasse di abboccamenti con i mafiosi per ottenere spunti per  le proprie indagini, così come avvenne con Vito Ciancimino.

      "Quanto al fatto che l’attentato a Falcone non sia abbastanza per parlare di attivita’ stragista.. metti in conto che arrivava due mesi dopo l’omicidio Lima che gia’ era stato un discreto shock. "

      L’omicidio Lima era una strage?  Aveva le connotazioni di un’iniziativa di tipo terroristico nei confronti dello stato tanto da indurre i carabinieri a trattare? E certo, un uomo di stato probo, onesto e moralmente irreprensibile qual era Lima, saranno stati tutti preoccupati, bisognava trattare.

      "Poi andrebbe ricordato a chi non c’era che l’attentato a Falcone ebbe un impatto enorme sull’opinione pubblica, che oggi e’ difficile valutare guardando i documentari."

      Ah beh, questo è un elemento forte.  Normalmente un attentato contro un giudice (la mafia ne ha ammazzati tanti, e anche col tritolo, caro) non ha mai fatto ne caldo nè freddo. Ma quello a Falcone aveva tripla dose di tritolo, quindi bisognava subito scendere a trattativa, con una mafia con le santabarbare così grasse.
      Comunque io c’ero, caro, e come sempre quando la mafia ammazza un magistrato, mi sono semplicemente domandato su cosa stesse indagando, che è ciò che fa un inquirente sano di mente quando vuole scoprire il movente dell’omicidio di un magistrato. Lo stesso per Borsellino.
      Che si dovesse trattare con la mafia, nel paese civile e nello stato non lo pensava neppure l’ultimo netturbino, figurati i carabinieri di un reparto operativo, il Crimor, gente da trincea.

      "Per le modalita’ eclatanti, era la prima volta che usavano il tritolo,"

      Non è vero, caro. Ti dice niente, ad es., il nome di Chinnici?

      "almeno a questo livello, e perche’ aveva dato una sorta di prova di "onnipotenza" di cosa nostra, la sensazione che potessero raggiungere chiunque."

      Sensazione che cosa nostra ha sempre dato, perchè da sempre uccide gli uomini dello stato che non riesce a piegare in altro modo. Per questo Falcone e Borsellino sono eroi.
      Certo non mette il tritolo sotto le auto di chi archivia le inchieste che per la stessa mafia sono scomode, come Scarpinato e Giammanco. Lì puoi stare tranquillo.

      "Inoltre non va escluso che Mori o qualcuno a lui connesso avesse accesso a ulteriori informazioni sugli attentati che al momento si stavano preparando. "

      Certo, magari sapevano qualcosa anche dell’attentato in preparazione alle Twin Tower. E invece di parlarne coi magistrati e studiare come prevenirli, si sono messi a trattare con Ciancimino per convincere Riina a desistere. Ciò che c’è di bello nelle arrampicate degli anonimi mosconi che girano su questo blog, è la verosimiglianza delle loro ipotesi.

      "Ultimo particolare, Ciancimino dice espressamente che alcune delle note da lui prodotte sono di suo pugno, e le distingue da quelle scritte da suo padre, spiegando che all’epoca stava prendendo appunti per scrivere un libro."

      Non capisco cosa vorrebbe dimostrare questa tua ultima inquietante scoperta.
      Magari spiegati meglio.

       

       
       
       

    • anonimo 13:26 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Complimenti Enrix hai evidenziato in modo splendido tutte le contraddizioni di chi si sforza a far passare tesi che non hanno ne capo ne coda.

      Il problema è questo in Italia si va sempre per etichette. Se simili cantonate vengono prese da Magistratura che ha una sua collocazione ben precisa PER FORZA DI COSA QUELLE TEORIE DEVONO ESSERE VERE. A costo di essere illogici, di portare avanti tesi ridicole, ma tant’è questo accade.

      Processi istituiti che per ora hanno dimostrato solo buchi nell’acqua, tutto ricordiamolo sempre con i soldi degli Italiani, altri processi che vanno avanti, opinione pubblica concentrata SULLE STRONZATE E NON SUI FATTI VERI, a chi giova tutto questo?

      Certamente alla mafia.

      Una sola speranza, voglio credere che tutto ciò accada per incompetenza, giochi politici, guerre tra schieramenti, MA SE CONSAPEVOLMENTE AVVENISSE PER FAVORIRE LA MAFIA beh …… non ci sarebbero parole.

