Il peso delle parole
Sulla prima pagina di “Libero” di ieri Filippo Facci, in dichiarata sintonìa col sottoscritto, ha lanciato una provocazione. Speriamo che porti a qualcosa di positivo.
Il tema è piuttosto spinoso: il riporto giornalistico, più o meno strumentale o più o meno infedele, delle parole e dei pensieri dei nostri eroi di Stato, mediato o tramandato da chi gli era vicino allorchè essi erano ancora in vita.
In questo caso a sollevare la nostra attenzione, è stato un “aforisma” attribuito a Paolo Borsellino e pubblicato come una lapide in decine di migliaia di pagine del web, che recita:
“Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.”
In questi giorni di commemorazione del ventennale della morte di Paolo Borsellino, l’impiego di questo aforisma nelle pagine di internet, è letteralmente esploso. (cercandolo con google, compaiono migliaia di link).
Sono state realizzate composizioni d’effetto, poster e immagini votive, e centinaia e centinaia di cittadini lo hanno inserito, in memoria del magistrato, nelle pagine dei propri blog, dei forum, dei profili, ecc.. ecc..
La seguente composizione fotografica, su Facebook, ha superato le 10.000 condivisioni da parte di altrettanti utenti.
Ma ve ne sono anche altre, altrettanto suggestive:
Qualcuno poi ha realizzato delle composizioni artistiche di pregevole fattura, come il fotografo fiorentino Davide Bellanti che in questo suo scatto molto suggestivo ha inserito anche un’immaginaria riproduzione della famosa Agenda Rossa, aperta sulla pagina dove compare il nostro aforisma manoscritto e firmato in calce da Paolo Borsellino:
Ora, tutto questo onorare e ricordare queste parole di Paolo Borsellino, assume un aspetto un po’ grottesco se si pensa ad un piccolo dettaglio che ora noi, come già Filippo Facci nel suo corsivo su Libero, ci permettiamo di segnalare: queste parole, scritte a quel modo, in realtà non possono appartenere a Paolo Borsellino.
Per la verità c’è un solo episodio in cui Borsellino risulta avere espresso parole vagamente simili, ma, come vedremo ,dal significato molto diverso.
A quell’episodio era presente soltanto la moglie, Agnese Leto Piraino, la quale lo ha raccontato con dovizia di particolari ai procuratori di Caltanissetta, il 18 agosto 2009.
Quindi riportiamo la fedele trascrizione della parte di quel verbale di nostro interesse:
“AD.R. Ricordo perfettamente che il sabato 18 luglio 1992 andai a fare una passeggiata con mio marito sul lungomare di Carini senza essere seguiti dalla scorta.
In tale circostanza, Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò potesse accadere.”
Poco dopo, la teste precisa: “ non posso negare che quando Paolo si riferì ai colleghi non potei fare a meno di pensare ai contrasti che egli aveva in quel momento con l’allora Procuratore GIAMMANCO.”
Quindi:
che l’episodio in cui Borsellino, a poche ore dalla morte, si confidò con la moglie sul proprio imminente assassinio lamentandosi del fatto che, per responsabilità di terzi, la mafia si stava trovando la strada aperta per realizzarlo, sia quello e soltanto quello oggetto di questa deposizione, non c’è alcun dubbio.
Che Borsellino abbia fatto quell’affermazione riferendosi espressamente ai “colleghi”, allo stesso modo non può esservi dubbio in quanto la testimone fornisce una precisazione ben circostanziata a riscontro (… quando Paolo si riferì ai colleghi…), che non lascia spazio ad equivoci.
Pare, di conseguenza, altrettanto incontestabile, che Borsellino abbia manifestato il suo sconforto alla moglie riferendosi specificatamente al suo isolamento ed all’abbandono da parte di colleghi di lavoro e da parte di altri che, come loro, avrebbero dovuto invece supportarlo e proteggerlo (soprattutto a seguito del fatto che le informative che erano pervenute in procura, le quali preannunciavano il suo attentato, gli erano state celate dal collega Giammanco, e Borsellino era venuto a saperlo). E tutto questo, senza sollevare mai, nelle sue parole, la mafia dalla responsabilità della premeditazione dell’attentato “imminente”, perché questo, di fatto, dalle parole “pesate” dalla signora Agnese di fronte ai magistrati, non risulta essere avvenuto, e noi non crediamo assolutamente che nella realtà possa essere avvenuto.
