Il travaglino buffo

 

C’è un video di Travaglio, in Youtube, che è un capolavoro, eppure sino ad ora mi era sfuggito.

Si tratta della ripresa di un suo intervento “live”, a Roma il 19 luglio 2009, in occasione del 17° anniversario della strage di Via D’Amelio.

Il video, a parte le bufale, è tecnicamente fatto piuttosto bene; è persino corredato di sottotitoli in lingua inglese e di fumettini didattico-illustrativi, anche questi in lingua inglese, cosicché anche all’estero ci si possa chiarire le idee su come funzionano le cose qui in Italia.

Uno di questi fumettini, fa le presentazioni: “Marco Travaglio, famous italian Journalist, and one of Berlusconi’s worst nightmare!” (trad.: Marco travaglio, famoso Giornalista  (sic, con la G maiuscola) italiano ed uno dei peggiori incubi di Berlusconi!) .

Bene,  il famoso Giornalista in questo video è in piena forma: ci illustra alacremente (e strappando pure più di un applauso di approvazione, anzi, commozione, a scena aperta), dell’esistenza di ben tre lettere di Binnu Provenzano a Silvio Berlusconi, quando invece nel mondo reale, pensate un po’, queste tre lettere non esistono proprio.

E quando dico che “non esistono” intendo dire innanzitutto che Travaglio non sarà mai in grado di mostrarvi alcuna “lettera di Provenzano a Berlusconi” che abbia le caratteristiche di quella da lui descritta, ma anche e soprattutto, che una tale “lettera” non è neppure mai esistita, cosa dimostrabile per via logica e documentale.

Qualcuno si domanderà come ciò sia possibile, e cercherà di capire, dalle parole di Travaglio, quale spiegazione abbia dato mai il Giornalista all’origine ed all’esistenza di queste tre lettere.

Ve lo anticipo io: Travaglio dicein questi giorni È VENUTO FUORI  che il capo della mafia, cioè  Bernardo Provenzano, ha scritto 3 lettere a Silvio Berlusconi”.

Eccola dunque, l’acclarata e verificata  fonte del nostro Giornalista: il famoso cappello a cilindro; quello cioè dal quale, ritualmente, vengono fuori, cioè scaturiscono conigli, colombe, coriandoli e lettere di Provenzano a Berlusconi come se piovesse.

Ci fornisce anche alcuni dettagli di come queste lettere (lettere che – rassicurate pure il vostro raziocinio –  come ho detto, nessuno sarà mai in grado di mostrarvi, perché o non esistono o sono tutt’altra minestra)  venissero trasmesse ad Arcore.

Voi pensate che il mittente le inviasse banalmente al destinatario, il cui indirizzo stava scritto nero su bianco?

No, troppo semplice: Provenzano, spiega Travaglio, “recapitava a Ciancimino che stava in galera, Ciancimino girava a Dell’Utri e Dell’Utri portava a Berlusconi.

E’ incredibile come certe sciocchezze, se raccontate da un guru ad un pubblico fidelizzato, non riescano a suscitare alcuna reazione o alcuno stupore. Rileggiamola bene: Il LATITANTE Provenzano recapitava una lettera indirizzata a Berlusconi, anziché al destinatario, al collega mafioso, detenuto in isolamento carcerario, Vito Ciancimino, il quale, dalla cella, la “girava” a Dell’Utri, che a sua volta la portava a Berlusconi.

Piuttosto tortuoso ed improbabile, come metodo di spedizione, non trovate? Io si, io trovo. Eppure Marco lo chiama simpaticamente: “posta celere”.

Ma il bello è che Travaglio, queste modalità di spedizione in “posta celere”, volontariamente o meno, le ha persino inzuccherate.

Ovviamente non se l’è inventate, ma ha soltanto riferito quanto raccontato da un noto “supertestimone” [1] (chissà se qualcuno indovina di chi si tratta).  Però gli è mancato forse il coraggio di dirla tutta, oppure aveva una conoscenza un po’ approssimativa dei verbali d’interrogatorio (anche se, in altri frangenti, ha dimostrato di conoscerli bene).

