Le 12 inquietanti, irrisolte, questioni sulla famosa intervista a Paolo Borsellino
Da alcuni giorni, nel sito 19luglio1992 di Salvatore Borsellino, si può leggere quanto segue: “Nel pomeriggio [del 21 maggio 1992] nella sua abitazione di via Cilea a Palermo Paolo Borsellino rilascia ai giornalisti francesi Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi un’intervista in cui menziona alcune delle “teste di ponte” della mafia al nord Italia. In particolare Borsellino cita il mafioso Vittorio Mangano e ricorda i suoi rapporti con Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. Borsellino dice inoltre che a Palermo è in corso un’inchiesta aperta con il vecchio rito istruttorio che vede coinvolti Mangano Vittorio, Dell’Utri Marcello e Dell’Utri Alberto. Questa inchiesta, della quale Borsellino dice di non occuparsi personalmente (Borsellino ha la delega solo per Trapani ed Agrigento), dovrebbe concludersi entro ottobre dello stesso anno.”
Naturalmente si tratta di una distorsione dei fatti, perché Borsellino cita Mangano solo perché gli viene chiesto espressamente di farlo, e riguardo ai suoi rapporti con Marcello dell’Utri e Silvio Berlusconi, sollecitato sull’argomento, egli dice solo e soltanto di non saperne nulla di nulla.
Per far credere il contrario, come è noto, qualche criminale ha dovuto manipolare il video, e soprattutto l’audio.
Ma non è di questo che voglio parlare, bensì “dell’inchiesta aperta con il vecchio rito istruttorio che vede coinvolto Marcello Dell’Utri”.
In realtà, pare non vi fosse nessuna inchiesta, infatti della stessa non v’è traccia negli archivi. Com’è dunque possibile che Borsellino abbia parlato dell’esistenza di un’inchiesta che non risulta invece essere esistita?
Questo è il punto centrale di tutta la vicenda.
Vediamo di capire i fatti.
A gennaio del 2010, Dell’Utri chiese l’annullamento del suo processo, poichè nella versione “ampia” dell’intervista a Paolo Borsellino pubblicata a dicembre in DVD dal Fatto Quotidiano, si poteva osservare che il magistrato armeggiava con una cartellina di appunti in cui aveva preso nota, nelle ore precedenti e su espressa richiesta preventiva dei “giornalisti” francesi, di eventuali indagini a carico di Mangano e Dell’Utri. Quelle di cui appunto stiamo parlando.
A domanda dei giornalisti, Borsellino esamina gli appunti (e non poteva fare diversamente, poichè, come si può chiaramente vedere nell’intervista, egli neppure sapeva distinguere, quale iscritto ad indagine, fra l’uno e l’altro dei due fratelli Dell’Utri, checché ne dica Salvatore Borsellino), e riferisce, dopo aver letto le note (che poi sapremo, da altra parte dell’intervista, essere la stampa del registro informatico della procura), essere in corso un’inchiesta a carico di “entrambi i fratelli Dell’Utri” e che tale inchiesta era condotta dal magistrato Guarnotta .
A quel punto dell’Utri si precipita a presentare il ricorso che ho detto, poichè egli non sapeva nulla di quell’inchiesta in precedenza, ma da ciò che ora aveva veduto, rilevava che per legge il Guarnotta non avrebbe potuto giudicarlo (così com’era accaduto), causa incompatiblità, avendolo egli indagato in tempi precedenti in diversa veste.
Quindi Dell’Utri dice, in sostanza: Borsellino mostrava, in quella ripresa video, una stampa del ruolo della Procura che indicava l’esistenza di un’indagine in corso da parte di Guarnotta a mio carico. Quindi Guarnotta non poteva giudicarmi in Corte d’Assise, e quindi il processo è viziato.
MA IL RICORSO DI DELL’UTRI FU RIGETTATO DAI MAGISTRATI DELL’APPELLO. Perchè? Semplice. Perchè stando agli stessi archivi, non era mai esistita alcuna indagine. Memorabile il commento in aula del P.G. Gatto: “Nel nostro codice non esiste ancora il procedimento invisibile e se Dell’Utri avesse avuto un carico pendente già da prima NE SAREBBE RIMASTA TRACCIA.”
Allora, vediamo di ricapitolare. I giornalisti francesi nell’imminenza dell’intervista, chiedono a Borsellino di predisporre, perchè sarebbe stato oggetto dell’intervista, una verifica nel ruolo della Procura in relazione ad eventuali inchieste in corso in carico a Dell’Utri e Mangano. Borsellino effettua la ricerca, trova l’annotazione di un’indagine nel ruolo della procura, a carico di dell’Utri, e fa una stampa. Quando i giornalisti suonano alla sua porta quella famosa mattina di maggio, Borsellino li riceve annunciandogli di avere estratto le notizie che essi gli avevano sollecitato di ricercare. Da queste notizie, afferma Borsellino, emerge l’esistenza di un’inchiesta in capo a Marcello Dell’Utri gestita dal PM Guarnotta: quindi consegna ai francesi l’estratto dell’archivio.