Detto questo, bisogna dare atto che esistono altre versioni, in circolazione, di quell’episodio.
Nella fattispecie, io ne conosco altre tre, tutte testualmente diverse l’una dall’altra. Delle altre due di queste, parlerò in un prossimo articolo, perché rappresentano di fatto qualcosa che va analizzato a parte e approfonditamente. Ad ogni modo, si tratta di versioni più “sintetiche”, generiche e meno circostanziate, di quelle di cui ora parleremo, per cui per il momento possiamo trascurarle.
La versione di cui oggi invece ci stiamo occupando, la più diffusa, definita come una “schifosa manipolazione” da Filippo Facci nel suo corsivo, compare, oltre che nelle decine di migliaia di citazioni lapidarie nei siti internet di cui abbiamo parlato, in virgolettato e forse per la prima volta, nel libro “L’agenda rossa di Paolo Borsellino” di Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco, (ed. Chiarelettere – 2007), ed è citata sia nella prefazione di Marco Travaglio (come segnala Facci), sia nel testo degli autori, i quali la raccontano così:
“Agnese Piraino Leto nella sua deposizione al Borsellino ter dice che il marito, nei giorni precedenti alla morte, sosteneva di avere “capito tutto” della morte di Falcone. “Così diceva: ho capito tutto.” Oggi, a quindici anni di distanza, Agnese è più precisa: “Paolo era come uno che ha il cancro, sapeva di dover morire presto, aspettava di morire da un momento all’altro. Mi diceva: mi uccideranno, ma mi diceva anche: non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri“.
Ecco, per la verità, Rizza, Lo Bianco, e il prefatore Travaglio, non ci forniscono il minimo aiuto per capire quando, dove e come la signora Agnese sarebbe stata più precisa, a quella maniera.
Si tratta di una dichiarazione resa forse in un’intervista rilasciata agli autori stessi? Si tratta di uno stralcio di qualche altro verbale giudiziario? Si tratta di qualcosa detto dalla signora Agnese a qualche convegno? Si tratta di un’informazione passata ai giornalisti da qualche intermediario terzo, magari un famigliare? Si tratta di qualcosa di inventato di sana pianta? Si tratterà di una versione veramente testuale, oppure arricchita e infiorettata?
Noi, in tutta onestà, non lo sappiamo. Abbiamo effettuato un’umile ricerca in internet, nei nostri archivi personali, e negli archivi storici dei principali quotidiani nazionali, e non abbiamo trovato null’altro che quel virgolettato di quel libro, in merito a quell’apporto testimoniale della signora Borsellino che, secondo gli autori, risalirebbe al 2007.
Però una cosa certa la sappiamo: che, comunque sia, quelle pubblicate nel 2007 su quel libro, non possono essere state le parole di Paolo Borsellino. Proprio perché, se così non fosse, allora la vedova Borsellino avrebbe testimoniato il falso dinnanzi ai magistrati di Caltanissetta il 18 agosto 2009. Infatti in quella deposizione la signora Agnese, in regime di ammonizione formale perché dica la verità, circostanzia esattamente l’episodio, e lo descrive come un giudizio del marito espresso con stretto riferimento all’atteggiamento di ignavia ed accondiscendenza soprattutto dei suoi colleghi relativamente all’attentato imminente , e non come una dichiarazione del giudice riferita a presunti ignoti “committenti” della strage imminente, committenti diversi dalla mafia, come invece indicherebbe l’aforisma che tanto successo e diffusione ha ottenuto presso i cittadini.
Insomma, delle due soltanto una può essere vera, e soltanto una compare su di un verbale giudiziario sottoscritto dalla testimone, per cui quella vera non può essere che questa , risalente all’agosto 2009.
Se in quella riflessione Borsellino fece uno specifico riferimento all’atteggiamento dei colleghi, allora le parole che impiegò non possono essere quelle che oggi ovunque gli vengono attribuite a seguito della pubblicazione del libro di Rizza e Lo Bianco, dove quella parte centrale, quella sui colleghi, viene invece bellamente omessa e concettualmente stravolta. Questa evidenza, è oggettiva.