Nella versione originale di quei verbali, infatti, Provenzano, usando Massimo Ciancimino come portalettere,  faceva pervenire in cella a don Vito la missiva perché correggesse il compitino, indi il compitino corretto, dal carcere,  veniva ritornato dalla signora maestra (don Vito) al figlio portalettere, il quale lo ritornava a  Provenzano, che a quel punto la passava a Dell’Utri, che a sua volta la sporgeva a Berlusconi.

Marco Travaglio ha tagliato nel suo racconto alcuni significativi passaggi di testimone, così il tutto, da delirio composto, si è ridotto a delirio semplice.  Chissà: forse, l’avesse raccontata giusta,  c’era ancora speranza che in qualche cervellino in platea si potesse accendere la lampadina della perplessità o, ancora meglio, del senso del ridicolo.

E dire che in quei primi giorni di luglio del 2009 ci fu anche chi allungò ancor di più la catena.

Su Micromega e su “l’Antefatto”, ad esempio, qualcuno scrisse di “un foglio manoscritto, forse da Riina in persona, che l’aveva girato a Provenzano perché lo facesse pervenire al Cavaliere o a Dell’Utri tramite Vito Ciancimino.”

Si tratta dello stesso giornalista che il 6 luglio 2009, in una nota rubrica online dal titolo “Passaparola, la raccontava così: “… il documento viene scritto da Riina o da qualcuno dei suoi uomini, viene passato a Provenzano che le cede a Ciancimino e Ciancimino cosa deve fare? Deve comunicarlo a un referente perché lo dia a Berlusconi e chi è questo referente? Dicono gli inquirenti che potrebbe essere Marcello Dell’Utri

Quest’ipotesi di Riina come scrivano primario del pizzino di Sant’Antonio, è naturalmente una corbelleria, perché su quel bigliettino c’è scritto “on. Berlusconi”, ed il cavaliere divenne onorevole soltanto nel 94, e quindi Riina, in isolamento carcerario blindato dal gennaio 93, difficilmente poteva darsi la pena, dal suo 41bis, di rischiare la scrittura di un’estorsione indirizzata a Silvio Berlusconi e quindi cercare di farla pervenire in qualche modo a Bernardo Provenzano col solo improbabile scopo di farsi mettere a disposizione un canale televisivo dal cavaliere.  Ad un ragionamento analogo, ci arriva pure Travaglio, che dal palco si mette a fare le pernacchie ai colleghi caduti nel trabocchetto di una di quelle assurdità fuoriuscite dal Palazzo di Giustizia: “i giornali di quella lettera hanno scritto che è una lettera di fine anni 80 inizio anni 90! Come poteva venire in mente a un capomafia di chiamare Berlusconi “Onorevole”, quando era ancora un editore televisivo e un palazzinaro quattro anni prima che diventasse politico?”

Questa volta Marco ha pienamente ragione: certi giornalisti talvolta sono così cialtroni da girare ai lettori qualsiasi bufala gli venga raccontata senza neppure fare un breve controllino sulle date,   sulla loro congruità, e sull’effettiva consistenza dei documenti.  E così, continuando a leggere quell’articolo di Micromega, ecco che troviamo l’autore proseguire con una domanda piuttosto pungente: “Come poteva Riina pensare che Provenzano e Vito Ciancimino (i suddetti sono tre boss mafiosi) fossero in grado di raggiungere Silvio Berlusconi?

E una questione analoga, viene posta nel “Passaparola”: “Quando uno vede queste parole tutte insieme e vede soprattutto il destinatario, Silvio Berlusconi nostro Presidente del Consiglio, inevitabilmente si domanda:  ma Riina e i corleonesi erano impazziti? Pensavano di poter trasmettere una lettera a Berlusconi se non lo conoscevano? Come potevano pensare che, dando la lettera a Ciancimino affinché la desse a Dell’Utri, perché la desse a Berlusconi la lettera sarebbe arrivata a destinazione?

Proprio un interrogativo ficcante, davvero. In effetti è proprio ciò che si dovrebbe domandare  uno che vede queste parole tutte insieme e vede soprattutto il destinatario, Silvio Berlusconi nostro Presidente del Consiglio.   

