SI ARROVENTA LA POLEMICA CON TRAVAGLIO

 

Purtroppo per il mio occhiuto censore, (sta parlando di me – ndr)  che ha trascorso le vacanze natalizie a strologare su inesistenti tagli all’intervista integrale a Paolo Borsellino distribuita con Il Fatto quotidiano, la sentenza di primo grado della giudice Roberta Di Gioia, quella in cui venivo condannato a 8 mesi di carcere più un paio di multe e ammende per avere nientemeno che diffamato Previti in un articolo del 2001 sull’Espresso, è stata appena devastata dalla Corte d’appello, che elimina la pena detentiva e lascia una multina di 1000 euro. Ora aspetto la motivazione e mi auguro che venga scritta da un giudice che abbia la più pallida idea di che cos’è un articolo di giornale: penso sia utile parlarne qui, visto che chi mette in dubbio la mia buona fede non ha mai fatto il giornalista in vita sua e non ha la più pallida idea di che cosa significhi fare il giornalista.
In quell’articolo riassumevo in un paio di paginette dell’Espresso alcune centinaia di pagine di verbali. Il pezzo fu poi tagliato in redazione perché lo spazio inizialmente assegnatomi era stato ridotto. Non potendo riportare integralmente il verbale del colonnello Riccio sulle riunioni tenute nello studio Taormina (nel quale compariva regolarmente e inspiegabilmente Previti), dovetti necessariamente sintetizzarne il contenuto. La sintesi non è piaciuta a Previti, che s’è ritenuto diffamato. Tesi soggettiva, ma legittima quanto la mia, che ritengo di non aver diffamato nessuno riportando un fatto vero, e cioè che Previti era presente due volte nello studio Taormina quando vi si tenevano certe riunioni. La giudice Di Gioia ha dato ragione a Previti, tesi anche la sua soggettiva ma legittima, ritenendo che quel che avevo scritto fosse talmente grave da meritare una pena detentiva di 8 mesi, roba da omicidio colposo. La Corte d’appello è stata di diverso parere, tesi soggettiva ma legittima.
 
Tutto questo per dire che il nostro mestiere è piuttosto rischioso, e fra i rischi del mestiere contempla le condanne per diffamazione, in assenza di una legge chiara che contempli la rettifica come esimente del reato di diffamazione (se Previti, anziché querelare, avesse mandato una lettera di rettifica, ovviamente l’avremmo pubblicata sull’Espresso). Tutto questo per dire che il fatto che io non abbia mai riportato, in 26 anni di carriera nei quali ho scritto circa 20 mila articoli e una trentina di libri e ho subìto oltre 200 denunce penali e civili, nessuna condanna penale definitiva per diffamazione, è non solo la prova che ho sempre cercato di verificare l’esattezza delle notizie, ma anche di una notevole fortuna: può sempre capitare che i giudici non capiscano, o capiscano male, o che interpretino soggettivamente un articolo in maniera distorta, salvi naturalmente i casi in cui il giornalista sbaglia, il che capita e di frequente. Io quando ho sbagliato l’ho sempre fatto in buona fede e, appena me ne sono accorto, ho rettificato prim’ancora che qualcuno mi chiedesse di farlo. Per questo mi incazzo, come ho fatto in questi giorni, quando qualcuno mi dà del manipolatore. Per la semplice ragione che so di non esserlo. Non ho mai replicato alle critiche, nemmeno alle più aspre e insultanti, che costellano i commenti di questo blog. Replico invece a chi mette in dubbio la mia onestà intellettuale e la mia buona fede, che sono l’unico patrimonio di cui dispongo.