      Gianluca

    • enrix007 15:46 on 7 February 2010 Permalink | Rispondi

      Gianluca, questa vicenda è esplosa quando il ROS di de Donno presentò in Tribunale a Palermo il fascicolo d’indagine preliminare "Mafia e appalti".
      Lì si aprirono le fazioni. Da un lato Falcone e Borsellino, coi carabinieri che svolserò le attività d’indagine.
      Dall’altro i magistrati che quell’inchiesta hanno archiviato, la loro fazione, Orlando, ed una folta schiera di rappresentanti della stampa.
      La situazione poi si è incrudita quando alcuni PM di Palermo cercarono di scaricare sui carabinieri, e soprattutto sul defunto maresciallo Lombardo,  la responsabilità di una fuga di informazioni verso la mafia su quel dossier, ed il Capitano de Nonno si precipitò senza esitare al Tribunale di Calanissetta per esporre accuse contro la Procura di Palermo in relazione a quei fatti.
      Pochi sanno che alla fine fu accertato che il punto di partenza di quella fuga di notizie, era stata proprio la procura di palermo, e non le stanze della benemerita.
      Ma da quel giorno le ritorsioni da parte di chi evidentemente non dimentica e non perdona, non si fecero attendere, e partì una lunga serie di iniziative contro i carabinieri (c’è anche Canale, non dimentichiamo) che ancora oggi continua nei modi che tutti vediamo.

      Sic et simpliciter.

    • anonimo 02:25 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Non dimentichi Giorgio Riolo?

      Moritz

    • enrix007 02:36 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Si. Giorgio Riolo era un carabiniere, ed il fatto che lavorasse in proprio, anzi in coppia con Ciuro, e che sia stato smascherato in diretta, grazie alla sua stessa abituale moneta, le intercettazioni, proprio dai colleghi del ROS, dimostra semplicemente che quelli del ROS nelle indagini non hanno guardato in faccia nessuno.

    • Sympatros 08:49 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Se rispondesse al vero che Provenzano-Loverde andava a casa di Ciancimino persino quando questi era agli arresti domiciliari, non penso sia azzardato dedurre che una qualche protezione, totale o parziale che sia, da parte, non per forza di tutti i Ros, ma da qualche settore di essi, ci sia stata. Provenzano girava libero, ma non penso senza cautele… se aveva a che fare con gli ipotetici protettori dei Ros.. andava "tranquillo"…. Mettiamo, sempre per ragionamento ipotetico, che la casa di Ciancimino fosse controllata da persone "amiche", in questo caso andava tranquillo. La casa, pero’, era sotto controllo o erano degli arresti domiciliari all’acque di rose?

      Naturalmente il mio ragionamento si posa sull’iniziale "se" e i "se" sono sempre "se" fino quando non diventano certi e spariscono.

    • enrix007 10:43 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Sympatros, piedi per terra.
      Non esiste una custodia domiciliare col piantonamento.
      Se necessitasse, sarebbe convertita nel carcere.
      La custodia domiciliare è sottoposta di norma ad un’ispezione quotidiana, normalmente mattutina, da parte di carabinieri della territoriale competente, un evento che dura 5 minuti, il tempo di verificare la presenza del fermato e poi non si ripete per 24 ore. Qualche volta, in casi straordinari, l’ispezione viene duplicata a sorpresa nel pomeriggio o nelle ore serali, ma solo una volta ogni tanto, e per casi eccezionali.
      Ma niente di più.
      Se vuoi conferire con un fermato nel domicilio, non hai che da attendere di vedere, dall’esterno della casa, i carabinieri andarsene dopo l’ispezione e la via è libera, questo è noto.
      Non c’è bisogno di avere la scorta del ROS  a garantirti l’impunità.

      E comunque leggiti i verbali delle deposizioni precedenti di Ciancimino.

      Ancora una volta, lo junior, ha cambiato versione in corso d’opera.

    • enrix007 10:45 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      In ogni caso la tua osservazione non ha alcuna pertinenza con la mia domanda, quella che ho posto a Travaglio.

    • Sympatros 15:54 on 2 February 2010 Permalink | Rispondi

      Quindi, in altri periodi, le forze dell’ordine arrivano, sempre a detta di Ciancimino giovane, ad affittare un appartamento di fronte all’abitazione dello stesso palazzo in cui abitavano i Ciancimino, per controllare e vedere anche chi entrava e chi usciva.
      E, invece, nel periodo degli arresti domiciliari, il controllo si esauriva in un burocratica visitina al giorno, che non impensieriva Lo Verde-Provenzano  che andava cmq a trovarlo? Mi sembra strano… ma tutto è possibile a questo mondo.

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