Il belletto di Travaglio

Il belletto di Travaglio

travaglio truccato

Caro Travaglio, nel tuo articolo “E io pago “ (Il Fatto Q. – 13/07/11), spalmi  un po’ di cipria sui fatti per renderli più presentabili.

Vediamo come.

L’altra sera, all’ingresso del mio spettacolo a Carpi, alcuni giovani del Pdl (si fanno chiamare Giovane Italia, per la gioia – immagino – di Giuseppe Mazzini) distribuivano un volantino intitolato “Una carriera travagliata”, con la mia foto segnaletica e il riassunto, un po’ fantasioso  (il tuo invece no, eh? – ndr)  un po’ vero, delle cause civili che ho perso in tribunale.

E di quelle penali in primo e secondo grado.

Ebbene sì, lo confesso: dopo 28 anni di carriera, 15-20 mila articoli, 150 trasmissioni tv, 2 mila conferenze e 30 libri, ho perso alcune cause civili.

 E penali, in primo e secondo grado. Poi ti ha messo in salvo la prescrizione.

La prima fu con Previti: avevo scritto che era indagato, e lo era due volte, ma l’avvocato dell’Indipendente (giornale nel frattempo fallito), smise di difendermi e non portò le carte al giudice, così fui condannato in primo grado a pagare 70 milioni di lire al noto gentiluomo, nel frattempo condannato per corruzione giudiziaria.

 Avevi scritto “che era indagato”?  Ma, a me non risulta esattamente così. Diciamo le cose come stanno: si trattava di un articolo apparso sull' Indipendente il 24 novembre ' 95, durante l' inchiesta bresciana sulle dimissioni dell' ex pm Di Pietro. Ricostruendo i rapporti tra Craxi e Berlusconi, tu hai inserito Previti in un elenco di  «clienti di procure e tribunali».

Quindi un conto è scrivere che una persona è indagata, o anche condannata, un conto è scrivere che è un “cliente di procure e tribunali”.

Facciamo così: siccome tu sei stato già condannato in due gradi di giudizio (e quindi sei stato anche indagato), io dorinnanzi scriverò liberamente che tu sei un “cliente di procure e tribunali”.   O non è la verità?

Fammi poi sapere che ne pensa il tuo avvocato.

Nessun “garantista” di destra insorse contro la barbarie di far pagare un soccombente dopo il primo grado, prima dell’appello e della Cassazione.

 Veramente il Foglio di Giuliano Ferrara, lanciò un appello a Previti perché rinunciasse al risarcimento, se ricordo bene.  Previti si dichiarò disponibile a fronte di tue scuse formali, ed il tuo naturale rifiuto, che peraltro non si può non condividere, fu un ottimo investimento.

Un’altra volta, in un libro, Gomez e io incappammo in un caso di omonimia, attribuendo al deputato forzista Giuseppe Fallica una condanna che invece riguardava un altro Giuseppe Fallica, funzionario di Publitalia: Fallica ci fece causa e giustamente la vinse.

 Già, quando la vinse giustamente  in primo grado, giustamente fosti condannato a pagare 85.000 euro. Di fronte a tanta giustizia tu, rispettosissimo della sentenza, ricorresti in appello, dove ti furono scontati 70.000 euro. Sempre giustamente, ovvio.

Un’altra la persi col giudice Verde: l’avevo definito “più volte condannato” per via di una condanna in primo grado e una in appello, ma il giudice interpretò la frase nel senso di due condanne definitive.

 Una vera ingiustizia.  Comunque la frase esatta era: «più volte inquisito e condannato» .  E qui vale quanto già detto prima. Per te non è diffamazione? E dunque debbo ritenere che non avrai alcun problema, dorinnanzi, se il sottoscritto ti descriverà liberamente come uno che è stato  «più volte inquisito e condannato», dal momento che anche tu, come Verde, hai subito due condanne penali non definitive.

Due volte persi contro Confalonieri: la prima per aver scritto che doveva vergognarsi di accusare la sinistra di voler espropriare la Fininvest (figuriamoci), ma la mia espressione fu giudicata troppo violenta;

 Avevi soltanto scritto che Confalonieri “doveva vergognarsi di accusare la sinistra di voler espropriare la Fininvest “? Vediamo.  A me risulta altro. A me risulta che tu avevi scritto che Confalonieri era “il massimo rappresentante di un’azienda che finanziava illegalmente Craxi, corrompendo giudici ed ufficiali della Guardia di Finanza, falsificava bilanci, frodava il fisco, accumulava fondi neri, scambiava mafiosi per stallieri, da vent’anni commissiona o si scrive direttamente leggi su misura guadagnandoci migliaia di miliardi, da 12 anni viola due sentenze della Corte Costituzionale e collaborava pure a truccare i campionati…”. Quindi concludevi: ““Confalonieri dovrebbe guardarsi allo specchio e sputarsi“

Secondo te tutto questo significa aver semplicemente scritto che Confalonieri “doveva vergognarsi di accusare la sinistra di voler espropriare la Fininvest “? Francamente, credo che tu stia facendo come Pierino che nasconde le mani sporche di marmellata.

