I Racconti di Gaspare Mutolo (1) : «Borsellino si oppose alla trattativa» – 1° parte

 

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I Racconti di Gaspare Mutolo  (1) : «Borsellino si oppose alla trattativa»  -  1° parte

Ci sono tre categorie testimoniali che in un dibattimento processuale, in diritto, non dovrebbero essere ammesse.  Si tratta di:

1)      il  testimoniato per “sentito dire” (es.:   D: ma lei lo ha visto in faccia? R: No, ma il mio amico Mario, che adesso poverino è morto,  mi disse:  “l’ho visto in faccia, era lui!”)

2)      il riporto di una circostanza esistente in quanto mediata da un’opinione personale o da una personale deduzione: (es.:  D: Era lui? R: Certo, ho capito che era lui perché tre giorni fa mia zia ecc..ecc..)

3)      il testimoniato suggerito al teste (es.: D: Se io le rammentassi che lei, come ha già avuto modo di dichiarare negli uffici della procura nei modi che ora le rileggo, in data  18 gennaio 1979, giornata nebbiosa, alle ore 21.12, mentre si trovava sul 7° binario della stazione di Milano centrale, ha visto con assoluta certezza passare correndo un uomo alto 1 metro e 73 cm circa, con una cicatrice sulla fronte, i capelli rasati a zero, un moncherino all’arto destro, un costume da tirolese, una bomba a mano nella mano sinistra, e che quest’uomo era lo stesso uomo che  ora vediamo qui seduto in quel banco lì, solo di 33 anni più giovane, lei conferma?  Dica solo “si, confermo”, oppure no, se ritiene di non confermare. R: Si, confermo.)

Ecco, negli USA queste tre categorie testimoniali sono tenute rigorosamente fuori dalle porte delle aule dei tribunali, con totale fermezza, senza neppure una sola minuscola eccezione che confermi la regola.

Neppure nei telefilm, nelle fiction, nella cinematografia, riescono a contrabbandarsi.  Non appena provano a fare capolino ecco che c’è il Gregory Peck di turno che fa da attenta sentinella: … obiezione!  Ed il giudice: “accolta”.  Seduta stante, senza neppure stare a dilungarsi nello spiegare il perché o il per come. Lo sanno già tutti.

Da noi, no.   Naturalmente, da noi non è così.

Non per regola, certamente, perché anzi anche qui i magistrati più rigorosi hanno la facoltà di intervenire, correggere direttamente o intimare la correzione delle domande rivolte ai testi se queste rischiano di ricadere in queste tre nefande categorie. Così come le parti hanno il diritto di porre obiezioni in tal senso.

Tuttavia mentre negli USA quella della non ammissibilità è una regola piuttosto FERREA (che grande paese, sotto il profilo del diritto!), qui da noi non lo è, così ferrea. Qui da noi un sentito dire, un’opinione, un piccolo o medio suggerimento al teste, passa sempre, specie quando gli si vuole concedere il  beneficio di riscontro a futura memoria. Così va a finire che i processi diventano veri e propri teatrini mediatici pieni zeppi di sentiti dire e di fatti supportati dalle sole opinioni dei testi, tutta gente pronta a riferirti ciò che ha sentito bisbigliare al bar e tutti narrati che si accumulano uno sull’altro rimanendo fino alla fine in attesa dell’arrivo dei loro bravi riscontri, i quali invece, puntualmente, non arrivano.

Così il processo rimane vuoto di prove vere, giustizia difficilmente si può fare, ma i soloni possono scrivere che se non altro si è accertata “la verità storica”.

In realtà, la verità è esattamente quella opposta:  tra i riporti inammissibili che vengono invece purtroppo ammessi, si celano di norma così tante falsità e così tanti svarioni, così tante incongruenze ed imprecisioni, (sarà per questo, che in USA sono off-limits, no?), che alla fine finiscono per rendere sempre più inafferrabile la definizione dei fatti autentici.

Il processo Mori-Obinu, ad esempio, è un processo che sta collezionando testimonianze che in USA non sarebbero ammissibili, in numero impressionante.

Ci sono persino dei testimoni praticamente citati a deporre, essendo purtroppo deceduti, per bocca dei loro figli.

E’ il caso, tanto per fare un nome, di don Vito Ciancimino, chiamato a deporre a Palermo per bocca del figlio Massimo.  Il quale Massimo, è stato bravissimo, anche meglio dell’anima di suo padre. Non solo in aula ha riferito tutte le stesse identiche cose che  avrebbe riferito di sapere o raccontato di aver fatto il Ciancimino originale, ma ha anche corretto il padre per quelle volte che in vita si lasciò andare a scrivere cose non  vere (spiegandoci così che mentre babbo scriveva, mentiva, e perché mentiva) ed ha persino ritagliato, composto e incollacciato i pezzettini manoscritti proprio come li avrebbe composti papà o come gli disse proprio il babbo di comporli, spiegando pure al presidente della corte, ad un  certo punto, di essersi servito della fotocopiatrice, per potere realizzare un collage presentabile.

Forse che si sia lambita lievemente qualcuna delle categorie inammissibili di cui stavamo parlando?

Forse si, ma la misura dell’ammissibilità, che diamine, dipende anche un po’ dalla levatura dei testimoni coinvolti.  Se si chiamano Ciancimino, oppure hanno almeno una sessantina di omicidi sulla coscienza, possono passare senza pagare il biglietto.  Ma senza un minimo di requisiti, se ti chiami ad es. soltanto Sparti, sei incensurato e nessuno ti conosce, puoi anche raccontare che tuo padre ti ha rivelato in punto di morte che il processo per la strage di Bologna è stato fondato su di una testimonianza fabbricata ad arte (e cioè la sua), ma a dirlo in un’aula di un tribunale non ti fanno entrare lo stesso.

Ma oggi non è di Ciancimino che voglio parlare, bensì di Gaspare Mutolo: la sua testimonianza, che in anteprima sul WEB potrete scaricare in forma trascritta proprio da questo blog,  è stata un esempio da manuale di una sublime collazione di affermazioni TUTTE quante, al 100%, dalla prima all’ultima, completamente inammissibili.

Intendo dire: negli USA il verbale della deposizione di Mutolo, salvo le rituali formule iniziali e finali, sarebbe candido come la neve, perché tutte le sue affermazioni sarebbero state stralciate dalla corte, essendo tutte, dalla prima all’ultima, “sentiti dire”, “opinioni” e  “deduzioni personali” e risposte indotte dal pubblico ministero con domande già contenenti parte delle stesse. Io ho provato a rileggere il verbale alla ricerca di una qualche affermazione propria, logica, pertinente e formalmente ammissibile, ma non ne ho trovata neppure una. Chi si sente di far meglio, mi faccia sapere.

Eppure i giornali, da quella testimonianza, hanno tratto delle conclusioni importanti, nei loro titoli.

(1.    Continua)