18 anni dopo, Dell’Utri viene a sapere di tutto questo, e dunque avanza ricorso. Gli viene risposto che non è mai esistita alcuna inchiesta, poichè non esistono inchieste invisibili e di quell’inchiesta negli archivi non c’è traccia.
A questo punto, io vedo solo tre spiegazioni (se qualcuno ne vede altre, mi faccia sapere):
1) Paolo Borsellino ha mentito oppure ha preso una cantonata (ma vediamo di scartarla subito, questa prima ipotesi, eh? Credo siamo tutti d’accordo)
2) Qualcuno, diciamo la solita abile manina, ha fatto sparire dagli archivi e dai registri del tribunale, in tempi più o meno recenti, ogni traccia dell’inchiesta, comprese le righe ed i dati stampati a suo tempo da Paolo Borsellino. Quindi l’inchiesta è effettivamente esistita ma è così divenuta invisibile, con buona pace del Procuratore Generale. Su questa seconda ipotesi, però, bisogna fare una precisazione. Il ruolo della procura, dovrebbe essere (qualcuno mi corregga se sbaglio) un registro-protocollo, a numeri progressivi. Una volta che si è “scritto” il numero di un procedimento ed il suo titolare (in questo caso Dell’Utri), probabilmente è possibile rettificare la descrizione della pratica, ma il numero progressivo ed il nome dell’indagato non si possono sopprimere tout-court. Ciò significa che se io decido di far “sparire” la descrizione di un’indagine dopo 10 anni dalla sua iscrizione, lo debbo fare sostituendola con la descrizione di un’altra, che però dovrebbe, a quel punto, giacere in attesa di registrazione, anch’essa più o meno da 10 anni, senza essere stata registrata in precedenza. Trovare invece un fascicolo recente, che si adatti per contenuti ad essere registrato con simili retrodatazioni, dovrebbe essere praticamente impossibile.
3) Non c’è effettivamente mai stata nessuna inchiesta (d’altro canto, c’è qualcuno al mondo in grado di riferire quale fosse l’oggetto di questa fantomatica inchiesta?).
Ma qualche furbacchione, ha predisposto l’inserimento di dati relativi ad un’inchiesta “fittizia” al ruolo della procura (bastano due righe di dati, inserite nei computer di quello che Borsellino definiva “un nido di serpenti”) proprio, guarda caso, nell’imminenza della verifica che Borsellino avrebbe fatto su invito dei due “giornalisti” francesi, per poi cancellarla, quella registrazione, subito dopo l’accesso di Borsellino, e sostituirla assegnando il suo numero di ruolo ad un fascicolo fresco ed autentico. Così il trucco è molto più facile, che non cancellare o manomettere i dati relativi ad un’inchiesta vera, autentica, e fascicolata, magari dopo anni. Ed il magistrato non si sarebbe mai accorto di quella losca operazione di cui egli era vittima inconsapevole, perchè di lì a poco si sarebbe incontrato con il tritolo.
La terza naturalmente, è una pura ipotesi, ma che se fosse vera potrebbe suggerire un’altra ipotesi, in ricaduta, ancora più inquietante: che qualcuno possa aver cercato di allestire uno scenario che di lì ad un paio di mesi sarebbe potuto divenire tanto realistico quanto utile: quello di un Paolo Borsellino ucciso proprio quando la sua attenzione era concentrata in qualche modo su Silvio Berlusconi e Marcello dell’Utri indagati, A DETTA DELLO STESSO MAGISTRATO, alla procura di Palermo.
Per potere cucinare quella polpetta, sarebbero occorsi soltanto due ingredienti: un documento che ritraesse Borsellino mentre parlava, carte alla mano, di inchieste in corso a carico di dell’Utri e Berlusconi, e quindi, subito a seguire, il suo assassinio.
Se qualcuno avesse avuto pertanto, in qualche modo, informazioni sull’imminenza del secondo, avrebbe potuto cogliere al volo l’opportunità per organizzare repentinamente la preparazione del primo ingrediente, così da poter cucinare una magnifica polpetta.
Ma chi avesse potuto concepire un simile piano, non avrebbe potuto che aspettarsi che difficilmente il giudice avrebbe accettato di mostrare in una telecamera documenti “non ostensibili” perché coperti dal segreto istruttorio, o che ne avrebbe parlato con disinvoltura, pur sollecitato a farlo. Bisognava quindi, giocoforza, attrezzarsi tecnicamente in maniera da potere essere pronti ad effettuare riprese “candide”, cioè all’insaputa del giudice.
Ed infatti, guarda caso, così è avvenuto.