Per esempio, quando si scrive falsamente che io avrei partecipato a un “montaggio troppo frettoloso e non supervisionato” dell’intervista a Borsellino (di cui abbiamo pubblicato nella sua integralità il filmato girato a suo tempo e ora messoci a disposizione dai giornalisti francesi), avrei attribuito a Previti “un reato di subornazione pur trovandosi da un’altra parte” (Previti si trovava nello studio Taormina, come detto da Riccio e come scritto da me), avrei addirittura manipolato “i Borsellino che indicano nel riciclaggio del denaro della mafia le ragioni dei collegamenti fra Mangano e Berlusconi pur non avendolo mai detto in vita loro” (ho riportato esattamente quanto ha detto Borsellino, come risulta dal filmato e come riconosciutomi dai suoi parenti più cari), avrei detto che “Dell’Utri si fa portare droga in albergo anche se in quell’albergo non c’erano ma c’era un altro “(mai detto una simile bestialità), avrei parlato di “indagini che appaiono in corso quando invece ne è già stata richiesta l’archiviazione” (l’indagine su Dell’utri e Berlusconi per le stragi era aperta quando ne parlai da Luttazzi, visto che fu archiviata un anno dopo). 
Le verginelle che si meravigliano perché rispondo a muso duro a simili calunnie, mentre dovrei essere educato e sereno, e che invitano addirittura chi ha acquistato il dvd di Borsellino a “farsi ridare i soldi o l’originale girato vero”, si mettano pure il cuore in pace: non esiste alcun “originale girato vero” diverso da quallo che abbiamo pubblicato.
Quanto a me, rispondo come e quando mi pare ad accuse calunniose e vergognose, e continuerò a farlo quando e come mi pare, visto che questo è il blog di Corrias, Gomez e Travaglio. Chi non gradisce è liberissimo di farsi il proprio blog e a dettarvi le regole che preferisce. Su voglioscendere, decidiamo noi. Ps. A proposito di errori, ringrazio gli amici che mi han segnalato quello contenuto nel post dedicato a Craxi e i craxiani: ho scritto erroneamente del decimo anniversario del crollo del muro di berlino, mentre era il ventesimo. L’altro presunto errore, invece, non lo è: come ha scritto Der Spiegel, Angela Merkel ha negato il volo di Stato a Helmut Kohl, tagliandolo fuori dalle celebrazioni ufficiali del ventennale del Muro. Ed è quello che ho scritto anch’io.
mt

LA MIA IMMEDIATA REPLICA

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# 38    commento di   segugio -   lasciato il 9/1/2010 alle 21:41

 

Caro Travaglio,

vedo che nel suo lungo commento, dedicato in gran parte a replicare al sottoscritto (ne sono onorato), Lei si è applicato fortemente nella finissima arte del parlar d’altro, oltre che prodigato, ovviamente, nel collezionare una bella pletora di inesattezze.

La più grave di tutte, che io Le contesto fortemente, è presente nel passaggio “si scrive falsamente che io avrei partecipato a un “montaggio troppo frettoloso e non supervisionato”, e a seguire tutti gli incisi ove Lei manifesta una sua presunta chiamata in causa personale e soggettiva a tutta una serie di presunte alterazioni e manipolazioni di fatti.

Guardi, Travaglio, io credo che sarebbe ora di smetterla con questi giochini.

Nessuno ha mai detto che Lei avrebbe partecipato alle attività di confezionamento di quel “piccolo estratto dell’intervista che è stato montato FRETTOLOSAMENTE da qualche tecnico, senza nemmeno la loro supervisione”. (son parole Sue, della Sua prefazione, che io ho semplicemente ripreso).

La sfido, ora che l’ha scritto, a dimostrare dove e quando Lei sarebbe stato indicato come partecipe a quell’attività. Io personalmente ho idee ed opinioni ben diverse su quelle “alterazioni” (come le ha chiamate la Corte d’Appello di Milano), o “manipolazioni” (come sono chiamate nella sentenza Dell’Utri dal Giudice estensore) , e sugli ignoti autori delle stesse, e non coinvolgono Lei, per cui non posso aver scritto ciò che non penso, così come Lei ora falsamente afferma.

Il punto è che, deviando su questo punto la discussione, e cioè sulle sue dirette responsabilità che Lei si sarebbe visto addebitare, errando del tutto, Lei svicola dalle tre questioni centrali che io ho posto, rivolgendole altrettanti quesiti, formulati a seguito dei miei strogolamenti nelle vacanze natalizie.

E le tre questioni sono le seguenti:

1) Come è possibile che sul girato integrale del suo bel DVD, se è integrale, non siano presenti alcune domande poste dai francesi ed alcune risposte formulate da Borsellino, che invece sono presenti nella trascrizione dell’intervista pubblicata dall’Espresso nel 1994? (Le faccio notare che quelle domande e quelle risposte, nella trascrizione dell’espresso, sono presenti in punti dell’intervista che nel suo video originale seguirebbero ad un paio di “sfumate” da sala regia, individuate dal commentatore di questo blog Renzo C.)

2) Come è possibile che nel filmato dell’intervista trasmesso da RAINEWS24 sia presente una domanda, formulata in prima persona da Fabrizio Calvi seduto davanti al giudice, che nel suo “girato integrale” non è invece presente?