Se invece uno questa domanda se la pone anche quando, guardando quel bigliettino, quelle parole non le vede, e soprattutto non vede alcun indirizzo di alcun destinatario, allora vuol dire che le sue cellule grigie oppure la sua coscienza o la sua onestà hanno qualche problemino.

Ma comunque furono sufficienti un paio di settimane, perché il Marco Travaglio del 19 luglio romano, correggesse la sciocchezza pronunciata dal Marco Travaglio del Passaparola e di Micromega, sopprimendo del tutto la figura di Riina (tanto comunque, l’aver scritto ed affermato che Salvatore Riina teneva corrispondenza con Berlusconi, pur senza avere uno straccio di documento nelle mani, è sempre gratis. Lui non si chiama Feltri o Belpietro, ed all’Ordine dei giornalisti  il software per le eventuali sanzioni verso chi ha un cognome con iniziali che superano la lettera “F”, forse è ancora in fase di programmazione) dalla testa della catena di Sant’Antonio ed inserendo quindi come capofila direttamente Bernardo Provenzano.

Ma torniamo alla nostra “lettera”.

Perché dunque, secondo Travaglio, Provenzano avrebbe dovuto scrivere a Berlusconi?

Semplice:  per avere a disposizione una televisione.

E per farci cosa, una televisione?

Ma per attaccare Caselli ed i magistrati dell’antimafia, obviously, ci spiega Travaglio.

Cioè, lui la spiega così: “gli promettono un appoggio elettorale a Forza Italia nel caso in cui Berlusconi mettesse a disposizione una delle sue televisioni a Cosa Nostra …  Dopodiché, troppa grazia Sant’Antonio,  guarda caso  è cominciato un bombardamento delle televisioni di Berlusconi contro Giancarlo Caselli, contro tutti i  magistrati antimafia e in difesa di tutti gli imputati dei processi di mafia e politica.”

Nel passaparola, l’insinuazione è anche più circostanziata: “poi il fatto che lui [Berlusconi] abbia risposto oppure no anche questa è una bella domanda: “ signor Ciancimino junior, lei ha mica saputo da suo padre se poi quella lettera ebbe un seguito, se qualcuno rispose a quella lettera? Se quando avete detto “ ti facciamo del male se non ci dai una televisione” quello ha fatto sapere – che ne so io? – “ stiamo valutando la vostra richiesta”, sa quelle formulette che si usano negli uffici, “ le faremo sapere”? No, perché dal 94 ricordo alcune trasmissioni televisive nelle quali le reti Fininvest, invece di prendersela con la mafia, se la prendevano con l’antimafia, attaccando violentemente e insultando, diffamando, calunniando la Procura di Palermo guidata da Caselli e poi smisero all’improvviso, quando la Procura di Palermo, dal 99 in avanti, dal 2000 fu guidata da Grasso e, sotto la gestione di Grasso e Pignatone, fu trovata questa lettera che scomparve, che non fu depositata agli atti dei processi, che solo adesso, in fase finale del processo d’appello a Dell’Utri, si può finalmente portare come prova davanti ai giudici!

Molti dei miei lettori, conoscono già la soluzione dell’arcano di questa bufala (ma chi volesse approfondire, può farlo ad esempio leggendo il cap. 7,  a pag. 15, del mio libretto “Trava’, ‘a bucia esce ‘ncoppo o naso”, scaricabile  QUI).

La “lettera”, così come ne parla Travaglio, che a dir suo sarebbe partita da Provenzano nel 1994 per arrivare a Berlusconi, non è mai esistita. Si tratta invece di una forzosa, fasulla e manipolatoria descrizione della raffazzonata copia, manoscritta da penna anonima,  di un altro foglietto, il quale a sua volta e nella realtà altro non è che il ritaglio tronco e monco di una nota, autografa, di don Vito Ciancimino scritta tra il 1996 ed il 2002, come dimostrato dalle datazioni peritali della Polizia scientifica (ma più probabilmente tra il 1999 ed il 2002, quand’era fuori dal carcere, come si evince dal testo), dove don Vito dichiara di voler esporre, in TV o in conferenza stampa,  alcuni fatti relativi al suo fallito “status” di collaboratore di giustizia.