Nella versione manipolata, per fabbricare sequenze ove il video e l’audio sono asincroni, si sono dovute usare riprese ove il “labiale “di Borsellino non risulta visibile (diversamente, il dissincronismo avrebbe tradito il montaggio). Tali riprese sono risultate disponibili, grazie all’impiego, in quel convegno ben progettato, di una o più “candid camera” collocate in posizione “discreta” rispetto alla postazione del magistrato, e ad una distanza tale che difficilmente il poveretto poteva averne percezione. Inoltre sia nella fase iniziale che finale dell’intervista, le telecamere non ancora posizionate per dar corso alle riprese ufficiali o persino, a intervista ultimata, posate sul pavimento, appoggiate di lato, sono comunque sempre, guarda caso, attive, vale a dire col pulsante “rec” inserito. (“pur accese”, spiega Travaglio in premessa nel suo DVD, con nonchalance, come se fosse una cosa normale).
Pertanto, quando il giudice crede evidentemente di parlare “off the record”, tanto inconsapevole della situazione da arrivare tranquillamente a consegnare, in violazione del riserbo istruttorio, una stampa dell’archivio della procura con la rituale raccomandazione “non dite che ve l’ho data io”, egli viene invece subdolamente registrato.
Sino ad ora, ho soltanto mescolato fatti ad ipotesi, e non ho certo la pretesa di aver provato nulla. Ma d’altro canto parliamoci chiaro: ci sono degli aspetti, in quest’intervista, che trovo semplicemente incredibile non si sia mai voluto chiarire, specie nelle opportune sedi giudiziarie, e tali aspetti li posso sintetizzare in 12 domande alle quali si dovrebbe cercare di dare risposte convincenti:
1) Perché i 2 “giornalisti” francesi hanno cercato, con il pretesto di volerlo intervistare in tema di mafia e criminalità, un magistrato dal passato tanto denso e dalle esperienze tanto straordinarie come Paolo Borsellino, per poi non rivolgergli neppure una, dico, NEANCHE UNA domanda pertinente la sua propria attività, le sue battaglie più importanti e la sua diretta esperienza?
2) Perché gli hanno invece domandato soltanto di vicende di cui non si era occupato personalmente, o di altre di cui non si stava occupando e non era neppure a conoscenza?
3) Perché tutte le domande vertevano su due personaggi, Berlusconi e Dell’Utri, di cui Borsellino non si era mai interessato né si interessava, e su un terzo personaggio, Vittorio Mangano, che nell’esperienza del magistrato rimaneva un personaggio del tutto marginale?
4) Perché mai, nonostante le molte volte in cui Borsellino si è visto obbligato a ribadire che le domande che gli venivano poste non riguardavano vicende di cui si stava occupando, non gli è mai stato chiesto NEPPURE UNA VOLTA, di che cosa dunque si stesse occupando in quel momento storico?
5) Che fine hanno fatto fare, i due “giornalisti” francesi, alla stampa d’archivio del PC della Procura, che Borsellino gli consegnò dicendo “non dite che ve l’ho data io”? Perché non l’hanno mai tirata fuori? Qualche magistrato italiano, magari di quelli che cercano la verità scalando le piramidi del 4° e 5° livello, gliel’ha mai chiesta?
6) Nel video manipolato trasmesso da RAINEWS 24, si ode Calvi porre al giudice questa domanda: ““Non le sembra strano che certi personaggi, grossi industriali come Berlusconi, Dell’Utri, siano collegati a uomini d’onore tipo Vittorio Mangano?”. In realtà, tale domanda non fu mai posta a Paolo Borsellino, ma venne registrata e copia-incollata in studio, in post-produzione, forse anche in fase postuma. Domanda: se è vero che, come hanno sempre detto i due “giornalisti”, dopo aver realizzato l’intervista si decise poi, subito a seguire, di non farne più nulla e di abbandonare il progetto (scusante accampata: il prematuro fallimento della società di produzione), per quale ragione dunque Fabrizio Calvi si è successivamente preso la briga di partecipare attivamente ad una rielaborazione dell’audio, inventandosi di sana pianta una nuova domanda davanti ad un microfono, per dare così a quell’intervista l’aspetto di una fiction?
7) Quando è stata compiuta esattamente, tale operazione? Quella domanda mai esistita, quando è stata registrata in studio? Prima o dopo la morte di Paolo Borsellino? E se fosse vero il primo caso, cioè se fosse stata registrata PRIMA: come poteva sperare un “giornalista” di poter utilizzare impunemente un’intervista realizzata con domande post-prodotte e montaggi di riprese occulte, se Borsellino fosse rimasto in vita?
8) Quel lavoretto di post-produzione, è stata un’iniziativa personale di Calvi, oppure gli è stato commissionato da qualcuno? E se si, da chi?
9) Perché sono state effettuate riprese con una “candid camera” remota? Perché nella fase “off the record” dell’intervista, la telecamera appoggiata sul pavimento è stata lasciata accesa senza che Borsellino ne fosse consapevole? Che cosa ci si aspettava di immortalare?
10) Se è vero che, come dice il PG Gatto, non c’è traccia negli archivi della procura di un’inchiesta di Guarnotta in capo a Dell’Utri, come potevano i due “giornalisti” ipotizzare la sua esistenza, tanto da invitare Paolo Borsellino a predisporre per l’intervista una stampa d’archivio che la dimostrasse? Quale fonte gli avrebbe suggerito la possibilità di una sua esistenza?