E ciò a maggior ragione, se si guarda a quella strana affermazione: “La mafia non si vendica”.
Potrebbe mai Paolo Borsellino aver pronunciato una cosa del genere? Noi, francamente, ne dubitiamo.
Non c’è bisogno di essere uno dei massimi esperti di mafia come Paolo Borsellino, per sapere che la vendetta mafiosa non soltanto è qualcosa che esiste, ma è anche qualcosa che sta nel DNA stesso della mafia essendo proprio la vendetta una delle opzioni principali dell’organizzazione per mantenersi autorevole nel suo regime di terrore.
Molto difficile quindi accettare l’idea che Paolo Borsellino possa aver espresso un postulato del genere proprio con quelle esatte parole, perchè stridono con il suo pensiero e la sua professionalità, tanto che paiono più simili a quelle che si ritrovano in alcune leggendarie sortite, del tipo “la mafia non esiste” o “qui ci sono solo pastori e braccianti agricoli”, che tutti conosciamo.
Sic stantibus rebus, noi siamo d’accordo con Filippo Facci che provocatoriamente definisce le due versioni una la manipolazione dell’altra, perché concettualmente è così: la versione propagandata si configura, a tutti gli effetti, come un’alterazione delle vere parole pronunciate dal magistrato, anche se, come pare, sotto il profilo cronologico dovrebbe essere nata prima la versione alterata rispetto a quella veritiera, per cui si tratterebbe di un’alterazione non fisica ma concettuale: un modo molto sottile, quello di Facci, per richiamare l’attenzione sul fatto che decine di migliaia di cittadini, sulle loro pagine di internet, stanno onorando Paolo Borsellino con la “santificazione” di un aforisma composto da parole che non solo il magistrato potrebbe non avere mai pronunciato (o comunque certo non in quegli esatti termini), ma che, nel caso non le avesse mai pronunciate e fossero quindi false o alterate, potrebbero arrivare anche ad apparire come scientemente elaborate per favorire Cosa Nostra.
La mafia infatti, grazie a quell’aforisma enormemente reclamizzato da cittadini ignari, dapprima ottiene grossi benefici a livello d’immagine, mediante la notizia ripetuta in internet migliaia e migliaia di volte che essa non sarebbe usa a vendicarsi, dopodiché viene pure nettamente scagionata, direttamente dalla bocca di un virtuale Paolo Borsellino (che possiamo bene immaginare quanto sarà d’accordo, da lassù), dalla responsabilità della premeditazione della strage di Via D’Amelio, figurando solo come un sicario, una specie di sciocco, quasi ignaro, mero esecutore.
Tutto ciò pare gravissimo, ma allo stesso modo inevitabile, in un paese dove, come dice Beppe Grillo, “i giornali sono medium, non media: fanno parlare i morti.”
Nicola Conocchiella 16:53 on 22 July 2012 Permalink |
Per cercare di “squarciare” le “nebbie” che avvolgono tanti tragici eventi che hanno coinvolto, come Vittime e/o come “fautori” e/o “autori”, rappresentanti, Fedeli ed infedeli, delle “istituzioni”, piuttosto che “formalizzarsi” sulla diffusione di “dichiarazioni” più o meno aderenti a quelle “originali”, che, pero’, non alterano la “sostanza” dei fatti, non sarebbe molto più utile “tirare le orecchie” a chi, forte della propria
“veste” istituzionale, non vuole permettere che Chi, facendo il proprio dovere, a distanza di venti anni, sta cercando il “bandolo della matassa”, conduca a termine il proprio lavoro, e fa di tutto per metterGli il “bastone tra le ruote”, forse, o certamente, per evitare che, magari, si scopra il nome di quegli infedeli, vigliacchi, personaggi, gli “altri”, “colletti bianchi”, “coinvolti” in queste stragi e che, magari, operano ancora nelle istituzioni !!?? Come al solito, noi italioti, vediamo il “pelo” negli occhi degli altri, ma non il “palo” nei nostri !!!