E pensate un po’:  prima che il camaleontico mr. Zelig, per assecondare le aspettative di chi lo stava interrogando tirando sempre più sul timone perché drizzasse la barra a dritta verso Berlusconiland,  iniziasse ad arrampicarsi per mettere insieme quel narrato mitopoietico di volta in volta sempre più fantascientifico e contradditorio (vedi QUI)  che oggi ha finito per travolgerlo, quando questo bigliettino, nel corso degli interrogatori a Palermo il 30 giugno 2009, venne mostrato a Massimo Ciancimino per la prima volta, questi, incredibilmente, disse più o meno la verità, e senza esitazioni lo spiegò proprio per quello che era, con queste esatte parole: “Praticamente era la volontà espressa di mio padre di avere una diretta televisiva, tra l’altro, a proposito, domani [passeranno invece 7 mesi – ndr] vi produco altri documenti che possono anche collegarsi a questo, dove mio padre più volte chiedeva una diretta per dire la sua verità e per dire la sua versione di tante situazioni facente capo soprattutto a quello che era l’origine delle stragi e l’origine di altre situazioni; aveva espresso la volontà di poter avere una diretta, insomma un’attenzione televisiva tale da poter dire tranquillamente come stavano certe cose, perché mio padre su varie, anche in varie missive che posso anche darvi copia, non so se le ho qua, aveva sempre lamentato questo, di non essere stato mai ascoltato in Commissione Antimafia e tutte le volte che voleva essere ascoltato, mio padre, anche per qualsiasi cosa aveva chiesto sempre la diretta con la Sala Stampa e questa non gli era stata mai concessa. Difatti trovava sempre strano ed anomalo il fatto che un soggetto come lui non è stato mai ascoltato da nessuna commissione parlamentare sul fenomeno della mafia, essendo stato l’unico politico di fatto condannato per mafia, riconosciuto, non è stato mai ascoltato, si lamentava, diceva sempre che non capiva perché non lo volevano fare parlare. Questo mio padre doveva consegnarlo ad un tramite che doveva farlo avere a BERLUSCONI per potere avere questa attenzione mediatica. Sapevo dell’esistenza di questo documento.

Proprio così. Forse Travaglio non l’ha fatto, eppure bastava leggerlo: in quel testo Provenzano non c’entra nulla di nulla e le TV di Berlusconi vengono citate da don Vito soltanto come un mezzo potenziale ed occasionale  ove egli auspicava di poter esternare cose di cui era a conoscenza, e che non gli era stato consentito di esternare in commissione antimafia od in altre sedi idonee.  E quindi, il presunto “bombardamento” contro Caselli & C.  che secondo Travaglio, “guarda caso, troppa grazia Sant’Antonio” avvenne a seguito di quella “lettera” e della concessione in uso di un canale TV cui in essa si fa cenno, in realtà con quello scritto non può entrarci assolutamente nulla, anche perché tale “bombardamento” iniziò ben PRIMA che quel bigliettino fosse redatto.  Noi lo dicevamo già con certezza due anni fa, ma oggi lo possiamo tranquillamente affermare e sottoscrivere, perché secondo le perizie sia la carta della nota di don Vito, sia quella della sua copia anonima, sono state prodotte quando il citato e presunto “bombardamento” televisivo del 94, (ma anche quello del 95, e 96), di fatto era già cotto e mangiato. Inoltre altre perizie depositate al processo Mori, hanno dimostrato che l’indicazione di Berlusconi quale destinatario, in testa alla fotocopia del ritaglio originale depositata agli atti da Ciancimino Junior nel febbraio 2010, è posticcia, ESSENDO IL FRUTTO DI UN FOTOMONTAGGIO.

C’è poi la parte iniziale di quel ritaglio, che recita: “anni di carcere per questa mia posizione politica”.