11) Nella versione “integrale” pubblicata in DVD dal fatto Quotidiano, sono evidenti tagli dell’intervista, anche consistenti (osservando le sfumate e l’orologio dello studio, se ne vede bene persino uno di circa 20 minuti). Che cosa si è detto in quei venti minuti? Perché sono stati tagliati? E una volta tagliati, quei venti minuti, sono stati distrutti oppure conservati?
12) Perché si è permesso che nei vari processi per la strage di Via D’Amelio i magistrati valutassero le possibili connessioni fra quest’intervista ed i presunti moventi della strage, soltanto sulla base della versione televisiva manipolata, anziché sulla versione integrale che non è mai stata consegnata e quindi mai acquisita, e della quale invece si è fatto commercio attraverso un giornale, soltanto anni dopo, a processi ultimati? (infatti, in quei processi, su quest’intervista sono state dette e scritte un mucchio di sciocchezze ed inesattezze, fondandosi esse sulla valutazione di un documento falsificato).
EPILOGO
Nel ripensare a quegli ultimi 59 giorni di vita di Paolo Borsellino successivi a quest’intervista, già di per se abbastanza angoscianti per il magistrato, tutti ci auguriamo che non gli sia capitata l’occasione, lavorando al computer, di buttare l’occhio sul registro per vedere se c’erano novità su quelle inchieste che interessavano tanto a quei giornalisti che, a giudicare dalla sua evidente disponibilità, dovevano tanto bene essergli stati presentati. In quel caso potrebbe essergli capitato di riscontrare, ad esempio, che ciò che poco tempo prima aveva stampato, magari era sparito, senza, come ci spiega oggi il Procuratore Gatto, lasciare traccia. Se fosse accaduto questo, egli non avrebbe certo tardato a porsi alcune inquietanti domande, rimanendone profondamente turbato.
Anche tanto da arrivare a pensare che qualcuno, forse un amico, lo aveva tradito, cioè gli aveva giocato un brutto tiro.
Enrix
Patton 08:03 on 4 June 2012 Permalink |
Caro Enrix,
come ho già detto su RI di Guzzanti, sono d’accordo quasi su tutto, compreso il fatto che la tua brillante analisi dell’intervista (quasi) integrale permette di gettare uno sguardo sui “segreti” del grande “cuoco di realtà” che in quegli anni “creava” a Palermo.
L’unica cosa su cui non sono d’accordo è lo scopo della falsificazione fatta in Procura, scopo che tu ipotizzi come “ricaduta” del punto 3. Io non credo che fosse quello di incastrare Berlusconi e Dell’Utri come possibili mandanti del- o molto interessati al- assassinio di Borsellino. Berlusconi, a quel tempo, era solo lo sponsor di Craxi e del PSI: “dimostrando” che i soldi di B. venivano, via Dell’Utri, dalla mafia, si voleva semplicemente dimostrare che l’ostilità del PSI alla mafia era falsa e strumentale, esattamente come quella di Andreotti; e si faceva risaltare, per contrasto, la sincerità dei “professionisti dell’antimafia”.
Lo schema dello chef di realtà è sempre quello: a fine dicembre 1992 sarà arrestato un servitore dello Stato come Contrada (condannato dopo 10 anni di processi), sempre per “dimostrare” che la sua ostilità alla mafia era falsa e strumentale. Nel marzo 93 sarà incriminato lo statista Andreotti (altri 10 anni di processi); L’ultima puntata della piccola Norimberga prevedeva l’incriminazione dello sponsor del CAF, Berlusconi, e del suo “gancio” con la mafia, Dell’Utri. Lo schema, per quanto semplice, copriva emblematicamente tutte le caselle: un grande poliziotto, un grande politico, un grosso sponsor (con il suo “uomo a Palermo” un mafioso ad Arcore).
Lo schema saltò per l’inattesa entrata in politica di B. (sostenuto da molti industriali italiani, a cominciare da Agnelli), quindi il sublime chef palermitano dovette accontentarsi di “cucinare” Dell’Utri (dal gennaio 96): che all’apparenza era il piatto più facile, ma che prima o poi gli andrà di traverso.
Borsellino fu scelto come “bersaglio” del giornalista francese “che fa le domande” perché la sua figura, in quell’intervista fatta due giorni prima di Capaci, aggiunge credibilità a ogni frase. Lo stesso accadrà nell’interrogatorio del “pentito” Gaspare Mutolo (gestito dalla DIA), che Borsellino incontra a Roma due giorni prima di morire e che gli “rivela” la collusione con la mafia del procuratore Signorino e di Contrada. Borsellino è così scosso dalle rivelazioni di Mutolo, che a fine interrogatorio ha egli accessi di vomito.