enrix 17:45 on 22 July 2012 Permalink |
No , caro Nicola, non sarebbe molto più utile. Vede, il fatto è che io, per quanto ho studiato tutti gli atti che conosco e per via del raziocinio, in cui nutro molta fiducia, sono convinto che quest’inchiesta, sia per come viene condotta sia per i suoi elementi intrinseci, ci stia allontanando completamente dalla verità dei fatti. Sono convinto che in quelle intecettazioni al fine delle indagini sulla trattativa non possa esserci nulla di rilevante, semplicmente perchè credo che la trattativa così come è stata teorizzata e come si vorrebbe cercare di dimostrare. nella realtà non possa essere esistita. Vedo invece una raffica di bufale e manipolazioni, tutte scientifiche e ben costruite, come questa (che la sostanza, mi permetta, la altera completamente, al contrario di quanto lei afferma, e produce effetti devastanti sull’opinione pubblica, stando al numero di condivisioni). Centinaia di falsi documentali, testimoniali, e soprattutto giornalistici, che io mi sento in dovere di snidare e classificare per dimostrare che questa teoria non solo è inconsistente, ma è pompata ad arte per mezzo della menzogna e della manipolazione. Il che significa, oggettivamente, che qualcosa non quadra, perchè una verità da sostenere “tutti uniti”, non ha bisogno del supporto del falso e della manipolazione. E’ un controsenso.
Giulio 13:53 on 25 July 2012 Permalink |
Salve enrix,
Girando sul web ho trovato casualmente il suo blog dopo aver scritto “perizie scientifica ciancimino”.
http://segugio.daonews.com/2010/10/13/ecco-le-perizie-sui-documenti-di-ciancimino-2/
Volevo vedere con i miei occhi cosa ha detto la polizia scientifica sui pizzini portati in procura da Massimo Ciancimino. Purtroppo sul web di queste perizie non c’è traccia. Si possono trovare solo articoli di giornale. Neanche nel suo post si possono scaricare. Dice che “il prodotto non esiste”.
Saluti.
enrix 09:37 on 26 July 2012 Permalink |
caro Giulio,
purtroppo i file delle perizie ho dovuto ritirarli dal libero download, a seguito di una diffida che mi avvertiva di una possibile violazione della legge sulla privacy, poichè le perizie riportano una quantità rilevante di dati sensibili di cui mi è stata contestata la libera pubblicazione. Questi i fatti. Inoltre dovresti tenere presente che le perizie sono molte, e ci sono dei supplementi di perizia molto importanti (es: uno riguardante la ben nota “lettera a Fazio”) che al momento non sono nella mia disponibilità nella versione originale. Infine ci sono le perizie disposte dalla difesa, ed affidate a capacissimi periti, con esperienza nel RIS, che hanno aggiunto notevoli tasselli mancanti nelle perizie della procura.
Per il momento quindi, per quanto riguarda le libere pubblicazioni, bisogna accontentarsi dei miei articoli, che riportano ampi stralci delle perizie. Spero che tu abbia letto questo mio lavoretto: http://segugio.daonews.com/files/2011/05/0d1bfb531b1a8a4e1608cc35c875d63e.pdf , ma per avere tutti gli elementi, credo che i miei articoli vadano sfogliati quasi tutti. In futuro rivaluterò forse la questione ai fini di una ripubblicazione di tutte le perizie, per il momento se vuoi ancora valutare con me la cosa, puoi scrivermi privatamente: pregodottore@email.it.
un saluto.
Renzo C 16:20 on 25 July 2012 Permalink |
Caro Enrix, io sulla trattativa sto con Bianconi, e vedrai che non mi sbaglio
“Ora si va davanti a un giudice. Per stabilire se si tratta di una ricostruzione sorretta da prove sufficienti per celebrare un processo, solo un’ipotesi non riscontrabile, o pura fantasia su quel che accadde in Italia, vent’anni fa. Al tempo delle stragi di mafia.”
http://www.corriere.it/cronache/12_luglio_25/clan-stato-estorsione-nuovo-patto-bianconi_2ca739a2-d61e-11e1-bdd2-f78a37bd7a67.shtml
Ciao
p.s. hai posta
Giano 15:57 on 29 July 2012 Permalink |
Son capitato qui per caso e leggendo l’articolo mi sono posto alcune domande. Se l’autore, come dice, è scevro di preconcetti gradirà.
