REPETITA IUVANT


 

Massimo  Ciancimino, da quando è ritornato in libertà, è in fase di recupero. Vuole evidentemente ritornare ad occupare la sua perduta posizione di icona dell’antimafia.  Così fa l’antimafioso accorato, nonostante le minacce ed i candelotti di tritolo consegnati a domicilio, lanciando con indomito coraggio, dalle pagine di Facebook e da altri siti, i suoi strali contro le più note famiglie criminali aderenti a Cosa Nostra, proprio quelle più pericolose: la famiglia Berlusconi, la famiglia Dell’Utri, le famiglie Mancino e Mannino, e gli Sgarbi di Salemi.

Quando si dice lo sprezzo del pericolo. Suo padre ne andrebbe fiero, ne siamo certi.

Io quel che lui scrive su Facebook, ormai non lo posso più leggere, ahimè: ha inserito il blocco del mio profilo.

Ma per fortuna ci sono i suoi piccoli fan, che diffondono il suo verbo.

Uno di questi  si chiama Adriana Jone.

Così, su Livesicilia, la missionaria ci riporta questa perla:

 “…PUÒ LA MISTIFICAZIONE DEI FATTI E LA OPPIACEA DIFFUSIONE DELLA DEFINIZIONE DI ARTE FATTA DAL SOGGETTO SGARBI CELARE VOLGARI INSULTI E SUBDOLI ATTACCHI A CHI COME INGROIA LA LOTTA ALLA MAFIA LA FA DAVVERO?” (M. Ciancimino)

 

A proposito di mistificazione dei fatti (ma anche di diffusione della definizione di arte, perché no), per non addentrarmi nello spinoso campo delle opinioni, mi limiterò a ripetere (poiché giova sempre), l’elenchino dei documenti che grazie al nostro eroe, ma anche col benestare dei magistrati impegnati per davvero nella lotta alla mafia, hanno fatto il loro ingresso nei Palazzi di Giustizia della nostra Repubblica, soprattutto nel contesto di un procedimento a carico di due rappresentanti di punta di altre note e pericolose famiglie della cupola: quella dei Mori e quella degli Obinu.

Chi volesse approfondire, può leggere i miei articoli precedenti (soprattutto QUESTO, E QUESTO E POI QUESTO, E ANCORA QUESTO, E INFINE QUESTO), dove scendo nel dettaglio pubblicando anche gli stessi documenti.

Qui mi limiterò a descriverne la loro reale natura:

 

 15 documenti, composti in totale da 93 fogli, sono DEL TUTTO PRIVI DI VALORE GIUDIZIARIO E NON ATTINENTI I PROCESSI O LE INDAGINI IN CORSO, quando non costituiscono persino elementi a favore della difesa del generale Mori

 3 documenti sono RITAGLI di documenti originali. Sul primo di questi Ciancimino è stato smentito dai periti in merito alla data, sul secondo la data è risultata sospetta (carta dell‟89 mentre il teste ha dichiarato che è stato compilato nel ‟99) e le testimonianze a riscontro sono contraddittorie. Il terzo è ritagliato e mancante di una parte che consentirebbe di comprenderne il reale significato.

 2 documenti sono stati descritti dai periti come composizioni realizzate con parole (fra cui, naturalmente “Berlusconi”) estratte da altri documenti. Cioè dei fotomontaggi, fatti col photoshop. Esattamente come il famoso documento in cui è stata innestata la parola “De gennaro” e per cui è stato arrestato. Inoltre sul primo di questi due, il teste sarebbe stato smentito dai periti anche nella datazione data al documento.

 3 documenti non sono stati autenticati dai periti in quanto la grafia è risultata ignota. Sul secondo, il teste è stato smentito anche dalle datazioni peritali, che hanno dimostrato che egli ha mentito. Sul terzo, Massimo Ciancimino ha indicato l‟autore nella “segretaria” di suo padre, mentre i periti non sono riusciti a confermare alcuna identità.

1 documento (una fotocopia) è risultato, nelle perizie, realizzato con carta e toner dell‟inizio degli anni 90, ma contiene parole che non possono essere state scritte che dal 2001 in poi, per cui costituisce la prova che in tempi moderni materiali vecchi (carta e toner) erano nelle disposizioni di chi fotocopiava quello ed altri documenti analoghi.

1 documento (comunque frammentario e di scarso valore intrinseco) è stato inserito in perizia, apoditticamente, nell‟elenco di quelli attribuibili a don Vito Ciancimino sotto il profilo della scrittura, ma nella relazione, a differenza di tutti gli altri manoscritti, non c‟è traccia dei criteri e dei confronti impiegati dai periti per giungere a tale conclusione.

7 documenti (detti: “pizzini di Provenzano”) sono dattiloscritti redatti verosimilmente con un’unica macchina da scrivere non identificata dai periti, per cui è rimasto non identificato l‟autore. Tuttavia, tale macchina non corrisponde a nessuna delle macchine da scrivere utilizzate per scrivere pizzini originali autentici dello stesso periodo, in possesso dell’Autorità giudiziaria. La carta utilizzata è per lo più compatibile (cioè la stessa carta) con quella del contropapello, che è una fotocopia realizzata dopo il 2001 con carta e toner vecchi di 10 anni.

 1 documento è una fotocopia-fotomontaggio (collage) sulla cui datazione Massimo Ciancimino è già stato smentito nelle perizie, vale a dire ha testimoniato il falso.

1 documento è una fotocopia recante un testo dattiloscritto con una firma in calce di don Vito, ma i periti hanno dimostrato che tale firma è stata inserita con metodi di fotoritocco (tipo Photoshop) com‟è già accaduto, ad es., con la parola “De Gennaro”, su di un altro documento. Anzi, secondo i periti la firma apparterrebbe ad un periodo anche antecedente a quello di cui si parla nel testo della lettera. Come dire, che don Vito avrebbe fatto una firma su un foglio, e dopo qualche anno avrebbe scritto una lettera a macchina, ritagliato la sua vecchia firma, appiccicata sotto alla lettera, e quindi fotocopiato il tutto.

 1 documento è stato giudicato senz’altro falso e calunnioso, ed ha provocato l‟arresto del testimone.

 

Occorre qualche ulteriore commento?