E devo dire che anch’io ho un po’ di nausea… Ma secondo un’altra interpretazione,
http://www.unaviaxoriana.it/cgi-bin/uvpo/index.cgi?action=viewnews&id=2120
Borsellino si accorse dell’inganno e avrebbe voluto denunciare Mutolo per falsa testimonianza, così come nell’89 Falcone aveva accusato il pentito Pellegriti per le accuse a Lima e Andreotti… Borsellino avrebbe voluto, ma saltò in aria prima di poterlo fare.
Patton 07:13 on 5 June 2012 Permalink |
PS
Enrix, l’autore del pezzo da me citato, che due anni fa si firmava ancora con il nick “artemide1955″, è Michele Imperio, ex-avvocato e oggi blogger su FB, con il quale tu spesso interloquisci. E’ uno che ama molto le coincidenze, ma dice cose interessanti e fuori dagli schemi.
Resta il fatto, secondo me, che la “intervista-pacco” a Borsellino su Berlusconi & Dell’Utri e la rivelazione-pacco che il gen. Subranni dei ROS era un mafioso (fatta a Borsellino tre giorni prima di via D’Amelio, da uno che lui credeva amico) hanno lo stesso mittente, la stessa firma.
enrix 20:22 on 5 June 2012 Permalink |
Si, avevo capito che era lui, stavo per domandarglielo. Per tornare al nostro argomento, ti dirò che sono molte le possibilità. Io sono abituato a partire da ciò di cui sono certo, per poi formulare le ipotesi dalla più plausibile alla meno possibile, ma ad ogni modo prima di avvalorarle occorre trovare supporti e riscontri. Qui ci sono questi dati certi:
Borsellino non si stava occupando di Berlusconi, ma in quel periodo era concentrato sulla morte di Falcone e sulle inchieste di cui si era occupato.
1) C’era una fretta del diavolo di fare questa intervista
2) L’intervista è stata organizzata in maniera da carpire il più audio possibile del magistrato, a sua insaputa, e questo era l’interesse prioritario. In realtà una cosa penso si possa dire con certezza: in versione completa è un’intervista anomala, noiosa e tendenziosa, non credo sia piaciuta al giudice. In versione “montata” secondo quelli che paiono gli intendimenti degli autori quando è stata girata, non si poteva pensare in alcun modo di poterla utilizzare se non contrariando Borsellino, oppure non contrariandolo perchè deceduto.
3) La finalità era quella di far parlare il magistrato, a qualsiasi costo, di Berlusconi e Dell’Utri come indagati a Palermo in connessione alla mafia e a Mangano, in un periodo in cui di quei rapporti si leggeva già su Repubblica, ma con trafiletti interni, perchè di quell’argomento NON GLIENE FREGAVA NIENTE A NESSUNO.
4) L’intervista non è stata utilizzata, e c’è da pensare che se Berlusconi non fosse sceso in politica 2 anni dopo, non lo sarebbe mai stata.
5) Su quest’intervista, hanno mentito: l’autore, Travaglio e molti altri giornalisti e, purtroppo e salvo prova contraria, anche alcuni famigliari del magistrato.
6) Almeno uno dei due “giornalisti” aveva rapporti anche di lavoro con certi ambienti, e tu sai quali.
7) In quel momento la presidenza francese viveva un periodo di forte antoagonismo con Berlusconi.
9) la morte dei due magistrati F. e B. era stata pianificata congiuntamente, ed era stata programmata a breve termine già dalla fine del 91.
10) all’omicidio dei magistrati hanno verosimilmente partecipato esperti esterni di tecniche militari e fornitori esterni di ordigni esplosivi ad innesco sofisticato.
Patton 12:42 on 6 June 2012 Permalink |
E’ un fatto, anche se posteriore a quelli in oggetto, che la piccola ma interminabile “Norimberga” sicula (dura da vent’anni e a detta di Scarpinato durerà altri venti) ha toccato e tocca nomi, da Contrada a Subranni, che furono suggeriti a Borsellino e che lui menzionò nei suoi ultimi due mesi di vita.
Se è vero, com’è vero, che gli omicidi di F & B erano stati programmati da mesi, lo stesso si può dire della piccola “Norimberga” sicula, la quale doveva coinvolgere tutti coloro che erano stati dalla loro parte.
David Marín 02:27 on 9 June 2012 Permalink |
Cari amici,
su molte cose sono d’accordo, con altre no. In quel periodo la presidenza francese non aveva più da mostrare antagonismo nei confronti di Berlusconi. Secondo punto: è possibile l’ipotesi secondo la quale (ne avevo già detto a suo tempo su RI) che un documento audio fosse stato agli atti a Palermo, e non un documento video. Un caro saluto, DM
Renzo C 18:35 on 24 June 2012 Permalink |
Ciao Enrico,
ho trovato una manipolazione dell’ audio fatta senz’altro in post produzione, la si può ascoltare molto chiaramente anche online.
Inoltre non ho letto che tu ti sia occupato dell’ inizio dell’ intervista, cioè di cosa avevano chiesto a Borsellino prima dell’ incontro, anche perchè purtroppo non si sente benissimo (pure l’orologio suona).