1) Quali sono state le posizioni prese dalla Piraino in seguito all’uscita del libro di Rizza, Lo Bianco? Mi sembra difficile credere che la vedova non abbia letto il libro dedicato al marito e riportante le di lei dichiarazioni (o mi sbaglio?). Se la Piraino ha nel tempo comunicato la sua contrarietà alle frasi attribuitele nel libro, questa diventa prova certa a carico degli autori. In caso contrario, per silenzio assenso, è lei stessa ad attribuirsi la paternità degli “aforismi”.
2) Quali sono le dichiarazioni ufficiali della Piraino sulla vicenda in questione che menzionano i “colleghi” del marito? Insomma la signora Borsellino potrebbe non aver mai parlato dei “colleghi” fino al 2009.
3) Messi da parte i “colleghi” le due frasi a confronto non mi sembrano così discordanti (considerando che la lingua italiana non è la matematica che pure non è esente da difetti, vedi th di Goedel). Non esiste un isomorfismo che trasformi i pensieri in parole. C’è un abisso tra quello che pensiamo e quello che diciamo e come questo sarà interpretato dall’interlocutore e come sarà poi espresso in forma scritta. Paolo Borsellino potrebbe aver posto l’accento sulla parola “altri” mentre la moglie ha percepito come più importante la parola “colleghi” per via del Giammanco. Oppure per sintesi in un’intervista avrà detto che erano altri a volere la morte del marito, intendendo con altri i colleghi ma non menzionandoli direttamente. Certo nella frase del 2007 sembra che gli altri siano i mandanti mentre in quella del 2009 gli altri e i colleghi sono solo favorevoli all’esecuzione mafiosa. Tuttavia la frase del 2009 inizia con “Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo” indicando comunque che i mandanti non erano mafiosi anche se l’accento potrebbe essere posto sulla continuazione lasciando più debole la parte iniziale.
Daltronde ricordiamo che si tratta di ricordare episodi accaduti molti anni fa.
PS: trattasi solo di domande che non hanno pretesa di voler sostenere questa o quella tesi. Sulla trattativa stato-mafia non ho formulato una opinione precisa. A naso mi pare possibile ma non traggo conclusioni affrettate senza prove evidenti (quello che dovrebbero fare anche certi giornalisti e magistrati).
Colgo infine l’occasione per complientarmi del libro “Prego, dottore!” che sto iniziando a leggere con curiosità.
enrix 12:46 on 31 July 2012 Permalink |
Buongiorno Giano, certo che gradisco le domande. Di pregiudizio ne ho uno soltanto: MAI scontrarsi con la logica, e MAI accettare un’incongruenza lasciandola passare in cavalleria.
Nel primo quesito lei mi chiede di riflettere sulla “posizione” della Piraino sull’aforisma pubblicato nel 2007. Ma tale “posizione”, vale a dire anche solo la sua opinione ammesso che se ne sia fatta una, è di nessunissima rilevanza. Anche ove ella concedesse, come dice lei, il suo “assenso” alla pubblicazione di quell’aforisma e se ne assumesse pubblicamente la maternità, ciò significherebbe semplicemente che allora anche lei stenta a comprendere il peso ed il significato delle parole, contribuendo così direttamente alla fabbricazione di un falso che non solo il marito non potrebbe avere mai pronunciato, ma non avrebbe neppure certamente gradito.