Secondo una delle spiegazioni date da Ciancimino junior a queste parole – purtroppo sforbiciate in testa (chissà da chi), di suo padre – in quel “posizione politica” ci starebbe una specie di “messaggio cifrato”, che occulterebbe, cifrata, un’offerta di appoggio elettorale avanzata da Provenzano a favore di Berlusconi. Questa rivelazione, naturalmente, il Ciancimino la fece PRIMA della pubblicazione delle perizie merceologiche della Polizia Scientifica, per cui Travaglio, il Giornalista più furbo sempre pronto a deridere i colleghi quando  questi cadono nei trabocchetti di qualche bufalaro tipo Igor Marini,  nel 2009 si sente perfettamente legittimato nel prendere questa patacca come oro colato e girarla, come fosse un fatto ormai provato,  acclarato e quindi narrabile con tanto di soggetto, predicato e complemento oggetto, (altro che “messaggio cifrato”), ai suoi affezionati creduloni:  “è evidente che quella è una lettera  del 94, o durante, o dopo la campagna elettorale. E lì gli promettono un appoggio elettorale a Forza Italia nel caso in cui Berlusconi mettesse a disposizione una delle sue televisioni a Cosa Nostra”.  Nel “Passaparola” poi, fa anche di peggio: si inventa di sana pianta dei “virgolettati” di testo, che in realtà non esistono né su quel foglietto, né da nessun’altra parte:

-          … bastava raccontare le cose come stavano (questa poi, detta da lui, è una vera perla – ndr), andarsi a prendere questo bel papellino, vedere, “caro Onorevole Berlusconi, noi le daremo un appoggio non di poco se lei ci metterà a disposizione una delle sue televisioni. Se non lo dovesse fare, ci saranno delle spiacevoli conseguenze negative, un luttuoso evento” e quindi forse non solo un rapimento, ma anche un omicidio luttuoso…

-          Quando è che Berlusconi diventa Onorevole? Il 27 marzo del 1994, elezioni politiche, prime elezioni politiche in cui Berlusconi si presenta, vince le elezioni e diventa Presidente del Consiglio con Forza Italia, conseguentemente la lettera all’Onorevole Berlusconi è successiva al 27 marzo del 1994, oppure magari – che ne so? – in campagna elettorale qualcuno lo chiama già Onorevole, perché tanto si sa che verrà eletto? Quindi diciamo o subito prima o subito dopo la prima elezione di Berlusconi a Deputato, 94. E sempre in questa lettera il mafioso che scrive – o è Riina o è qualcuno dei suoi – dice a Berlusconi che “ la mafia gli darà un appoggio che non sarà di poco alla sua posizione politica.

In realtà nel 94 la carta di quel foglietto non era ancora stata neppure fabbricata, e neppure nel 95, ed abbiamo quindi detto tutto.

Inoltre, quegli scritti non parlano in alcun modo, neppure anagrammando o usandoli come rebus, di appoggi elettorali di chicchessia a chicchessia, né di “luttuosi eventi”.

Si tratta chiaramente di invenzioni o comunque di parole che su quelle carte non sono mai esistite.

Se stessimo parlando di un giornalista qualsiasi, tutto ciò sarebbe molto umiliante, ma nel caso di Travaglio è diverso perché dal morbo delle sue sparate siamo già da tempo vaccinati, e ci abbiamo fatto il callo, e probabilmente se lo è fatto pure lui.

Ed ora che sappiamo come stanno realmente le cose, prima di proseguire, facciamo una pausa, apriamo un siparietto, e leggiamo integralmente l’intervento di Marco Travaglio:

“…e  in questi giorni è venuto fuori  che il capo della mafia, cioè  Bernardo Provenzano, ha scritto 3 lettere a Silvio Berlusconi:  la prima all’inizio del 92, prima delle stragi,  la seconda nel dicembre del 92, dopo che avevano fatto secchi  Falcone e Borsellino e gli uomini della scorta,  e la terza all’inizio del 94, cioè all’inizio dell’avventura politica di Berlusconi  …Borselli…  eehhh… Provenzano chiama Berlusconi “onorevole Berlusconi” … i giornali di quella lettera hanno scritto che è una lettera di fine anni 80 inizio anni 90! Come poteva venire in mente a un capomafia di chiamare Berlusconi “Onorevole”, quando era ancora un editore televisivo e un palazzinaro quattro anni prima che diventasse politico?
È evidente che quella è una lettera  del 94, o durante, o dopo la campagna elettorale.
E lì gli promettono un appoggio elettorale a Forza Italia nel caso in cui Berlusconi mettesse a disposizione una delle sue televisioni a Cosa Nostra …  Dopodiché, troppa grazia Sant’Antonio,  guarda caso  è cominciato un bombardamento delle televisioni di Berlusconi contro Giancarlo Caselli, contro tutti i  magistrati antimafia e in difesa di tutti gli imputati dei processi di mafia e politica.
(Applauso).
Allora, è evidente che nel paese dove non si fanno le domande, o dove si fanno solo certi tipi di domande compiacenti, sarebbe interessante se qualcuno dicesse a Berlusconi:  “scusi ma, lei le ha ricevute quelle tre lettere?” Perché sono tre lettere che Provenzano non ha mandato per posta…  chiunque di noi volesse mandare una lettera a Berlusconi, scrive quello che vuole, imbusta, scrive l’indirizzo: Palazzo Grazioli., Palazzo Chigi, Arcore, Villa Certosa , quello che è, ne ha tante  … no? – sappiamo anche più o meno dove -, e spedisce.
Provenzano aveva la posta celere. Provenzano recapitava a Ciancimino che stava in galera, Ciancimino girava a Dell’Utri e Dell’Utri portava a Berlusconi.  E’ possibile che non ci sia uno che fa un editoriale in prima pagina su un cavolo di giornale italiano e d… “Scusi presidente ma…., lei riceveva delle lettere, brevi manu, firmate da Bernardo Provenzano? Gli ha risposto? Perché non sta mica bene non rispondere alle lettere del capo della mafia. Quelli s’incazzano. E’ un caso se poi subito dopo le sue televisioni hanno cominciato a massacrare i magistrati antimafia, invece di massacrare i mafiosi? Ha più ricevuto niente, da quelle parti?”  Domande così.  E magari qualcuno potrebbe anche chiedere all’attuale Procuratore Nazionale Antimafia, che all’epoca, quando è stata trovata la lettera, l’ultima, “On. Berlusconi” … era il 2005, febbraio 2005 perquisizione a casa di Massimo Ciancimino…  Possibile che il Procuratore Grasso e il suo procuratore aggiunto Pignatone, quando i carabinieri gli segnalano nel verbale di perquisizione: “Lettera indirizzata all’onorevole Berlusconi” scritto in Grassetto maiuscolo perché ci vedessero anche gli orbi, non ne abbiano fatto niente e l’abbiano lasciata in un cassetto?  E quando hanno interrogato Ciancimino per 150 ore non gli abbiano fatto una sola domanda sul fatto che a casa sua c’era una lettera dei capi della mafia a Silvio Berlusconi?  E che si siano dimenticati di depositarla, negli atti del processo Dell’Utri che è attualmente in appello e stava finendo …  il 10 luglio chiudevano l’istruttoria dibattimentale ed  i procuratori attuali di Palermo l’hanno scoperta un mese prima, sono riusciti a trasmetterla in estremis , altrimenti i giudici che devono giudicare Dell’Utri per mafia [applausino a scena aperta, le parole “Dell’utri” e “mafia”, congiunte,  per il pubblico di Travaglio sono come il confetto Falqui. Basta la parola. – ndr] , cioè confermare o bocciare la condanna a 9 anni in primo grado, avrebbero dovuto deliberare privi  di una prova DECISIVA  [sic – ndr] per dimostrare il ruolo di trait-d’union tra dell’Utri e…  gli faceva da postino.  [Naturalmente, quella “prova decisiva”, i giudici dell’appello Dell’Utri poi non se la filarono neppure di striscio - e ci mancherebbe altro -, essendo semplicemente uno straccetto sgrammaticato e privo di senso, una frase tronca senza né capo né coda, così come rigettarono secche  le “testimonianze” di Ciancimino junior – ndr].  Possibile che questo faccia il procuratore nazionale antimafia e quell’altro è diventato procuratore capo di Reggio Calabria, e nessuno gli chieda: scusate, ma siete orbi, o ve li hanno chiusi, gli occhi, che per 4 anni non vi siete accorti di avere nei cassetti una lettera dei capi della mafia a Berlusconi?  Lo dicevo soltanto perché non sembrasse che non ci siamo accorti che è successo qualcosa 17 anni fa e che stanno facendo le solite celebrazioni rituali dove gente che dovrebbe tacere per sempre va lì a fare il martire dell’antimafia. I martiri dell’antimafia sono stati uccisi 17 anni fa.