3) Dal momento che io ho provato, analizzando le immagini delle due versioni dell’intervista, e così come ho descritto nel primo dei miei video strogolati nelle vacanze natalizie, che nella versione trasmessa da RAI NEWS 24 la traccia audio di una domanda formulata da Fabrizio Calvi, è stata certosinamente montata su una traccia video relativa ad un momento dell’intervista successivo di 30 minuti, con una ripresa effettuata dal corridoio, montaggio che ha richiesto tempo e fatica e che produce un risultato percettivo che io nel mio video e nel mio blog ho già illustrato nel dettaglio, come ritiene che si possa conciliare questo tipo di raffinata attività di editing con la descrizione fatta da Lei di quel montaggio? (gliela rammento: “montaggio un po’ sbrigativo” fatto “a dimostrazione della GENUINITA’ dell’intervista”, “ piccola clip”, “piccolo estratto dell’intervista che è stato montato FRETTOLOSAMENTE da qualche tecnico, senza nemmeno la loro supervisione”.

 

Sarebbe bastato rispondere a questi tre quesiti, che sono semplici e chiari, per soddisfare la mia curiosità, ma ora dopo il suo intervento, se ne è aggiunto un quarto, che è questo:

4) Dal momento che lo scorso 22 ottobre 2008, replicando a Filippo Facci il quale sosteneva di avere annotato sul proprio casellario giudiziale, soltanto un  “modesto risarcimento” pecuniario, Lei ha scritto

 

“Il suo casellario giudiziale non riporta “un modesto risarcimento”. Riporta una condanna penale definitiva per il reato di diffamazione per il libro “Di Pietro, biografia non autorizzata” (Mondadori), a 500 mila lire di multa e 10 milioni di provvisionale, più le spese, decisa dalla Cassazione il 20 novembre 2002. Dunque il Facci che l’altro giorno mi dava del “pregiudicato” (falsamente: la mia condanna è solo in primo grado) è, lui sì, un pregiudicato.”,

 

a questo punto, ora che la Corte d’Appello ha devastato la precedente sentenza di primo grado dove il giudice Roberta di Gioia Le comminava una pena detentiva, riducendola ad una pena pecuniaria, potremo scrivere anche noi (ove lei non ricorra in cassazione, ovviamente), come ha fatto Lei con Facci, che il suo casellario giudiziale presto riporterà una condanna penale definitiva per il reato di diffamazione, a 1.000 euro di multa e 20.000 euro di provvisionale, più le spese., e che dunque anche Lei sarà un pregiudicato?

Sarebbe un peccato se fosse così, perché quel suo casellario immacolato sino ad oggi ha fatto la sua bella figura, e ci lascerà dei rimpianti. Forse conviene ricorrere in Cassazione.

 

Sempre buone cose.

 

Segugio

 

P.S.: Lei ha precisato che ”l’indagine su Dell’Utri e Berlusconi per le stragi era aperta quando ne parlai da Luttazzi, visto che fu archiviata un anno dopo” a commento di un mio passaggio. Quindi ha capito a cosa mi riferivo, bravo. Però il mio passaggio era: “indagini che appaiono in corso quando invece ne è già stata RICHIESTA l’archiviazione”. "Richiesta", non "ordinata".

L’archiviazione è stata richiesta dalla Procura il 2 di marzo, mi risulta (mi corregga se sbaglio, sto andando a memoria), circa due settimane prima del suo Satyricon. Anch’io cerco di essere preciso nell’uso dei termini.

D’altro canto, Lei mi è maestro, perché quella famosa sera li ha pesati benissimo, i termini. Infatti non ha detto che mentre Lei parlava innanzi alle telecamere, l’inchiesta era in corso (sarebbe stato semplice e nulla ostava, fosse stato vero), ma ha parlato di "indagine che mentre Tescaroli parlava era in corso". E Tescaroli ne ha parlato un po’ prima. Quindi lei ha detto la verità.

Come vede, lei è preciso nel parlare, ed io son preciso nel capire.

 

P.P.S.: Ci sarebbe il suo amico e collega Gianni Barbacetto, che nel suo libro “Dossier Dell’Utri, Kaos edizioni, 2005”, ha scritto: . “È del febbraio 1980 la famosa telefonata tra Mangano e Dell’Utri in cui i due parlano di «cavalli» da «consegnare in albergo».

Le domando: secondo Lei qui Barbacetto, è stato ignaro recettore e vittima di quella che il tribunale di Palermo ha definito una “evidente manipolazione” di un’intervista, oppure è il diretto autore ed inventore di una “simile bestialità” (cit.)?