Vede caro Giano, io parto da un presupposto estremamente semplice: che la signora Agnese nel 2009 abbia esposto il fatto davanti ai PM, dicendo ovviamente la verità con la necessaria precisione, trattandosi di una testimonianza formale. Un livello tale di precisione, da portarci a capire l’effettivo significato delle parole del marito. Un marito che poche ore prima aveva appreso di essere stato tradito da un collega in procura perché questi gli aveva tenuta nascosta un’informativa di polizia che era giunta per allertare dell’imminente attentato, e che pertanto dichiarava il suo sconforto per tale comportamento, arrivando ad ipotizzare una fattuale responsabilità, se non materiale, certamente morale di ciò che stava per accadere, proprio a tale comportamento dei colleghi. Il che non significa che egli per altre ragioni ed in altri momenti di riflessione, non ritenesse plausibile la complicità di altre parti istituzionali all’ostacolamento della sua attività o anche al suo omicidio: questo lo sappiamo sempre dalla vedova, quando ella afferma che il marito dichiarava il suo timore di essere osservato dall’Utveggio con un cannocchiale. Questo era naturale per lui pensarlo, in quanto si stava occupando di inchieste, ereditate da Falcone che era già morto per la stessa ragione, che coinvolgevano persone delle istituzioni, come ad esempio “mafia e appalti” (ragioni concrete e reali quindi, non favole o mere ipotesi come quella della “trattativa”). Tuttavia, per quanto riguarda lo sfogo di cui stiamo parlando, il senso delle parole è chiaro, tanto da indurre alla certezza che la frase pubblicata nel 2007 comporti un tale grado di travisamento, da indurre il sospetto di una maligna manipolazione. Se poi la signora Agnese possa o voglia percepire come tale detto travisamento e possa o voglia prendere posizione su di esso, questo non è rilevante, perchè dipende da fattori diversi che non hanno alcuna attinenza con il fatto in sé. Fra i fattori contano anche, ad esempio, lo stato di salute e la volontà di accendere polemiche con giornalisti come ad esempio Travaglio che da altri componenti della famiglia Borsellino, più politicamente impegnati, sono considerati intoccabili e quasi divini. A questo proposito, le segnalo altri precedenti. Quando ad esempio scoppiò nel 2001 la polemica giudiziaria sulla provenienza della famosa versione manipolata dell’intervista a Borsellino del 21 maggio 1992, i magistrati interrogarono i famigliari del magistrato, per avere elementi utili a stabilire l’origine di quel montaggio. Ebbene mi risulta che un famigliare di Paolo Borsellino piuttosto importante, che in questa sede non voglio nominare onde non accendere ulteriori polemiche, abbia testimoniato, a difesa del direttore di RAINEWS24, di avere fornito direttamente alla RAI la versione già montata a quel modo, conservata dai Borsellino, a suo dire, dal 94, anno in cui l’avevano visionata e quindi avuta in copia, in quello stato, da una giornalista dell’Espresso. Questa giornalista però è la Beria D’Argentine, che in un suo articolo successivo su La Stampa, mi pare nel 2003, afferma di avere avuto e concesso alla signora Agnese Piraino, quel giorno, non la versione “manipolata”, ma una versione integrale. Tanto che nell’articolo stesso vengono descritte alcune scene, visionate quel giorno del 94 da lei stessa insieme alla signora Agnese, che erano presenti solo nella versione integrale, e che quindi nessuno salvo chi l’avesse visionata, poteva conoscere. Come vede, ecco un caso in cui la signora Agnese avrebbe potuto dare il suo contributo per definire un importante dettaglio utile a stabilire un’importante verità, ma questo contributo non c’è stato. Anzi, dalla famiglia Borsellino è arrivata la testimonianza che ha scagionato gli uomini di RAINEWS24 da responsabilità soggettive. Il secondo caso, del tutto simile a quello affrontato qui nel mio articolo, è quello relativo alla famosa testimonianza su Subranni. Come lei potrà in seguito leggere con maggiori dettagli nell’articolo che sto scrivendo appositamente su questo argomento, la signora Agnese ha testimoniato che il marito tornò a casa turbato perché poche ore prima qualcuno gli aveva detto che Subranni era punciutu, cioè affiliato a Cosa Nostra. Quest’affermazione non significa però né che Subranni era effettivamente punciutu, perché era soltanto una soffiata fatta a Borsellino ancora tutta da riscontrare, né che Borsellino ci avesse creduto a prescindere, cosa impossibile perché Borsellino non avrebbe creduto ad una cosa del genere senza opportuni riscontri, neppure se gliel’avesse confidata la vergine Maria in apparizione, figuriamoci un mafioso pentito, o un collega della procura di Palermo. Ebbene, caro Giano, dal giorno di quella testimonianza, i giornali sono ormai passati serenamente e direttamente alla più ovvia delle manipolazioni: scrivere cioè che Borsellino aveva semplicemente “confidato” alla moglie che il generale Subranni era affiliato a Cosa Nostra, come se fosse stata un’informazione proveniente direttamente da Borsellino stesso. Esempio, il Fatto Quotidiano, e molti altri. Pare che effettivamente neppure la moglie Agnese, da recenti dichiarazioni, sia in grado di percepire o voglia percepire la differenza fra un marito che gli “confida di sapere” ed un marito che gli “dice che qualcuno (probabilmente un mafioso pentito, dice la stessa vedova) gli ha detto che Subranni era ecc.. ecc.. ”. Eppure la differenza è sostanziale, e sta in bilico tra la presunzione d’innocenza e la presunzione di colpevolezza.