Nelle note interne al testo, abbiamo già puntualizzato che i giudici dell’appello quel bigliettino, quella prova decisiva  trasmessa “in estremis” dai solerti procuratori di Palermo,  non se lo sono cacata proprio, com’era naturale, data la sua reale natura.  Faccio notare poi che Travaglio si domanda come sia possibile che Grasso e Pignatone “non abbiano fatto niente”, con quel bigliettino, “nonostante i carabinieri gli segnalano nel verbale di perquisizione: “Lettera indirizzata all’onorevole Berlusconi” scritto in grassetto maiuscolo perché ci vedessero anche gli orbi”.

La spiegazione della presunta “inerzia” di Grasso e Pignatone, inerzia condivisa in pieno poi dai giudici dell’appello Dell’Utri checché ne dica il nostro travaglino buffo,  forse sta nel fatto che quella non era una lettera indirizzata all’onorevole Berlusconi, ma bensì uno straccetto di 3-4 righe ritagliate senza né capo né coda, e soprattutto SENZA ALCUN INDIRIZZO, e quindi tanto meno con l’indirizzo di Berlusconi, tant’è vero che nella sua classificazione sul verbale di perquisizione dei carabinieri citato dal Travaglio, non c’è scritto assolutamente “Lettera indirizzata all’onorevole Berlusconi” in grassetto maiuscolo perché ci vedessero anche gli orbi, e neppure in grassetto minuscolo o in corsivo minuscolo, in stenografia, o in sistema braille per non vedenti, o in altro tipo di scrittura: non c’è proprio scritto per niente ciò che dice Travaglio, si tratta di una sua personalissima bufala inventata di sana pianta.

Ecco dunque spiegato l’arcano che stuzzica tanto Travaglio, vale a dire per quale ragione Grasso e Pignatone, “non hanno fatto niente” con quel bigliettino che gli era passato sotto gli occhi: probabilmente perché sono magistrati che sanno fare il loro mestiere, e soprattutto sanno leggere, e quindi, a differenza di certi giornalisti ed altri, sanno riconoscere una patacca o uno straccetto di dubbia autenticità, e sono consapevoli di quanto sia giusto che un magistrato sperperi il tempo che gli viene retribuito per cercare di cavare qualcosa da uno strappetto di carta privo di qualsiasi significato intelleggibile o comunque incapace dimostrare qualcosa di senso compiuto  (per inciso, il Pignatone di cui parla Travaglio,  è quello stesso Pignatone che preoccupava tanto la  “talpina” in procura Pippo Ciuro – e con ragione, visto che poi lo fece arrestare per le sue soffiate nell’ambito delle indagini in corso per catturare Provenzano ed incastrare i suoi complici – , quando ancora lavorava al fianco di Ingroia e trascorreva le vacanze al mare con Travaglio, e, intercettato, al telefono con la segretaria del PM Lo Forte, Margherita Pellerano,  annotava sprezzante: “Pare che farà il coordinatore di tutta Palermo”).