Infatti cita subito Mangano, non altri, come si può sentire da quanto riferisce Borsellino prima di iniziare l’ intervista vera e propria, anche se l’ argomento era la mafia in generale.
Poi partono buchi e lavori di regia, tutt’ altro che la “versione integrale di tutto il girato” come falsamente dichiara Travaglio; “non abbiamo tagliato nulla” dice ancora il pataccaro: ma prima di dire queste panzane l’ha visto o no?
Resta infine da sapere che fine hanno fatto le carte che Borsellino ha consegnato, perchè fra quelle deve esserci per forza quella dell’ indagine di Guarnotta su Dell’ Utri, vera o falsa che sia, ma quei documenti i solerti Ingroia e Di Matteo li hanno mai chiesti ai francesi?
Ciao
Renzo C
p.s. ma quella mailbox funziona? la scarichi ogni tanto?
marisa di bartolo 11:18 on 20 July 2012 Permalink |
Non ho capito il succo del discorso. Berlusconi e dell’ Utri vittime di un perfido complotto architettato con una falsa documentazione fatta cadere tra le mani di borsellino durante la famosa intervista,e poi subito fatta sparire? a parte il fatto che borsellino non dice proprio nulla di nulla, si limita a trattare l’argomento Mangano e i suoi cavalli, gli autori dell.e losche trame a danno di quelle anime pure ed innocenti che sono e sono sempre stati berlusconi e dell’utri, chi sarebbero? presumo i “comunisti”, che dovrebbero essere secondo l’autore i nemici ancestrali della citata coppia (berlusconi e de ll’Utri). In sostanza trovo l’articolo ambiguo e tendenzioso: ad es. non è vero che borsellino rilegge le carte che aveva in mano perché non distingueva dell’utri dal fratello alberto: rileggendole si accorge piuttosto che ANCHE alberto era indagato.L’autore evoca pure presunte manipolaioni del video e dell’audio dell’intervista: ovviamnte i soliti comunisti devono essersi messi di buzzo buono x fare una cosa simile pur di nuocere a Silvio, ovviamnte in odore di santità. L’autore ventila inoltre che i 2 giornalisti fossero stati inviati DI PROPOSITO da borsellino, e gli avessero raccomandato di prepararsi in maniera opportuna (sottinteso: a costo di inventare). Ora anche qs non è vero: i giornalisti francesi stavano conducendo un ‘inchiesta sulla mafia in europa, e avevano pensato di intervistare per l’italia il giudice borsellino. L’articolista sottolinea ,a sostegno dei suoi argomenti, l’insistenza dei gironalisti: ma i giornalisti sono sempre insistenti, e gli intervistati di solito un pò refrattari, specie quando ritengono gli argomenti difficili da spiegare. Ho finito: ho la massima fiducia nella giustizia italiana, per cui di sicuro le luminose figura di dell’ utri e berlusconi continueranno immacolate a giganteggiare nei cieli della nostra politica, e qs favola delle trattative stato mafia, e relative stragi, diventeranno fiabe per bambini come quelle del lupo cattivo o dei sette nani.
enrix 15:18 on 22 July 2012 Permalink |
E lo vedo bene, cara signora Di Bartolo, che non ha capito proprio per niente il succo del discorso.
Questo è un blog d’inchiesta, e lo gestisco io e soltanto io. Ed io nutro pochissimo interesse per la politica e tanto, tantissimo, per le investigazioni di natura criminologica.
Dunque io ho soltanto fatto il punto su quell’intervista, in riferimento a ciò che pare certo. E vale a dire quanto segue:
1) A Borsellino è stato richiesto da qualcuno, prima dell’intervista, di visurare il ruolo della procura di Palermo sui nominativi Berlusconi Silvio, Dell’Utri Marcello e Mangano Vittorio, e di procurare per il giorno e l’occasione dell’intervista, la documentazione relativa a tale visura, nel caso qualcosa su quei nominativi fosse stato presente.
2) Borsellino ha effettuato la ricerca e si è presentato all’appuntamento con i due giornalisti con il materiale richiesto.
3) Nel corso dell’intervista, le riprese del magistrato, proprio mentre sta parlando di un interessante episodio relativo a Mangano, vengono abbandonate e la telecamera viene predisposta, sino al punto di essere nascosta dietro un divano, a riprese “nascoste”, cioè realizzate all’insaputa del giudice.
4) A quel punto il magistrato viene sollecitato sulla documentazione ed egli, ritenendo di essere “off the record”, consegna ai francesi una stampa del ruolo della procura, raccomandandosi di non dire a nessuno di quella consegna. Il povero ignaro, non sa che in quel momento è persino filmato, e che con tutta probabilità tale ripresa nascosta, pare premeditata.
5) Si ode dalla viva voce di Borsellino la notizia, che su quella stampa d’archivio sono annotati gli estremi di un’indagine corrente a carico di Marcello Dell’Utri, avente termine legale alla fine di ottobre 92, ed assegnata al magistrato Guarnotta.
6) Tale indagine, sappiamo oggi dalla Procura Generale, non risulta essere mai esistita.