Noi purtroppo, con grande dolore e delusione, in tutta questa vicenda abbiamo dovuto prendere atto di alcune circostanze inerenti le affermazioni di famigliari, contro le quali non possiamo prendere posizione più di tanto per rispetto del magistrato, ma che purtroppo esistono.
E’ un fatto ad esempio che alcuni famigliari del magistrato, continuino a plaudire e consacrare come eroi i due giornalisti francesi che intervistarono Borsellino il 21 maggio 2012, intervista dove al magistrato furono rubate riprese effettuate a sua insaputa, con telecamere nascoste dietro ai divani, e che in seguito manipolarono strumentalmente l’intervista storpiando le parole ed i pensieri del magistrato per scopi diversi da quelli di volere fare informazione o giustizia. Se qualcuno lo avesse fatto con mio padre o mio fratello, a parte le azioni investigative che riterrei conseguentemente doverose ed opportune, io gli sputerei in faccia. Ma non era mio padre o mio fratello, ma il loro padre e loro fratello, ed a loro va bene così. Se Borsellino non fosse morto quel nastro gli avrebbe probabilmente rovinato la carriera, a causa delle riprese fatte con la candid camera, ma per i Borsellino è tutto ok.
Evidentemente paese che vai, usanza che trovi.
2) Quali sono le dichiarazioni ufficiali della Piraino sulla vicenda in questione che menzionano i “colleghi” del marito? Insomma la signora Borsellino potrebbe non aver mai parlato dei “colleghi” fino al 2009.
Irrilevante, la versione reale è quella del 2009. Se anziché parlarne nel 2009 lo avesse fatto nel 2017, si sarebbe semplicemente allungata la sopravvivenza di un falso. Da 2 a 10 anni.
Inoltre, nel verbale di interrogatorio dell’agosto del 2009, non c’è traccia del famoso litigio fra Borsellino e Giammanco. La signora Piraino, ne farà cenno solo nella seconda deposizione, nel gennaio 2010. “A.d.r.: Confermo che il 28 giugno 1992 mio marito, il dott. Paolo Borsellino, si è incontrato sia con la dott.ssa FERRARO che con il ministro ANDÒ tornando da un convegno di Magistratura Indipendente che si era tenuto a Giovinazzo in Puglia. Il Ministro ANDÒ arrivò dopo il discorso tra Paolo e la dott.ssa FERRARO, e, se ben ricordo, i due non si incontrarono. Ricordo che eravamo insieme a mio marito in occasione di quel viaggio, e che al convegno e per tutto il viaggio siamo stati “superscortati”. Si trattò di una protezione molto stretta, che non era mai stata apprestata in questi termini per la sicurezza di Paolo. Non ricordo se vi era un appuntamento tra Paolo e la dott.ssa FERRARO. Ricordo che eravamo nella sala V.I.P. dell’aereoporto di Fiumicino. Ricordo ancora che l’aereo per Palermo partì con un’ora di ritardo proprio per la presenza di mio marito e gli accertamenti per la sua sicurezza che si resero necessari.