E siccome mi pare che, quando riporti le motivazioni della tua condanna (“la mia espressione fu giudicata troppo violenta”), tu accusi qualche difetto di memoria, te le rammento io, quelle motivazioni: “deve osservarsi che le condotte (illecite) attribuite dal Travaglio a Mediaset sono specifiche e ben individuate, sicchè il riferimento a tali eventi potrebbe ritenersi lecito soltanto se rispondente al requisito della “VERITA”’, (giacchè per questa parte di articolo deve ritenersi che si faccia “cronaca” e non “critica”, essendosi limitato il giornalista ad elencare una serie di reati e/o di condotte illecite). (…) Poiché il giornalista ha elencato le “nefandezze” di MEDIASET in termini di “certezza”, – senza cioè specificare che si trattava di ipotesi di accusa non (ancora) accertate, – ovvero che erano riferite a terze persone-, tali notizie devono ritenersi non conformi al principio della “verità”, e pertanto devono ritenersi sussistenti gli estremi del reato di diffamazione.

Come vedi, non c’entra affatto la violenza dei termini, né la semplice veemenza. Il problema vero, era che avevi raccontato balle. E qui eri talmente indifendibile, che a questa linea di difesa non ci credevi nemmeno tu, ed infatti  puntasti sul sostenere che la tua era semplicemente satira. Ma anche qui il giudice ti bacchettò, richiamandoti ad alcuni concetti elementari del giornalismo satirico: ““Appare opportuno precisare sin da subito che in tale articolo sono ravvisabili prevalentemente i caratteri della “critica” e, in parte, della “cronaca”, (LADDOVE IL GIORNALISTA SI SOFFERMA AD ELENCARE UNA SERIE DI CONDOTTE COSTITUENTI REATO), mentre, contrariamente a quanto sostenuto dal convenuto, non sono ravvisabili i caratteri della “satira”. Questa infatti è una modalità di rappresentazione di fatti e/o di persone, che mira a suscitare ilarità nel pubblico, proponendo le vicende o i personaggi di cui si occupa con forme espressive umoristiche e paradossali (…): tali caratteristiche non sono in alcun modo ravvisabili (come meglio si vedrà di seguito) nella pubblicazione oggetto del presente procedimento, ove il TRAVAGLIO, senza intenti umoristici, esprime la sua (indignata) opinione su alcune vicende connesse a “Calciopoli”.

Mi perdonerai Marco, se ti rammento queste cose, ma ricordare agli smemorati le ragioni dei propri errori, è un modo come un altro di far del bene al prossimo.

la seconda per aver scritto che era coimputato con B. al processo Mediaset, …..

Avevi scritto che Confalonieri era  “coimputato con B. al processo Mediaset “?  Vediamo. A me risulta che tu avevi scritto che Confalonieri era indagato in un procedimento a Milano, insieme ad altri personaggi nei cui confronti  le indagini sono concernenti i delitti di ricettazione e di riciclaggio”.  Chissà come mai hai scritto una frase così contorta quando ti bastava scrivere la semplice  verità, e cioè che Confalonieri era indagato a Milano per falso in bilancio.

… ma la mia frase fu ritenuta insufficiente a far capire che era accusato di reati diversi da quelli di B.

 Ma dai. Chissà come mai.

L’anno scorso ho dovuto risarcire Schifani con 16 mila euro per aver detto in tv, scherzando, che il suo successore potrebbe essere una muffa o un lombrico. Purtroppo il giudice non capì la battuta. Pazienza.

Detta così, non si comprende neppure bene dove stia la diffamazione, effettivamente, ma neanche quale sarebbe la battuta che il giudice non avrebbe capito.  Ciò che invece hai effettivamente detto, nella sostanza, è che con Schifani si configurerebbe un tale – infimo  -  deterioramento nella rappresentatività della carica dello stato di cui era investito, soprattutto se si guarda ad alcuni illustri suoi predecessori di cui hai fatto anche il nome (ci hai infilato pure quello di Fanfani), che dopo di lui ci si può aspettare solo la muffa o un lombrico. Scherzavi? Cioè, scherzavi nel senso che era un’amorevole goliardata fatta per  punzecchiare una persona che ti sta un po’ sulle palle?  Quindi secondo te Schifani non è realmente  qualcosa di simile alla muffa o ai lombrichi, ma tu hai detto questo solo perché scherzavi. Perché questo, è lo scherzo.  Ma allora il “pezzo di merda” di Sgarbi, ad Annozero.?  Mica quello voleva dire che il tuo corpo è effettivamente costituito da una porzione di merda, ma soltanto che gli ricordavi una merda, perché così funziona la metafora nello scherzo pesante ed insultante, esattamente come quando tu associ Schifani alla muffa, o ai lombrichi.

Ma anche nel caso di Sgarbi, purtroppo, il giudice non ha capito la battuta.  Pazienza.