7) Di tale indagine non sa nulla nessuno, a cominciare da Dell’Utri. Guarnotta non ne ha mai fatto cenno, nonostante sia espressamente citato da Borsellino nel video. I giornalisti di cronaca giudiziaria Dell’Utrofili (es: Travaglio), cioè quelli che hanno scritto su Dell’Utri tutto quello che si poteva scrivere comprese le multe per divieto di sosta, su quest’indagine della procura antimafia non hanno mai scritto una riga e mai mostrato il benché minimo interesse, salvo ribadire che ne ha parlato Borsellino, ma senza fare lo sforzo, ad es., di verificarne l’esito e l’oggetto in procura. (non lo trova del tutto anomalo?)
Ora, a fronte di tutte queste evidenze che riguardano fatti incontrovertibili, le domando: non è che per caso lei si sentirebbe in grado di riflettere semplicemente su di esse, senza sentirsi tutta scombussolata dal fatto che qui si sta guardando questo video, per la prima volta, da un punto di vista che non considera quanto siano brutti e cattivi Berlusconi e Dell’Utri, punto di vista al quale evidentemente lei non è consueta?
Questo le consentirebbe, ad esempio, di non scrivere cose a vanvera.
E’ evidente che se lo scopo era quello di riprendere di nascosto il magistrato mentre consegnava documenti della procura riservati su Berlusconi e Dell’Utri, e affermando che essi erano indagati, e se è vero che invece quelle inchieste non esistevano, non è logico né possibile che si potesse trattare di un complotto ai danni dei Berlusconi e Dell’Utri. Il pervenire in mano a Berlusconi di quello spezzone di video avrebbe comportato la possibilità, da parte di quello che all’epoca non era un politico ma solo un ricco e potente imprenditore, di perseguitare Borsellino sino a compromettere la sua carriera, e di farlo in discesa, non essendoci in realtà nulla a proprio carico alla procura di Palermo, fatto che Borsellino avrebbe dovuto spiegare, soprattutto insieme all’episodio della stampa e della consegna di atti coperti dal riserbo istruttorio, magari al CSM. Pertanto quel nastro, con Borsellino in vita, avrebbe rappresentato a tutti gli effetti un arma di ricatto contro il povero magistrato, capace di comprometterne la carriera.
Quindi, volendo fare delle ipotesi, se come lei ipotizza c’era complotto, il bersaglio non poteva essere Berlusconi, ma semmai il magistrato stesso. Ma a me non piace fare delle ipotesi, prima che non si siano approfonditi tutti i dettagli e non si disponga di tutti gli elementi, anche se così sono già tanti. Mi ha capito bene, signora Di bartolo?
enrix 16:11 on 22 July 2012 Permalink |
E veniamo alle sue note critiche, laddove lei mi accusa di ambiguità e faziosità.
“borsellino non dice proprio nulla di nulla, si limita a trattare l’argomento Mangano e i suoi cavalli”
Non dica sciocchezze. I 7 punti che le ho elencato in precedenza sono comprovati proprio dalle parole e dagli atti del magistrato in quell’intervista. Di “mangano e dei suoi cavalli “egli tratta non di sua volontà, ma solo e soltanto quando viene sollecitato a farlo dai due francesi, ed il fatto che nell’intervista sia continuamente chiamato a parlarne è qualcosa che riguarda i francesi, non lui.
“ non è vero che borsellino rilegge le carte che aveva in mano perché non distingueva dell’utri dal fratello alberto: rileggendole si accorge piuttosto che ANCHE alberto era indagato.”
No, lei non ha proprio capito. Borsellino non sapeva nulla dell’indagine su Dell’Utri e/o sui fratelli Dell’Utri. (anche perché non c’era molto da sapere, se come ci dicono i magistrati quell’inchiesta non è mai esistita) Gli era stato chiesto di verificare il nominativo Dell’Utri nell’archivio delle indagini correnti, e lui aveva verificato e fatto una stampa. Aveva quindi visualizzato nel PC che c’era un’inchiesta a carico di Dell’Utri e Mangano. Nell’intervista egli riferisce questo dato, da lui riscontrato nel PC, ai giornalisti.
A quel punto gli viene chiesto: . Dell’Utri. Marcello Dell’Utri o Alberto Dell’Utri ? I due?
E’ evidente che se Borsellino fosse stato realmente interessato a Marcello Dell’Utri ed a quelle sue vicende giudiziarie, avrebbe potuto rispondere senza consultare nulla, cioè avrebbe saputo distinguere a memoria, in relazione a quell’indagine, fra i nominativi di Marcello e Alberto e le loro rispettive posizioni nell’inchiesta. Invece deve assolutamente verificare le iscrizioni d’archivio, diversamente non sa rispondere. Il genere di “distinzione” cui mi riferisco, non è quella che avrebbe dovuto saper fare Borsellino se gli avessero messo davanti le foto dei due fratelli Dell’Utri, ma è una distinzione riferita alla posizione di Dell’Utri in un inchiesta dove Borsellino non sa dire a memoria neppure chi effettivamente sia indagato, se Marcello, o suo fratello o tutti e due. Questo mio rilievo io lo faccio per le persone che affermano che Borsellino si interessava nelle sue inchieste di Marcello Dell’Utri e di conseguenza era ben informato sulla sua posizione. La verifica che deve effettuare sul registro in merito al fatto se Marcello Dell’Utri sia o meno indagato, o lo sia suo fratello, o lo siano tutti e due, dimostra semplicmente che erano fatti che non conosceva, e quindi non poteva essersene interessato in alcun modo.