In ogni caso, mio marito non mi fece partecipare all’incontro con la dott.ssa FERRARO. Anche successivamente, non mi riferì nulla, salvo quanto detto dal Ministro ANDÒ, che – per quello che mi venne riferito da mio marito – disse che era giunta notizia da fonte confidenziale che dovevano fare una strage per ucciderlo, e che ciò sarebbe avvenuto a mezzo di esplosivo. Mi disse che era stata inviata una nota alla Procura di Palermo al riguardo, e che ANDO’, di fronte alla sorpresa di mio marito, gli chiese: “Come mai non sa niente?”. In pratica, la nota che riguardava la sicurezza di mio marito era arrivata sul tavolo del Procuratore GIAMMANCO, ma Paolo non lo sapeva.
Paolo mi disse, poi, che l’indomani incontrò GIAMMANCO nel suo ufficio, e gli chiese conto di questo fatto. GIAMMANCO si giustificò dicendo che aveva mandato la lettera alla magistratura competente, e cioè alla Procura di Caltanissetta. Mi ricordo che Paolo perse le staffe, tanto da farsi male ad una delle mani, che – mi disse – battè violentemente sul tavolo del Procuratore.”
3) Messi da parte i “colleghi” le due frasi a confronto non mi sembrano così discordanti …
Le frasi sono completamente diverse. La prima rappresenta a tutti gli effetti un’ingiustificata forma di supporto a Cosa Nostra, attribuita, sacrilegio, a Paolo Borsellino. La seconda è realistica, e coincide con i fatti e con la personalità del magistrato, e non scagiona per nulla Cosa Nostra dalle sue effettive responsabilità.
Ammesso che Borsellino abbia effettivamente detto, testualmente, che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo, è chiaro che è ricorso semplicemente ad una ridondanza, per voler dire che potendo sfuggire alla morte se solo i colleghi fossero stati corretti con lui, nel caso fosse stato ucciso dalla mafia la responsabilità sarebbe anche ricaduta su chi l’aveva isolato e non aiutato o informato a dovere, onde evitare l’attentato, rendendolo così possibile. La versione “aforisma” invece, proviene da un improbabile Borsellino che ritiene la mafia una specie di onorata società di mutuo soccorso, più evangelica che vendicativa, praticamente lontanissima dal volergli torcere un capello senza ordini dall’alto.
Quindi una favola per bambini scemi.
La ringrazio per leggere “Prego Dottore”, tenga presente che è un libro del 2010, che contiene tesi poi confermate da fatti e perizie accadute successivamente alla sua stesura e pubblicazione.
Quindi, parte del capitolo 7 è aggiornata qui:
http://segugio.daonews.com/2010/11/13/ecco-che-cosa-ha-rivelato-esattamente-ciancimino-junior-2/
Il capitolo 9 rivisto ed ammodernato, è pubblicato qui: http://segugio.daonews.com/2011/04/24/bubbole-e-pupari/
Ed infine sugli aggiornamenti di perizia dei documenti analizzati nel libro:
http://segugio.daonews.com/2010/10/04/la-fabbrica-dei-tarocchi-2/
Cordiali saluti
Renzo C 18:45 on 28 August 2012 Permalink |
Caro Enrico,
perdona l’ OT, neanche poi di molto ot, visto che il titolo è “Il peso delle parole”
Ieri sera il caro Marco su La7 ha ribadito di nuovo che su 51 stracci di carta di Ciancimino solo UNO è falso, e ci sono le perizie della scientifica che lo dimostrano.
Penso tu abbia visto la trasmissione, anche se poteva far ridere o piangere (io ho riso, ma ci si poteva pure *beeeep* molto per quel che ha detto)
Se non l’ hai vista il link è questo:
http://www.la7.tv/richplayer/index.html?assetid=50278911&pmk=wall
Ciao
Renzo C
enrix 18:38 on 30 August 2012 Permalink |
Su LA7 volano un mucchio di minchiate su questo argomento, quindi Travaglio si sente perfettamente a suo agio. Nessun contradditorio con persone esperte, naturalmente, se ne guardano bene. Mettere Ferrara come antagonista è fargli un favore. Non che per istinto non sia in grado di capir le cose, ma i dettagli tecnici non li conosce.
Comunque è una storia molto complessa. La mistificazione fa il gioco di molti, credo anche di Mancino e compagnia, paradossalmente.