E finisce così, miseramente, l’avvincente storia delle 3 lettere di Provenzano a Silvio Berlusconi. Ma qualche lettore più attento, si domanderà ancora: ma non erano 3 le lettere? In questo articolo si parla soltanto di una. Vero, erano 3, ma soltanto in una delle molte versioni di mr. Zelig.  Accadde infatti che Zelig, dopo aver sostenuto per un po’ di tempo, nei suoi interrogatori, che la “lettera” che gli veniva mostrata era antecedente al 92 (e per forza: alla fine del 92 suo padre fu arrestato, sarebbe stato difficile coinvolgerlo dopo, in quella missiva, ed infatti successivamente, quando l’obbligarono a farlo, se ne inventò più che Bertoldo), quando Ingroia gli fece notare che su di essa stava scritto “On. Berlusconi”, e che quindi non poteva essere antecedente al 94,  non trovò di meglio, per motivare  la bugia precedente, che raccontare che le lettere erano 3,  due del 92 ed una del 94, e  che siccome erano simili fra di loro, aveva confuso l’una per l’altra.

Quindi raccontò che la prima di queste missive gli era stata consegnata a San Vito lo Capo dal luogotenente provenzaniano Lipari, la seconda da un non ben definito autista di Provenzano, mentre invece la terza missiva, quella del 94, direttamente da Provenzano “in persona”.  Invece sul libro “don Vito” la lettera consegnata da Lipari a San Vito lo Capo diventa la terza, proprio quella portata in carcere nel 94. Quando si dice la cura per il dettaglio.

Ad ogni modo ed invece, in base alla logica, se un teste afferma di aver confuso un oggetto A con un ipotetico oggetto B (che però non è in grado di mostrare), e di essersi confuso scambiandoli fra di loro perchè a dir suo dovevano essere più o meno identici, quando si scopre che l’oggetto A in realtà non esiste o è tutt’altra cosa rispetto a ciò che doveva essere secondo il testimone, lo stesso si può e si deve dire dell’oggetto B.

Un tempo c’erano giudici  che in presenza di incongruenze testimoniali, ti formulavano seduta stante un’incriminazione per calunnia, come fece ad esempio Giovanni Falcone con Pellegriti.

Quei giudici purtroppo, li hanno uccisi, ed oggi paradossalmente accade che, con la sagra delle sciocchezze, si viene a far teatro proprio alle manifestazioni organizzate in loro memoria.  Che strazio, che pena…   Ma come ha giustamente scritto un commentatore del video su youtube con cui oggi ci siamo intrattenuti:basterebbero 10 minuti al giorno di MARCO : perchè chi viene bene informato e + difficile essere presi per il culo.”

 

The Segugio, rather unknown, and nevertheless one of Travaglio’s worst nightmare!

 

NOTE:
[1]      per la verità, il “supertestimone” in questione, come da copione, di versioni dei fatti su quella circostanza ne ha fornite ben due, una completamente diversa dall’altra, ma per un giornalista “d’inchiesta” moderno, non c’è niente di meglio che poter scegliere fra più versioni, quella che preferisce. Possiamo definirla “fonte con più optional”, quindi una fonte di lusso. Così è avvenuto che secondo la versione “A” di Ciancimino junior (quella delle deposizioni giudiziarie) lui, nel 1994, avrebbe portato con sé, a Rebibbia, la lettera di Provenzano indirizzata a Dell’Utri e Berlusconi, l’avrebbe dettata a suo padre in carcere, per avere indietro dallo stesso dopo un po’ di tempo, mediante un passaggio di carte avvenuto non si sa bene come, una versione rielaborata dallo stesso scritta di suo proprio pugno (“…questa rielaborazione, [mio padre] me la fece avere a me, per consegnarla di nuovo al Lo Verde…”).  Invece, secondo la versione “B” dello stesso Ciancimino junior (quella pubblicata sul libro “don Vito”) sempre lui,  avrebbe letto in carcere la lettera a suo padre, il quale gli dettava, non potendo passare carte, le correzioni da apporre in tempo reale («… non è consentito passare carte ai detenuti. E allora ho dovuto leggergliela mentre lui prendeva appunti e, con lo stesso sistema, mi trasmetteva le sue considerazioni.»). Scegliete voi quella che preferite, tanto, son fasulle entrambe, poiché nel 94 la carta di quei documenti, anche volendoli immaginare come lettere di Provenzano anziché ciò che realmente sono, non era stata neppure ancora fabbricata.