“L’autore evoca pure presunte manipolazioni del video e dell’audio dell’intervista: ovviamnte i soliti comunisti devono essersi messi di buzzo buono x fare una cosa simile pur di nuocere a Silvio, ovviamnte in odore di santità.”
No, io non evoco manipolazioni presunte, ma manipolazioni certe. Che ci siano state “evidenti manipolazioni” e “gravi alterazioni” è scritto già in due sentenze di due tribunali della Repubblica, che lo hanno scritto a seguito di perizie. Quindi stiamo parlando di cose certe e non presunte, e i comunisti non c’entrano nulla: la smetta di pensare come un’adolescente: dalla sua fotografia gli impeti ideologici e le turbe di quella difficile età, si direbbe che lei le dovrebbe avere abbandonate da un pezzo.
“L’autore ventila inoltre che i 2 giornalisti fossero stati inviati DI PROPOSITO da borsellino, e gli avessero raccomandato di prepararsi in maniera opportuna (sottinteso: a costo di inventare). Ora anche qs non è vero: i giornalisti francesi stavano conducendo un ‘inchiesta sulla mafia in europa, e avevano pensato di intervistare per l’italia il giudice borsellino.”
No io non ventilo, io vedo nell’intervista Borsellino aprire la porta ai francesi e parlare loro di una ricerca effettuata solo sommariamente al computer, perché i documenti allegati “ci vuole tempo per andarli a pescare”, dice il giudice. Quindi alla fine dell’intervista Borsellino apre l’oggetto della sua ricerca, la fmosa stampa dell’archivio, ne illustra i contenuti, e quindi LO CONSEGNA ai francesi, ripreso di nascosto, raccomandandosi di non dire mai che egli gli aveva passato quei documenti: . Quindi si trattava di un’operazione così programmata. Diversamente gli avrebbe solo mostrato il documento dicendo che non poteva essere messo in circolazione o comunque si sarebbero uditi i due francesi domandare se potevano avere il documento. Invece la consegna avviene, com’è evidente, come da programma precedentemente pianificato. Così come era pianificata la ripresa “candida”, all’insaputa del magistrato. Lei dice che tutto questo non è vero e che invece “i giornalisti francesi stavano conducendo un ‘inchiesta sulla mafia in europa, e avevano pensato di intervistare per l’italia il giudice borsellino”. Certo, ed infatti nel video non si vedono telecamere nascoste dietro il divano, Borsellino stampava sempre di sua iniziativa il ruolo della procura a chiunque veniva intervistarlo perché per lui era una specie di hobby, e la sua inchiesta sulla mafia in Europa non è mai esistita salvo quell’operazione con Borsellino (peraltro non utilzzata e subito rinchiusa in cassaforte), perché dopo Borsellino ai due francesi è venuta un’intossicazione da cozze ed hanno dovuto rinunciare all’inchiesta europea. Inoltre per l’Italia avevano pensato di intervistare il giudice Borsellino, ma chiedendogli solo e soltanto di inchieste di cui non si occupava e che quindi non lo riguardavano. Geniale. Cara signora Di Bartolo, lasci che glielo dica: viva l’ingenuità, che ti fa sentire meglio.
“L’articolista sottolinea ,a sostegno dei suoi argomenti, l’insistenza dei gironalisti: ma i giornalisti sono sempre insistenti, e gli intervistati di solito un pò refrattari, specie quando ritengono gli argomenti difficili da spiegare.”
Non dica sciocchezze: i giornalisti quando un magistrato ripete per be due volte volte di non sapere nulla di un’inchiesta perché non se ne sta occupando lui personalmente, cessano di essere insistenti. Continuano invece, anche quando l’intervistato è obbligato a ribadirlo persino più di due volte, a costo di divenire pedanti, se lo scopo è quello di raccogliere materiale video in quantità su di un solo argomento fisso, per avere una grande cernita quando si intende fare un lavoro di montaggio su quell’argomento.
“Ho finito: ho la massima fiducia nella giustizia italiana, per cui di sicuro le luminose figura di dell’ utri e berlusconi continueranno immacolate a giganteggiare nei cieli della nostra politica, e qs favola delle trattative stato mafia, e relative stragi, diventeranno fiabe per bambini come quelle del lupo cattivo o dei sette nani.”
Signora Di Bartolo, il suo raziocinio è alterato dalla propaganda. Lei ha dei chiodi fissi che la disturbano. Si faccia una vacanza, o vada di valium e camomilla.